Dialettica di posizioni e punto di sintesi
Giorgio Cremaschi ha quindi tirato le conclusioni cogliendo e indicando per sommi capi, ma in modo efficace e convincente, l’eventuale punto di sintesi stando alla due giorni di discussione.
Quindi Cremaschi ha concluso affermando che occorre stilare un nuovo documento politico che metta a fuoco i nuovi ragionamenti svolti, in vista di una vera e propria conferenza programmatica, perché non possiamo disperdere quanto fatto fino ad ora, perché ci aspettano battaglie durissime, perché non possiamo, nessuno di noi, tirarci indietro. L’applauso corale che ha accompagnato l’intervento di Cremaschi ha ricordato il clima fraterno in cui il seminario si è svolto. Ci auguriamo che sia di buon auspicio per il futuro. Le differenze in seno al Comitato sono certamente serie, non tutte potranno essere superate. Ma ogni idea va testata nella pratica sociale, non passerà molto tempo che i fatti si incaricheranno di mostrare quali sono le idee sbagliate e quelle giuste.
Il dibattito in occasione del seminario nazionale e le conclusioni di Giorgio Cremaschi
Venerdì 21 e sabato 22 settembre si è svolto a Roma, presso la Casa della pace di Monte Testaccio, il previsto seminario nazionale di riflessione politica del Comitato No Debito. Presenti una cinquantina di delegati e attivisti, membri delle organizzazioni politiche e sindacali che ne fanno parte e/o attivisti dei diversi comitati territoriali.
Il Seminario era stato preceduto dalla pubblicazione di sei schede analitiche elaborate dalla commissione preposta. Schede sul debito sovrano e la sua fenomenologia, l’Unione europea e la necessità di costruire un nuovo blocco sociale d’alternativa in una situazione segnata dalla dispersione e debolezza delle proteste sociali e operaie. Materiali che dovevano tracciare il perimetro entro il quale la discussione si sarebbe dovuta svolgere.
In verità, anche grazie all’introduzione di Mauro Casadio, il dibattito è andato ben oltre i limiti angusti di quelle schede. Per la soddisfazione non solo nostra ma della gran parte dei presenti, Casadio ha immediatamente esordito che “E’ oramai giunto il momento di prendere il toro per le corna, di discutere dell’euro, di come la moneta unica si intreccia alla questione del debito sovrano”. Ha quindi suggerito ai presenti la sua propria riflessione, ovvero se non sia il caso, proprio per uscire dall’attuale marasma economico e finanziario, di proporre apertamente il superamento della moneta unica dando vita a due differenti aree monetarie.
Sulla base di questa premessa il dibattito è andato ben oltre le schede preparatorie, sviluppandosi su tre tempi principali (1) Euro, (2) Unione europea e (3) Blocco sociale e compiti del Comitato.
Poteva venire fuori, data la complessità delle questioni e la diversa appartenenza politica e sindacale dei presenti, una babele, invece il confronto d’idee e proposte è riuscito a tenere assieme profondità e passione politica con un sincero rispetto reciproco.
Condensare in poche righe tutte le sfumature ci è impossibile. Proviamo allora a indicare le posizioni fondamentali e quindi quale è stata la sintesi finale proposta da Giorgio Cremaschi.
Sull’euro
C’è chi ritiene che la cancellazione del debito, ovvero la lotta contro le oligarchie tecnocratiche e finanziarie, pone di fatto l’uscita dall’euro, una moneta che è stata al contempo un’arma di distruzione di massa di quelle oligarchie e lo strumento che ha permesso il drenaggio di risorse da Sud verso Nord. Uscire dall’euro è la maniera per contrastare e battere queste due direzioni d’attacco. In questo campo c’è chi ritiene necessario e inevitabile tornare alla sovranità monetaria nazionale (chi ci segue sa bene qual è la nostra posizione) e chi propone una moneta dei paesi attualmente vittime dello strozzinaggio creditizio e, se non proprio una moneta, un’area monetaria comune, con valute diverse quindi ma vincolate a tassi di cambio concordati per fare fronte comune contro i paesi predatori.
D’altra parte c’è chi sostiene che sarebbe sbagliato porre come obbiettivo politico l’uscita dall’euro. Questi compagni, usando criteri weberiani, esprimono sia un giudizio di fatto che uno di valore. Non se ne può uscire perché oramai il processo che ha portato alla moneta unica è ad uno stadio troppo avanzato e non può implodere, ed è quindi velleitario pensare di tirar fuori il nostro paese. Al contempo sostengono che sarebbe anche sbagliato politicamante: visto “che non si può far girare all’indietro la ruota della storia”; che la globalizzazione è irreversibile e per non soccombere occorre per forza stare agganciati a grandi entità geo-politiche e geo-economiche; che quindi ogni ritorno, vuoi allo Stato- nazione vuoi a lotte a scala nazionale, sarebbe esiziale e condannato alla sconfitta.
Unione europea
Le due posizioni principali emerse sull’euro non potevano non manifestarsi anche sul problema dell’Unione europea. Coloro che sostengono la necessità di superare l’euro sono quelli che hanno espresso le opinioni più categoriche e dure sull’Unione, considerata un polo imperialista ad egemonia tedesca, prima formatosi in funzione anti-sovietia e all’ombra della NATO e, dopo il crollo dell’URSS e con l’accelerazione verso la moneta unica, come strumento delle oligarchie tecno-liberiste per fare a pezzi le conquiste sociali e democratiche e rilanciare a spese del popolo lavoratore il processo di accumulazione e valorizzazione capitalistico. Ergo: occorre abbattere l’Unione europea, una struttura nativamente oligarchica, una macchina che non potrà mai rispondere ai comandi dei popoli. E’ auspicabile che questa lotta sia partecipata da tutti i popoli europei, tuttavia quelli che sono stati già gettati in miseria e privati di sovranità, non sono tenuti ad attendere quelli che vanno più piano, possono e debbono innescare la “lotta di liberazione”. Come i nostri lettori possono immaginare noi abbiamo quindi posto la questione della sovranità nazionale, come aspetto della lotta democratica e di classe, bandiera che sarebbe suicida lasciare alle destre populiste. Inutile nascondere che su questo punto abbiamo incontrato perplessità e aparte opposizioni.
D’altra parte, infatti, c’è chi ritiene che sarebbe sbagliato non cogliere il lato progressista dell’Unione europea. Pur nella sua forma oligarchica l’Unione è comunque un passo avanti rispetto ai tradizionali Stati-nazione in perenne contesa. Il compito delle forze antagoniste è quello di lanciare la sfida alla oligarchia tecno-liberista sul suo stesso terreno, quello continentale, unendo le forze a livello europeo per modificare radicalmente l’assetto oligarchico e antidemocratico dell’Unione. Un punto di vista, come ognuno capisce, che non rompe il cordone ombelicale con la sinistra tradizionale, che con la scusa dell’eredità ideale dell’europeismo federalista alla Altiero Spinelli si è resa corresponsabile del mostro reale, tecnocratico e totalitario, che è la Ue. Ci sono poi altri compagni che respingono la proposta di uscita dall’Unione europea da ben altro punto di vista. L’obbiettivo, per essi, è la rivoluzione socialista europea, ergo, gli Stati uniti socialisti d’Europa, per cui, certo nella lotta contro le oligarchie teceno-liberiste, occorre più Europa non meno Europa.
Blocco sociale e compiti del Comitato
Su quest’ultimo punto le divergenze sono state più sfumate. A fonte di chi ha riproposto la tradizionale idea della centralità della classe operaia di fabbrica, la maggioranza degli intervenuti ha teso a sottolineare come la crisi economica abbia accelerato una profonda metamorfosi nella composizione delle classi sociali. Fermo restando il mondo del lavoro come referente principale, e proprio perché questo mondo si è frantumato in mille pezzi, occorre una linea politica riunificatrice che guardi a tutti le facce del mondo del lavoro dipendente e precario, come pure al vasto ceto medio che la crisi ha falcidiato, gettandone interi settori nel pauperismo. Sarebbe un errore che le attuali lotte di resistenza possano da sole tendere all’unificazione, da sole trasformarsi in lotte politiche. Questo non avverrà automaticamente, ci vuole un soggetto politico forte, e forte significa non solo che abbia una massa critica, ma un’idea di alternativa sociale compiuta e credibile.
Ecco quindi quel’è la sfida principale del Comitato nazionale no debito: darsi una piattaforma programmatica, strutturarsi in maniera più stabile e capillare, fungere da polo aggregante.
Punto di sintesi
Venerdì 21 e sabato 22 settembre si è svolto a Roma, presso la Casa della pace di Monte Testaccio, il previsto seminario nazionale di riflessione politica del Comitato No Debito. Presenti una cinquantina di delegati e attivisti, membri delle organizzazioni politiche e sindacali che ne fanno parte e/o attivisti dei diversi comitati territoriali.
Il Seminario era stato preceduto dalla pubblicazione di sei schede analitiche elaborate dalla commissione preposta. Schede sul debito sovrano e la sua fenomenologia, l’Unione europea e la necessità di costruire un nuovo blocco sociale d’alternativa in una situazione segnata dalla dispersione e debolezza delle proteste sociali e operaie. Materiali che dovevano tracciare il perimetro entro il quale la discussione si sarebbe dovuta svolgere.
In verità, anche grazie all’introduzione di Mauro Casadio, il dibattito è andato ben oltre i limiti angusti di quelle schede. Per la soddisfazione non solo nostra ma della gran parte dei presenti, Casadio ha immediatamente esordito che “E’ oramai giunto il momento di prendere il toro per le corna, di discutere dell’euro, di come la moneta unica si intreccia alla questione del debito sovrano”. Ha quindi suggerito ai presenti la sua propria riflessione, ovvero se non sia il caso, proprio per uscire dall’attuale marasma economico e finanziario, di proporre apertamente il superamento della moneta unica dando vita a due differenti aree monetarie.
Sulla base di questa premessa il dibattito è andato ben oltre le schede preparatorie, sviluppandosi su tre tempi principali (1) Euro, (2) Unione europea e (3) Blocco sociale e compiti del Comitato.
Poteva venire fuori, data la complessità delle questioni e la diversa appartenenza politica e sindacale dei presenti, una babele, invece il confronto d’idee e proposte è riuscito a tenere assieme profondità e passione politica con un sincero rispetto reciproco.
Condensare in poche righe tutte le sfumature ci è impossibile. Proviamo allora a indicare le posizioni fondamentali e quindi quale è stata la sintesi finale proposta da Giorgio Cremaschi.
Sull’euro
C’è chi ritiene che la cancellazione del debito, ovvero la lotta contro le oligarchie tecnocratiche e finanziarie, pone di fatto l’uscita dall’euro, una moneta che è stata al contempo un’arma di distruzione di massa di quelle oligarchie e lo strumento che ha permesso il drenaggio di risorse da Sud verso Nord. Uscire dall’euro è la maniera per contrastare e battere queste due direzioni d’attacco. In questo campo c’è chi ritiene necessario e inevitabile tornare alla sovranità monetaria nazionale (chi ci segue sa bene qual è la nostra posizione) e chi propone una moneta dei paesi attualmente vittime dello strozzinaggio creditizio e, se non proprio una moneta, un’area monetaria comune, con valute diverse quindi ma vincolate a tassi di cambio concordati per fare fronte comune contro i paesi predatori.
D’altra parte c’è chi sostiene che sarebbe sbagliato porre come obbiettivo politico l’uscita dall’euro. Questi compagni, usando criteri weberiani, esprimono sia un giudizio di fatto che uno di valore. Non se ne può uscire perché oramai il processo che ha portato alla moneta unica è ad uno stadio troppo avanzato e non può implodere, ed è quindi velleitario pensare di tirar fuori il nostro paese. Al contempo sostengono che sarebbe anche sbagliato politicamante: visto “che non si può far girare all’indietro la ruota della storia”; che la globalizzazione è irreversibile e per non soccombere occorre per forza stare agganciati a grandi entità geo-politiche e geo-economiche; che quindi ogni ritorno, vuoi allo Stato- nazione vuoi a lotte a scala nazionale, sarebbe esiziale e condannato alla sconfitta.
Unione europea
Le due posizioni principali emerse sull’euro non potevano non manifestarsi anche sul problema dell’Unione europea. Coloro che sostengono la necessità di superare l’euro sono quelli che hanno espresso le opinioni più categoriche e dure sull’Unione, considerata un polo imperialista ad egemonia tedesca, prima formatosi in funzione anti-sovietia e all’ombra della NATO e, dopo il crollo dell’URSS e con l’accelerazione verso la moneta unica, come strumento delle oligarchie tecno-liberiste per fare a pezzi le conquiste sociali e democratiche e rilanciare a spese del popolo lavoratore il processo di accumulazione e valorizzazione capitalistico. Ergo: occorre abbattere l’Unione europea, una struttura nativamente oligarchica, una macchina che non potrà mai rispondere ai comandi dei popoli. E’ auspicabile che questa lotta sia partecipata da tutti i popoli europei, tuttavia quelli che sono stati già gettati in miseria e privati di sovranità, non sono tenuti ad attendere quelli che vanno più piano, possono e debbono innescare la “lotta di liberazione”. Come i nostri lettori possono immaginare noi abbiamo quindi posto la questione della sovranità nazionale, come aspetto della lotta democratica e di classe, bandiera che sarebbe suicida lasciare alle destre populiste. Inutile nascondere che su questo punto abbiamo incontrato perplessità e aparte opposizioni.
D’altra parte, infatti, c’è chi ritiene che sarebbe sbagliato non cogliere il lato progressista dell’Unione europea. Pur nella sua forma oligarchica l’Unione è comunque un passo avanti rispetto ai tradizionali Stati-nazione in perenne contesa. Il compito delle forze antagoniste è quello di lanciare la sfida alla oligarchia tecno-liberista sul suo stesso terreno, quello continentale, unendo le forze a livello europeo per modificare radicalmente l’assetto oligarchico e antidemocratico dell’Unione. Un punto di vista, come ognuno capisce, che non rompe il cordone ombelicale con la sinistra tradizionale, che con la scusa dell’eredità ideale dell’europeismo federalista alla Altiero Spinelli si è resa corresponsabile del mostro reale, tecnocratico e totalitario, che è la Ue. Ci sono poi altri compagni che respingono la proposta di uscita dall’Unione europea da ben altro punto di vista. L’obbiettivo, per essi, è la rivoluzione socialista europea, ergo, gli Stati uniti socialisti d’Europa, per cui, certo nella lotta contro le oligarchie teceno-liberiste, occorre più Europa non meno Europa.
Blocco sociale e compiti del Comitato
Su quest’ultimo punto le divergenze sono state più sfumate. A fonte di chi ha riproposto la tradizionale idea della centralità della classe operaia di fabbrica, la maggioranza degli intervenuti ha teso a sottolineare come la crisi economica abbia accelerato una profonda metamorfosi nella composizione delle classi sociali. Fermo restando il mondo del lavoro come referente principale, e proprio perché questo mondo si è frantumato in mille pezzi, occorre una linea politica riunificatrice che guardi a tutti le facce del mondo del lavoro dipendente e precario, come pure al vasto ceto medio che la crisi ha falcidiato, gettandone interi settori nel pauperismo. Sarebbe un errore che le attuali lotte di resistenza possano da sole tendere all’unificazione, da sole trasformarsi in lotte politiche. Questo non avverrà automaticamente, ci vuole un soggetto politico forte, e forte significa non solo che abbia una massa critica, ma un’idea di alternativa sociale compiuta e credibile.
Ecco quindi quel’è la sfida principale del Comitato nazionale no debito: darsi una piattaforma programmatica, strutturarsi in maniera più stabile e capillare, fungere da polo aggregante.
Punto di sintesi
Giorgio Cremaschi |
Giorgio Cremaschi ha quindi tirato le conclusioni cogliendo e indicando per sommi capi, ma in modo efficace e convincente, l’eventuale punto di sintesi stando alla due giorni di discussione.
(1) Il No debito è la sola realtà organizzata che abbia messo a tema la questione dirimente del debito e la necessità di un’uscita rivoluzionaria e democratica dalla crisi. Noi siamo deboli, ma attorno a noi, a causa della implosione di gran parte della sinistra, c’è il deserto. E nel deserto non è facile avanzare. Siamo stati anche i soli ad avere colto per tempo il profondo cambiamento avvenuto con Monti e non a caso siamo la forza motrice della manifestazione del 27 ottobre.
(2) Le lotte di resistenza, che pur ci sono, sono deboli e frammentate. I movimenti fin qui manifestatisi non sono in grado nessuno di avare valenza generale, di uscire dai loro recinti. Solo un forte soggetto politico può agire da catalizzatore e trasformatore di queste lotte parziali e costituire l’asse per costruire un fronte sociale d’alternativa e di massa. Quindi il Comitato deve passare ad una forma superiore di unità e d’organizzazione, dotandosi di una Piattaforma che superi i 5 punti su cui ci fondammo meno di un anno fa. (3) L’Unione europea non è riformabile, va attaccata e demolita. Basta con l’inganno dell’europeismo di sinistra. Non possiamo farci paralizzare dal fatto che non abbiamo un’unione continentale delle resistenze. La catena va prima spezzata in qualche punto per disarticolarla.
(4) Che l’euro sia stato un’arma delle classi dominanti per attaccare i lavoratori e sfasciare lo stato sociale è fuori discussione. Non amiamo la moneta unica, che del resto è stata uno strumento per accrescere le diseguaglianze tra paesi e alimentare il meccanismo predatorio dei debiti sovrani. Ma il modo corretto di attaccare l’euro, secondo Cremaschi, non è mettere in prima linea l’uscita bensì il rifiuto radicale delle politiche di austerità, di tutti i Trattati capestro fino all’Esm. Quindi la cancellazione del debito e la nazionalizzazione del sistema bancario. L'uscita, eventualmente, dev'essere il punto d'arrivo, non di partenza. E’ poi evidente, ha aggiunto Cremaschi, che solo riportando la Banca centrale sotto controllo pubblico e con facoltà di emettere moneta, questa può acquistare i titoli di stato, togliendoli alle grinfie della speculazione finanziaria.
Quindi Cremaschi ha concluso affermando che occorre stilare un nuovo documento politico che metta a fuoco i nuovi ragionamenti svolti, in vista di una vera e propria conferenza programmatica, perché non possiamo disperdere quanto fatto fino ad ora, perché ci aspettano battaglie durissime, perché non possiamo, nessuno di noi, tirarci indietro. L’applauso corale che ha accompagnato l’intervento di Cremaschi ha ricordato il clima fraterno in cui il seminario si è svolto. Ci auguriamo che sia di buon auspicio per il futuro. Le differenze in seno al Comitato sono certamente serie, non tutte potranno essere superate. Ma ogni idea va testata nella pratica sociale, non passerà molto tempo che i fatti si incaricheranno di mostrare quali sono le idee sbagliate e quelle giuste.
17 commenti:
Sono assolutamente d'accordo con l'uscita dall'euro anzi addirittura con l'uscita dall'europa, ma c'è qualcosa che non mi torna: come mai quelle da voi definite "oligarchie tecno-liberiste " avrebbero interesse a "per fare a pezzi le conquiste sociali e democratiche e rilanciare a spese del popolo lavoratore il processo di accumulazione e valorizzazione capitalistico"? certo è vero che lo stanno facendo e anche molto bene! Ma perchè? Solo per accumulare ancora ??? Non mi torna, distruggendo ci rimettono tutti? qualcuno ha una risposta?
Distruggendo lo stato sociale si aprono nuovi scenari di guadagno in campo sanitario, educativo e non solo (hai letto delle liberalizzazioni in campo culturale? Brera data in gestione ai privati per esempio), si tratta della privatizzazione o liberalizzazione di beni e servizi. A detrimento dei diritti e delle conquiste dei lavoratori, oltre che sulle loro spalle economicamente.
Aumentando la disoccupazione si abbattono i salari e aumenterà ancora di più il precariato, consentendo un maggior profitto ai capitalisti. Non solo, in questo modo si aumenta la produttività del lavoro rendendo più appetibili per i compratori esteri le nostre industrie, specie quelle di stato, e non solo quelle (la Grecia ha messo in vendita 40 isole), è per questo che è stato abolito l'art. 18, riportandoci in una situazione pre 1966 per quanto riguarda il diritto del lavoro.
La Germania sta aspettando di venire a fare shopping da noi per investire gli 800 miliardi di € di surplus commerciale che ha accumulato in questi anni grazie all'€ e all'€uropa. Ma lo vuol fare alle sue condizioni, cioè in assenza di diritti.
salve.vorrei solo lasciare il link di un mio blog,chiedendo umilmente una collaborazione sono interessato alla vostra iniziativa,e vorrei contribuire alla forza d'urto alla quale ci si riferiva circa un'annetto fa su un post! saluti
http://movimento-internazionale.blogspot.it/
La ricchezza si sta distribuendo in tutto il mondo, grazie alle continue scoperte di nuove fonti energetiche e alla capacità degli Stati che le sfruttano di difendersi dagli assalti dei capitalisti.
Ma è una strategia senza sbocco, perché richiede un continuo stato di guerra e un impoverimento senza fine delle classi meno abbienti.
Infatti, la teoria liberista è agonizzante e, nello spazio di qualche mese, si dovrà arrendere.
Insomma si stanno suicidando. Lascamoli fare.
speriamo che cominci a farsi strada il fronte popolare, che metta all'angolo o di fronte ad una scelta senza ambiguità, le cosidette sinistre pseudo radicali, che tendono sempre a ripararsi sotto il mantello del neo partito della borghesia, il pd.
movimento-internazionale.blogspot.it
A rasta, guarda che il tuo bog non esiste-
No sòle pleaseee
Resoconto obiettivo di un buon seminario. Se son rose fioriranno. Ma gli ostacoli oggettivi sono tanti, il primo saranno le elezioni. Vedremo come impatteranno sul No Debito.
Anonimo Geremia osserva:
Vanno benissimo le dichiarazioni di intenti (stare in guardia tuttavia dagli amici del giaguaro!) ma per realizzare qualsiasi idea, per quanto sacrosanta, occorre prima arrivare al governo, vale a dire che occorre vincere le elezioni.
Pertanto, memento semper: "Il nemico del mio nemico é mio amico", perché solo l'unione fa la forza. Perciò, indipendentemente dalle bandiere e dai colori storici, é giocoforza puntare sui denominatori comuni: no agli amminstratori delegati da poteri stranieri, Repubblica indipendente e libera fondata sul lavoro, indipendenza dall'unione europea, no Euro, o almeno doppia moneta, sovranità monetaria, moralizzazione della politica.
sì, giusto, anonimo, ma senza i fascisti tra i coglioni!!
IL FRONTE POPOLARE SECONDO NOI
http://sollevazione.blogspot.it/2012/09/mpl-40.html#more
Non mi fido. Vero che il coordinamento No debito è il meglio che c'è sulla piazza. Con le elezioni che si approssimano temo che esso andrà in fibrillazione e che la sua ala "moderata" verrà attratta da quelli che vogliono fare una SIRIZA all'amatriciana. Spero di sbagliarmi.
Roberto g.
La cosa è molto più sottile. A loro interessa mungere la mucca, non gli interessa il tuo e il mio benessere. L'umanità ha (purtroppo) sempre avuto padroni, capi, presidenti etc etc. Ma ci sono state classi dirigenti che per vari motivi erano meno tirraniche, cercavano anche di far prosperare un minimo le persone comuni, mentre ci sono state classi dirigenti che, con atteggiamento da feudatari, si sono preoccupate solo di sfruttare. Oggi noi stiamo scivolando sempre di più in questa fase. Non esiste uno solo dei cosiddetti leader europei che sia minimamente interessato al benessere dei cittadini. Pensano solo alla nostra sopravvivenza e a come possiamo continuare a dare latte in modo da mungerci sempre di più.
Appena c'è odore di elezioni il ceto politico della "sinistra radicale" va in fibrillazione e mobilita quello che ritiene il suo strato sociale di riferimento.Da contare, da far pesare.
Anche il 15 ott. 2011 venne bruciato a questo scopo poi mai più manifestazioni. Si riprovò il 31 marzo 2012 e fù peggio : esibizione e conta di bandierine dei sindacatini di base e piccoli ceti politici.
Guarire l'ossessione della visibilità mediatica, più persone meno bandierine, un solo striscione che segna di volta in volta le tappe del percorso, in fondo, in fondo i partitini e loro bandiere.
il comunista rasta forse voleva indicare questo blog:
http://movimento-giovanile.blogspot.it/2012/10/studenti-massacratilinizio-della.html
Se come dice cremaschi che la fuoriuscita dalll'euro deve essere considerato un punto di arrivo allora
faremo la fine della Comune di Parigi che fù sconfitta perchè a nessuno venne in mente di prendere l'Oro e il denaro dalla banca di Fancia per finanziare la rivoluzione.Avere la proprietà della moneta subito consentirebbe di finanziare da subito la ripresa economica e dirigerla verso un diverso modello economico.
ferraioli domenico
Anonimo Demetrio
Sono in tanti quelli che hanno compreso la priorità di una riappropriazione della sovranità monetaria ma sono una potentissima legione quelli, ovvimente quasi tutti non italiani, che si opporrebbero con ogni mezzo (omicidi e stragismo compresi) al ragiungimento di tale obiettivo. Una prospettiva di sovranità monetaria ecciterebbe il Drago internazionale rendendolo furibondo. Eppure sarebbe l'unica salvezza. Occorrerebbe partire dalla nazionalizzazione della Banca d'Italia, figurarsi !
Demetrio: Errata corrige
raggiungimento. Sorry per l'errore di battta!
Posta un commento