I numeri del disastro nella «Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza» (Def) 2012
di Leonardo Mazzei*
Con la «Nota di aggiornamento del Def» il governo ha ammesso, tre giorni fa [Giovedì 20 settembre, Ndr] che tutti gli indicatori macroeconomici continuano a peggiorare, ha ammesso che le previsioni dello scorso aprile erano completamente sballate, ha ammesso di fatto, pur affermando ovviamente il contrario, di non avere la più pallida idea su come uscire da questa situazione.
Immaginatevi cosa sarebbe successo se un simile disastro fosse uscito dal governo dell'Allegro Buffone...
... Invece arrivato dall'austera compagine che l'ha sostituito e dunque la stampa benpensante non ha niente da eccepire. Eppure dei tecnici che falliscono proprio sul terreno che dovrebbe essergli più congeniale si commentano da soli. Li chiamereste a riparare l'impianto di riscaldamento se fossero idraulici, a progettare la vostra casa se fossero architetti? Certamente no. Al governo invece possono, anzi «debbono» restare: l'ha deciso l'Europa, lo proclama tutti i giorni Casini, lo vogliono a Cernobbio, ce lo chiede la banca e non dispiace alla Curia.
E tuttavia i numeri sono numeri. E le smentite sono smentite, tanto più pesanti in virtù dei tempi brevi dell'«aggiornamento» a cui il governo è stato costretto. Quando il trucco non basta, questo il titolo del nostro articolo di commento al Def del 20 aprile scorso. In cinque mesi hanno dovuto darci ragione, anche se naturalmente non ammetteranno mai di avere imbrogliato le carte al momento delle previsioni di primavera.
Il fatto è che le cifre sono davvero impietose, meglio darle allora a puntate e sempre il più tardi possibile. Siamo così arrivati all'«aggiustamento» del 20 settembre, di cui ci occuperemo in questo articolo. Ad aprile il Pil 2012 veniva previsto a -1,2%, oggi siamo ad una previsione del -2,4%, una flessione doppia di quella precedentemente indicata. E per il 2013? Ecco, per l'anno in cui Monti vede la «luce in fondo al tunnel», ora il governo prevede un -0,2% (era un + 0,5% ad aprile). Ovviamente le cose andranno assai peggio, e già il Centro studi di Confindustria prevede un -0,5%. Può sembrare poco, ma si tratta pur sempre di una flessione su un anno (il 2012) di pesante recessione.
Enormi le ripercussioni sul piano occupazionale. Qui i dati del Def danno questa progressione del tasso di disoccupazione: 8,4% nel 2011, 10,8% quest'anno, 11,4% nel 2013. Sappiamo tutti come questi dati siano sottostimati, ma l'incremento dei disoccupati «ufficiali» è comunque netto (+ 35,7% in 3 anni!). Tanto per dare un'idea, Confindustria ha valutato l'aumento dei disoccupati nell'ultimo anno in 758.000 unità.
Non vanno meglio le cose per quanto riguarda il debito pubblico, la cui riduzione era lamission di questa banda di tecnocrati. Indebitamento, interessi e debito sono ora previsti su livelli assai più alti di quelli azzardati ad aprile.
Cominciamo con l'indebitamento, cioè con il deficit annuo espresso in rapporto al Pil. La previsione iniziale per l'anno in corso dava un -1,7%, che viene elevato ora ad un -2,6%, per il 2013 si passa da un -0,5% ad un -1,6%, per il 2014 si corregge il -0,1% in un -1,5%, ed una correzione analoga (da 0,0 a -1,4%) viene effettuata per il 2015. Ora, sappiamo quanto poco valgono le previsioni in economia, ma proprio per questo la modifica in negativo anche per i prossimi anni assume un significato ancora maggiore. E' noto infatti come le previsioni - specie quelle governative - tendano sempre a volgere verso l'ottimismo mano a mano che ci si spinge in avanti con gli anni. Insomma, il futuro delle previsioni è in genere abbastanza roseo, tanto poi nessuno si ricorderà di quel che era stato previsto anni prima.
Perché questo peggioramento nei conti? Ecco la spiegazione posta a premessa nel documento del governo: «Dalla presentazione del Documento di Economia e Finanza nel mese di aprile lo scenario macroeconomico si è ulteriormente deteriorato a seguito dell’acuirsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano e per effetto dell’incertezza che ha caratterizzato il contesto dell’area dell’euro, e soltanto di recente sembra esserci una svolta in termini di stabilità finanziaria che dovrebbe portare, sia pur con un inevitabile ritardo, anche ad una migliore performance dell’economia».
Una spiegazione esemplare. Le cose vanno male perché vanno male (hanno scoperto la crisi dell'euro solo dopo aprile?), ma ora grazie a San Draghi dovrebbero andare meglio. Non chiedeteci di più, perché noi tecnici siamo ed allo stellone ci aggrappiamo...
Ovviamente il peggioramento dei conti risente del maggior calo del Pil, un dato prevedibilissimo che avevano voluto occultare a tutti i costi. Ma risente anche del peso maggiore degli interessi, e qui il fallimento del tecno-governo Monti non è in alcun modo mascherabile. Vediamo i dati. Il peso degli interessi (sempre espresso come percentuale del Pil) è ora previsto con la seguente progressione (tra parentesi la previsione di aprile): 5,5% nel 2012 (5,3%), 5,6% nel 2013 (5,4%), 6,0% nel 2014 (5,6%), 6,3% nel 2015 (5,8%).
Possono sembrare piccoli scostamenti, peccato che tradotti in moneta corrente corrispondano ad un aggravio aggiuntivo di oltre 20 miliardi in quattro anni. Ma per avere un'idea più precisa della dinamica degli interessi, è opportuno soffermarsi sulla sequenza degli importi passati e di quelli attesi per il futuro espressi in euro: nel 2010 lo Stato ha pagato 71,122 miliardi, saliti nel 2011 a 78,021 miliardi, che diventeranno 86,119 nel 2012, 89,243 nel 2013, 96,971 nel 2014, 105,394 nel 2015. Che è come dire che si prevede un aumento del costo degli interessi sul debito del 48% in cinque anni. Un dato enorme, che resta tale anche dopo averlo depurato dall'inflazione.
E' sostenibile un peso del genere? E' ammissibile che il paese si dissangui per foraggiare l'usura delle banche e dei fondi di investimento? Ovviamente no. E non è solo un fatto etico, è anche un'evidenza economica. Chi continua a negarla o è cieco o sappiamo da che parte sta.
L'insostenibilità della situazione - insieme alla pittoresca approssimazione dei tecnocrati al governo - risulta ancora più chiara dall'aggiustamento delle previsioni sull'ammontare dello stock del debito, sia in rapporto al Pil che in cifra assoluta. Vediamo intanto la sequenza del rapporto debito/Pil, sempre con le previsioni di aprile tra parentesi: 126,4% nel 2012 (123,4%), 127,1% nel 2013 (121,5%), 125,1% nel 2014 (118,2%), 122,9% nel 2015 (114,4%).
Anche ammettendo che il lento calo che viene previsto a partire dal 2014 si realizzi - ed in merito è più che lecito essere alquanto dubbiosi - resta il gigantesco differenziale tra i dati di aprile e quelli di settembre. Un differenziale che al 2015 ammonterebbe a ben otto punti e mezzo, che calcolati su un Pil previsto di 1.680 miliardi, ci da una differenza di 142,8 miliardi di euro. Come si vede un'inezia, un piccolo errore di previsione. E per fortuna che sono tecnici!
Per chi non ama le percentuali, ecco la sequenza 2010-2015 in cifra: il debito ammontava a 1.851 miliardi nel 2010, saliti a 1.907 nel 2011 e a 1.976 nel 2012, previsti a quota 2.010 nel 2013, a 2.038 nel 2014, ed infine a 2.065 nel 2015.
E qui potremmo fermarci. I numeri del disastro sono chiari. Del resto, basta vivere fuori dal Palazzo e frequentare gente normale per sapere che la disoccupazione aumenta, che milioni di persone non ce la fanno proprio più, che la povertà cresce insieme all'insicurezza.
Ma ci sono ancora alcuni dati del Def che meritano di essere sottolineati. Esaminando il periodo 2010-2015 forte è l'aumento della pressione fiscale. Le imposte dirette passeranno da 226 a 252 miliardi di euro, quelle indirette aumenteranno da 217 a 262 miliardi. Le entrate totali (che includono i contributi sociali) saliranno così da 723 ad 821 miliardi. Eppure, come abbiamo visto, questo forte incremento non servirà a niente.
E non serviranno neppure i tagli. Tra questi segnaliamo quello del monte delle retribuzioni del pubblico impiego che passerà da 172 a 166 miliardi, e quello dei cosiddetti «consumi intermedi» (che riguarda principalmente il settore della sanità), destinato a scendere da 136 a 131 miliardi.
Tutto ciò non basterà per due motivi: perché la recessione è e sarà ben più grave e prolungata del previsto, perché i tassi di interesse (al di là di qualche temporanea discesa, sempre di breve periodo) sono destinati a rimanere alti.
I numeri della «Nota di aggiustamento», benché come sempre edulcorati, questo ci dicono. Quello compiuto dal governo Monti è dunque un autentico disastro, altro che «luce in fondo al tunnel». Esattori al servizio di potenti usurai, hanno svolto al meglio il loro sporco lavoro. Che si pensi di lasciarli al loro posto anche nella prossima legislatura - o che comunque si voglia blindare il futuro governo in modo da assicurarsi che la devastazione non resti incompiuta - è il segno di un sistema arrivato alla frutta, di un blocco dominante preso solo dall'interesse immediato, di una classe dirigente pronta a consegnare ogni residua sovranità ai tecnocrati europei.
Per quanto potrà durare ancora?
Con la «Nota di aggiornamento del Def» il governo ha ammesso, tre giorni fa [Giovedì 20 settembre, Ndr] che tutti gli indicatori macroeconomici continuano a peggiorare, ha ammesso che le previsioni dello scorso aprile erano completamente sballate, ha ammesso di fatto, pur affermando ovviamente il contrario, di non avere la più pallida idea su come uscire da questa situazione.
Immaginatevi cosa sarebbe successo se un simile disastro fosse uscito dal governo dell'Allegro Buffone...
... Invece arrivato dall'austera compagine che l'ha sostituito e dunque la stampa benpensante non ha niente da eccepire. Eppure dei tecnici che falliscono proprio sul terreno che dovrebbe essergli più congeniale si commentano da soli. Li chiamereste a riparare l'impianto di riscaldamento se fossero idraulici, a progettare la vostra casa se fossero architetti? Certamente no. Al governo invece possono, anzi «debbono» restare: l'ha deciso l'Europa, lo proclama tutti i giorni Casini, lo vogliono a Cernobbio, ce lo chiede la banca e non dispiace alla Curia.
E tuttavia i numeri sono numeri. E le smentite sono smentite, tanto più pesanti in virtù dei tempi brevi dell'«aggiornamento» a cui il governo è stato costretto. Quando il trucco non basta, questo il titolo del nostro articolo di commento al Def del 20 aprile scorso. In cinque mesi hanno dovuto darci ragione, anche se naturalmente non ammetteranno mai di avere imbrogliato le carte al momento delle previsioni di primavera.
Il fatto è che le cifre sono davvero impietose, meglio darle allora a puntate e sempre il più tardi possibile. Siamo così arrivati all'«aggiustamento» del 20 settembre, di cui ci occuperemo in questo articolo. Ad aprile il Pil 2012 veniva previsto a -1,2%, oggi siamo ad una previsione del -2,4%, una flessione doppia di quella precedentemente indicata. E per il 2013? Ecco, per l'anno in cui Monti vede la «luce in fondo al tunnel», ora il governo prevede un -0,2% (era un + 0,5% ad aprile). Ovviamente le cose andranno assai peggio, e già il Centro studi di Confindustria prevede un -0,5%. Può sembrare poco, ma si tratta pur sempre di una flessione su un anno (il 2012) di pesante recessione.
Enormi le ripercussioni sul piano occupazionale. Qui i dati del Def danno questa progressione del tasso di disoccupazione: 8,4% nel 2011, 10,8% quest'anno, 11,4% nel 2013. Sappiamo tutti come questi dati siano sottostimati, ma l'incremento dei disoccupati «ufficiali» è comunque netto (+ 35,7% in 3 anni!). Tanto per dare un'idea, Confindustria ha valutato l'aumento dei disoccupati nell'ultimo anno in 758.000 unità.
Non vanno meglio le cose per quanto riguarda il debito pubblico, la cui riduzione era lamission di questa banda di tecnocrati. Indebitamento, interessi e debito sono ora previsti su livelli assai più alti di quelli azzardati ad aprile.
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Cominciamo con l'indebitamento, cioè con il deficit annuo espresso in rapporto al Pil. La previsione iniziale per l'anno in corso dava un -1,7%, che viene elevato ora ad un -2,6%, per il 2013 si passa da un -0,5% ad un -1,6%, per il 2014 si corregge il -0,1% in un -1,5%, ed una correzione analoga (da 0,0 a -1,4%) viene effettuata per il 2015. Ora, sappiamo quanto poco valgono le previsioni in economia, ma proprio per questo la modifica in negativo anche per i prossimi anni assume un significato ancora maggiore. E' noto infatti come le previsioni - specie quelle governative - tendano sempre a volgere verso l'ottimismo mano a mano che ci si spinge in avanti con gli anni. Insomma, il futuro delle previsioni è in genere abbastanza roseo, tanto poi nessuno si ricorderà di quel che era stato previsto anni prima.
Perché questo peggioramento nei conti? Ecco la spiegazione posta a premessa nel documento del governo: «Dalla presentazione del Documento di Economia e Finanza nel mese di aprile lo scenario macroeconomico si è ulteriormente deteriorato a seguito dell’acuirsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano e per effetto dell’incertezza che ha caratterizzato il contesto dell’area dell’euro, e soltanto di recente sembra esserci una svolta in termini di stabilità finanziaria che dovrebbe portare, sia pur con un inevitabile ritardo, anche ad una migliore performance dell’economia».
Una spiegazione esemplare. Le cose vanno male perché vanno male (hanno scoperto la crisi dell'euro solo dopo aprile?), ma ora grazie a San Draghi dovrebbero andare meglio. Non chiedeteci di più, perché noi tecnici siamo ed allo stellone ci aggrappiamo...
Ovviamente il peggioramento dei conti risente del maggior calo del Pil, un dato prevedibilissimo che avevano voluto occultare a tutti i costi. Ma risente anche del peso maggiore degli interessi, e qui il fallimento del tecno-governo Monti non è in alcun modo mascherabile. Vediamo i dati. Il peso degli interessi (sempre espresso come percentuale del Pil) è ora previsto con la seguente progressione (tra parentesi la previsione di aprile): 5,5% nel 2012 (5,3%), 5,6% nel 2013 (5,4%), 6,0% nel 2014 (5,6%), 6,3% nel 2015 (5,8%).
Possono sembrare piccoli scostamenti, peccato che tradotti in moneta corrente corrispondano ad un aggravio aggiuntivo di oltre 20 miliardi in quattro anni. Ma per avere un'idea più precisa della dinamica degli interessi, è opportuno soffermarsi sulla sequenza degli importi passati e di quelli attesi per il futuro espressi in euro: nel 2010 lo Stato ha pagato 71,122 miliardi, saliti nel 2011 a 78,021 miliardi, che diventeranno 86,119 nel 2012, 89,243 nel 2013, 96,971 nel 2014, 105,394 nel 2015. Che è come dire che si prevede un aumento del costo degli interessi sul debito del 48% in cinque anni. Un dato enorme, che resta tale anche dopo averlo depurato dall'inflazione.
E' sostenibile un peso del genere? E' ammissibile che il paese si dissangui per foraggiare l'usura delle banche e dei fondi di investimento? Ovviamente no. E non è solo un fatto etico, è anche un'evidenza economica. Chi continua a negarla o è cieco o sappiamo da che parte sta.
L'insostenibilità della situazione - insieme alla pittoresca approssimazione dei tecnocrati al governo - risulta ancora più chiara dall'aggiustamento delle previsioni sull'ammontare dello stock del debito, sia in rapporto al Pil che in cifra assoluta. Vediamo intanto la sequenza del rapporto debito/Pil, sempre con le previsioni di aprile tra parentesi: 126,4% nel 2012 (123,4%), 127,1% nel 2013 (121,5%), 125,1% nel 2014 (118,2%), 122,9% nel 2015 (114,4%).
Anche ammettendo che il lento calo che viene previsto a partire dal 2014 si realizzi - ed in merito è più che lecito essere alquanto dubbiosi - resta il gigantesco differenziale tra i dati di aprile e quelli di settembre. Un differenziale che al 2015 ammonterebbe a ben otto punti e mezzo, che calcolati su un Pil previsto di 1.680 miliardi, ci da una differenza di 142,8 miliardi di euro. Come si vede un'inezia, un piccolo errore di previsione. E per fortuna che sono tecnici!
Per chi non ama le percentuali, ecco la sequenza 2010-2015 in cifra: il debito ammontava a 1.851 miliardi nel 2010, saliti a 1.907 nel 2011 e a 1.976 nel 2012, previsti a quota 2.010 nel 2013, a 2.038 nel 2014, ed infine a 2.065 nel 2015.
E qui potremmo fermarci. I numeri del disastro sono chiari. Del resto, basta vivere fuori dal Palazzo e frequentare gente normale per sapere che la disoccupazione aumenta, che milioni di persone non ce la fanno proprio più, che la povertà cresce insieme all'insicurezza.
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Ma ci sono ancora alcuni dati del Def che meritano di essere sottolineati. Esaminando il periodo 2010-2015 forte è l'aumento della pressione fiscale. Le imposte dirette passeranno da 226 a 252 miliardi di euro, quelle indirette aumenteranno da 217 a 262 miliardi. Le entrate totali (che includono i contributi sociali) saliranno così da 723 ad 821 miliardi. Eppure, come abbiamo visto, questo forte incremento non servirà a niente.
E non serviranno neppure i tagli. Tra questi segnaliamo quello del monte delle retribuzioni del pubblico impiego che passerà da 172 a 166 miliardi, e quello dei cosiddetti «consumi intermedi» (che riguarda principalmente il settore della sanità), destinato a scendere da 136 a 131 miliardi.
Tutto ciò non basterà per due motivi: perché la recessione è e sarà ben più grave e prolungata del previsto, perché i tassi di interesse (al di là di qualche temporanea discesa, sempre di breve periodo) sono destinati a rimanere alti.
I numeri della «Nota di aggiustamento», benché come sempre edulcorati, questo ci dicono. Quello compiuto dal governo Monti è dunque un autentico disastro, altro che «luce in fondo al tunnel». Esattori al servizio di potenti usurai, hanno svolto al meglio il loro sporco lavoro. Che si pensi di lasciarli al loro posto anche nella prossima legislatura - o che comunque si voglia blindare il futuro governo in modo da assicurarsi che la devastazione non resti incompiuta - è il segno di un sistema arrivato alla frutta, di un blocco dominante preso solo dall'interesse immediato, di una classe dirigente pronta a consegnare ogni residua sovranità ai tecnocrati europei.
Per quanto potrà durare ancora?
* Fonte: Campo Antimperialista
11 commenti:
Siamo arrivati quindi al tratto finale che ci porterà in breve tempo alla catastrofe finale.
In Portogallo l'esercito si è schierato con il popolo, che ha ottenuto l'eliminazioni di ulteriori tagli alla spesa pubblica.
In Spagna un milione di persone presidia il Parlamento e non se ne andrà fino a quando il governo Rajoy non si dimetterà.
In Grecia ci sono scontri sanguinosi tra polizia e dimostranti.
E in Italia?
In Italia la CGIL (CISL e UIL si sono defilati da tempo) non ha il coraggio di proclamare lo sciopero generale, l'arma più micidiale nelle mani dei lavoratori. E gli italioti seguono in TV programmi sempre più insulsi e ridono come se non si rendessero conto di quello che sta succedendo.
L'unica spiegazione è che siamo tutti marci dentro e non sappiamo fare altro che sopravvivere con il voto di scambio.
Se le cose stanno così, questo povero Paese sarà ridotto a un enorme pantano dove milioni di rane gracidano notte e giorno per ottenere un tozzo di pane.
Ad essere obiettivi, non si può negare che una «luce in fondo al tunnel» ci sia. Sono i fari del treno che viene in direzione contraria ...
Giac.
Anonimo Geremia risponde:
Quanto affermato da Anonimo 1 é condivisibile quasi per intero e sono ragionamenti sacrosanti. Il quasi è perché non mi sembra esatto che siamo tutti marci dentro, tutt'al più disinformati; ignari o ignoranti che sono situazioni differenti dalla marcescenza. Quelli che hanno partecipato ai referendum per l'acqua e il nucleare nel giugno 2011 erano persone consapevoli. Purtroppo da allora si é impennato lo spread e questo fu un terrificante segno di quanto aleatoria fosse la nostra libertà. Marcia a sufficienza invece mi sembra purtroppo una notevole parte dei parlamentari che si sono prostrati al Deus Ex Machina solo per terminare la legislatura e non perdere la poltrona e il vitalizio costi quel che costi alla Nazione.
Anonimo Geremia dice:
La battuta é assai brillante sebbene terribile: sembra proprio che purtroppo corrisponda al vero. Il Deus ex Machina, così penso personalmente, non ha sbagliato affatto e credo che, tecnicamente, abbia realizzato o stia realizzando quanto era nei suoi (o dichi per lui) piani.
Tutte giuste le considerazioni espresse in questo articolo, soprattutto quelle relative alla strategia di abbattimento del debito.
Tuttavia, io credo che nè Monti nè Draghi si stupiscano di questi risultati. Il motivo è che recessione e disoccupazione sono degli obbiettivi imprescindibili della politica economica decisa a livello UE, che prevede la riduzione dell'inflazione in Italia attraverso la riduzione della crescita dei salari nominali. E i salari si contengono solo con recessione e disoccupazione, questo è ben noto. Si tratta della famosa politica di "internal devaluation" da molti ribattezzata, non a caso, "INFERNAL devaluation".
Le menzogne che abbiamo sentito finora da parte del governo sono dovute al fatto che nessuno può dire apertamente di seguire una politica di disoccupazione e recessione, pena la perdita immediata di ogni consenso. Tutto dunque procede come previsto da Monti e da Draghi, e sono certo che entrambi se ne congratulano.
Essi però sanno anche che non potranno mentire ancora a lungo, poiché la crescita stenterà a tornare e se tornerà non potrà essere che anemica, mantenendo alti livelli di disoccupazione.
Se per quel tempo il consenso nei loro confronti si sarà eroso sufficientemente allora sarà possibile un rivolgimento.
GEAB n. 67: "Per queste ragioni LEAP/E2020 conferma l’Allarme Rosso emanato nel Giugno del 2012, e stima inoltre che, entro la fine di Ottobre del 2012, l'economia globale sarà risucchiata in un buco nero, nell’ambito di un contesto geopolitico mondiale surriscaldato fino al calor bianco. Basti dire che le prossime settimane, secondo il nostro team, immergeranno il pianeta in un uragano di crisi e di conflitti senza precedenti".
Fra un mese e mezzo sapremo se hanno azzeccato la previsione.
Le chiedo scusa, signor Geremia, per quel "tutti". E'un errore dovuto alla rabbia che mi rode dentro. So bene che molti italiani sono, oltre che consapevoli, pronti a mettersi in gioco per la salvezza del loro Paese.
Avrei dovuto dire "gran parte degli italiani" o qualcosa del genere.
Se capisco bene quindi Monti e Draghi non sono apprendisti stregoni ma spietati ingegneri della redistribuzione contro i lavoratori. Ma se sono così bravi, come sperano di evitare una sollevazione quando il loro vero gioco sarà evidente a tutti?
Anonimo Geremia risponde/:
La sua rabbia é giustificata ed é perfettamente comprensibile. Le Sue scuse sono una manifestazione della lealtà del suo animo e chi ha l'animo leale ama sempre la Verità e la Giustizia come ben si evince dal Suo articolo che é assai apprezzabile per la puntualità dell'analisi e certamente molto istruttivo per le tante informazioni che rporta. La ringrazio della gentilezza della Sua risposta.
ANONIMO 2 dice:
Della sollevazione, se ci dovesse essere, non penso si preoccupino più di tanto.
Ferse sarebbe persino da loro vista come una buona occasione per sfoltire (!) un po' le masse con i sofisticati mezzi anti somossa odierni. Cosa che, del resto, stanno facendo anche adesso con la progressiva distruzione del welfare dal lavoro alla sanità e alle pensioni. I terminators sanno fare il loro mestiere.
@Ezio:
Secondo me sia Monti che Draghi sanno bene che le politiche che stanno imponendo potrebbero sfociare in una sollevazione. Non è un caso che ribadiscano la lotta al "populismo". Tuttavia, io credo che abbiano fatto dei test (vedi Grecia) che li hanno convinti che ancora c'è parecchio margine di manovra. Sanno però che non potranno andare avanti per sempre. Secondo me la loro via d'uscita è una politica espansiva a livello UE, che avrebbe anche l'effetto collaterale di centralizzare ancora di più il potere. Ovviamente su questa strada dovranno abbattere le resistenze tedesche ed olandesi, ma io penso che il loro piano sia questo.
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