venerdì 14 settembre 2012

MPL (40)

Il Fronte popolare 
secondo noi

Segreteria nazionale pro-tempore del Mpl


Da più parti ci giungono critiche alla nostra proposta di Fronte popolare. All’estrema sinistra la proposta è considerata irricevibile, si disprezza il concetto di popolo in quanto “artificio retorico interclassista” e il Fronte, semmai, può essere solo “proletario”. Sul fianco destro, al contrario, ci accusano di avere una concezione ristretta e angusta del Fronte, per cui occorre estendere l’alleanza, senza condizioni, a tutti quelli che sono “contro la bancocrazia”, fossero pure i fascisti o Berlusconi.
 La questione del Fronte si presta a numerose considerazioni, di ordine teorico e politico. Proviamo a rispondere ai nostri critici evitando i due pericoli principali: l’astrattismo teorico da una parte e il "confusionismo praticone" dall’altra.

Il fronte popolare in teoria

Una premessa si rende necessaria: le contraddizioni sociali non sono immutabili. Esse possono cambiare il loro rango quando la situazione sociale subisce dei mutamenti profondi. In alcuni casi la contraddizione principale diventa secondaria e quella secondaria principale.

Analisi concreta della situazione concreta quindi, poiché ciò che spinge diverse forze soggettive a fare Fronte non sono astratti principi ideologici, ma lo stato di necessità, l’urgenza di difendere gli interessi sociali che esse rappresentano. Gruppi e classi sociali con interessi abitualmente contrastanti, sotto la pressione di eventi eccezionali, possono trovarsi in una situazione in cui questi interessi collimano. Senza questa comunanza d’interessi nessun Fronte popolare è possibile.

Quand’è che classi sociali prima antagoniste sono obbligate a fare fronte comune? Quando la comunità nazionale piomba in uno Stato d’eccezione. Quest’ultimo può essere a sua volta causato da ragioni diverse: una guerra esterna, il crollo sistemico, la guerra civile interna. Quando le sorti stesse della comunità nazionale sono in discussione, si combatte per la conquista del potere, la società tende a polarizzarsi, le forze centripete prendono il sopravvento su quelle centrifughe.

In che situazione è l’Italia di oggi? Il paese vive un crollo sistemico, è posto di fronte ad un bivio: o la catastrofe storica o la rinascita. E’ quindi in un larvato Stato d’eccezione. E da cosa è rappresenta la minaccia? Dalle frazioni globaliste del capitale finanziario le quali, poste davanti al collasso del loro sistema di rapina, vogliono uscire dal marasma esercitando la loro dittatura dispiegata.

Questa dittatura non minaccia solo il proletariato, ma pure quello sterminato ceto medio cresciuto all’ombra del capitalismo-casinò, minaccia altresì settori consistenti di borghesia, quelli che vengono strangolati dalla giugulazione finanziario-bancaria.

Queste frazioni globaliste parassitarie del capitale, le quali guadagnano prestando denaro a strozzo, usano come una clava il monopolio della liquidità. Per loro i debiti, pubblici e privati, sono lucrosi crediti, una modalità per spremere dalla società intera tutto il plusvalore possibile e poi reinvestirlo, o nel gioco d’azzardo del capitalismo-casinò, o nei settori industriali profittevoli dei nuovi paesi capitalisti emergenti. 

Nei piani strategici di queste frazioni globaliste —che negli ultimi decenni hanno conquistato tutti i fortilizi e i gangli in cui si prendono le decisioni politiche e finanziarie—, l’Italia trova posto solo come paese marginale e dipendente, incapsulato nella gabbia di ferro di un’Unione europea ad egemonia tedesca destinata a diventare una potenza mondiale di complemento a quella nordamericana. 

Questo disegno, che la crisi dell’eurozona sta accelerando, implica una pauperizzazione generale, che si abbatterà anzitutto sul popolo lavoratore (produrre plusvalore come bestie a basso costo e a testa china), e come detto, sul ceto medio e anche in settori della borghesia, razziando le risorse del paese, fra le quali (chi vivrà vedrà), i risparmi accumulati negli ultimi decenni. Questo disegno implica abrogare de facto la sovranità popolare e la fine di quella nazionale, sottoponendo il paese ad un regime di protettorato straniero.

Il Fronte popolare in pratica

Siamo insomma nel contesto di un incipiente Stato d’eccezione, che deciderà le sorti del nostro paese, nel quale si combatteranno, da una parte l’aristocrazia finanziario-parassitaria coi suoi ammennicoli statuali, politici e mediatici, dall’altra le forze che, per necessità, debbono difendere la sovranità nazionale, uscire dalla gabbia dell’euro e dell’Unione europea.

Fino ad un anno fa, si osservi come Berlusconi tolse il disturbo lasciando il posto a Monti, non sembravano esserci, nel campo borghese, forze e tendenze sovraniste di peso. Oggi esse iniziano a fare capolino e cominciano ad emergere anche dal grembo della sinistra, di cui il Mpl è senza dubbio il più chiaro esempio. In entrambi i casi si tratta di correnti ancora minoritarie, ma esse sono destinate a farsi largo, poiché la supremazia del blocco  globalista, la sua egemonia politica e culturale, è destinata a indebolirsi. Ne risulta che nel volgere di alcuni anni il quadro politico sarà messo sotto sopra, che, sia a destra che a sinistra, le vecchie forze dirigenti diventeranno minoritarie e quelle minoritarie maggioritarie.

Lo schieramento dominante teme come la peste questo trapasso, e sta già affilando le armi per contrastarlo, ciò in nome della “lotta contro il populismo”. Esso oggi teme anzitutto la crescita della frazione sovranista in seno al campo borghese. Stiamo parlando di alcuni pezzi della destra sistemica, incapsulati nell’ectoplasma berlusconiano, leghismo compreso, e del fenomeno del “grillismo”. Tra i primi e il secondo c’è una differenza sostanziale. Entrambi pongono (seppure ancora solo timidamente) la questione dell’uscita dall’euro, mentre i post-belusconiani e i leghisti, pretendono di coniugare l’impossibile, ovvero sovranismo e liberismo, mediati da un aleatorio corporativismo populista, il movimento dei grillini tenta invece di coniugare il sovranismo nazionale con quello popolare, innestandolo su una tradizione democratica. Noi non riteniamo solo che questo sovranismo democratico guadagnerà consensi in seno al campo borghese, noi riteniamo che la corrente del sovranismo socialista si farà strada nel campo proletario.

Se con la corrente sovranista democratica un Fronte popolare è possibile e auspicabile (ma ciò dipenderà anche dalla battaglia in corso al suo interno e da come esso saprà rapportarsi alla protesta sociale futura, liberandosi dai suoi pregiudizi legalitari), ciò non è possibile con le frazioni che chiamiamo sovraniste liberiste, ad esempio quella tremontiana.

In uno Stato d’eccezione un Fronte non può reggere l’urto dell’avversario se si fonda solo su dei No. Esso può avanzare solo se è fondato su un programma di trasformazioni sociali profonde, di cui la riconquista della sovranità nazionale è solo la precondizione. Un fronte che dichiari apertamente che vuole vincere la vera sfida, quella del governo del paese, e il cui programma dev’essere quindi un programma di governo. L’uscita dall’euro e dall’Unione europea, per i sovranisti liberisti è solo una scelta tattica, per rientrare, dopo un default programmato e una rinegoziazione delle condizioni, nell’alveo dell’eurozona.

Per noi l’uscita dall’eurozona e dall’Unione è un atto strategico irrevocabile, di fuoriuscita dal perimetro del capitalismo-casinò, di edificazione di un modello sociale in cui sovranità monetaria e sovranità politica sono solo due precondizioni. Abbiamo indicato quale dovrebbe essere, grosso modo, il programma del Fronte popolare, ovvero il suo programma di governo:

(1) Uscita dall’euro e dall’Unione europea;
(2) Ricollocazione geopolitica dell’Italia accanto ai paesi emergenti e nel solco della civiltà mediterranea;
(2) Default programmato e ripudio del debito verso la grande finanza speculativa globale;
(3) Svalutazione unilaterale della lira e introduzione di dazi su tutti i prodotti di importazione;
(4) Riportare la Banca d’Italia sotto controllo pubblico riconsegnandole la facoltà di stampare carta moneta;
(5) Nazionalizzare il sistema bancario e assicurativo abolendo le banche d’affari, affinché l’erogazione del credito sia sottratto alla speculazione borsistica;
(6) Lanciare un piano nazionale del lavoro per debellare la disoccupazione e riconvertire in modo ecocompatibile industria e agricoltura;
(7) Un sistema fiscale che premi la creazione di ricchezza e aggredisca i grandi patrimoni parassitari, mobiliari e immobiliari
(8) Difesa della Costituzione repubblicana con la promozione di un'Assemblea Nazionale Costituente al fine di consegnare al popolo una fattuale sovranità politica.

Abbiamo detto e ripetiamo che il Fronte popolare non può avere un profilo difensivo, che esso deve dichiarare apertamente che il suo obbiettivo è strappare il governo dalle mani delle sanguisughe. Come questo potrà accadere? Noi siamo certi che avremo nei prossimi anni un’acutizzazione dei conflitti sociali. Il Fronte popolare potrà avanzare solo se incontrerà il popolo insorgente, se saprà canalizzare il conflitto verso una generale sollevazione, fino ad una vittoriosa Rivoluzione democratica. Democratica poiché il suo primo stadio consisterà nel rovesciamento della dittatura mascherata delle oligarchie finanziarie, nella liquidazione delle loro cricche politiche, riconsegnando al paese la sovranità perduta, con la nascita di nuove istituzioni di potere popolare.

In questo agone si deciderà quale delle forze componenti il Fronte popolare avrà l’egemonia, se quelle che puntano al socialismo o quelle che vogliono fermarsi ad un modello capitalista riformato. Sulla base del programma sopra abbozzato i rivoluzionari saranno una forza leale del Fronte, anche ove essi fossero una minoranza, ma terranno ferma la loro piena indipendenza politica.

Per uscire dal marasma del capitalismo-casinò e dalla crisi in cui esso ha fatto sprofondare il paese, dovrà vincere la sollevazione popolare, e questa potrà vincere soltanto se la forza d’urto decisiva l’avranno le masse proletarie e plebee. La nostra indipendenza è insindacabile, necessaria per dare ai poveri la speranza di una compiuta liberazione, per spingere la Rivoluzione democratica in avanti, fino a quella socialista.

La Segreteria nazionale pro-tempore del Mpl,12 settembre 2012

Segnaliamo i precedenti contributi: 

33 commenti:

Anonimo ha detto...

"Siamo insomma nel contesto di un incipiente Stato d’eccezione, che deciderà le sorti del nostro paese, nel quale si combatteranno, da una parte l’aristocrazia finanziario-parassitaria coi suoi ammennicoli statuali, politici e mediatici, dall’altra le forze che, per necessità, debbono difendere la sovranità nazionale, uscire dalla gabbia dell’euro e dell’Unione europea"

interessante, ve lo avevo scritto mesi fa e mi sono beccato del provocatore e infiltrato.
Comunque vedo degli sviluppi speculari anche in un altro blog tenuto da una persona molto influente. Seguo gli sviluppi qui e la che potrebbero essere possibili dei punti di contatto.

Anonimo ha detto...

Scusa ma di che blog parli, o ami gli enigmi?

Fulvio

Fiorenzo Fraioli ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Fiorenzo Fraioli ha detto...

Riposto il commento a causa di un errore.

L'espressione "Svalutazione unilaterale della lira..." al punto 3 non è tecnicamente corretta. Può andar bene come slogan semplificativo, ma credo sarebbe più opportuno dire "riallineamento del cambio al valore effettivo di mercato".

In politica monetaria, la scelta è tra l'adozione di un cambio fisso o la fluttuazione del cambio stesso.

Oggi noi non abbiamo una nostra moneta, e dobbiamo usarne una che è in comune con altri paesi, il cui cambio è determinato dai paesi più forti, che sono anche i nostri creditori.

Quando saremo usciti dall'euro, e avremo di nuovo la nostra lira, dovremo ancora scegliere se difendere un livello di cambio prefissato o lasciarne fluttuare il valore.

Quando si fa la scelta di difendere un livello prefissato del cambio, nel caso di tendenze al rialzo (la lira che si rivaluta) si pone un'ulteriore scelta tra stampare moneta e/o abbassare il tasso di sconto. Quando, invece, il cambio tende al ribasso (la lira si svaluta sui mercati) i rimedi possibili sono bruciare riserve valutarie o alzare il tasso di sconto, entrambi molto problematici: il primo perché le "munizioni" si esauriscono, il secondo perché si deprime l'economia, e anche per altre conseguenze non simpatiche che tralascio di citare.

Quello che però è importante far capire a tutti, è che la politica monetaria ha immediate e pesanti ripercussioni sulla distribuzione del reddito, e quindi che MAI più dovremo lasciarla nelle mani di una sola classe sociale. Non saremmo in queste condizioni se, nel 1981, la classe politica di sinistra fosse stata formata da gente con le palle, invece che da chiacchieroni ignoranti, incompetenti e forse venduti: ancora nel 1971 (dieci anni prima), col pikkio che sarebbe passato il divorzio tra Tesoro e Banca d'Italia!!!

Anonimo ha detto...

Ancora con questa politica dei due tempi: prima la democrazia, poi il socialismo...
E' stata la più grande cazzata mai fatta da Marx, dato che tutte le rivoluzioni che ci sono state nella storia non hanno mai aspettato lo sviluppo del paese.
Voi invece dite: usciamo dall'euro, uniamoci con i capitalisti buoni tipo i Forconi, salviamo l'economia con lira e default...poi faremo il socialismo

Anonimo ha detto...

Beh,il blogroll una dritta forse la dà.Io lo vorrei al dicastero suo proprio.Che mi ricorda quando Ferdinand Celine diceva,"se io scoprissi la cura del cancro...".
franz

Anonimo ha detto...

Karl Marx era un brav'uomo e non merita questo strazio.Il passaggio che citi è di Lenin e peraltro secondo me va storicizzato.Il testo su non dice quello che dici,fra l'altro.

Anonimo ha detto...

Aggiungendo che i passaggi rivoluzionari riescono se c'è una componente egemone capace di gestire il modo di produzione destinato a sostituire quello passato.
E qui è il punto.Se lo stato di eccezione della crisi dell'accumulazione primaria segni un punto di non ritorno della gestione capitalista o non sia un suo momento ciclico che si può risolvere con una più o meno massiccia distruzione di capitale eccedente,cioè la svoltano con la guerra,che ridefinisce i nuovi assetti polari.
Molti segnali indicano che la competizione multipolare deve affrontare uno scenario netto di stagnazione globale-il più pericoloso,ma anche quello che accumula il maggiore potenziale rivoluzionario.
Con l'area dei PIIGS che anticipa questo stato di
pre-collasso globale.Non so quante volte abbiamo aspettato che i tempi maturassero ed il capitalismo ripiegasse su se stesso.
La proletarizzazione dei ranghi tecnici,il ritrarsi del capitale in posizioni di tesaurizzazione,negando la compartecipazione-con una parziale redistribuzione degli utili da capitale- dei quadri tecnico-gestionali ci mette senza dubbio a disposizione forze essenziali per la ristrutturazione sociale ed economica.
Fine del neofeudalesimo castellano alla Fini(Il cui errore madornale è di non comprendere che si tratta di un modello passato),ed esplicitazione del cagnesco egoismo dei dominanti,a danno di chiunque.Speriamo anche a danno loro,cioè che anche gli ultimi,i più interni dei loro sgherri si rivoltino.
Bello non è ma fuori dal cortile di casa perfino questo mi sembra fantascienza,o mi sembra tale il reale,fra lobotomizzati.
franz

la congiura degli eguali ha detto...

finalmente si ripresenta lenin!, leali al fronte popolare, ma determinati nel rivendicare indipendenza e libertà di azione e propaganda!; se son rose fioriranno!; in bocca al lupo a tutti noi compagni!

Anonimo ha detto...

No, non quello. Magari mi sbaglio ma mi sembra di vedere che qualcuno "insospettabile" e di un certo peso stia perdendo la pazienza di brutto.
Una cosa è certa: bisogna essere pronti a trovare delle vie di mezzo senza fare troppo gli schizzinosi. Non ti puoi presentare contro il potere in ordine sparso.

Anonimo ha detto...

" No, non quello. Magari mi sbaglio ma mi sembra di vedere che qualcuno "insospettabile" e di un certo peso stia perdendo la pazienza di brutto."

Ahoo! Ma la pianti! Questo è un posto per una discussione aperta a tutti, se vuoi cospirare con frasi sibilline usa la tua mail o fatti un blog per i ca..i tuoi!

Mortacci tuoi, nun me fa' incazzà!

Fulvio

SOLLEVAZIONE ha detto...

@ ECo della rete:

"Svalutazione unilaterale della lira..." al punto 3 non è tecnicamente corretta. Può andar bene come slogan semplificativo, ma credo sarebbe più opportuno dire "riallineamento del cambio al valore effettivo di mercato".

Dietro forse si nasconde qualcos'altro che una questione terminologica.

La svalutazione di una moneta esprime la diminuzione dei prezzi delle merci espressi nella moneta nazionale ed un aumento dei prezzi delle merci espresse in moneta di altro paese.

Attenti al mito del mercato! La fluttuazione, in condizioni di mercato capitalistico, di solito è è pilotata dai grandi stati e gruppi finanziari imperialisti che detengono liquidità, controllano le grandi banche d'affari, i fondi ecc., e quindi fanno il bello e il cattivo tempo.

Riacquisita la sovranità monetaria un governo popolare non può soggiacere alle regole della speculazione. Esso deve tutelare l'economia, la produzione e il mercato interno. Un governo popolare, tanto più se cancella il debito con un default programmato, sarà de facto fuori dai mercati finanziari internazionali, esso dovrà proteggere il mercato interno e le sue aziende dagli attacchi esterni, che faranno appunto leva sulle "oscillazioni pilotate dei mercati".
Il cosiddetto "libero mercato valutario", è un dogma per i liberisti, a difesa dei grandi gruppi finanziari che speculano e guadagnano, fanno leva, sul sistema flottante.

SI pensa che la svalutazione con tanto di fissazione di un tasso di cambio, siano pensati solo per rafforzare le esportazioni. Non è esatto. Un governo popolare in una prima fase segnata dall'uscita dall'euro, dovrà anzitutto sviluppare il mercato interno, e un "cambio forzoso" serve appunto ad aiutare le aziende nazionali, mercato interno che andrà protetto anche con misure che penalizzino la concorrenza estera.



Anonimo ha detto...

Credo abbia scambiato questo blog con quello per amanti del grembiulino.

Marco

Anonimo ha detto...

E' Marx era convinto che la rivoluzione doveva scoppiare prima nei paesi sviluppati. Tanto che era contrario al fatto che Italia, Spagna, Russia e Balcani mandassero delegati nell'Internazionale perché sottosviluppati. Marx oggi sarebbe stato con la Merkel, per intenderci. (ovviamente lo faceva anche per ragioni tattiche anti-anarchiche, dato che in quei paesi erano magioritari)
Invece è scoppiata in Russia, Cina, America Latina.
Voi fate lo stesso errore. Prima usciamo dal capitalismo casinò per entrare nel capitalismo umano dei forconi, con qualche pizzico di capitalismo di stato con il controllo della banche d'italia, e un po' di socialdemocrazia radicale con l'esproprio dei ricconi che hanno i titoli pubblici. poi faremo il socialismo...poi..
Marx si sbagliava e a dimostrarlo sono stati proprio dei marxisti: Lenin, Mao, ecc.
Voi oggi però non avete scuse, se non quella di volerlo procrastinare all'infinito il socialismo

Anonimo ha detto...

Sì,però qualche buona ragione Fulvio ce l'ha;chi pensa,sarà Bagnai,o Ferrero-che tanto di primo piano..non è che tutti abbiamo l'attenzione focalizzata dove ce l'hai tu,per cui è sicuramente meno intuitivo di quello che pensi.Se è una cosa importante,dilla,non siamo in TV.
E comunque più si diffonde lo scetticismo nel mainstream,più siamo autorizzati a pensare che la montagna partorirà una fregatura.
franz

Anonimo ha detto...

Già il volgo trema al pensiero che potrebbero imporgli il dazio sul tablet o chissà quale restrizione alle gozzoviglie pantagrueliche da festino della peste alle quali vorrebbero dedicarsi per festeggiare la fine della crisi.Non dire quella parola!
Senza un pò di sano realismo non si potrà diventare più realisti del re :-)
franz

Ernesto M. ha detto...

a me pare che l'anonimo delle 11,14 non abbia capito un tubo della linea di MPL. A me sembra che il MPL prenda lezione proprio dalle rivoluzioni socialiste che hanno vinto, proprio quelle dei paesi meno sviluppati, dove gli operai erano un'infima minoranza. Lì i comunisti hanno guidato le rivoluzione democratiche, mettendosi alla testa di fronti a maggioranza contadina, ma le hanno poi forzate verso il socialismo.
Quindi, l'MPL ti dice: siccome siamo sotto una dittatura, quella del capitale usuraio globalista che si è mangiato la sovranità nazionale; abbiamo da fare una rivoluzione di tipo democratico e popolare, che coinvolgerà i più diversi strato sociali massacrati dalla cupola oligarchica mondialista. I comunisti se non si mettono dentro questo processo saranno tagliati fuori. Per finire: se si vince questa battaglia anti-oligarchica si sarà avvicinata la rivoluzione socialista. Ho capito bene MPL?

Sandra ha detto...

Vorrei delle precisazioni per cortesia.

1) Il Fronte Popolare da chi è composto? Immagino i Forconi, i No Tav e poi? Quanti pensate di essere "adesso", ossia prima dell'"insorgenza popolare"?

2) Il Fronte si presenterebbe alle elezioni o aspetta gli sviluppi?

3) La frase di Della Valle sui "furbetti cosmopoliti" non potrebbe significare che attualmente il vero nemico minaccia sia noi che una parte della classe dominante, quella legata al territorio e che almeno la prima fase della lotta potrebbe essere combattuta insieme?
L'uscita dall'euro e la lotta alla finanza speculativa transnazionale fanno parte del programma del Fronte come di quelli che esprimono posizioni del tipo di Della Valle; su questi specifici punti se si fosse uniti il successo sarebbe garantito e soprattutto si porrebbero le basi per un nuovo tipo di rapporti in futuro.

Anonimo ha detto...

Al contrario la storia ha dimostrato proprio che Marx aveva ragione.

"Guarda che la questione del "comunismo realizzato" è un tantino diversa. A spanne - con Marx - c'è la stessa distanza che c'è tra il vangelo e il vaticano."



Fulvio

Anonimo ha detto...

E aveva ragione non perchè fosse un veggente, ma in base alle fondamenta e alle contraddizioni del capitalismo individuate dal materialismo storico.

Se non c'è il capitalismo, come mei casi citati, non ci può essere il suo superamento. Che avviene perchè i rapporti sociali che lo determinano (proprietà privata dei mezzi di produzione) entrano in conflitto con lo sviluppo delle forze produttive, distruggendole ciclicamente con crisi sempre più profonde.

Se ti guardi attorno, dove siamo adesso? Fabbriche chiuse, macchinari abbandonati,merci nei magazzini ad ammuffire, capacità lavorative di milioni di persone annullate con la disoccupazione.

Sembra, sembra...ma poi nelle teste c'è quello che ci ficcano il corriere, la tv e la pubblicità.

Ah che gran cosa l'individuo borghese, così importante ed unico da non aver più bisogno di orecchie, occhi, testa propri.

Ma guai a dirglielo: lui è terribilmente originale, irripetibile...unico

Fulvio

Ezio ha detto...

Non sono nella mente della direzione dell'MPL, ma secondo me se non ci hai preso quanto meno ci sei andato vicinissimo.

Realista ha detto...

Nell'ipotesi di un recupero completo della sovranità monetaria, il problema del tasso di cambio della moneta rimane aperto. Il motivo è la necessità di scambi con l'estero e, quindi, la necessità dell'uso di moneta straniera contro la moneta nazionale.

L'italia non può raggiungere l'autarchia, quindi il commercio con l'estero rimane necessario, e dunque il problema del cambio lo si deve porre.

Il problema può essere mitigato riducendo gli scambi verso i paesi euro-atlantici (stringendo alleanza con il Nord Africa e il Medio Oriente, con la Russia e la Cina). Tuttavia, non può essere risolto del tutto.

A mio parere il problema del commercio con l'estero (e quindi del cambio) non sta dal lato dell'import, ma dal lato dell'export. L'Italia infatti esporta molti prodotti in EU e negli USA. In un'ipotesi di sganciamento si deve trovare il modo di ricollocare questi prodotti altrove.

Tutto ciò mostra chiaramente che un'ipotesi di uscita dall'euro e di recupero della sovranità monetaria può portare al successo politico ed economico solo se il governo che la implementa ha ben chiari i problemi ed ha una strategia sensata per affrontarli.

SOLLEVAZIONE ha detto...

@ Sandra.

E' presto per dire se pezzi da novanta del capitalismo italiano entreranno in guerra contro il blocco dominante globalista ed europeista. Questo blocco per adesso ha pine aegemonia, finanziaria, politica, mediatica e culturale. Se leggi il documento che stiamo commentando c'è appunto scritto che la tendenza alla comparsa di un settore sovranista all'interno del campo borghese, è auspicabile e inevitabile. Ma ci saranno sovranisti liberisti e sovranisti democratici. Coi primi non sarà possibile stringere accordi di Fronte, coi secondi sì. Il documento della segreteria Mpl spiega perché.
Ma tu forse ci chiedi: se domani, quando tutta questa vicenda sarà giunta allo snodo, e il Fronte popolare fosse debole e i sovranisti liberisti (le destre odierne) sfidassero i globalisti per prendere il governo del paese e uscire dalla gabbia di ferro dell'euro, cosa essi dovrebbero scegliere? Con chi stare? Quale sarebbe eventualmente il male minore?
Domanda calzante ma prematura. Vedremo come staranno messe le cose e decideremo. Di certo il MPl oggi ha detto chiaro chi è il nemico principale: il blocco globalista europeista. Questo oggi comanda e questo va combattuto.

Ezio ha detto...

Io credo che chi fa parte del Fronte non abbia il potere di pre-determinare chi ne fa parte. Sarà il risultato del confronto politico e delle circostanze.

Il fronte, a mio parere, DEVE presentarsi alle elezioni politiche poiché, allo stato, non c'è altro modo per insediare un governo popolare.

Penso che l'MPL abbia ben chiaro che c'è una fetta di borghesia nazionale i cui interessi stanno convergendo verso il programma del movimento popolare.

Anonimo ha detto...

Non penso minimamente che sia intuitivo, anzi mi sono stupito anch'io di vedere in quel blog un cambio di registro (a mio avviso, se ho interpretato bene) tanto drastico e repentino.

Che lo vogliate o no è essenziale cercare di capire con chi stare senza (senza) dover rinunciare alle proprie idee ma capendo:

1) Le cose si fanno per gradi

2) Siamo in pochi

3) Loro ci sono e ci saranno sempre e quindi sarebbe già un risultato straordinario riuscire a "fare qualcosa insieme". Cambierebbe tutto, si acquisterebbe una nuova forza contrattuale stabilendo delle nuove basi di dialogo per il futuro. Guardate che stanno per essere spazzati via anche loro e lo sanno, non possiamo in nessun modo buttare via un'occasione storica unica e irripetibile.


Sul fatto che sono restato sull'allusivo rendetevi conto che ho parlato di mie sensazioni quindi non voglio bruciare le opportunità. E' probabile che quando sarà i contatti avverranno. Sarebbe opportuno essere fin da adesso aperti a delle "novità" che costringeranno TUTTI a cercare un terreno comune.

Anonimo ha detto...

Chiarissimo. Allora perché non si comincia, tenendo conto che i grillini e altre forze politiche la pensano come noi sull'uscita dall'euro, ad abbozzare una legge di iniziativa popolare per chiedere appunto di uscire dall'euro?
Questa iniziativa servirebbe da catalizzatore per attirare nel Movimento altre persone e gettare le basi per la formazione di un partito realmente di sinistra.

Anonimo ha detto...

Arrivano gli alieni: contact!

Anonimo ha detto...

La logica non fa una piega:

"Loro ci sono e ci saranno sempre"

"Guardate che stanno per essere spazzati via anche loro e lo sanno"

Ma per fortuna il ragazzo è sensitivo:

"ho parlato di mie sensazioni"

Silvio

SOLLEVAZIONE ha detto...

Legge di iniziativa popolare per uscire dall'euro: una buona idea, non perché questa iniziativa sia risolutiva, ma almeno ci spingerà tra le gente che potrà così ascoltare la verità. Ma da soli, come Mpl non ce la faremmo. Occorrerebbe una massa critica più ampia.
Per presentare una legge di iniziativa popolare occorrono infatti almeno 50.000 firme di cittadini elettori. Tanto per fare un esempio: ci vorrebbero 5mila attivisti che raccogliessero ognuno 10 firme oppure anche solo 500 attivisti x 100 firme a testa. Comunque sia un'idea buona su cui vale la pena vagliare e sottoporre non solo al Mpl ma alla associazioni amiche.

Lorenzo ha detto...

Francamente dubito che siamo in procinto di un tracollo e di una sollevazione. Mi sembra che il regime abbia optato per una lunga decadenza e questo dovrebbe consentire di protrarre l'agonia per diversi anni.

Del resto è quel che vogliono tutti, dalle classi dirigenti (che hanno da perdere più degli altri) alla gente comune che pensa solo a tenersi stretto quel che rimane del proprio insulso benessere. Del resto in Grecia, dove esistono ben altre condizioni prerivoluzionarie, il voto a finito per premiare i partiti di regime e il 40% del gregge ha avuto il coraggio di astenersi.

L'aspetto che mi sembra sfugga dalla vostra analisi è che il tracollo del sistema è difficilmente pensabile come limitato a livello nazionale o anche continentale. Il primo motivo per cui le classi dirigenti rimangono così tenacemente abbarbicate a un sistema morente è che questo sistema ha estensione mondiale e un suo tracollo assumerà con ogni probabilità proporzioni apocalittiche. In questo contesto ha poco senso fare ipotesi operative per il dopo.

Ciò dovrebbe consigliarvi, come vi viene chiesto da destra, di allearvi con chiunque voglia spingere il regime nel baratro. La portata del crollo sarà tale da rendere irrilevanti le intenzioni programmatiche antecedenti alla carneficina. Dopo tutto sarà diverso.

Diciamo che a mio avviso dovreste imparare a reinterpretare il marxismo alla maniera leninista, meglio ancora soreliana o mussoliniana: come salto nel buio nel caos della storia universale, anziché come copertura scientifica di un paradigma teleologico :o)

La gente concreta (come era Lenin) fa una cosa alla volta. Adesso si tratta di combattere un sistema apparentemente monolitico ma in realtà profondamente marcio (sono due facce della stessa medaglia). Il decennio di guerre mondiali che gli farà seguito definirà il quadro della politica futura, credo molto al di là di qualsiasi nostra aspettativa attuale.

Anonimo ha detto...

Anonimo 2° dice:
Sì: FARE FRONTE dovrebbe essere l'inmperativio assoluto in questa fase di "eccezione":
Il nemico del mio nemico é mio amico. Ma ci vuole sensibilità, intelligenza e lungimiranza per capirlo. Invece ... Il miraggio delle poltrone conquista ancora molti cuori. Eppure ci sarebbero, in varie formazioni in campo, denominatori comuni che potrebbero giustificare la costituzione di un cosiddetto Fronte Popolare. Ma la definizione appare a molti un po' frustai, se non altro dejà vu, e se ben si ricorda quella volta non portò affatto fortuna. Effettivamente, sarebbe quasi più adatto definire una cosa del genere come: Fronte di sopravvivenza, perché, in verità; stiamo per essere strangolati,. Anche le classi un tempo dette medie oltre che le masse del proletariato. Ma la disinformazione é troppo diffusa, l'indifferenza e l'incomprensione delle problemtiche politiche altrettanto. Forse la misura dello stritolamento non é ancora abbastanza piena anche se ormai é al limite. Resta da dire "Povera Italia, poveri noi".
In troppi hanno tradito la loro missione pubblica in questi tempi! Viene da dubitare che i metodi democratici possano portare salvezza in questa fase davvero "eccezionale", anzi: angosciosamente eccezionale! Si tratta di vera e propria emergenza esistenziale per la maggior parte degli Italiani.

SOLLEVAZIONE ha detto...

E' vero che "Fronte popolare" sa di dejavù.
Ne stiamo discutendo come Mpl, ma non illuderti che se gli cambi nome fanno la fila per venirti dietro.

Luca ha detto...

Se lo si chiamasse "FRONTE DI MASSA"?

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