«Noi, il Fiscal compact e i vincoli europei»
di Pierluigi Bersani e Nichi Vendola*
«Ci sono motivi esterni molto importanti che determinano lo spread, ma anche ragioni interne ed europee, che aiutano a comprendere meglio la sfida politica italiana del 2013.
Molte di queste ragioni sono legate ai limiti imposti dal fiscal compact. Potrà venire infatti un governo più incline alla spesa o più favorevole a tagliare le tasse, ma il deficit strutturale dovrà restare entro lo 0,5% del Pil. Se il pareggio del bilancio e quello dei conti con l'estero sono sostenibili, gli investitori esteri possono considerare il Paese stabile chiunque lo guidi. Anche se vincesse una coalizione politica tutt'altro che moderata, il governo sarà tenuto da un trattato internazionale a ridurre deficit e debito. Se non lo fa, il trattato prevede che «nel caso di deviazioni significative osservate dall'obiettivo di medio termine» meccanismi di sanzione scattino automaticamente con l'imposizione di penalità finanziarie.
Qualunque sia il prossimo governo, non potrà nemmeno discutere unilateralmente una deviazione dal fiscal compact, perché farebbe fuggire gli investitori dal Paese. Inoltre il fiscal compact è stato introdotto come contropartita dei fondi salva-Stati a garanzia dei Paesi creditori. Il testo del Trattato dice chiaramente che gli aiuti finanziari saranno condizionati alla ratifica del fiscal compact entro il 1° marzo 2013, nove giorni prima della data più probabile delle elezioni italiane. Quindi se il fiscal compact fosse abbandonato dall'Italia, l'Esm (il fondo salva-Stati) perderebbe senso, probabilmente verrebbe addirittura svuotato. Sarebbe la fine dell'euro. I partiti italiani più radicali, che criticano sia il rigore fiscale sia l'euro, hanno quindi una tragica coerenza. Ma sono costretti a proporre un'uscita dalla moneta unica che li confina in una posizione scomoda e irrealistica di fronte agli elettori italiani.
La legge di bilancio del prossimo governo inoltre dovrà essere sottoposta ai Paesi partner prima ancora di essere votata dal Parlamento italiano. Sarà sottoposta a sorveglianza della Commissione in relazione al rispetto degli obiettivi di medio termine e al calendario della convergenza non solo fiscale, ma macroeconomica. Il nuovo governo potrà comunque intervenire sulla qualità e l'articolazione della politica economica, ma paradossalmente più nella natura tecnica delle riforme che nel loro impianto ideologico. Tutte le maggiori riforme politiche, infatti, devono essere discusse con gli altri governi prima ancora di essere approvate. Se possibile devono essere coordinate tra i diversi Paesi. Questo significa che ogni riforma ispirata da uno spirito particolarmente ideologico deve incontrare il sostegno dei Paesi partner. I quali però hanno orientamenti politici diversi tra di loro e quindi difficilmente daranno luce verde a un'agenda molto radicale di uno dei Paesi membri.
Infine, per non violare gli obiettivi annuali, un piano di riforma economica radicale, per esempio il taglio secco delle tasse o l'aumento della spesa, dovrebbe essere spalmato su diversi anni. Al limite su più di una legislatura. Ma questa lunga durata crea un problema di credibilità per qualsiasi politica ideologizzata, perché la riforma rischierebbe di essere revocata al primo cambio di maggioranza o perdita di consenso del governo. Per questa ragione in Europa c'è una certa tendenza a preferire "grandi coalizioni" nei Paesi indebitati in cui sono necessari ampi piani di riforma.
In caso di un governo recalcitrante, la Commissione farebbe scattare un "programma di partnership" che in realtà mette sotto stretta sorveglianza la politica del Paese e richiede un piano dettagliato di riforme strutturali. Ma non erano molte di queste forme di sorveglianza già in vigore in passato e senza efficacia? Sì, ma ora i mercati sono molto più allerta. I Paesi partner poi hanno un'arma nucleare in mano: qualsiasi Paese aderente al Trattato può portare un altro Paese, che sospetta di violare gli accordi, di fronte alla Corte di Giustizia Ue. Dato il livello di populismo in Europa in materia di rigore fiscale altrui, non è improbabile che questo clamoroso processo pubblico al Paese deviante avvenga davvero. In fondo è stata sufficiente un po' di pressione, informale ma pubblica, di Berlino nelle scorse settimane per far finire la Francia tra i Paesi fragili.
Il prossimo governo avrà dunque un forte controllo dall'esterno, nessun margine fiscale e nessuna possibilità di far leva su ideologie radicali. Privo di risorse fiscali, con la politica monetaria gestita solo a livello europeo e con le riforme strutturali che richiedono tempo per dare effetti, il prossimo governo potrà puntare soprattutto su un clima più cooperativo in Europa che consenta di realizzare politiche di sviluppo, di spostare l'attività economica italiana sui settori esportatori e di uscire dalla spirale debito-deflazione che sta contagiando anche i Paesi più solidi.
Tuttavia per influenzare la politica economica europea un governo deve essere credibile a Bruxelles. E per essere credibile a Bruxelles deve condurre politiche credibili a casa. Se per esempio Hollande avesse oggi un pareggio di bilancio, sarebbe politicamente più forte di una Merkel a termine di legislatura. Alla fine dunque un governo post-Monti dovrebbe comportarsi più o meno allo stesso modo del governo attuale. La campagna elettorale sarà condotta polemicamente pro o contro l'agenda Monti, ma in realtà qualsiasi sarà il prossimo governo rischia di avere ancor meno margine di manovra di quello attuale, dovendo costruire da zero la propria credibilità europea».
* In verità si tratta di un articolo di Carlo Bastasin dal titolo «La credibilità è lo "scudo" sui Btp». Il Sole 24 ore di mercoledì 5 dicembre 2012. Scusateci per l'inganno [?]
di Pierluigi Bersani e Nichi Vendola*
«Ci sono motivi esterni molto importanti che determinano lo spread, ma anche ragioni interne ed europee, che aiutano a comprendere meglio la sfida politica italiana del 2013.
Molte di queste ragioni sono legate ai limiti imposti dal fiscal compact. Potrà venire infatti un governo più incline alla spesa o più favorevole a tagliare le tasse, ma il deficit strutturale dovrà restare entro lo 0,5% del Pil. Se il pareggio del bilancio e quello dei conti con l'estero sono sostenibili, gli investitori esteri possono considerare il Paese stabile chiunque lo guidi. Anche se vincesse una coalizione politica tutt'altro che moderata, il governo sarà tenuto da un trattato internazionale a ridurre deficit e debito. Se non lo fa, il trattato prevede che «nel caso di deviazioni significative osservate dall'obiettivo di medio termine» meccanismi di sanzione scattino automaticamente con l'imposizione di penalità finanziarie.
Qualunque sia il prossimo governo, non potrà nemmeno discutere unilateralmente una deviazione dal fiscal compact, perché farebbe fuggire gli investitori dal Paese. Inoltre il fiscal compact è stato introdotto come contropartita dei fondi salva-Stati a garanzia dei Paesi creditori. Il testo del Trattato dice chiaramente che gli aiuti finanziari saranno condizionati alla ratifica del fiscal compact entro il 1° marzo 2013, nove giorni prima della data più probabile delle elezioni italiane. Quindi se il fiscal compact fosse abbandonato dall'Italia, l'Esm (il fondo salva-Stati) perderebbe senso, probabilmente verrebbe addirittura svuotato. Sarebbe la fine dell'euro. I partiti italiani più radicali, che criticano sia il rigore fiscale sia l'euro, hanno quindi una tragica coerenza. Ma sono costretti a proporre un'uscita dalla moneta unica che li confina in una posizione scomoda e irrealistica di fronte agli elettori italiani.
La legge di bilancio del prossimo governo inoltre dovrà essere sottoposta ai Paesi partner prima ancora di essere votata dal Parlamento italiano. Sarà sottoposta a sorveglianza della Commissione in relazione al rispetto degli obiettivi di medio termine e al calendario della convergenza non solo fiscale, ma macroeconomica. Il nuovo governo potrà comunque intervenire sulla qualità e l'articolazione della politica economica, ma paradossalmente più nella natura tecnica delle riforme che nel loro impianto ideologico. Tutte le maggiori riforme politiche, infatti, devono essere discusse con gli altri governi prima ancora di essere approvate. Se possibile devono essere coordinate tra i diversi Paesi. Questo significa che ogni riforma ispirata da uno spirito particolarmente ideologico deve incontrare il sostegno dei Paesi partner. I quali però hanno orientamenti politici diversi tra di loro e quindi difficilmente daranno luce verde a un'agenda molto radicale di uno dei Paesi membri.
Infine, per non violare gli obiettivi annuali, un piano di riforma economica radicale, per esempio il taglio secco delle tasse o l'aumento della spesa, dovrebbe essere spalmato su diversi anni. Al limite su più di una legislatura. Ma questa lunga durata crea un problema di credibilità per qualsiasi politica ideologizzata, perché la riforma rischierebbe di essere revocata al primo cambio di maggioranza o perdita di consenso del governo. Per questa ragione in Europa c'è una certa tendenza a preferire "grandi coalizioni" nei Paesi indebitati in cui sono necessari ampi piani di riforma.
In caso di un governo recalcitrante, la Commissione farebbe scattare un "programma di partnership" che in realtà mette sotto stretta sorveglianza la politica del Paese e richiede un piano dettagliato di riforme strutturali. Ma non erano molte di queste forme di sorveglianza già in vigore in passato e senza efficacia? Sì, ma ora i mercati sono molto più allerta. I Paesi partner poi hanno un'arma nucleare in mano: qualsiasi Paese aderente al Trattato può portare un altro Paese, che sospetta di violare gli accordi, di fronte alla Corte di Giustizia Ue. Dato il livello di populismo in Europa in materia di rigore fiscale altrui, non è improbabile che questo clamoroso processo pubblico al Paese deviante avvenga davvero. In fondo è stata sufficiente un po' di pressione, informale ma pubblica, di Berlino nelle scorse settimane per far finire la Francia tra i Paesi fragili.
Il prossimo governo avrà dunque un forte controllo dall'esterno, nessun margine fiscale e nessuna possibilità di far leva su ideologie radicali. Privo di risorse fiscali, con la politica monetaria gestita solo a livello europeo e con le riforme strutturali che richiedono tempo per dare effetti, il prossimo governo potrà puntare soprattutto su un clima più cooperativo in Europa che consenta di realizzare politiche di sviluppo, di spostare l'attività economica italiana sui settori esportatori e di uscire dalla spirale debito-deflazione che sta contagiando anche i Paesi più solidi.
Tuttavia per influenzare la politica economica europea un governo deve essere credibile a Bruxelles. E per essere credibile a Bruxelles deve condurre politiche credibili a casa. Se per esempio Hollande avesse oggi un pareggio di bilancio, sarebbe politicamente più forte di una Merkel a termine di legislatura. Alla fine dunque un governo post-Monti dovrebbe comportarsi più o meno allo stesso modo del governo attuale. La campagna elettorale sarà condotta polemicamente pro o contro l'agenda Monti, ma in realtà qualsiasi sarà il prossimo governo rischia di avere ancor meno margine di manovra di quello attuale, dovendo costruire da zero la propria credibilità europea».
* In verità si tratta di un articolo di Carlo Bastasin dal titolo «La credibilità è lo "scudo" sui Btp». Il Sole 24 ore di mercoledì 5 dicembre 2012. Scusateci per l'inganno [?]
7 commenti:
cara Eco della rete, abbiamo eliminato il commento qui sopra poiché eccessivamente "trucido".
E' sempre "troppo trucido" per i Fiocinatori, il Tonno che cerca di saltar fuori dalla "Camera della Morte".
Detto questo, sembra proprio che l'approvazione del "Fiscal Compact" sia la "gabbia finale" dove avrà luogo l'inesorabile e definitiva mattanza . Di "camera" in "camera, la Tonnara sta funzionando secondo i "Piani". E sembra non ci sia proprio alcuna speranza di saltar fuori ritornando in mare aperto. E quei "responsabili" che finora hanno incanalato tanto per bene i tonni, non saranno mica "cugini" dei Fiocinatori, per caso? Cugini o insipienti o traditori? Ma neanche per idea : abili amministratori, piuttosto (per conto di chi poi, sarebbe forse "trucido" indagare). Fratelli dei Tonni no di certo!!
Sono stato trucido? A me non sembra. Il mare della Tonnara si è tinto e si tingerà di rosso del "nostro" sangue. "Nostro", "nostro," nostro": donne, uomini, vecchi, vecchie, bambini e bambine, giovani e giovanette. Almeno dateci la possibilità di urlare (avete presente "l'urlo" di Munch?. Dicono che gridando si possa render meno intenso il dolore.
Nell' osservare i due insigni Personaggi ritratti in fotografia, salta subito agli occhi l'atteggiamento dell''on.le Niki Vendola che si sta mettendo le mani nei capelli: istintiva reazione di chi é sconcertato e preoccupato, forse pure sconsolato, spoetizzato e disperato.
In contrasto la maschera seria, severamente ferma e sicura dell'on.le Bersani che rivela soddisfazione per le scelte esplicitate nel "Programma". Programma che, in verità, a me pare ricarlcato quasi ad litteram sull'Agenda Monti .
Mi verrebbe istintivo fare come il Niki.
è evidente che ci troviamo in una congiuntura storica "fottutamente" ( scusate il volgare. )sfavorevole. parlo da semplice operaio interessato a quel che succede nel mondo. la maggior parte dei miei compagni di servitù; operai o liberi professionisti. piccoli imprenditori, ecc. ecc. e aggiungo con tristezza la " classe " degli intellettuali, che oggi non sa di non sapere e presume di conoscere il suo nemico. Qursta massa, non più popolo, incantata da abili sofisti, parla di caste e di politicanti, sedotta da media interessati a supportare ( anche in versione critica. )un certo diffuso qualunquismo. Aspetto con ansia nueve generazioni più consapevoli e uomini di pewnsiero più svegli in grado di rompere questa gabia materiale e ideale che sta soffocando non solo il nostro stanco paese ma tutto un continente. probabilmente, ma non necessariamenta, il peggiorare della situazione potrebbe favorire una presa di coscienza in senso " rivoluzinario ". ma credo, ( e spero )che si faccia avanti anzi tutto una chiara coscienza che sappia distinguere quelle che sono le vere cause della crisi attuale e riportare finalmente all'ordine del giorno una volontà diffusa antricapitalista e antiimperialista. ci vuole coraggio, pazienza e voglia di portare tra la gente la giusta informazione che i media popolari nono possono dare. ci vuole tempo e impegnio. gli eventi da soli, anche quelli tragici e carichi di potenzialità non sono sufficienti. dobbiamo parlare con le persone. dobbiamo esserci.
Salve Daniele Tantillo, per caso leggo questo blog e, sempre per caso, leggo il suo post. Mi colpisce e, quindi, scrivo a lei queste due righe.
Oggi è 10 dicembre e sta iniziando ciò che ci porterà in un binario predeterminato nel quale, purtroppo, c'è poco o niente di quello che lei chiede o auspica. Non v'è, sempre purtroppo, alcuna figura politica in grado di svolgere le considerazioni necessarie sul breve-medio e lungo periodo dal punto di vista della politica economica, sociale ed industriale del nostro Paese. Non credo che si riuscirà a trovare soluzioni idonee e di prospettiva. Certamente, credo, per le informazioni oggi acquisibili, che quand'anche il nostro Paese non dovesse tecnicamente fallire, innumerevoli saranno i nostri concittadini, o forse anch'io, o forse anche lei, che pagheranno con tutto ciò che hanno ed anche con ciò non hanno. Purtroppo sembriamo palesemente destinati ad un secondo medioevo senza avere alcuna possibilità di imporre la volontà di un popolo che, badi bene, abbisognerebbe solo di scelte ovvie, da un lato, di un po' di coraggio, dall'altro, e, da ultimo, della giusta competenza ed onestà. Stanno qualificando come drastico ciò che drastico non è; come drammatico ciò che potrebbe, invece, essere risolto; come inevitabile ciò che, invero, è lungi dall'esserlo.
Mi chiamo Daniele Castaldi, ho 36 anni e svolgo la professione di avvocato. Per quanto mi riguarda non è accettabile ciò che sta già accadendo; non è accettabile che un sempre maggiore numero di miei fratelli e concittadini sia, ora e non domani (domani saranno solo molti, molti di più), sotto la soglia di povertà.
Quando qualcosa è inaccettabile ogni coscienza è chiamata a dare il proprio contributo. Quindi le scrivo perchè persone come lei, e come me, non si fermino ad un post ma tentino di fare, democraticamente, ogni cosa loro possibile. Nè io nè lei, credo, siamo destinati a cambiare le cose ai livelli di cui stiamo parlando, ma sia io che lei, nel nostro piccolo, possiamo organizzarci con le persone che conosciamo, possiamo creare un tessuto indipendente da questi inutili idioti, per cercare di aiutare le persone che già, o di qui a poco, avranno di che piangere. E se dovessimo piangere io o lei forse altri aiuteranno noi...e se lei od io dovessimo essere nella condizione di determinare qualcosa di più grande, bene, lo farà o lo farò.
Piacere di averla letta.
Andamenti e prospettive della Finanza Pubblica Italiana. Aggiornamento del IX Rapporto Nens, dicembre 2012
http://www.nens.it/zone/pagina.php?ID_pgn=817&ctg1=Rapporti&ctg2=Nessuna
La fondazione di Visco e Bersani ha già calato le carte sul tavolo. Si prevede bella manovra correttiva specie per l'adorazione del totem europa e per il mortifero rituale dei conti in ordine.
Ci sarà parecchio da lavorare per il prestigiatore di Terlizzi :) ma mi sa che incanterà poco stavolta.
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