Madrid, 25 settembre Quando la rivolta accerchia il parlamento. Da noi quando? |
sulla manifestazione del 25 settembre
di Madrilonia.org*
Ci hanno chiamati golpisti. Hanno detto che dietro questa manifestazione si nascondeva l’estrema destra. I mezzi di comunicazione hanno mentito per giorni e giorni. Hanno minacciato di mandarci in galera, hanno dispiegato oltre 1400 agenti di polizia, hanno identificato e denunciato molte persone solo perché esse si erano riunite in un parco pubblico a discutere sulla convocazione di questa manifestazione.
Hanno provato a riempirci di paura, come mai era successo prima d’ora. Il risultato è che, nelle strade, eravamo in decine di migliaia, pronti a disobbedire allo stato di eccezione imposto dal governo. Ora tutti i media del pianeta stanno parlando di quanto successo a Madrid il 25S. E sappiamo bene che è solo l’inizio.
Il governo Rajoy è debole come mai era stato prima d’ora. E deve affrontare un problema di governamentalità politica su tre fronti, deve affrontare un problema di dimensioni totalmente nuove. In primo luogo, la forte crisi di legittimità presso la cittadinanza, non solo per le decine di migliaia di persone che si sono mobilitate durante il 25S, ma anche nei confronti del proprio elettorato. Il governo non ha in mente nessun piano di azione, a parte quello di continuare nella propria politica di tagli, accompagnati da una dinamica repressiva sempre più intensa, e sempre più inutile. La risposta al di là di ogni previsione alla mobilitazione lanciata ieri, la fuga clandestina degli “onorevoli”, le patetiche dichiarazioni della maggior parte dei deputati sono segni chiari di questo processo.
Vogliamo dirlo senza equivoci: un governo che si sostiene solo grazie al monopolio della violenza è un governo debole, moribondo e condannato.
Il secondo fronte aperto è quello di una grave crisi del modello territoriale dello Stato. Intrappolato tra il prostrarsi alla Troika (UE BCE FMI) – che si traduce nell’imposizione di politiche dettate dalle dinamiche finanziare – e lo smembrarsi del patto tra le élite – che ha permesso di sostenere la distribuzione della ricchezza tra le comunità autonome -, il governo centrale non è altro che uno spaventapasseri. Con grandi difficoltà è riuscito a mantenere una certa convergenza di azione con le varie élite territoriali, come ci dimostra la “minaccia” indipendentista del CIU (Convergenza e Unione, partito della destra catalanista al governo in Catalogna, ndt), capace di mobilitare una buona parte della società catalana nel nome di un progetto sfacciatamente neoliberale e oligarchico. In questo caso, la debolezza non è solo di questo governo. Siamo di fronte a una ristrutturazione generale delle istituzioni, ereditate dal processo della Transizione, che dimostra la necessità di costruire un nuovo modello di democrazia, tanto politica quanto economica.
Infine, il governo si è mostrato assolutamente incapace di imporsi di fronte alla Troika, di difendere gli interessi della propria popolazione e di allearsi con il resto dei paesi europei periferici. Detto in altro modo, il governo non ha smesso di obbedire agli ordini del potere finanziario che ci spinge verso un’intensificazione continua della crisi sociale. In questo quadro, non ci saranno altre via d’uscita se non la recessione e l’impoverimento. E su questo punto dobbiamo stare allerta perché venerdì o sabato sapremo quali sono le contropartite chieste dalla Troika per garantire il nuovo bailout: riduzione degli ammortizzatori sociali per la disoccupazione, aumento dell’età pensionabile, vendita di asset e beni comuni e nuovi tagli ai diritti dei lavoratori nel pubblico impiego.
Oggi, lo spread è tornato a salire rispetto agli ultimi giorni. Molto probabilmente è un avviso da parte della Troika – attraverso la sospensione dell’acquisto di buoni del tesoro – riguardo il fatto che il programma di contropartite imposto dalla finanza deve mantenersi inalterato, al di fuori da qualunque “concessione” alle richieste che provengano dalla cittadinanza.
Quello che abbiamo vissuto nelle strade di Madrid il 25S è stata la prima dimostrazione della potenza dell’organizzazione collettiva. Ci troviamo probabilmente all’inizio di un ciclo di mobilitazioni al quale tuttavia non si sono ancora uniti né i funzionari pubblici, né i pensionati. Dobbiamo riconoscerlo: la mobilitazione del 25S è stata segnata da un chiaro tratto generazionale. La generazione di chi non ha una casa, non ha un reddito, non ha un lavoro, la generazione di chi non ha votato la Costituzione del 1978 e non si sente garantito dai patti che negli anni Ottanta hanno dato corpo a questo modello di Stato.
Eppure, c’è da aspettarsi che le misure che il governo dovrà probabilmente approvare, spingeranno molte altre persone a unirsi all’assedio del Congresso. Il problema è politico e per questo il nostro compito continua a essere quello di riunire la potenza sociale necessaria a fermare il saccheggio del comune a cui stiamo assistendo. Il problema è politico e per questo dobbiamo riuscire a riprodurre quella alleanza che nelle giornate di Luglio aveva unito il 15M, i funzionari pubblici, i pensionati, i lavoratori dell’istruzione, della sanità e una moltitudine di persone che partecipavano senza altro nome che il proprio. Dobbiamo fare in modo che questa stessa alleanza torni a emergere e a mettere in evidenza la crisi dell’ordinamento costituzionale attuale, del bipartitismo imperante e delle istanze rappresentative. Per dire forte e chiaro che la democrazia è un’altra cosa e che questo paese, così come l’Europa, sono ancora da inventare.
La Delegación de Gobierno di Madrid può dire che c’erano seimila persone, parlare di golpismo e paragonarci al colonello Tejero e al suo golpe di Stato fallito nel 1981, però la “loro” realtà e la “nostra” camminano ormai lungo strade separate. L’intelligenza in rete possiede una capacità propria di auto-narrazione e non ha bisogno di meccanismi che la rappresentino. Si tratta di un esempio chiaro della crisi della forma Stato, uno Stato che assomiglia sempre più a una dittatura. Per questo dobbiamo gridare un’altra volta: non siamo spettatori, non ci rappresentate.
Il 25S è finito. Adesso viene il meglio. Il primo passo successivo al 25S è oggi [mercoledì scorso, 26 settembre, ndt] alle 19 a Nettuno, per dimostrare che seguimos adelante.
* Traduzione dallo spagnolo di Francesco Salvini. da Uninomade
Hanno provato a riempirci di paura, come mai era successo prima d’ora. Il risultato è che, nelle strade, eravamo in decine di migliaia, pronti a disobbedire allo stato di eccezione imposto dal governo. Ora tutti i media del pianeta stanno parlando di quanto successo a Madrid il 25S. E sappiamo bene che è solo l’inizio.
Il governo Rajoy è debole come mai era stato prima d’ora. E deve affrontare un problema di governamentalità politica su tre fronti, deve affrontare un problema di dimensioni totalmente nuove. In primo luogo, la forte crisi di legittimità presso la cittadinanza, non solo per le decine di migliaia di persone che si sono mobilitate durante il 25S, ma anche nei confronti del proprio elettorato. Il governo non ha in mente nessun piano di azione, a parte quello di continuare nella propria politica di tagli, accompagnati da una dinamica repressiva sempre più intensa, e sempre più inutile. La risposta al di là di ogni previsione alla mobilitazione lanciata ieri, la fuga clandestina degli “onorevoli”, le patetiche dichiarazioni della maggior parte dei deputati sono segni chiari di questo processo.
Vogliamo dirlo senza equivoci: un governo che si sostiene solo grazie al monopolio della violenza è un governo debole, moribondo e condannato.
Il secondo fronte aperto è quello di una grave crisi del modello territoriale dello Stato. Intrappolato tra il prostrarsi alla Troika (UE BCE FMI) – che si traduce nell’imposizione di politiche dettate dalle dinamiche finanziare – e lo smembrarsi del patto tra le élite – che ha permesso di sostenere la distribuzione della ricchezza tra le comunità autonome -, il governo centrale non è altro che uno spaventapasseri. Con grandi difficoltà è riuscito a mantenere una certa convergenza di azione con le varie élite territoriali, come ci dimostra la “minaccia” indipendentista del CIU (Convergenza e Unione, partito della destra catalanista al governo in Catalogna, ndt), capace di mobilitare una buona parte della società catalana nel nome di un progetto sfacciatamente neoliberale e oligarchico. In questo caso, la debolezza non è solo di questo governo. Siamo di fronte a una ristrutturazione generale delle istituzioni, ereditate dal processo della Transizione, che dimostra la necessità di costruire un nuovo modello di democrazia, tanto politica quanto economica.
Infine, il governo si è mostrato assolutamente incapace di imporsi di fronte alla Troika, di difendere gli interessi della propria popolazione e di allearsi con il resto dei paesi europei periferici. Detto in altro modo, il governo non ha smesso di obbedire agli ordini del potere finanziario che ci spinge verso un’intensificazione continua della crisi sociale. In questo quadro, non ci saranno altre via d’uscita se non la recessione e l’impoverimento. E su questo punto dobbiamo stare allerta perché venerdì o sabato sapremo quali sono le contropartite chieste dalla Troika per garantire il nuovo bailout: riduzione degli ammortizzatori sociali per la disoccupazione, aumento dell’età pensionabile, vendita di asset e beni comuni e nuovi tagli ai diritti dei lavoratori nel pubblico impiego.
Oggi, lo spread è tornato a salire rispetto agli ultimi giorni. Molto probabilmente è un avviso da parte della Troika – attraverso la sospensione dell’acquisto di buoni del tesoro – riguardo il fatto che il programma di contropartite imposto dalla finanza deve mantenersi inalterato, al di fuori da qualunque “concessione” alle richieste che provengano dalla cittadinanza.
Quello che abbiamo vissuto nelle strade di Madrid il 25S è stata la prima dimostrazione della potenza dell’organizzazione collettiva. Ci troviamo probabilmente all’inizio di un ciclo di mobilitazioni al quale tuttavia non si sono ancora uniti né i funzionari pubblici, né i pensionati. Dobbiamo riconoscerlo: la mobilitazione del 25S è stata segnata da un chiaro tratto generazionale. La generazione di chi non ha una casa, non ha un reddito, non ha un lavoro, la generazione di chi non ha votato la Costituzione del 1978 e non si sente garantito dai patti che negli anni Ottanta hanno dato corpo a questo modello di Stato.
Eppure, c’è da aspettarsi che le misure che il governo dovrà probabilmente approvare, spingeranno molte altre persone a unirsi all’assedio del Congresso. Il problema è politico e per questo il nostro compito continua a essere quello di riunire la potenza sociale necessaria a fermare il saccheggio del comune a cui stiamo assistendo. Il problema è politico e per questo dobbiamo riuscire a riprodurre quella alleanza che nelle giornate di Luglio aveva unito il 15M, i funzionari pubblici, i pensionati, i lavoratori dell’istruzione, della sanità e una moltitudine di persone che partecipavano senza altro nome che il proprio. Dobbiamo fare in modo che questa stessa alleanza torni a emergere e a mettere in evidenza la crisi dell’ordinamento costituzionale attuale, del bipartitismo imperante e delle istanze rappresentative. Per dire forte e chiaro che la democrazia è un’altra cosa e che questo paese, così come l’Europa, sono ancora da inventare.
La Delegación de Gobierno di Madrid può dire che c’erano seimila persone, parlare di golpismo e paragonarci al colonello Tejero e al suo golpe di Stato fallito nel 1981, però la “loro” realtà e la “nostra” camminano ormai lungo strade separate. L’intelligenza in rete possiede una capacità propria di auto-narrazione e non ha bisogno di meccanismi che la rappresentino. Si tratta di un esempio chiaro della crisi della forma Stato, uno Stato che assomiglia sempre più a una dittatura. Per questo dobbiamo gridare un’altra volta: non siamo spettatori, non ci rappresentate.
Il 25S è finito. Adesso viene il meglio. Il primo passo successivo al 25S è oggi [mercoledì scorso, 26 settembre, ndt] alle 19 a Nettuno, per dimostrare che seguimos adelante.
* Traduzione dallo spagnolo di Francesco Salvini. da Uninomade
11 commenti:
In Italia ci saranno manifestazioni di massa quando i sindacati capiranno che è ora di smetterla di rinviare lo sciopero generale a oltranza e i Movimenti si decideranno a coordinarsi in vista di obiettivi comuni.
Sono cose che richiedono solo impegno e capacità di iniziativa, ma nessuno le vuol fare, perché sono tutti aspettano che si muovano prima gli altri.
Fa parte del nostro DNA, ma nel momento in cui le condizioni economiche peggioreranno di un altro 20 o 30%, si scatenerà la fine del mondo anche da noi.
In Spagna assediano il parlamento, in Grecia lo prendono direttamente a sassate? e da noi?
La solita passeggiata da Termini a San Giovanni, come il prossimo 27 ottobre.
Però non possiamo prendercela solo coi politici. In Spagna l'assedio al parlamento è stato organizzato su internet. La riunione preparatoria è stata fatta in un parco pubblico. Dobbiamo trovare la forza anche noi di auto-organizzarci
Avete pienamente ragione per tutto ciò che sostenete circa lo scellerato progetto europeista, idea nata all'interno di circoli ultra-liberisti e già denunciata dallo stesso Pier Paolo Pasolini negli anni '70 (il quale parlò di piccole "borghesie fasciste" nazionali, che si sarebbero unificate a livello europeo al fine di schiacciare le classi lavoratrici e popolari).
Tuttavia, e mi duole doverlo rimarcare, fra molto poco non potremo più nemmeno sostenere idee dirette ad uno smarcamento dall'UE, dato che stanno per essere approvati dei provvedimenti volti a colpire qualsivoglia manifestazione di euroscetticismo: questo blog, così come molti altri, saranno chiusi, e le persone che ne condividano il pensiero saranno sottoposte a delle sanzioni (forse penali, forse no).
Tra l'altro, proprio oggi Bersani ha dichiarato che servono gli Stati Uniti d'Europa, e, se ci fate caso attentamente, la canea piddina è stata sguinzagliata già da diversi mesi sui forum e sulla Blogosfera, allo scopo di tacciare di "fascismo" o di "xenofobia" qualsiasi opinione euroscettica. Persino io, che ho sempre votato R.C. (e una volta per i Verdi) sono stato apostrofato come "maiale fascista" e minacciato di essere portato nella nuova Piazzale Loreto.
"questo blog, così come molti altri, saranno chiusi, e le persone che ne condividano il pensiero saranno sottoposte a delle sanzioni (forse penali, forse no)."
Mi sembra che tu stia un tantino esagerando.
Spero di stare esagerando, ma sono certo che delle sanzioni verranno approvate: se non da subito, dal giugno 2014 in avanti (data delle elezioni europee e - forse - della nascita degli Stati Uniti d'Europa).
Io ho già ricevuto delle "piccole" intimidazioni, da parte di gente di area Piddina, e non solo. Ad ogni modo, prepariamoci tutti.
Anonimo Demetrio dice:
Il coraggio; manca il coraggio a molti itliani. Falcone e Borsellino erano uomini coraggiosi, ma cosa può il coraggio contro il tradimento di chi pensi debba stare istituzionalmente dalla tua parte? "C'é troppo marcio in Danimarca" diceva il personaggio di una tragedia di Shakespeare. Si potrebbe anche porsi la domanda "E' preferibile morire d'inedia un po' per giorno o scegliere di essere sbudellati subito da una spada?" Il coraggio delle azioni sùbite ed irreversibili in cui si gioca la vita ce l'hanno in pochi. Il benessere ha rammollito l'animo di molti. Ora che il benessere si avvia a diventare privazione, povertà, miseria e disperazione può darsi che il popolo ritrovi il coraggio; Ma prima ancora del coraggio é indispensabile l'unione delle forze perché senza unitarietà la partita é perduta prima di cominciare.
Anonimo Demetri dice:
Certe categorizzazioni pseudo-politiche sono divenute luoghi comuni senza significato ideologico e persino storico. Chi le usa adesso é ben consapevole che si tratta di termini vuoti perché non più attuali. Per esempio: il fascismo di Mussolini aveva come avversari addirittura quelli che oggi stanno strangolando l'Europa e che tendono all'Impero planetario del danaro per l'imposizione del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale e che, stranamente, sono anche gli stessi che hanno liquidato il Comunismo perché ormai aveva fatto il suo lavoro di Golem. La storia é qualcosa di complesso é vero, ma informandosi e studiando si può capire. Chi usa certi epiteti pertanto mente sapendo di mentire.
Credo che il motivo per cui in Italia tutto è così tranquillo consista nel fatto che - in grazia della macelleria sociale di Monti - l'Italia non si trova ancora nelle condizioni della Spagna, e ancora nel fatto che il PD al governo significa la totale acquiescienza della CGIL, cioè dell'unico sindacato che con Berlusconi al potere acora difendeva un quinto dei diritti dei lavoratori.
Tutti i concetti politici sono luoghi comuni.
Anzitutto perché, come insegna C. Schmitt, essi hanno fin dalla nascita un significato polemico: sono armi da gettare nell'agone politico, non analisi volte all'affinamento di un criterio di lucidità sradicata (che la quasi tutalità degli esseri umani non riesce neppure a concepire).
Qui l'analisi del pensatore di Plattenberg si incrocia con quella del giudeo di Treviri, quando sosteneva che la filosofia deve assumersi il compito di cambiare il mondo piuttosto che comprenderlo.
In secondo luogo, perché qualsiasi elaborazione concettuale che voglia formarsi un seguito di massa deve banalizzarsi al punto da risultare comprensibile dall'essere umano medio: trasformarsi in un insieme di luoghi comuni.
Chi sarà in grado di ripeterli nella maniera più martellante, associandoli alle immagini più rozzamente evocative, risulterà vincitore nella battaglia per il controllo dei cuori e delle menti. Così hanno funzionato marxismo e nazionalsocialismo, così funzionano i media odierni.
Da Repubblica:
"L'unico leader di cui gli elettori si fidino veramente è lui. Monti. Il cui consenso personale è di nuovo in crescita, nelle ultime settimane. Come il sostegno al governo. In entrambi i casi, superiori alla metà dell'elettorato (dati Ipsos).
Gli elettori, dunque, vogliono un governo espresso dalla maggioranza che emergerà alle prossime elezioni. Basta che a guidarlo sia Monti.
Il dilemma della democrazia rappresentativa, in Italia, è tutto qui. Se il voto "non serve" a scegliere chi governa, attraverso i rappresentanti eletti, a che "serve" votare? E com'è possibile, in queste condizioni, parlare ancora di democrazia rappresentativa?"
I pennivendoli ripetono gli scioglilingua messi loro in bocca dai rispettivi padroni. Il gregge non sa nemmeno chi è o chi non è Monti. Vota per il partito che lo ha saputo colpire con un'immagine o uno slogan azzeccato e simpatizza con il relativo segretario-anchorman messo lì a coprire i giri d'affari degli apparati.
Siccome tutti i politici e i media di regime tifano Monti, la gente introietta la vaga idea di farselo piacere. Idea che sta cominciando a essere controbilanciata dall'inquietudine crescente per gli sfaceli dell'economia.
Per un'impareggiabile satira della pagliacciata demoplutocratica in fase di decadenza terminale, consiglio a tutti il seguente film:
http://www.amazon.de/Herr-Wichmann-von-Andreas-Dresen/dp/B0002F4RV6/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1349129104&sr=8-1
Posta un commento