28 agosto.
Dunque, forse ci siamo. Assad ha chiesto l'aiuto americano, ed Obama non glielo ha negato. Per ora siamo ai preliminari. Damasco vuol "coordinarsi" con Washington, che normalmente usa "coordinarsi" solo con se stessa. In altre parole, il punto è quello di decidere dove, come e quando colpire dal cielo le forze dell'ISIS in Siria. Intanto —fonte al-Jazeera— gli USA hanno iniziato i voli di ricognizione propedeutici ai bombardamenti.
Se il "coordinamento" formale probabilmente non ci sarà mai, quello di fatto sembra già in funzione. Siria come Iraq dunque, con i rispettivi governi ad implorare un aiuto americano. Anzi anglo-americano, perché Damasco ha invitato a combattere sul proprio territorio anche gli inglesi.
Al di là degli sviluppi futuri, soggetti a diverse variabili, quel che appare certa è la irrimediabile crisi degli schemi interpretativi su quanto sta avvenendo non solo in Siria, ma in tutto il Medio Oriente a partire dal 2011.
Non regge, ovviamente, il solito schema occidentale: democrazia contro dittatura, civiltà contro barbarie, bombardamenti "etici" contro terrorismo. Ma salta anche lo schema di certuni, che pur dichiarandosi "antimperialisti" sono soltanto dei "geopoliticisti", vittime spesso ignare di concezioni astratte e di schemi statici incapaci di comprendere la fulminante dinamicità degli eventi in corso.
Ai primi basta ricordare le loro contraddizioni. All'occidente i dittatori vanno benissimo finché stanno dalla sua parte, e dei colpi di stato della Cia si è perso il conto. La civiltà dell'occidente è quella dei bombardamenti aerei, di Hiroshima, di Gaza. E' la civiltà di Guantanamo e del dominio incontrastato del suo diritto imperiale. All'occidente, ed in primo luogo agli Usa, quel che interessa è solo la strenua difesa dei propri interessi. In questo quadro il dittatore nemico di ieri può benissimo diventare l'alleato di oggi, magari con il pretesto della comune lotta al terrorismo.
E' sui secondi, invece, che qui dobbiamo spendere qualche parola in più. Secondo costoro la rivolta scoppiata in Siria nel marzo 2011 è stata solo una manovra pilotata dagli americani. Ed una creatura americana sarebbe l'ISIS, mentre il governo Assad sarebbe stato in questi anni il faro della resistenza antimperialista in Medio Oriente. Uno schema messo a dura prova dai recenti avvenimenti. Di più: semplicemente ridicolizzato dai fatti.
Seguendo lo schema dei nostri complottisti avremmo che i creatori dell'ISIS bombardano oggi la loro creatura e che i nemici giurati di Assad vanno di fatto ad appoggiarlo. Misteri che si dovrà pur spiegare...
Ma non c'è solo la Siria. Diamo, ad esempio, un rapido sguardo alla Libia. Qui l'occidente, mettendosi a ruota del buffo marito di Carla Bruni, dichiarò guerra a Gheddafi, il dittatore di turno colpevole di tutti i mali del mondo. Si disse allora che dietro alle forze islamiste della Cirenaica operavano i servizi delle potenze della Nato. E si disse anche che l'astuto Napoleone parigino avrebbe scalzato l'Eni dagli affari petroliferi con la sua Total.
Oggi, a soli tre anni di distanza, mentre solo le forze islamiste sembrano in grado di ridare un qualche ordine ad un paese dilaniato dalle lotte tribali, l'occidente non riesce a fare di meglio che dare via libera ai bombardamenti contro le milizie islamiche, effettuati a quanto pare con aerei degli amici degli Emirati, partiti da basi dell'amico Egitto. Se alleanza con le forze islamiche c'è mai stata, di certo oggi non c'è più. Intanto la Total è in fuga dalla Libia, mentre l'Eni ha mantenuto le sue storiche posizioni...
Che dire? Ammettessero almeno che non tutte le ciambelle riescono col buco! Invece no. Ci è capitato di leggere nei giorni scorsi che la Libia sarebbe addirittura un luogo dove si combatte la guerra tra gli Stati Uniti (e i loro alleati) ed una non meglio imprecisata Eurasia. Concetto senz'altro raffinato, ma ben poco argomentato.
Quel che sfugge a costoro è la complessità dello scenario mediorientale. Uno scenario profondamente cambiato negli ultimi anni. In questo sito ci siamo sforzati di affermare un concetto, quello secondo cui per cercare di capire quanto sta avvenendo bisogna considerare tre fattori: quello geopolitico, quello regionale, quello nazionale dei singoli paesi entrati in vario modo in questa furibonda battaglia.
La geopolitica è solo uno di questi fattori. Limitarsi ad essa porta necessariamente fuori strada. Oggi più di ieri, perché se dieci anni fa seguendo le mosse della superpotenza americana si poteva spiegare l'80% di quel che accadeva, oggi essa può spiegare soltanto un 30% degli sconvolgimenti in corso.
Che cosa è avvenuto nel frattempo, a determinare questo cambiamento? Sono avvenute tre cose: 1) un indebolimento relativo degli Stati Uniti, dovuto anche ai risultati delle Resistenze in Iraq ed Afghanistan; 2) la discesa in campo di almeno tre potenze regionali - Turchia, Iran, Arabia Saudita, con sullo sfondo l'Egitto - che giocano una loro specifica partita; 3) l'irruzione sulla scena dei popoli arabi, oggi costretti ad indietreggiare (basti pensare al caso egiziano), ma non più semplici pedine di un potere affidato alle èlite.
Come scriveva Moreno Pasquinelli, in un suo articolo sull'Iraq di due settimane fa:
«Meglio usare la ragione per spiegare i complessi fenomeni storico-sociali che attraversano l’islam, meglio capire da dove venga e dove possa portare il potente moto di rinascimento islamico, di cui il takfirismo è manifestazione.
La fitna, la scontro settario, non avrebbe assunto le dimensioni colossali che ha, se non si comprendesse qual è la vera posta in palio. Il Medio oriente resta, non solo per il petrolio, una zona decisiva per chiunque voglia assicurarsi l’egemonia mondiale, o anche solo per avere un posto nella tavola dei dominanti.
Quello in atto in Medio oriente è solo l’inizio di un sconquasso geopolitico di portata storica e globale, l’equivalente della “nostra” Guerra dei trent’anni. Stanno definitivamente saltando in aria gli assetti dell’intera regione, figli della spartizione delle spoglie dell’Impero ottomano compiuta dalle potenze coloniali inglese e francese (Accordi Sykes-Picot del maggio 1916).
Usando questa chiave di lettura possono essere decodificate e comprese le mosse dei diversi attori che calcano la scena mediorientale: le potenze internazionali, gli USA in primis (di cui Israele è in ultima istanza una protesi), Russia e Cina; e quelle regionali: Iran, Arabia Saudita, Egitto,Turchia.
Queste potenze, le cui alleanze in questo lungo conflitto muteranno anche in forme inattese, vorrebbero fare i conti senza l’oste, ovvero escludere dal gioco il potente movimento di massa di rinascita sunnita di cui l’ISIS è la punta dell'iceberg. Per questo tentano di coalizzarsi allo scopo di abbattere prima possibile il califfato di Abu Bakr al-Baghdadi. Tuttavia esso, per quanto i suoi confini siano aleatori, è oramai una potente realtà. Non sarà facile ai diversi predoni, debellarlo».
Conclusioni
Sottolineiamo questo passaggio: «Queste potenze, le cui alleanze in questo lungo conflitto muteranno anche in forme inattese». Tre anni fa Assad era il mostro, due anni fa gli Usa finanziavano le milizie islamiste, un anno fa Obama fermò i propri bombardieri solo un attimo prima del loro decollo (un dietro-front sul quale si è riflettuto ben poco), mentre oggi il Nobel per la pace - l'appassionato guidatore a distanza dei droni assassini che spargono morte in tanti paesi - sembra pronto all'alleanza con il regime siriano.
Un'alleanza solo di fatto, ci mancherebbe, che le apparenze vanno salvate! Un'alleanza non poi così strana, cari "geopoliticisti", "antimperialisti" con 10 virgolette, dato che il clan Assad già collaborò nel 1991 all'aggressione all'Iraq, con l'invio di ben 15mila soldati mandati a combattere Saddam Hussein.
Concludendo. L'imperialismo americano rimane il nostro principale nemico. Guai a dimenticarlo anche per un solo attimo. Ma guai anche a farne un avversario invincibile ed onnipotente. Non lo è, e lo scenario mediorientale ce lo dimostra. Ed i primi a capirlo dovrebbero proprio coloro che teorizzano il passaggio ad un'epoca multipolare.
Questo passaggio non è ancora avvenuto, e si può tranquillamente escludere che possa avvenire in forma pacifica. Tuttavia, grazie anche alla resistenza ed alle sollevazioni dei popoli, l'imperialismo americano è meno forte di dieci anni fa. Esso è sempre molto attivo in Medio Oriente, militarmente e politicamente. Bombarda l'Iraq non certo a difesa di cristiani e yazidi, quanto piuttosto per sostenere il governo filo-israeliano del Kurdistan iracheno, e probabilmente bombarderà le postazioni dell'ISIS anche in Siria.
Politicamente l'imperialismo ha però bisogno di alleanze. Così è sempre stato. Ne trovò di larghissime nella Guerra del Golfo del 1991, ne trovò assai meno nel 2003. Oggi, però, il quadro è più complesso. La Turchia è un paese Nato, ma che persegue un proprio - per quanto indebolito - disegno regionale. L'Arabia Saudita è un alleato di sempre, ma che certo non disdegna il sostegno alle formazioni sunnite takfiriste in funzione sia anti-iraniana che anti-turca. L'Iran di Rohani non è quello di Ahmadinejad, e tuttavia rimane agli occhi di Washington una potenza pericolosa anche per i propri rapporti con Mosca.
Dunque, la politica americana è più pragmatica che mai. E non potrebbe essere diversamente. Impossibile perciò stupirsi se in qualche momento vi è stata una convergenza tattica con le formazioni islamiste. Convergenza accettata spregiudicatamente anche da queste ultime, ma solo transitoriamente e non in quanto creature della Cia. Già in Iraq forze che oggi stanno in qualche modo a fianco dell'ISIS combatterono in passato contro l'organizzazione fondata da al-Zarqawi, dalla quale la stessa ISIS discende.
Nessuno stupore dunque - ed al tempo stesso nessuna certezza - sulla possibile alleanza Obama-Assad. Un'alleanza per altro ben vista da Israele. Se alleanza sarà, noi non ci stupiremo. Ma che diranno i sostenitori della visione "geopoliticista", quella che ritiene che la rivolta siriana sia solo un complotto americano contro Assad? Per ora di costoro non abbiamo notizie. Ma c'è tempo e noi aspettiamo, anche se non troppo fiduciosi.
4 commenti:
Vorrei, se possibile, conoscere il parere della Redazione su questi due articoli: http://www.retekurdistan.it/2014/08/26/cento-anni-di-resistenza-curda-e-lo-stato-islamico/#.U_3WHNLV8_g
http://www.ilcorsaro.info/altrove-2/isis-e-guerra-in-iraq-i-30-punti-di-wu-ming.html#.U_nGrgN1GjA.facebook
La Siria è uno dei paesi che hanno partecipato all'Extraordinary Rendition americana post 11 Settembre 2001, cioè la detenzione o il prelievo illegale di persone considerate terroristi, portate in paesi dove non è un problema torturare impunemente. Anche il nostro paese è nella lista, vedi caso sequestro Abu Omar con l'aiuto di servizi italiani.
Non è quindi strano che ci siano queste convergenze, che per l'Impero sono momentanee.
Saluti,
Carlo.
Veramente a me risulta che Assad non ha affatto “chiesto l’ aiuto americano” (contrariamente tutti o quasi, sempre o quasi i movimenti islamisti reazionari a cominciare da Al Quaida ai tempi della guerra controrivoluzionaria di aggressione imperialista contro il governo giacobino filosovietico in Afghanistan), e che Obama glielo ha negato.
Invece, con semplice buon senso, il governo siriano ha proposto agli USA una collaborazione FRA PARI contro quello che ora è di fatto (al momento; e fino al prossimo rivoltamento di gabbana da parte di questo e/o da parte degli USA) un nemico comune (esattamente come Stalin concluse nel ’39 un benemerito e sacrosanto patto con Hitler che sventando le mire dei governi antisovietici e in quel momento decisamente filonazisti di Gran Bretagna e Francia fece guadagnare quasi due anni preziosissimi alla preparazione bellica sovietica, anni che si sarebbero rivelati decisivi per la vittoria e la distruzione del nazismo); e quello amerikano, nel quale la presunzione e arroganza imperialistica e la disumana furia terroristica superano di gran lunga il buon senso, l’ ha rifiutata.
Questi ad oggi sono I FATTI (parlare di "richiesta di aiuto da parte di Assad" e di "concessione di aiuto da parte di Obama" mi sembra COMPLOTTISMO DELL PIU' BELL' ACQUA).
Ed é una deformazione caricaturale (quasi quanto le trame immaginate dai complottisti) attribuire a quegli antiimperialisti che si sono sempre schierati con il governo siriano contro l’ alleanza “imperialista-islamista” (il duplice aggettivo è approssimativo, tanto per intendersi; il sostantivo, senza virgolette, è usato e da intendersi in senso letterale), momentaneamente in crisi, la considerazione di Assad come “”il faro della resistenza antiimperialistrica in Medio Oriente”.
E’ ovvio che fra i ribelli siriani e quelli libici c’ era anche qualche utile (per l’ imperialismo) idiota in buona fede che credeva di “fare una rivoluzione democratica”, ma quel che conta per me è il fatto che quei movimenti da subito e senza ombra di dubbio per chi non sia ottenebrato da pregiudizi erano egemonizzati dall’ imperialismo occidentale e ciò faceva immediatamente e letteralmente di questi portatori d’ acqua di Obama e dei suoi alleati dei nemici del popolo oggettivi.
Oltre a ciò (anche ammesso e non concesso che fossero effettivamente e non allucinatoriamente antiimperialisti anch' essi) sarebbero stati comunque preferibili a dei movimenti religiosamente intolleranti e persecutori sistematici e sanguinari di moltissime minoranze confessionali e/o etniche presenti in quei paesi, i governi tolleranti e che avevano assicurato loro per lo meno decenni di convivenza civile pacifica (preferibili, per dei comunisti o anche solo per dei democratici, in quanto “molto meno nazisti”, tanto per parlare all’ ingrosso ma chiaramente), e anche una certa prosperità economica (certamente molto maggiore del presunto “qualche ordine a un paese dilaniato dalle lotte tribali [da esse stesse scatenate in combutta con l’ imperialismo, N. d. R.] “che attualmente “solo le forze islamiste sembrano in grado di ridare”.
Grazie per l' attenzione.
Giulio Bonali
Peccato che la redazione non si esprima sul ruolo dei comunisti curdi impegnati nella difesa del modello di società democratica, partecipativa ed egualitaria (oltre le divisioni etniche, confessionali e di genere) che stanno provando a realizzare nel Kurdistan siriano combattendo senza tregua contro i fascisti reazionari dell'IS...
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