Un 11 settembre di massa
di Campo Antimperialista*
In molti si scrutano pensosi il naso chiedendosi chi ci sia realmente dietro alla pellicola anti islamica. Chi c’è davvero dietro a tal Sam Bacile, il produttore israelo-americano del lungometraggio dello scandalo? C’è il Mossad? C’è la Cia? C’è Romney? C’è la Spectra? C’è Pincopallo?
C’è, sotto i nostri occhi, una potentissima ondata di proteste islamiste, una mobilitazione che ha attraversato tutto il mondo islamico, dal Marocco all’Indonesia. Ci pare più importante interrogarsi sul suo significato e le sue implicazioni, piuttosto che elucubrare su un piano del discorso entro il quale, al massimo, si possono fare solo illazioni e astratte speculazioni.
L’uccisione a Bengasi dell’ambasciatore in Libia Chris Stevens è certo uno smacco pesante per gli Stati Uniti (e per i loro alleati NATO). Se la cosa fosse finita lì si sarebbe parlato di uno dei tanti attacchi terroristici, più o meno made al-Qaeda, che ad intermittenza colpiscono gli americani. Ma la cosa non è per niente finita lì. E’ la fiammata d’indignazione, quindi le sue enormi dimensioni, che debbono preoccupare gli Stati Uniti e la Casa Bianca.
E perché? Perché sanciscono il totale fallimento della nuova politica statunitense nel Vicino oriente, quella che venne inaugurata da Obama nel suo famoso discorso all’università del Cairo il 3 giugno 2009. Chi può dimenticare la zelante apologia dei media occidentali (e mondiali) sul “nuovo corso obamiano”? Si trattava in verità di una rimodulazione della medesima politica imperiale di Bush, una rimodulazione che faceva perno tuttavia su una apertura di credito al mondo islamico, ferma restando, appunto, la strategia di fondo. Una rimodulazione che faceva perno sulla pretesa di separare l’Islam moderato da quello jihadista e radicale, con un'inedita apertura di credito a quell’internazionale islamica che va sotto il nome di Fratellanza musulmana.
Ecco cosa muore in questi giorni coi funerali in pompa magma dell’ambasciatore e sotto le macerie delle ambasciate assaltate in diversi paesi: muore la pretesa americana di addomesticare l’Islam politico e di afferrarlo nella sua sfera d’influenza. Chi non vuole riconoscere questo scacco, prima ha parlato di sparuti gruppi terroristici qaedisti dietro alle proteste, poi, viste le dimensioni di massa della fiammata antiamericana e antimperialista, ha inalberato il solito spauracchio del salafismo. Una maniera di cavarsela, furbesca e consolatoria.
Bisogna avere delle fette di prosciutto sugli occhi per negare l’evidenza, l’evidenza di una rivolta di massa, che ha coinvolto la gioventù diseredata delle grandi metropoli arabe e non solo. Una rivolta che ha fatto saltare le paratie immaginarie tra jihadismo salafita (i cattivi), da una parte, e dall’altra l’Islam buono, dialogante con l’Occidente imperialista.
In molti si scrutano pensosi il naso chiedendosi chi ci sia realmente dietro alla pellicola anti islamica. Chi c’è davvero dietro a tal Sam Bacile, il produttore israelo-americano del lungometraggio dello scandalo? C’è il Mossad? C’è la Cia? C’è Romney? C’è la Spectra? C’è Pincopallo?
C’è, sotto i nostri occhi, una potentissima ondata di proteste islamiste, una mobilitazione che ha attraversato tutto il mondo islamico, dal Marocco all’Indonesia. Ci pare più importante interrogarsi sul suo significato e le sue implicazioni, piuttosto che elucubrare su un piano del discorso entro il quale, al massimo, si possono fare solo illazioni e astratte speculazioni.
L’uccisione a Bengasi dell’ambasciatore in Libia Chris Stevens è certo uno smacco pesante per gli Stati Uniti (e per i loro alleati NATO). Se la cosa fosse finita lì si sarebbe parlato di uno dei tanti attacchi terroristici, più o meno made al-Qaeda, che ad intermittenza colpiscono gli americani. Ma la cosa non è per niente finita lì. E’ la fiammata d’indignazione, quindi le sue enormi dimensioni, che debbono preoccupare gli Stati Uniti e la Casa Bianca.
E perché? Perché sanciscono il totale fallimento della nuova politica statunitense nel Vicino oriente, quella che venne inaugurata da Obama nel suo famoso discorso all’università del Cairo il 3 giugno 2009. Chi può dimenticare la zelante apologia dei media occidentali (e mondiali) sul “nuovo corso obamiano”? Si trattava in verità di una rimodulazione della medesima politica imperiale di Bush, una rimodulazione che faceva perno tuttavia su una apertura di credito al mondo islamico, ferma restando, appunto, la strategia di fondo. Una rimodulazione che faceva perno sulla pretesa di separare l’Islam moderato da quello jihadista e radicale, con un'inedita apertura di credito a quell’internazionale islamica che va sotto il nome di Fratellanza musulmana.
Ecco cosa muore in questi giorni coi funerali in pompa magma dell’ambasciatore e sotto le macerie delle ambasciate assaltate in diversi paesi: muore la pretesa americana di addomesticare l’Islam politico e di afferrarlo nella sua sfera d’influenza. Chi non vuole riconoscere questo scacco, prima ha parlato di sparuti gruppi terroristici qaedisti dietro alle proteste, poi, viste le dimensioni di massa della fiammata antiamericana e antimperialista, ha inalberato il solito spauracchio del salafismo. Una maniera di cavarsela, furbesca e consolatoria.
Bisogna avere delle fette di prosciutto sugli occhi per negare l’evidenza, l’evidenza di una rivolta di massa, che ha coinvolto la gioventù diseredata delle grandi metropoli arabe e non solo. Una rivolta che ha fatto saltare le paratie immaginarie tra jihadismo salafita (i cattivi), da una parte, e dall’altra l’Islam buono, dialogante con l’Occidente imperialista.
Per le grandi masse oppresse evidentemente non valgono i confini divisori e aleatori tracciati dai politicanti. Che la rivolta sia scoppiata al Cairo, prima ancora che a Bengasi; che sia scoppiata proprio l’11 settembre, nell’anniversario della più grande umiliazione che gli Usa abbiano mai subito, dopo la sconfitta in Vietnam, e che abbia visto nuovamente Piazza Tahrir come epicentro, simbolicamante e politicamente, ha una straordinaria importanza. In Egitto, non meno che in Siria, si giocano infatti i destini del mondo arabo e islamico.
Chi andava farneticando (disvelando una sorda islamofobia) che oramai si era aperta una nuova fase, segnata dall’alleanza strategica tra gli Usa e l’islam sunnita; chi era giunto a screditare le “primavere arabe” (a causa della caduta di Gheddafi prima e della guerra civile in Siria poi) addirittura come “rivoluzioni colorate” e “regime change” a stelle e striscie ha oggi molto materiale su cui riflettere e per fare autocritica.
La fiammata di questi giorni è come una cartina di tornasole che ci aiuta a capire la reale natura delle sollevazioni arabe iniziate in Tunisia nel dicembre 2010. Le attuali proteste sono figlie legittime delle rivolte che hanno scombussolato l’intero medio oriente e ne confermano il segno antimperialista. Non sono solo gli Stati uniti che vengono messi sotto attacco. Bersaglio delle proteste di questi giorni sono le forze “islamiche moderate”, sia quelle manovrate da sauditi ed emiri del Golfo, sia quelle vicine alla Turchia di Erdogan.
Chi andava farneticando (disvelando una sorda islamofobia) che oramai si era aperta una nuova fase, segnata dall’alleanza strategica tra gli Usa e l’islam sunnita; chi era giunto a screditare le “primavere arabe” (a causa della caduta di Gheddafi prima e della guerra civile in Siria poi) addirittura come “rivoluzioni colorate” e “regime change” a stelle e striscie ha oggi molto materiale su cui riflettere e per fare autocritica.
La fiammata di questi giorni è come una cartina di tornasole che ci aiuta a capire la reale natura delle sollevazioni arabe iniziate in Tunisia nel dicembre 2010. Le attuali proteste sono figlie legittime delle rivolte che hanno scombussolato l’intero medio oriente e ne confermano il segno antimperialista. Non sono solo gli Stati uniti che vengono messi sotto attacco. Bersaglio delle proteste di questi giorni sono le forze “islamiche moderate”, sia quelle manovrate da sauditi ed emiri del Golfo, sia quelle vicine alla Turchia di Erdogan.
Questi pensavano di potere cavalcare la tigre delle sollevazioni per poi ricondurla nell’alveo che essi avevano predisposto di concerto con la Casa Bianca. Questo disegno è saltato, affossato. Tenteranno nuovamente, i nuovi regimi, di riportare l’ordine, di ripristinare gli equilibri, ma essi saranno fragili, condannati a perire. Non si governa contro le masse, a prescindere dalle masse, imbrogliando le masse. La fiamma che si è accesa nell’inverno 2010-2011 in Tunisia ed Egitto è accesa e potrà divampare in ogni momento, almeno fino a quando nel Vicino oriente non sarà risolta la questione palestinese, e fino a quando la maggioranza del popolo dovrà subire condizioni di miseria, corruzione, vessazione da parte di ristrette oligarchie.
I media americani parlano di una inattesa rivincita del jihadismo. Non hanno torto. Trucidato il corpo di Osama Bin Laden, il suo fantasma aleggia più che mai se, come è evidente, il messaggio principale del jihadismo “colpire anzitutto la bestia imperialista americana” è passato, da idea di piccole sette militariste a pratica di masse sterminate. C’è, in questa consapevolezza generale, non solo l’odio sordo per l’impero a stelle e strisce, c’è intelligenza politica, la consapevolezza che non solo Israele ma le stesse satrapie arabe crollerebbero se dietro non avessero, appunto, il sostegno dell’Impero. Quello va dunque colpito, è a quello che non va data tregua.
Ci sia consentita infine una digressione sulla Siria, ovvero come la fiammata dei giorni scorsi impatta sulla guerra civile. I circoli guerrafondai occidentali (in primis i francesi) ci penseranno non due ma tre volte, adesso, a proseguire sull’idea di un intervento esterno. Rovescerebbero Assad e il “regime alawita”, ma si troverebbero con uno scenario libico alla decima potenza, ovvero alle prese con una situazione ingovernabile. Come mostra la Libia, Impero e Nato hanno fatto loro ... la guerra per il Re di Prussia. Hanno tolto di mezzo un autocrate oramai sostanzialmente addomesticato per trovarsi alle prese con l’anarchia militare e una resistenza islamista più forte che mai. I sionisti avevano messo in guardia gli americani e gli europei: “State attenti che rischiate di aprire il vaso di Pandora, che al potere potrebbero andare forze ancor più ostili”. E avevano ragione.
Coloro che da mesi ce la menano sul fatto che i ribelli siriani, salafiti in testa, non sarebbero che fantocci dell’Occidente, che se prendessero il potere in Siria questo paeese diventerebbe una provincia dell’Impero, dovrebbero ricredersi, cambiare registro, raccontarci un’altra storia. Se ne saranno capaci. Di certo delle vicende siriane e mediorientali non c’hanno capito un’acca. Quella in corso in Siria, purtroppo, è un fitna [conflitto religioso, Ndr] una resa dei conti in seno all'islam tra sunnismo e shiismo. Che gli imperialisti tentino di ficcarci il naso è indubbio, le probabilità che ottengano i risultati sperati quasi nulle.
A Tripoli del Libano ne abbiamo avuto una prova. La città da cui passano flussi di armi e appoggi ai sunniti siriani, la città segnata da scontri sanguinosi tra le comunità sunnite e alawite, tra filo Assad e anti, è stata quella più toccata dalla fiammata antiamericana di questi giorni. Proprio i sunniti anti-Assad sono stati quelli che hanno preso d’assalto e fatto a pezzi tutti i simboli, commerciali e politici, americani e occidentali. Questo non si spiegherebbe se i gruppi radicali sunniti fossero davvero, come si vuole far credere, manovrati dalla potente famiglia Hariri.
Nella riprovevole fitna, nella contesta tra sunniti e shiiti, ce n’è un’altra, tutta interna al sunnismo, tra i gruppi radicali, integralisti ma antimperialisti (l’antimperialismo, repetita juvant, non ha per forza un segno univoco), e quelli al servizio delle satrapie arabe e dei notabili capitalisti locali. Ognuno combatte, in una guerra di movimento dagli esiti imprevedibili, la sua propria battaglia, per i suoi propri scopi. E ognuno, compreso il regime di Assad, cerca di accattivarsi, se non le simpatie, almeno l’avallo di questa o quella grande potenza. Che gli imperialisti tentino di metterci lo zampino è addirittura ovvio, ma che essi siano demiurghi che tirano tutti i fili, è una patetica ed evidentissima idiozia. La sollevazione antiamericana di questi giorni, se non fa dormire sonni tranquilli ad Assad, di certo è un incubo per quei circoli imperialisti che pensano all’intervento.
I media americani parlano di una inattesa rivincita del jihadismo. Non hanno torto. Trucidato il corpo di Osama Bin Laden, il suo fantasma aleggia più che mai se, come è evidente, il messaggio principale del jihadismo “colpire anzitutto la bestia imperialista americana” è passato, da idea di piccole sette militariste a pratica di masse sterminate. C’è, in questa consapevolezza generale, non solo l’odio sordo per l’impero a stelle e strisce, c’è intelligenza politica, la consapevolezza che non solo Israele ma le stesse satrapie arabe crollerebbero se dietro non avessero, appunto, il sostegno dell’Impero. Quello va dunque colpito, è a quello che non va data tregua.
Ci sia consentita infine una digressione sulla Siria, ovvero come la fiammata dei giorni scorsi impatta sulla guerra civile. I circoli guerrafondai occidentali (in primis i francesi) ci penseranno non due ma tre volte, adesso, a proseguire sull’idea di un intervento esterno. Rovescerebbero Assad e il “regime alawita”, ma si troverebbero con uno scenario libico alla decima potenza, ovvero alle prese con una situazione ingovernabile. Come mostra la Libia, Impero e Nato hanno fatto loro ... la guerra per il Re di Prussia. Hanno tolto di mezzo un autocrate oramai sostanzialmente addomesticato per trovarsi alle prese con l’anarchia militare e una resistenza islamista più forte che mai. I sionisti avevano messo in guardia gli americani e gli europei: “State attenti che rischiate di aprire il vaso di Pandora, che al potere potrebbero andare forze ancor più ostili”. E avevano ragione.
Coloro che da mesi ce la menano sul fatto che i ribelli siriani, salafiti in testa, non sarebbero che fantocci dell’Occidente, che se prendessero il potere in Siria questo paeese diventerebbe una provincia dell’Impero, dovrebbero ricredersi, cambiare registro, raccontarci un’altra storia. Se ne saranno capaci. Di certo delle vicende siriane e mediorientali non c’hanno capito un’acca. Quella in corso in Siria, purtroppo, è un fitna [conflitto religioso, Ndr] una resa dei conti in seno all'islam tra sunnismo e shiismo. Che gli imperialisti tentino di ficcarci il naso è indubbio, le probabilità che ottengano i risultati sperati quasi nulle.
A Tripoli del Libano ne abbiamo avuto una prova. La città da cui passano flussi di armi e appoggi ai sunniti siriani, la città segnata da scontri sanguinosi tra le comunità sunnite e alawite, tra filo Assad e anti, è stata quella più toccata dalla fiammata antiamericana di questi giorni. Proprio i sunniti anti-Assad sono stati quelli che hanno preso d’assalto e fatto a pezzi tutti i simboli, commerciali e politici, americani e occidentali. Questo non si spiegherebbe se i gruppi radicali sunniti fossero davvero, come si vuole far credere, manovrati dalla potente famiglia Hariri.
Nella riprovevole fitna, nella contesta tra sunniti e shiiti, ce n’è un’altra, tutta interna al sunnismo, tra i gruppi radicali, integralisti ma antimperialisti (l’antimperialismo, repetita juvant, non ha per forza un segno univoco), e quelli al servizio delle satrapie arabe e dei notabili capitalisti locali. Ognuno combatte, in una guerra di movimento dagli esiti imprevedibili, la sua propria battaglia, per i suoi propri scopi. E ognuno, compreso il regime di Assad, cerca di accattivarsi, se non le simpatie, almeno l’avallo di questa o quella grande potenza. Che gli imperialisti tentino di metterci lo zampino è addirittura ovvio, ma che essi siano demiurghi che tirano tutti i fili, è una patetica ed evidentissima idiozia. La sollevazione antiamericana di questi giorni, se non fa dormire sonni tranquilli ad Assad, di certo è un incubo per quei circoli imperialisti che pensano all’intervento.
18 commenti:
Che la rivolta di massa araba sia stata attentamente programmata e sostenuta dai Paesi antimperialisti lo dimostra quanto segue.
Prima dell'11 settembre il sistema banacario americano stava saltando. Ora che i finanzieri arabi hanno ritirato tutti i loro unvestimenti dalle banche americane, è agonizzante. E a niente varrà, se non a portare alle stelle l'inflazione, lo stampaggio di miliardi di dollari per affrontare i costi delle nuove guerre scatenate dal Nobel per la pace e dai suoi ottusi alleati.
Gli sceicchi arabi si sono precipitati in Europa a offrirsi di dare una mano alla sua economia asfittica in cambio della non belligeranza.
In attesa del crollo definitivo del dollaro, Russia e Cina stanno accumulando quantità inimmaginabili di oro, il cui prezzo salirà alle stelle tra pochi mesi.
Per la prima volta i ribelli afgani hanno colpito una base militare NATO, ucciso decine di militari e distrutto
tutti gli aerei presenti al suo interno.
L'impero americano volge al suo termine, come fu per l'impero romano. Il resto sono tutte fandonie create ad arte dai media.
Anonimo secondo;
Anonimo primo é ottimita, ma prescinde da certi interessi in gioco che, pur sfruttando gli aspetti ideologici, hanno motivazioni concrete: il petrolio della Libia; il controllo strategico del canale di Suez e dei confini con la zona calda palestinese, il cadmio della Siria, le vie del petrolio in Afghanistan e le basi strategiche contro la Cina. L'Islam non é una massa monolitica e non lo é mai stato. Spesso gli Occidentali hanno prevalso contro Daar al Islam proprio approfittando della scarsa coesione politica e religiosa islamica. Chi ha lanciato il film ritenuto blasfemo da tutti i muslim, probabilmente l'ha fatto con precisi scopi di provocazione e, vorrei sbagliarmi, forse con l'intenzione di iniziare la fase dell'Armagheddon. Questo Film sembra una sfida stolta ma potrebbe essere una mossa calcolata.
(dal blog: DICIOTTOBRUMAIO)
Grande disordine sotto il cielo, ma la situazione è tutt’altro che eccellente. Solo gl’illusi potevano sperare nelle cosiddette primavere arabe e nord africane, abilmente orchestrate da intelligenze occidentali. Il mondo arabo da molti secoli è fermo, immobile, ipnotizzato e in ginocchio davanti ai ghirigori delle moschee. Prima sottomesso ai turchi, poi a tutti gli altri. Soprattutto dalle proprie classi dirigenti che nella religione, non meno assurda e anacronistica delle altre, hanno trovato uno strumento straordinario per tenere in riga le proprie plebi. Queste plebi arabe (e quella persiana) la prima cosa che dovrebbero fare è una vera rivoluzione sociale che mandi all’aria le superstizioni e l’ordinamento di classe e maschilista. E invece sono contente, con il pretesto del Corano, di rifarsi sulle proprie donne, schiavizzate, di vivere di piccoli commerci e di elemosine statali, di votare in massa per i partiti religiosi, di sfogarsi con violenze che nascondono ben altri motivi di malcontento. Stereotipi? Manco per il cazzo.
http://diciottobrumaio.blogspot.it/2012/09/manco-per-il-cazzo.html
ancora con questa storia delle intelligenze occidentali!!???? Il pezzo è buono invece, proprio perché sottolinea come le elucubrazioni dietrologiche e complottiste per cui masse sterminate di arabi si muoverebbero a comando (occidentale, sic!) e non perché hanno le palle piene nonché degli ideali, quella idea si è dimostrata, oltreché paranoica, assurda.
Siamo seri per favore.
I fatti ci dicono che c'è una poderosa lotta di potere che spinge verso il multipolarismo. Ciò penso sia una cosa che tutti i rivoluzionari dovrebbero augurarsi.
La cintura islamica è certamente un'area in cui si gioca un'importante partita, ma nemmeno il migliore giocatore d'azzardo potrebbe sentirsi sicuro a fare previsioni. Molte forze sono in gioco, probabilmente di più di quelle che ciascuno di noi conosce. Le spinte fondamentali sono però ben visibili: interessi occidentali, interessi delle nuove potenze emergenti, interessi nazionali, interessi confessionali, interessi popolari. Al momento è difficile stabilire quali di questi interessi siano preponderanti, se alcuni lo sono.
Una cosa però è certa, le condizioni per un cambiamento politico progressivo nella cintura islamica e nel resto del mondo sono decisamente più favorevoli adesso che prima della cosiddetta "primavera araba".
Non capisco come è possibile che ogni cosa che dice il campo la condivido al 100% e ogni cosa che scrive l'Mpl mi fa vomitare.
Non capisco perché quando vi firmate Campo Antimperialista non siete complottisti nemmeno su grandi tempi strategici internazionali, quando vi firmate Mpl siete complottisti persino per difendere Grillo!!
Il Mpl non è il Campo, e viceversa. Vero è che diversi militanti del Campo sono in Mpl.
Riguardo al complottismo sulla vicenda Favia-Grillo, non capiamo dove esso sia. Non abbiamo sposato le tesi di Grillo. Piemme ha solo detto che Favia non ce la dice tutta e sostiene che egli sta pensando a scindere M5S. Che poi abbia ragione sulla assenza della democrazia interna è per noi un fatto assodato. Dov'è il complotto? Non ci pare abbia sostenuto (come Grillo) che è un infiltrato del Pd. Semmai Piemme ha sottolineato il morboso ed evidentissimo interesse della casta a far fuori Grillo perché, per adesso, è il solo pericolo che hanno in vista delle prossime elezioni — e pensa che non si debba cadere nella trappola democraticistica facendo il gioco della casta medesima. Dov'è il complotto? Lorsignori fanno il loro mestiere, punto. Infine: un articolo firmato, appunto perché è firmato, non necessariamente esprime il punto di vista della Redazione e/o del Mpl.
"Il mondo arabo da molti secoli è fermo, immobile, ipnotizzato e in ginocchio davanti ai ghirigori delle moschee"
...invece il mondo occidentale è da sempre, coi suoi superiori valori, faro per i popoli del globo terracqueo: "Liberté, Égalité, Fraternité".
Quando intendete parlate del mondo islamico prima sciacquatevi la bocca, poi cercate di capire di chi esattamente state parlando (ché il così detto "mondo islamico" è variegato), cercate infine di informarvi e di liberarvi dai beceri luoghi comuni occidentali e poi, forse, parlate.
quello che non soppoprto di questo blog, è il fatto che con saccenteria dà degli idioti a coloro che hanno dei dubbi su argomenti importanti circa il ruolo dell'occidente nelle rivolte libiche e siriane; la libia era un regime, così come lo è la siria; le masse diseredate fanno bene a ribellarsi e si spera che si inneschi un processo rivoluzionario, che le liberi dal giogo oppressivo dei potenati locali e da quello imperialista; però non credo che l'imperialismo stia seduto in tribuna da spettatore neutrale a vedere come va a finire la contesa; un fatto è certo la libia è stata distrutta ed annientata dai bombardamenti aerei dell'imperialismo, ed i libici sono piombati nella tragica miseria; questo blog non è il vangelo nè il corano, dovreste avere l'accortezza di pensarlo come agorà politico culturale, un luogo di dibattito e di confronto di idee anche diverse, ma che tendono comunque a contribuire alla crescita del fronte rivoluzionario; senza per questo bollare di cretinerie le posizioni diverse dalla vostra, altrimenti vi comportate da integralisti, e l'integralismo è regressivo.
Cara Congiura,
ci scusiamo se cadiamo nell'errore di apparire saccenti. Non ci sono in giro, solo persone intelligenti. I più sono dei cretini. basta che ti giri attorno. In un'habitat come questo è facile commettere l'errore di essere "spocchiosi", tanto più se questa critica ce la rivolgono compagni in gamba. Speriamo tuttavia non intendi per saccenza che noi si difenda le nostre idee e si critichi quelle che riteniamo sbagliate.
Vedremo comunque di aggiustare certi toni.
fidel grande rivoluzionario, aveva rispetto per il popolo, anche perchè la rivoluzione serve al popolo e non agli oppressori; penso al contrario di voi che le persone intelligenti sono molto più numerose dei cretini, altrimenti la rivoluzione non avrebbe nessuna ipotesi di inverarsi; che voi difendiate le vostre idee è legittimo e ne avete tutto il diritto; ma se pensate di aggregare persone o compagni di lotta non tollerando opinioni diverse, di strada ne farete poca; anche perchè chi va controcorrente in questa fase non sono purtroppo in tanti, e tra questi pochi non credo sia opportuno fare la cernita.
Ooooh...questo è parlar chiaro. MpL sono proletari che vorrebbero fare la rivoluzione marxista ma sotto sotto sono solo dei piccoli borghesi balzacchiani che vestiti dei loro stracci cercano goffamente di imitare i padroni sparando critiche e giudizi tagliati con l'accetta, proprio come fanno i "gran signori". Che fessi.
Intanto i musulmani per un film su Maometto hanno piantato un casino terrificante coordinatissimi su diversi paesi; voi non sareste capaci di radunare 1000 persone con un mese di anticipo.
Ecco, questa stava in fondo e non l'avevo letta. Sono contento che ve ne rendiate conto. Vi assicuro che spesso sembra che vi prema di più "fare la parte" per ottenere la magra soddisfazione di camuffarsi da professore che ottenere dei risultati concreti.
@Congiura
Sull'accettare idee diverse direi che anche i compagni dovrebbero cominciare a rifletterci su.
Sapete cosa succede sennò? Che il movimento resta un gruppetto di poche persone perché molti che vi ci avvicinano se ne vanno dopo pochissimo, la sinistra si frammenta in un pulviscolo di combriccole e poi arriva uno stronzone come Della Valle, dice quattro fregnacce ovvie sulla Fiat e sulla Famiglia Agnelli-Elkann, di quelle che voi dicevate anni prima inascoltati e diventa l'uomo di punta della sinistra italiana.
Scusate ma Fidel sarà stato pure un grande rivoluzionario ma ha ammazzato Camilo Cienfuegos e ha lasciato al suo destino il Che. Queste cose sono risapute e inoltre sono riferite da tutti (tutti-tutti) nelle sedi di partito a Cuba.
A Cuba è pieno di logge massoniche; a Trinidad (non la città vecchia che è turistica e basta, ma il paesino qualche Km all'interno), nella piazza principale ne ho contate 4 aperte tipo bottega del barbiere, a Holguin ce n'è una molto grande con la sala delle cerimonie tutta decorata e monumenti massonici sono sparsi in tutta l'isola.
Il Partito a Cuba è preoccupatissimo di formare un'élite che poi diventi classe dirigente, al popolo si forniscono i servizi di base e nient'altro, la gerarchia è durissima molto peggio che da noi. I lavoratori devono fare lo straordinario "gratis", senza prendere una lira in più. Il cubano non può mangiare carne di mucca se non a prezzi spaventosi né può allevarla e macellarla per i fatti suoi perché questa è riservata al turista che è l'unica industria solida dell'isola; quindi ammazzare o rubare una vacca è più grave che ammazzare un essere umano
http://www.diariodecuba.com/cuba/8930-la-fiscalia-pidio-17-anos-de-carcel-para-expolicia-que-mato-de-un-disparo-un-adolescente
Gli ospedali funzionano ma solo quelli in zone "strategiche", fuori in provincia non hanno i letti, non hanno le medicine e nonostante i medici e gli infermieri obiettivamente si impegnino moltissimo sono del tutto inadeguati (anche perché i locali si fregano l'alcol metilico, lo riconvertono con un processo chimico artigianale in una bevanda che chiamano chispa de tren-scintilla di treno-e se lo bevono nonostante faccia malissimo).
Insomma Batista era molto peggio ovvio, l' America del Sud serva degli USA mediamente stava allo stesso livello di disagio (difficile fare paragoni perché a Cuba la situazione è relativamente uniforme negli altri paesi è esattamente il contrario) ma una cosa è certa: se pensate che a Cuba ci sia un governo popolare state prendendo una enorme cantonata, al contrario è un regime totalitario e profondamente elitario.
che cuba è un regime totalitario lo affermano i cubani della florida, campioni di democrazia e spesso esponenti della mafia che dominava con batista; in occidente tanti rivoluzionari criticano cuba, fingendo di non sapere quali danni arreca dal 1960 l'embargo illegale degli yankee; è chiaro che a cuba non c'è il paradiso in terra, ma al cospetto degli altri paesi latino americani, la differenza sociale in meglio è notevole; la rivoluzione cubana non è ancora finita, errori ne sono stati commessi ed anche gravi, ma da questo ad affermare che cuba sia totalitaria cìè ne vuole, queste cose lasciamole affermare ai nemici di cuba che sono al soldo dell'imperialismo yankee.
L'impero americano è in piena decadenza unitamente ai suoi satelliti, ma una crisi definitiva appare ancora lontana. Anzitutto per la sua enorme superiorità militare, ma ancor più perché il suo crollo non conviene (ancora) a nessuno.
Senza gendarme mondiale tutti i rapporti internazionali salterebbero come birilli e si aprirebbe l'era di guerre cui ho più volte accennato. Perché una prospettiva del genere diventi papabile bisogna che la crisi si aggravi enormemente, o che la dirigenza USA (parlo di Wall Street, della lobby giudaica e del complesso militar-industriale, non certo dei loro sguatteri alla Casa Bianca), in uno sforzo disperato di ribaltare le sorti declinanti del Paese, alzi il tiro e passi da minacciare Siria e Iran a minacciare i grossi calibri (Russia e Cina).
E questo è ancora da venire.
E anche quando la situazione si farà esplosiva, sembra difficile pensare che gli USA rinunzino a far valere il proprio enorme potenziale militare. Io prevedo una terza guerra mondiale, ma la prevedo di qui a 20 o 30 anni, durante i quali il degrado (economico, sociale, razziale e dei rapporti internazionali) proseguirà implacabile.
Crollo e guerra verranno quando non ci sarà più molto da perdere a farla. Ovviamente spero di sbagliarmi.
@Congiura
None, oh...ma che credi che vengo a raccontare delle cose per provocare? La gente ha paura a parlare e se sgarri sparisci.
E l'ho detto io stesso che in effetti se fai una media non stanno peggio degli altri paesi latino americani per quanto il paragone sia difficilissimo perché negli altri paesi ci sono delle disuguaglianze estreme e il piccolo borghese con un lavoretto sicuro sta meglio in Colombia che a Cuba; la massa dei miserabili invece è al di sotto di qualsiasi livello umano accettabile mentre a Cuba quello scempio non esiste. Pensare che Castro è un rivoluzionario per il popolo è semplicemente un errore, si tratta di una persona molto intelligente che NON crede nel popolo e pensa che il suo paese possa andare avanti solo in regime strettamente paternalistico.
I cubani della Florida sono notoriamente un po' stronzetti però uno deve essere onesto e mettersi nei loro panni; erano gente ricca che è stata espropriata e cacciata dalla sua terra. Non hanno alcun diritto di riscatto, sono tutto meno che simpatici questo è ovvio, ma è troppo comodo criticarli da qui.
Per quanto riguarda l'embargo yankee è precisamente l'elemento che ha consentito a Castro di sopravvivere come leader maximo fino ad adesso; a Cuba questa concetto è dato per scontato a tutti i livelli e se ci si riflette un attimo è anche ovvio visto a che a Cuba dopo l'avvento del comunismo hanno distrutto qualsiasi capacità di produzione ma soprattutto evoluzione industriale concentrandosi esclusivamente sulla canna da zucchero. Avevano una Coca Cola locale ma l'hanno dovuta abbandonare perché non riuscivano a produrre le lattine, non sapevano costruire le case, i ponti e hanno dovuto cominciare a chiamare ingegneri e architetti spagnoli etc etc...Adesso sarebbe ora che l'embargo finisse perché ora gli investimenti stranieri sarebbero meno distruttivi ma stai certo che la gente di Cuba quello che vuole con tutto il cuore è solo tanto consumismo e capitalismo d'assalto, altro che comunismo.
Comunque il succo del discorso è questo e mi riferisco a me e tutti quelli come me che non sono pochi: esiste molta gente che si vorrebbe avvicinare al movimento che non fa minimamente parte del "proletariato" e anzi ha una situazione economica piuttosto solida. Ora queste persone perché verrebbero? Per avere un regime tipo quello cubano in cui una piccola élite impone un regime di privazione della libertà in cambio dell'elemosina di una scuola decente e ospedali appena sufficienti?
E che gli fregherebbe scusa, dal punto di vista economico hanno già di più...uno vorrebbe realizzare ideali, più libertà, vedere che la gente povera riacquista la propria dignità e la voglia di lottare; se vi presentate come un gruppo in cui la dirigenza ha dei toni saccenti e sbrigativi, la base di media manda a quel paese chi solo si azzarda a esporre dei punti di vista diversi, alcuni propongono a gran voce dei modelli assurdi tipo Cuba, è chiaro che poi arriva Della Valle e dice una fesseria scontata come "I lavoratori devono avere la sicurezza del posto" e tutti vanno da lui perché di voi non si fidano.
Ragazzi da esterno che vorrebbe avvicinarsi e che condivide moltissime vostre idee vi suggerisco di cominciare a pensare in modo meno convenzionale, pensando che hanno importanza anche i risultati intermedi non solo gli "inderogabili" obiettivi finali, di sostenere le vostre idee senza necessariamente ogni santa volta rivendicare l'appartenenza con la matrice filosofica di provenienza; a me piace molto ma anche per colpa vostra è diventata un tabù, quindi parlate più delle proposte e preoccupatevi meno delle etichette.
E bisognerebbe cominciare a scendere per le strade sennò non si fa nulla.
nessuno propone cuba come modello, cuba ha dovuto fare i conti prima con la miseria eredidata da batista, e poi con l'embargo yankee e con l'isolamento praticato dall'occidente, e con tutto ciò che questi elementi hanno comportato; non santifico fidel e non santifico nessuno ma la rivoluzione cubana ha dovuto sopravvivere con le contraddizioni di un processo rivoluzionario in un area dominata dall'imperialismo, area che da pochi anni sta diventando amica di cuba; beninteso i popoli latino americani, o meglio i proletari latino americani hanno sempre solidarizzato con cuba; realizzare una rivoluzione economica e sociale in tale contesto ostile è stata un impresa titanica;
io non faccio parte del movimento e lo seguo con attenzione, e spero che il movimento si prefigga il socialismo senza tentennamenti; una società di liberi ed eguali che non esiste nel capitalismo, e nel quale ci sono poveracci e gente che sta bene economicamente come dici tu, che probabilmente si professa progressista e forse dovrebbe domandarsi se il loro benessere economico è conseguenza della poverta di tanti altri, che vivon in eterna precarietà; allora mi spiace anche se a cuba non sono mai stato, (sono precario da quando sono nato e quindi non posso permettermi di fare il marco polo), ma ho letto tutte le campane pro e contro cuba, preferisco cuba che questa barbara società capitalista, dove ci sono coloro che stanno economicamente bene e tanti che fanno la fame.
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