[ 10 febbraio 2018 ]
Ci mancava solo l'americanata in stile suprematista bianco del "lupo solitario marchigiano" ad intossicare una campagna elettorale già inquinata di suo da pagliacci che discutono del nulla.
Cosa pensassimo del fascista rinato che si è messo a fare il tiro al bersaglio contro tutti i passanti di colore che incontrava per strada l'abbiamo detto: un crimine infame.
Che quanto accaduto a Macerata avrebbe mobilitato gli antifascisti era inevitabile. Alla fine la Questura ha autorizzato la manifestazione che si svolgerà oggi in quella città. Era in forse, a causa di una gravissima e sintomatica dichiarazione del piddino Ministro degli interni Minniti, questa:
Detto che auguriamo il successo della ahinoi liturgica manifestazione di oggi a Macerata, due parole sull'antifascismo e gli antifascisti.
Amadeo Bordiga fu forse troppo severo a dire che "L’antifascismo è il peggior prodotto del fascismo". Opinione condivisa, seppure declinata in senso liberale dallo storico Renzo De Felice.[1] Il giudizio venne considerato un insulto dai militanti rivoluzionari che negli anni '70 condussero una battaglia senza quartiere contro i neofascisti del tempo. Sembrava loro che ci fosse un'effettivo e incombente pericolo fascista alle porte. La storia ci dirà che non era vero, che la vera minaccia era un'altra e di diverso segno: la radicale offensiva neoliberista che infatti dilagherà con gli effetti che sappiamo.
Oggi è diverso. Oggi siamo al tramonto di questo lungo ciclo liberista, un tramonto dovuto non all'avanzata di un'alternativa socialista, proletaria e democratica, ma a causa di una crisi sistemica (economica, sociale e politica) che potrebbe intaccare le stesse fondamenta della civilizzazione capitalistica. Siamo alle porte di un passaggio d'epoca, e tutto diventa possibile. Oggi sì esiste il carburante sociale per una mobilitazione reazionaria delle masse: la pauperizzazione senza scampo del ceto più numeroso della società: i ceti medi. Faccio notare che pauperizzazione non equivale, come comunemente si pensa, alla proletarizzazione.
Se questo carburante entrasse in contatto con un comburente avremmo l'incendio generale, quella che abbiamo chiamato "mobilitazione reazionaria delle masse". I neofascisti o qualche loro parente, qui sta il punto, potrebbero fungere da comburente (sottolineo il condizionale). Non è quindi sbagliato affermare che le forze rivoluzionarie debbono stare in guardia ed attrezzarsi per evitare che questa crisi di civiltà, che si manifesta anche come dissoluzione della democrazia costituzionale, sfoci nel caos che precede una dittatura sì postcapitalistica ma di segno neo-feudale, dove la potente élite finanziaria fungerà da nuova aristocrazia.
Ma come si combatte e si sventa questa minaccia? Si combatte e si sventa costruendo una forza politica dirigente che, tra le altre pratiche, contenda ai neofascisti (o chi per loro) ogni centimetro di spazio politico, che impedisca loro di rappresentare e prendere la testa dei ceti medi pauperizzati, la cui esplosiva mobilitazione di massa è nell'ordine delle cose. Come è stato scritto su questo blog non c'è alternativa: per evitare che il mostro prenda forma occorre uccidere il liberismo che lo porta in pancia. Sì quindi, tanto più da noi dove il fascismo nacque e affonda le sue radici, un antifascismo attivo, operante, intelligente.
Non lo è quello che vediamo risorgere, che pare una scadente parodia di quello degli anni '70. Un antifascismo di maniera, tutto schiacciato sui "valori", ma i cui valori, a ben vedere, sono impastati con quelli della narrazione ideologica con cui il neoliberismo ha giustificato la sua egemonia. L'etica dei diritti umani, l'individualismo anarchicheggiante, l'edonismo consumistico, la ripugnanza cosmpolitica della nazione, il disprezzo per lo Stato. Con questi "valori" lo spirito delle élite neoliberiste si è impossessato come un demone del "corpo proletario". Un corpo che non c'è più e non potrà risorgere nella forma di prima.
Se i neofascisti avanzano è perché appaiono come i soli che rifiutano questi "valori" che vanno perdendo la loro presa sulle larghe masse, che larghi settori di popolo considerano già adesso "disvalori". Essi si fanno largo perché sembrano i soli a raccogliere non solo il disagio e l'ansia di chi sta in basso, ma le richieste di sicurezza sociale, di sentirsi parte di una comunità nazionale, quindi di uno Stato che tuteli chi di questa comunità fa parte.
Siamo così giunti al cuore della questione. L'antifascismo risorgente pretende e si illude di battere i neofascisti rifiutando come reazionarie le domande che salgono dalle viscere della società, opponendo loro, addirittura quali fattori identitari, proprio quei disvalori. Un antifascismo cosmopolitico, immigrazionistico, antinazionale antistatalista è condannato non solo a perdere, ma a fungere da truppa ausiliaria delle élite neoliberali.
L'antifascismo attivo, operante, intelligente deve, al contrario, accogliere le spinte che salgono dal basso, anzitutto dai settori falcidiati dalla crisi e più indifesi, fare propri, contro il crescente disordine sociale, i bisogni di sicurezza, di solidarietà comunitaria, di nazione e di Stato. Solo accogliendoli si può pensare di declinarli e indirizzarli in senso democratico, egualitario e socialista. Solo un patriottismo rivoluzionario può tenere testa al nazionalismo sciovinista e xenofobo.
Sarà possibile questa inversione di rotta delle sinistre radicali? Possibile sì, ma altamente improbabile perché si tratta di una vera e propria radicale palingenesi. Sarà impossibile, questa rinascita, se in tempi politici non entrerà in scena l'agente fermentante, il gramsciano intellettuale collettivo attorno al quale raggruppare nuove forze, che quelle vecchie sono oramai destinate a miglior vita. Detto altrimenti occorre un partito rivoluzionario, che sia il perno di un più vasto fronte popolare.
Lo ripetiamo: nella crisi di civiltà vincerà chi saprà mettere ordine nel disordine.
NOTE
[1] «Il fascismo ha fatto infiniti danni, ma uno dei danni più grossi che ha fatto è stato di lasciare in eredità una mentalità fascista ai non fascisti, agli antifascisti, alle generazioni successive anche più decisamente antifasciste. Una mentalità di intolleranza, di sopraffazione ideologica, di squalificazione dell'avversario per distruggerlo».
Intervista sul fascismo. pp 6-7. Laterza 1975 .
Ci mancava solo l'americanata in stile suprematista bianco del "lupo solitario marchigiano" ad intossicare una campagna elettorale già inquinata di suo da pagliacci che discutono del nulla.
Cosa pensassimo del fascista rinato che si è messo a fare il tiro al bersaglio contro tutti i passanti di colore che incontrava per strada l'abbiamo detto: un crimine infame.
Che quanto accaduto a Macerata avrebbe mobilitato gli antifascisti era inevitabile. Alla fine la Questura ha autorizzato la manifestazione che si svolgerà oggi in quella città. Era in forse, a causa di una gravissima e sintomatica dichiarazione del piddino Ministro degli interni Minniti, questa:
«Mi auguro che chi ha annunciato manifestazioni accolga l’invito del sindaco, se questo non avverrà, ci penserò io ad evitare tali manifestazioni».Gravissima perché il divieto (formalmente anticostituzionale) opposto agli antifascisti avrebbe fatto il paio con la presenza elettorale (sostanzialmente anticostituzionale) dei fascisti del secondo e terzo millennio. Sintomatica perché essa ci dice come crescano certe pulsioni sbirresche e stato-fortiste nel corpaccione di un regime neoliberista che, tra gli altri, si distingue per essere uno dei meglio attrezzati nella repressione del conflitto sociale e di strada. Non fosse che non siamo abituati ad usare alla carlona le categorie politiche, verrebbe voglia di parlare di demofascismo.
Detto che auguriamo il successo della ahinoi liturgica manifestazione di oggi a Macerata, due parole sull'antifascismo e gli antifascisti.
Amadeo Bordiga fu forse troppo severo a dire che "L’antifascismo è il peggior prodotto del fascismo". Opinione condivisa, seppure declinata in senso liberale dallo storico Renzo De Felice.[1] Il giudizio venne considerato un insulto dai militanti rivoluzionari che negli anni '70 condussero una battaglia senza quartiere contro i neofascisti del tempo. Sembrava loro che ci fosse un'effettivo e incombente pericolo fascista alle porte. La storia ci dirà che non era vero, che la vera minaccia era un'altra e di diverso segno: la radicale offensiva neoliberista che infatti dilagherà con gli effetti che sappiamo.
Oggi è diverso. Oggi siamo al tramonto di questo lungo ciclo liberista, un tramonto dovuto non all'avanzata di un'alternativa socialista, proletaria e democratica, ma a causa di una crisi sistemica (economica, sociale e politica) che potrebbe intaccare le stesse fondamenta della civilizzazione capitalistica. Siamo alle porte di un passaggio d'epoca, e tutto diventa possibile. Oggi sì esiste il carburante sociale per una mobilitazione reazionaria delle masse: la pauperizzazione senza scampo del ceto più numeroso della società: i ceti medi. Faccio notare che pauperizzazione non equivale, come comunemente si pensa, alla proletarizzazione.
Se questo carburante entrasse in contatto con un comburente avremmo l'incendio generale, quella che abbiamo chiamato "mobilitazione reazionaria delle masse". I neofascisti o qualche loro parente, qui sta il punto, potrebbero fungere da comburente (sottolineo il condizionale). Non è quindi sbagliato affermare che le forze rivoluzionarie debbono stare in guardia ed attrezzarsi per evitare che questa crisi di civiltà, che si manifesta anche come dissoluzione della democrazia costituzionale, sfoci nel caos che precede una dittatura sì postcapitalistica ma di segno neo-feudale, dove la potente élite finanziaria fungerà da nuova aristocrazia.
Ma come si combatte e si sventa questa minaccia? Si combatte e si sventa costruendo una forza politica dirigente che, tra le altre pratiche, contenda ai neofascisti (o chi per loro) ogni centimetro di spazio politico, che impedisca loro di rappresentare e prendere la testa dei ceti medi pauperizzati, la cui esplosiva mobilitazione di massa è nell'ordine delle cose. Come è stato scritto su questo blog non c'è alternativa: per evitare che il mostro prenda forma occorre uccidere il liberismo che lo porta in pancia. Sì quindi, tanto più da noi dove il fascismo nacque e affonda le sue radici, un antifascismo attivo, operante, intelligente.
Non lo è quello che vediamo risorgere, che pare una scadente parodia di quello degli anni '70. Un antifascismo di maniera, tutto schiacciato sui "valori", ma i cui valori, a ben vedere, sono impastati con quelli della narrazione ideologica con cui il neoliberismo ha giustificato la sua egemonia. L'etica dei diritti umani, l'individualismo anarchicheggiante, l'edonismo consumistico, la ripugnanza cosmpolitica della nazione, il disprezzo per lo Stato. Con questi "valori" lo spirito delle élite neoliberiste si è impossessato come un demone del "corpo proletario". Un corpo che non c'è più e non potrà risorgere nella forma di prima.
Se i neofascisti avanzano è perché appaiono come i soli che rifiutano questi "valori" che vanno perdendo la loro presa sulle larghe masse, che larghi settori di popolo considerano già adesso "disvalori". Essi si fanno largo perché sembrano i soli a raccogliere non solo il disagio e l'ansia di chi sta in basso, ma le richieste di sicurezza sociale, di sentirsi parte di una comunità nazionale, quindi di uno Stato che tuteli chi di questa comunità fa parte.
Siamo così giunti al cuore della questione. L'antifascismo risorgente pretende e si illude di battere i neofascisti rifiutando come reazionarie le domande che salgono dalle viscere della società, opponendo loro, addirittura quali fattori identitari, proprio quei disvalori. Un antifascismo cosmopolitico, immigrazionistico, antinazionale antistatalista è condannato non solo a perdere, ma a fungere da truppa ausiliaria delle élite neoliberali.
L'antifascismo attivo, operante, intelligente deve, al contrario, accogliere le spinte che salgono dal basso, anzitutto dai settori falcidiati dalla crisi e più indifesi, fare propri, contro il crescente disordine sociale, i bisogni di sicurezza, di solidarietà comunitaria, di nazione e di Stato. Solo accogliendoli si può pensare di declinarli e indirizzarli in senso democratico, egualitario e socialista. Solo un patriottismo rivoluzionario può tenere testa al nazionalismo sciovinista e xenofobo.
Sarà possibile questa inversione di rotta delle sinistre radicali? Possibile sì, ma altamente improbabile perché si tratta di una vera e propria radicale palingenesi. Sarà impossibile, questa rinascita, se in tempi politici non entrerà in scena l'agente fermentante, il gramsciano intellettuale collettivo attorno al quale raggruppare nuove forze, che quelle vecchie sono oramai destinate a miglior vita. Detto altrimenti occorre un partito rivoluzionario, che sia il perno di un più vasto fronte popolare.
Lo ripetiamo: nella crisi di civiltà vincerà chi saprà mettere ordine nel disordine.
NOTE
[1] «Il fascismo ha fatto infiniti danni, ma uno dei danni più grossi che ha fatto è stato di lasciare in eredità una mentalità fascista ai non fascisti, agli antifascisti, alle generazioni successive anche più decisamente antifasciste. Una mentalità di intolleranza, di sopraffazione ideologica, di squalificazione dell'avversario per distruggerlo».
Intervista sul fascismo. pp 6-7. Laterza 1975 .
13 commenti:
Bravo Moreno, serve una lega di tipo spartachista per intenderci. Basta con questo svenarsi a rincorrere improbabili sovranismi pseudo intellettuali e risorgimenti riformisti. Gli interlocutori vanno trovati nell'agone della battaglia politica contro e all'interno della sinistra di alternativa e non solo. Mi spiego: poiche' viviamo da lungo tempo una fase di transizione che riguarda i riflessi del crollo del comunismo storico novecentesco, e' giocoforza tenere un piede nel vecchio per distruggerlo e uno nel nuovo per costruire una nuova ipotesi anticapitalista. Poi c'e' il problema delle grandi aree metroplitane. Dobbiamo iniziare a mettere radici a Napoli,Roma,Milano, ecc, altrimenti il nostro progetto trovera' sempre grandi difficolta'' di sedimentazione.
Articolo semplicemente perfetto! Va fatto leggere e discusso con tutti i militanti di sinistra intelligenti (e ce ne sono). Spero che passato il 4 marzo si possa avviare un percorso per costruire con pazienza e metodo una prospettiva concreta per una Sinistra Patriottica.
ottimo articolo io a queste elezioni voto 5 stelle nonostante di maio io sono convinto che ci sia del buono in loro
A me pare che proprio perchè siamo in un momento storico così cruciale, parlare oggi di antifascismo non si possa proprio.
Se l'urgenza politica è così presente, non mi pare possa esistere alcuna alternativa a quella di essere in grado di formulare e di lanciare una proposta politica in positivo, non mi pare sia il momento di essere contro qualcosa, e tanto meno contro qualcosa sulla cui attualità si può discutere, ma che in ogni caso già a livello lessicale richiama un'esperienza di quasi un secolo fa. Si può e si deve essere contro ogni forma anche velata di razzismo, ma davvero non vedo il vantaggio di darle un appellativo che può solo favorire un certo clima nostalgico e nel contempo non favorire la chiarezza.
Se davvero pretendiamo di essere contro i fascisti, ma anche contro il neoliberismo globalizzatore. come possiamo mai lanciare una parola d'ordine che inevitabilmente ci definirebbe come neutrali rispetto a queste due correnti politiche?
Storicamente, l'antifascismo è stato utilizzato per praticare una politica delle alleanze, ma se davvero crediamo che non ci sia con chi fare alleanze data la gravità della situazione, allora non può essere questa la strada.
L'unica via d'uscita è quella di costringere gli avversari a definirsi rispetto a noi, rubare loro l'iniziativa.
Su questo, scontiamo la nostra debolezza, ma non vedo come si possa evitarne i costi, non credo che sia il momento di praticare tattiche usate come sotterfugio, bisogna bensì privilegiare la chiarezza, mettere ordine meglio degli altri, come diceva lo stesso Moreno.
Articolo impeccabile che mette il dito nella piaga.
Quale antifascismo oggi?
Il fascismo del ventennio è ormai storia; ma oggi può farsi strada una mobilitazione reazionaria delle masse che i cosiddetti fascisti del terzo millennio tenteranno di cavalcare. Guai a permetterlo!
Ad ogni modo spero che ciascuno dei 30 mila partecipanti alla manifestazione di Macerata, capisca di aver oggi semplicemente preso parte ad un rito liturgico, da messa, perfettamente inutile se non coadiuvato da una militanza forte e attiva fra le masse per non lasciarle in mano ai reazionari.
Patriottismo rivoluzionario, è scritto.
Condivido!
Prometto di non disturbare più... però ti voglio troppo bene, Moreno, per non insistere su una rottura *radicale* con le categorie postsessantottine.
Getto la casacca da appassionato bassiano e mi cimento in quella
meno partigiana del "fenomenologo".
Ora: se il "razzismo" è stata una sovrastruttura dell'imperialismo, ovvero una proiezione classista per far collaborare i ceti subalterni nella colonizzazione di nuovi mercati, l'allarme "xenofobia" con cui il "razzismo" è stato ribattezzato, ha il significato *non marxista*, ma LIBERALE, di MORALISTICA inclusività del "diverso" che nulla ha a che fare con l'inclusività SOCIALE che permette la piena partecipazione di tutti i lavoratori alla cosa pubblica tramite la socializzazione del potere economico e politico.
Il moralismo liberale è il "nuovo" clericalismo laico.
Io rimango con Marx ed Engels: il sottoproletariato è un nemico di classe.
Vanno stigmatizzati i tipici stereotipi razzisti da parte dei conservatori perché portano falsa coscienza. Ma dell'educazione politicamente corretta non me ne può fregar di meno.
Poiché credo che tutti gli uomini siano uguali nella sostanza, me ne batto di quella roba ipocrita che fa la sinistra da decenni: la liberale e clericale sussidiarietà verso "i deboli".
Deve ritornare il concetto di solidarietà: nazionale e di classe.
Gli immigrati vanno fermati: soprattutto se arrivano dall'Africa o dal sudest asiatico. È l'abc del socialismo: questi sono lavoratori senza un minimo di coscienza sindacale. Non divengono generalme "compagni" neanche quando emergono dal sottoproletariato.
C'è un'esperienza secolare dei marxisti statunitensi su questo tema.
Gli infiltrati neofascisti fomentano solo conflitti sezionali in una società artificialmente segmentata per evitare lotte di emancipazione di classe e anti-imperialistiche.
Non solo Bordiga, che diceva certe cose da un particolare punto di vista, ma anche Basso stigmatizzava già certe categorie di lotta nel primo dopoguerra.
È inutile fare dei distinguo nominalistici sull'antifascismo: l'antifascismo, per come viene "ermeneuticamente" inteso, significa antiautoritarismo, inclusività sussidiaria (moralismo di formale antirazzismo che rivela dei sostanziali pregiudizi di carattere razziale). Lotta per la libertà delle minoranze.... Che framework concettuale ed ideologico è?
L'antifascismo è PURO LIBERALISMO. È patente neoliberalismo piccolo-borghese.
L'antifascismo è un neoliberale frame divisivo per non permettere resistenza.
Il confronto con i partiti conservatori deve rimanere ESCLUSIVAMENTE sui contenuti economico-sociali.
L'identitarismo nazionale conservatore, in quanto propedeutico all'identitarismo di classe, va sostenuto.
La sinergia sui contenuti di indipendenza nazionale e di difesa dello Stato sociale va ricercata.
Va condiviso il conservatorismo culturale da opporre al sorosiano e nazista modernismo reazionario. E ovviamente va condiviso lo sforzo su quegli obiettivi propedeutici al progressismo sociale.
In sintesi? Io chiamerei leghisti e "destre sociali", in questo frangente politico, 《 socialisti che non sanno l'economia 》.
Il materialismo dialettico porta a questo: è lo studio dell'economia politica che fornisce le categorie per dividere schmittiamente gli amici dai nemici nel concreto momento geostorico.
Tutto il resto è moralismo reazionario.
Un abbraccio!
Ringrazio per i complimenti.
Voglio tornare sulla questione del nuovo antifascismo, che deve misurarsi con un fenomeno per sua natura metamorfico e mimetico alquanto. Il mussolinismo penso sia irripetibile.
Al netto di una estrema destra radicale che per certi versi, come disse al tempo De Felice, è più nazista che fascista (culto eroico della morte, antimodernismo di tipo reazionario, ecc) mi pare che per cogliere il fenomeno attuale si debba parlare di XENOFASCISMO, ad indicare che i due concetti, quello di popolo e di nazione, subiscono, nei discorsi e nelle pratiche delle destre radicali una torsione, non solo imperialista (vedi CPI sulla Libia) ma, appunto nazistoide. Non solo un repellente odio per i neri e gli immigrati, gratta gratta vien fuori il mito della razza, magari con lo "spirito" messo al posto della biologia....
Detto questo ribadisco quanto scritto a più riprese: se c'è una risposta sbagliata allo xenofascismo è dire che "nessuna persona è illegale", inneggiare al no border, ovvero la posizione politica di considerare il diritto di valicare ogni frontiera come incondizionato. Che è una maniera per riproporre un'antistatalismo anarco-liberista e, sotto sotto, imperialistico.
Moreno Pasquinelli
Illuminante come sempre, Pasquinelli
Individualismo, edonismo, antistatalismo, dirittoumanismo, americanismo, cultura "pop", opposizione a "Dio patria e famiglia"... il retaggio del 68 continua a far danni a sinistra, rendendola strumento del Capitalismo globalista.
Ryx
Oddio che confusione ragazzi. Nell'articolo e noi commenti si sente parlare di Bordiga o di lega spartachista... ma sapete almeno quali erano le posizioni della sinistra comunista, consiliarista o internazionalista, italiana, tedesca, olandese o aprite bocca per dare fiato? Il loro rifiuto dell'antifascismo si fondava sulla convinzione che il fascismo fosse semplicemente uno dei possibili involucri politici che la borghesia può assumere, così come le democrazie nazionali, così come il capitalismo di stato sovietico, così come oggi direbbero delle oligarchie internazionali. Uno fra gli altri e non il nemico principale. Bordiga litigò con Gramisci quando affermava che in un certo senso il fascismo era adirittura un fenomeno di democratizzazione, nel senso che rendeva protagoniste le classi medie metropolitane, escluse dal regime liberal-massone precedente.
In altre parole Rosa Luxemburg e Amedeo Bordiga, erano contro l'antifascismo perché erano contro ogni blocco sociale interclassista che si unificava di fronte ad un obbiettivo specifico che riguardava la sovrastruttura del teatrino parlamentare. Era il senso col quale l'antiparlamentarista olandese van der Lubbe incendiò il parlamento tedesco, denunciando l'inutilità di un ente che lo stesso Hitler disse avrebbe cancellato qualunque fosse stato il risultato elettorale e che invece i comunisti tedeschi stalinisti continuavano a difendere con strumenti legali invece che armare gli operai di fronte alla marea nazista consegnandosi al proprio sterminio.
Oggi, la lega spartachista di cui blatera il primo commentatore avrebbe vomitato bile di fronte all'ipotesi di un blocco sovranista, non avrebbe mai aderito ad alcun CLN, e col tricolore si sarebbe pulita il culo.
SPARTACHISTA....
è vero, è vero che Bordiga (teniamo fuori per carità di Patria i consigliaristi, tra cui quello svitato olandese che dando fuoco al Bundestag fornì al nazismo un pretesto formidabile per andare al potere) condannava l'antifascismo a causa del suo carattere interclassista. Molto male! Fosse stato per lui non si doveva andare coi Partigiani e i rivoluzionari dovevano stare alla finestra in attesa della "autentica" rivoluzione socialista di di classe. Che ovviamente non esiste e non è mai esistita, e non lo è stata nemmeno della russa.
Ma se citi Bordiga non ti è permesso, se sei una persona seria, rivendicare la lotta armata antifascista. Quando le camice nere, nel 1921-22, davano l'assalto con le armi alle sedi del movimento operaio, furono gli Arditi del Popolo a prendere di petto, rivoltelle alla mano, le squadracce. Ebbene, In nome della purezza ideologica e del rifiuto di ogni tattica di fronte unito, la direzione bordighista del PCdI emanò una circolare con la quale si espelleva ogni membro del partito che partecipasse alle squadre di autodifesa e contrattacco degli Arditi.
Errore catastrofico che dipese da una piccolina ragione: Bordiga e il PCdI non capirono un cazzo del fascismo (per loro era sono un provvisorio avvicendamento nel governo borghese!) né seppero accettare le proposte sui come lottare contro la minaccia fascista suggerite dall'Internazionale comunista.
Che Dio ce ne scampi dal bordighismo!
Scusate se continuo a rompere le scatole. Ma uno dei pregi di questo blog è anche nel dibattito tra i commentatori e con la redazione, che è quasi sempre molto preparata. Non questa volta però. Questa volta si ripetono a pappagallo tutti i luogo comuni che la propaganda stalinista ha messo in giro sui comunisti dissidenti.
I bordighisti nemici dello scontro armato? Quando mai. A differenza di un certo bordighismo caricaturale, Bordiga, Fortichiari e gli altri furono sempre propugnatori dell'azione diretta, anche individuale, in quanto anche nell'attentato individuale c'è espressione del determinismo storico. Difesero, da giovani socialisti, Gaetano Bresci e la rivista Prometeo e il loro analogo francese Bilan difesero van der Lube soli contro tutti. Non aderirono agli Arditi del Popolo perché gli erano espressione di un blocco interclassista. Ma bisogna vivere quegli anni per parlare. Il mondo operaio e sopratutto il mondo contadino (di nuovo, a dispetto delle caricature che vogliono il bordighismo come anticontadino) erano pieni di famiglie che avevano avuto un figlio, un marito, un fratello fucilato dagli Arditi, o che era stato picchiato dagli interventisti e, in termini meno personali, venivano dalla frattura sindacale in seno al sindacato rivoluzionario dell'epoca, l'Usi, spaccato sul partecipare o meno alla guerra, così come il socialismo massimalista (Mussolini su tutti). Fare blocco coi nemici di tre anni prima era impossibile, immaginatevi voi di fare blocco con quelli che 15 anni fa vi hanno dato dei fascisti, dei servi dei servizi segreti, ecc.. Era una operazione, prima che politicamente, psicologicamente impercorribile. Errico Malatesta stesso parlò di fronte unico proletario (e non popolare, dunque) contro il fascismo.
Che non fecero opposizione armata è invece una vera e propria purga storica stalinista. Il più grande movimento di opposizione al fascismo nascente fu uno sciopero generale armato che divampò su tutta la costa adriatica centro meridionale (da Ancona a Taranto) proclamato da Usi e Pcdi. Costringendo Mussolini a proclamare lo stato d'assedio. Che non sostennero i partigiani è un'altra menzogna. Il gruppo armato più numeroso di Roma era Bandiera Rossa, un gruppo che non aderiva al CLN (quello che voi vorreste addirittura rifondare), dimenticato dalla storia di regime. Lo sciopero di Torino, Genova e Milano del 1943 fu opera dei vecchi operai comunisti ex bordighisti, che nel 1946 si candidarono alla Costituente col nome di Partito comunista internazionalista (presero lo 0,6%, ma con punte del 12% nei quartieri del Lingotto e fra i portuali di Genova).
Infine mi sembra poco marxista credere che, col fascismo che aveva trionfato dall'Italia all'est europeo, si sarebbe fermato in Germania se van der Lubbe non avesse incendiato il parlamento. Era un processo ormai in atto, anzi era ormai completato. L'incendio fu un'azione individuale per protestare contro il pct che espelleva chi rispondeva con le armi alle SA e investiva tutta la sua carica politica nel buon risultato parlamentare del proprio gruppo, parlamento che Hitler aveva detto in ogni caso avrebbe sciolto, sopratutto in caso di sconfitta.
Mi sembra incredibile che coloro che criticano l'antifascismo liberista del PD, poi si ritrovano a fare la stessa operazione frontista, contro il regime europeista. Il peggior prodotto dell'Euro è l'antieuropeismo. Non a caso vi siete ritrovati in compagni di banchieri, blogger e gente che un bel giorno vi ha salutato per andare con Casa Pound. Loro si che ce li vedo a fare lo scontro armato
Invito lo spartachista che mi accusa di "blaterare" di leggersi attentamente le lettere di rosa luxenburg a leo jogiches in cui scrive dell'indipendenza nazionale della Polonia dall'impero russo, ponendo grande attenzione su tale questione. Caro amico il comunismo e' studio, applicazione pratica della teoria rivoluzionaria, non false battute da isterico piccolo borghese.
Al compagno spartachista speriamo di potere rispondere con tutta l'attenzione che la sua critica merita.
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