[ 06 agosto 2010 ]
AVANTI!
Riceviamo e, malgrado il dissenso, pubblichiamo
di Mauro Bonaiuti
Siamo appena tornati da Barcellona carichi di energie, qualche speranza e molte domande...
La conferenza indubbiamente è stata un successo. Oltre 500 persone da tutto il mondo, dall'Europa ma anche dagli altri continenti, spazi concessi sulla televisione nazionale, sulla radio e sulla stampa.
La sensazione è che questa conferenza segnerà un passaggio nel storia del movimento. La decrescita esce dalla nicchia, dall'infanzia e si affaccia sul più vasto scenario politico - ma anche scientifico- culturale - in modo ancora esitante, ma forte di alcune incoraggianti qualità: tensione verso un immaginario condiviso, grande vivacità culturale, capacità di tenere insieme ricerca e attivismo, informazione e testimonianza radicale, Nord e Sud del mondo.
Questo passaggio di scala pone allo stesso tempo nuove domande, o forse, più precisamente, rende alcune vecchie domande non più rinviabili.
Barcellona ha mostrato in modo sempre più evidente come il movimento sia composto da differenti anime per il momento ancora disposte a camminare assieme (quantomeno a livello internazionale) ma della cui diversità è bene essere consapevoli. Cominciamo dagli ultimi arrivati, la cui presenza tuttavia si è sentita fortemente sia Barcellona che, prima ancora, a Londra (nel Gennaio scorso). Si tratta del mondo delle ONG che da tempo lavora sui temi dello sviluppo sostenibile, dell'ambiente, della cooperazione internazionale. Sono organizzazioni in particolare di matrice anglosassone (Nef, Casse, ma anche Anped, Seri...), formate generalmente da professionisti, ma sostenute da un vasto panorama di volontari e da una diffusa credibilità. Hanno agganci nelle istituzioni e negli ambienti governativi europei, nazionali e locali.
Per quanto convinte della necessità di un mutamento di rotta è chiaro che queste organizzazioni non sfuggono da un atteggiamento, almeno in parte, strumentale:
sentono che la decrescita agita i cuori e mobilita le persone... sono gli unici a disporre di una qualche capacità organizzativa e si stanno attrezzando per costruire attorno a questo movimento progetti e anche, ovviamente, ad ottenere finanziamenti. A questo mondo possiamo affiancare quello delle Università, della ricerca, dell'economia ecologica in particolare, che inizia ad interessarsi di Decrescita e a cui è stata affidata - non a caso - l'apertura della conferenza. La legittimazione che la "discesa in campo" di alcuni degli ambienti più avanzati dell'Accademia porta con sé è sentito con grande speranza, ma, al tempo stesso, desta qualche perplessità tra i militanti.
Un ruolo centrale ha giocato in questo processo l'ICTA, fondata a Barcellona da Joan Martinez-Alier (già Presidente dell'International Society of Ecological Economics) un Istituto di Ricerca con rapporti stretti e articolati con il mondo delle Ong.
In generale possiamo dire che questi due mondi condividono una visione della decrescita come necessaria transizione verso un'economia compatibile con i limiti imposti dalla biosfera (molti parlano a questo proposito di transizione verso uno "stato stazionario") senza tuttavia che questo comporti una rimessa in discussione delle istituzioni esistenti
(capitaliste).
Generalmente interessati e competenti sui temi deilimiti ecologici alla crescita, e alle volte sulle questioni dell'equità sociale, queste organizzazioni hanno mostrato sin'ora scarso interesse per la critica della società e delle istituzioni esistenti e ancor meno per i temi legati alle rappresentazioni e all'immaginario collettivo.
Speculare a questo mondo abbiamo visto ed ascoltato il vasto panorama degli attivisti... di coloro che spesso già praticano la decrescita nei mille rivoli dell'associazionismo e delle buone pratiche. Quest "popolo della decrescita" era presente a Barcellona sicuramente di più di quanto non fosse a Parigi nel 2008 - grazie anche ai molti legami del comitato organizzatore (Reserch & Degrowth) con le reti sociali catalane, ma non solo (presenti in forza in particolare nei gruppi di lavoro) e nel supporto organizzativo alla conferenza. Nonostante il pregevole lavoro di mediazione la tensione tra queste due anime si è sentita e si sentirà ancora più forte in futuro. Semplificando un poco mi sembra si possa affermare che questo mondo informale condivide una visione della decrescita in cui la trasformazione è vista come una fuoriuscita dall'immaginario economicista e un'occasione per rimettere
radicalmente in discussione le istituzioni esistenti. Si tratta, non a caso, sopratutto di
italiani, ma anche di francesi e spagnoli. Nelle prossime settimane capiremo se queste due anime riusciranno a giungere, o meno, ad una Dichiarazione comune (potete seguire gli sviluppi sul sito www.degrowth.eu
In questa cornice si è posto, in un incontro informale post-
conferenza, il tema della (eventuale) costituzione di una rete
internazionale della decrescita. L'incontro, partecipato sopratutto da
attivisti, ha mostrato come sia forte la consapevolezza, tra i
militanti, che la costituzione di una rete internazionale è un
processo i cui esiti non possono essere decisi a priori a tavolino, né
tanto meno controllati da un unico centro. Nonostante il desiderio di
continuare a incontrarsi e scambiare esperienze, documenti e buone
pratiche sia forte e condiviso, nessuno dei presenti ha mostrato il
desiderio di procedere verso una nuova "Internazionale della
Decrescita." E questo mi sembra un primo passo nella giusta direzione.
Sicuramente significative, (rispetto a Parigi 2008) le presenze dal
Sud del mondo (America latina, India). Significativa innanzitutto
perché ci ha restituito il senso di una comprensione più intuiva di
cosa significhi la decrescita (e di una adesione più entusiasta) di
quanto noi stessi siamo capaci. I popoli del Sud (ed in particolare le
minoranze indigene) percepiscono la decrescita come un processo di
"decolonizzazione culturale," ma anche di radicale liberazione dalle
oppressioni economiche e sociali connesse alla megamacchina
capitalista. Una visione, quindi, che spiazza dall'interno le
tradizionali obiezioni (provenienti solitamente dal Nord) sul bisogno
che - almeno il Sud - avrebbe ancora dello sviluppo.
Davvero notevole (e qualificata) la partecipazione italiana: circa
cinquanta tra amici e amiche in vario modo connesse alla Rete per la
Decrescita: tra gli altri: Marco Deriu, Gianni Tamino, Ferruccio
Nilia, Paolo Cacciari (il cui libro /Decrescita o Barbarie/ è stato
tradotto e presentato a margine della conferenza), numerose anche le
realtà locali (come il nodo del Friuli Venezia Giulia o il costituendo
Tavolo di Rieti), molti giovani studenti o dottorandi, alcuni anche
passati attraverso le precedenti edizioni della Scuola Estiva.
Tutto questo lascia ben sperare per il futuro al punto che -
nonostante le tristi notizie che arrivavano in quelle ore sull'esito
delle elezioni amministrative - abbiamo avanzato la nostra candidatura
ad organizzare la prossima conferenza internazionale in Italia. Se non
fosse che non crediamo nelle magnifiche e progressive sorti (neppure
per la decrescita) verrebbe da dire, Avanti!
1 commento:
In realtà il livello scientifico della cofnerenza non era altissimo, ma qualche primo passo verso una teoria della decrescita che non sia a favore del pauperismo è stato fatto.
Vedasi ad esempio:
http://www.slideshare.net/degrowthconf/happy-degrowth-vs-unhappy-growth
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