[ venerdì 13 dicembre 2019 ]
L'Unione europea, con tutta la sua muta di isterici ideologi europeisti, dopo quelle del referendum pro-brexit del 23 giugno 2016 e del 4 marzo 2018 in Italia, ha subito una seconda ancor più contundente e clamorosa sconfitta.
Lorsignori ora tendono a minimizzarne la portata, ma sanno che da oggi nulla è più come prima: la spinta propulsiva unionista è morta, ed è ufficialmente aperta la fase della disintegrazione dell'Unione europea. E' dubbio che a questo processo di consunzione possa sopravvivere lo stesso nocciolo carolingio franco-tedesco.
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Il coraggioso programma di riforme sociali antiliberiste proposto da Jeremy Corbyn — simile a quello di François Mitterrand ai francesi nel 1981, e che quest'ultimo si rimangiò solo un anno dopo — non ha evitato la enorme disfatta del Labour (mai scesi così in basso dal 1935!) e il trionfo indiscutibile, non tanto del partito conservatore, ma di Boris Johnson.
La ragione che spiega entrambi è una e una sola, si chiama Brexit. Boris Johnson ha stravinto perché se ne è fatto araldo, mentre Corbyn, proponendo un secondo referendum in caso di vittoria, è passato come paladino del remain nonché considerato ostaggio dell'establishment cosmopolitico e antinazionale londinese.
Corbyn, incapace, — come Johnson ha invece saputo fare nel suo campo —, di sbarazzarsi della palla al piede dei potenti notabili euro/globalisti, ha immaginato di poter contrastare la forte spinta patriottica in seno al popolo britannico (inglese anzitutto), e di poter riconquistare il voto proletario, opponendo alla destra liberal-nazionalista il vecchio conio del riformismo sociale radicale, per di più adottando una indecente postura ponziopilatesca sulla brexit. Ha miseramente fallito, anche perché ha mentito affermando che le sue radicali riforme socialistoidi sarebbero state possibili proprio restando nell'Unione europea...sic!
Ed ha miseramente fallito perché così ha compiuto quattro errori politici clamorosi.
Il primo è che mentre egli evocava un secondo referendum, non s'è accorto che proprio queste elezioni erano diventate, de facto, il secondo referendum che tanto invocava. Il secondo è quindi che Corbyn non ha creduto che proprio la questione brexit versus remain fosse, nel rango delle questioni in ballo, quella che la grande maggioranza dei cittadini britannici (di sicuro quelli inglesi) ha (giustamente) considerato la decisiva e dirimente. Il terzo è che, sottovalutata la potenza della spinta patriottica anti-Ue, ha posto il Labour di traverso opponendo, seppure in modo peloso, l'opzione del remain. Il quarto infine: egli ha snobbato un fattore decisivo, la potente spinta democratica e anti-élitaria che alimentava brexit.
Ne vengono alcune decisive lezioni politiche per la sinistra patriottica italiana, tre principalmente: una teorica, una strategica ed una tattica.
Sul piano teorico
La contraddizione tra capitale e lavoro salariato, se la spogliamo del suo aspetto metafisico, è sempre surdeterminata. Ammesso che sia la principale, essa s'impone semmai solo in ultima istanza. Ciò significa che essa non si da mai in maniera pura e lineare, ma risulta sempre correlata ad altre contraddizioni, condizionata e a sua volta determinata dagli altri fattori sociali, politici, culturali e spirituali che animano la sfera sociale. Ciò significa (analisi concreta della situazione concreta) che avviene, e può accadere spesso, una dislocazione delle contraddizioni, uno spostamento per cui quella secondaria può diventare principale e viceversa.
Sul piano strategico
Nel contesto dato ciò significa che la contraddizione principale di questa fase è quella tra le tradizionali forze produttive nazionali e il capitalismo finanziarizzato globale e la sua narrazione cosmopolitica. Di qui le prime che contro il secondo, dopo decenni di sfrenato liberoscambismo e di evaporazione delle entità statuali, esigono protezione e rivendicano la primazia del principio della sovranità nazionale, democratica e popolare. Chiediamoci dunque: rebus sic stantibus, cos'è funzionale e, di converso, disfunzionale alla prospettiva storica della causa rivoluzionaria e socialista? E' funzionale la resilienza delle forze produttive nazionali (e la principale tra esse resta il lavoro salariato, per quanto proteiforme esso sia diventato), mentre è disfunzionale il suo opposto, lo spappolamento progressivo degli stati-nazione e l'affermazione di un ordine ultra-capitalistico mondiale.Sul piano tattico
Se la premessa è vera e l'enunciato strategico è giusto, da ciò deriva per le forze rivoluzionarie, lo andiamo dicendo da un decennio, un radicale riorientamento tattico, un riposizionamento spaziale e politico. Ci siamo oramai lasciati alle spalle il periodo in cui quello della sinistra era il campo naturale dei rivoluzionari e quello della destra quello del nemico principale. Se la polarità oppositiva che conta è quella tra l'ordine statale-nazionale e il disordine del super-capitalismo finanziario transnazionale (o capitalismo casinò) è nel campo della resistenza nazionale che occorre stare, non invece in quello contrario. E occorre starci non in modo attendista, né tantomeno codista rispetto alle forze sociali e politiche nazional-liberiste, bensì agendo come forza socialista indipendente. Il momento buono per lanciare la sfida decisiva per l'egemonia alle destre borghesi e nazional-liberiste arriverà inevitabile. Verrà infatti prima o poi a galla l'esplosiva contraddizione, per ora solo incipiente, racchiusa nel "campo sovranista": quella tra il suo lato democratico e popolare e quello borghese nazional-liberista e populista. Occorrerà esserci e farsi trovare pronti quando questo momento verrà. E per farlo occorre essere ben organizzati e non compiere errori.
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5 commenti:
Articolo molto importante e decisivo.
La linea di rottura non è quindi tra sinistra e destra ma tra sovranità popolare e democratico nazionale e sovranismo securitario e xenofobo? Johnson è comunque della seconda risma.
Speriamo che Paragone, non aderisca alla Lega
E noi? Siamo forse a "di meno" degli Inglesi?? 😂
ITALEXIT!!
Scandalizzando probabilmente qualcuno di sinistra e certamente suscitando le tragicomiche rimostranze di qualche fascista che segue il sito di Sollevazione (che immagino le reitererà; ma anche in questo caso le ignorerò completamente) prima di queste storiche elezioni britanniche avevo paragonato le "rivoluzionarie proposte" del sig. Corbyn (forsennato europeista, assatanatissimo contro la volontà democraticamente espressa ai popoli britannici col referendum di uscire dalla prigione dei popoli chiamata EU) alle tragicomiche "socializzazioni" di Mussolini "politicamente in articulo mortis" (non trovo scandaloso paragonare personaggi così diversi ma che sostanzialmente sono per me entrambi quelli che chiamo "nemici del popolo da trattamento alla Robespierre-Stalin").
Il constatare che i lavoratori britannici non hanno abboccato alle putride esche di Corbyn esattamente così come quelli italiani non avevano abboccato a quelle del "duce" é per me una soddisfazione amarissima.
Anche perché, proprio come allora noi Italiani siamo caduti dalla padella fascista nella brace della sovranità limitatissima (altro che pretesa "dottrina Breznev"!) da parte dell' imperialismo amerikano, oggi i Britannici precipitano in quella delle politiche ultrareazionarie dei Tories.
Da quando é caduto il muricciolo di Berlino (da me mai abbastanza rimpianto) siamo tutti precipitati in un tunnel in fondo al quale ancora non vedo alcuna luce...
Giulio Bonali
Quando si chiede di scegliere tra capitalismo e socialismo vince il primo
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