[ 25 marzo 2019 ]
Secondo questa tesi ad avanzare dubbi sarebbero soltanto complottisti svitati ed incorreggibili, lobbisti del settore petrolifero, od ignoranti perfetti semplicemente ignari dell'imminente catastrofe. Ovviamente chi scrive non è un climatologo, come non è tantissime altre cose. Ma, a parte il fatto che anche la stragrande maggioranza di chi è certo del "cambiamento climatico" non ha spesso competenza alcuna, è forse un male provare a ragionarci su? Se la "Verità" ci viene oggi da una sedicenne svedese, avremo anche noi almeno il diritto di dire ciò che si pensa?
Voglio partire da un piccolo esempio su come vengono date certe notizie. Scrive un nostro lettore — Pugacev — che: «il dibattito sul contributo o meno delle forzanti antropogeniche al cambiamento in atto è tale solo al di fuori della comunità dei ricercatori in materia». Un'affermazione apodittica, basata su un'analisi del consenso scientifico attorno alla tesi dell'AGW, compiuta da un gruppo di ricercatori di università nord-americane, inglesi ed australiane. Un metodo, quello del "consenso", peraltro assai discutibile, dato che la verità scientifica non dovrebbe esser decisa a maggioranza. Ma lasciamo perdere, che qui c'è una questione ancor più grossa.
Secondo Pugacev — ma la sua è l'esatta interpretazione ufficiale dello studio in oggetto — proprio non vi sarebbero dubbi su quel che pensano gli scienziati. Del resto la conclusione dello studio, da lui citata, proprio non lascerebbe scampo:
Leggetevi attentamente lo studio (per i più pigri è sufficiente l'abstract) e capirete il perché quella conclusione è nella sostanza semplicemente falsa. Nella sostanza, perché invece la forma l'hanno ovviamente salvata. Ma proprio qui sta il trucco.
Vediamo di che si tratta. Lo studio ha analizzato il consenso alla teoria dell'AGW nella letteratura scientifica sottoposta a peer review (la cosiddetta "revisione paritaria"). Sono stati esaminati 11.944 abstract relativi ai temi "cambiamento climatico globale" e "riscaldamento globale". Il risultato è che il 66,4% degli abstract non ha espresso alcuna posizione sull'AGW, il 32,6% si è espresso a favore, l'1% contro.
Dunque, solo il 32,6% si è detto esplicitamente convinto della teoria, mentre nulla sappiamo di ciò che pensa la maggioranza assoluta del 66,4% che ha preferito non esprimersi. Ora, qui non può valere il principio del "chi tace acconsente", che è invece la "spiegazione" che gli autori dello studio forniscono al punto 4, nel tentativo di nascondere un certo imbarazzo. Se ricercatori che si sono applicati non al tema del clima in generale, ma a quello più specifico dei "cambiamenti climatici", hanno ritenuto di non esprimersi neanche con una parola sulla teoria dominante qualche ragione ci sarà. Certo, come sostiene lo studio, qualcuno l'avrà fatto perché ritiene la teoria scontata, ma qui stiamo parlando dei due terzi esatti degli articoli scientifici esaminati! Ragionevole pensare, dunque, che molti altri abbiano invece dei forti dubbi sulla teoria dell'AGW, che altri ancora ritengano comunque l'incidenza delle attività umane minima, che in tanti (anche tra chi ha espresso il suo consenso) pesi la paura di finire in qualche "black list" capace di interromperne la carriera.
In ogni caso la conclusione dello studio, dunque anche la notizia, avrebbe dovuto essere che la maggioranza dei ricercatori non ha ritenuto di esprimersi sulla teoria dell'AGW. Ed invece, conclusione e notizia, hanno sintetizzato il tutto con l'azzittente 97 a 3 che ci ricorda anche l'esito di certe elezioni in Bulgaria. Complimenti vivissimi a cotanta obiettività!
Passiamo ora dai numeri alle persone. Chi sono i pericolosi soggetti che s'arrischiano a contestare la "Verità assoluta" dell'AGW, quelli cioè che non se la bevono, quelli che vengono etichettati come "negazionisti" dalla macchina del fango del "politicamente corretto"? Magari molti si aspetteranno di trovarvi i sostenitori delle scie chimiche, o (oggi è più di moda) gli adepti di qualche setta terrapiattista. E, invece, vi troveranno un numero insospettabile di autorevoli scienziati, sia a livello mondiale che nazionale.
Scienziati che non negano i "cambiamenti climatici", ma li ritengono in larghissima misura come il frutto di fattori naturali, non antropici. Scienziati che in ogni caso mettono in guardia dal catastrofismo, che contestano le metodologie dell'IPCC [Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico - Intergovernmental Panel on Climate Change]. Scienziati che denunciano il potere dei soldi, nonché l'influenza degli interessi politici, in ambito scientifico. Scienziati dunque pericolosi.
Naturalmente, chi scrive — pur condividendo tutte le messe in guardia di cui sopra — non sottoscrive ogni affermazione di costoro. Anche perché, pure nel campo dei critici del "riscaldamento globale", esistono, com'è giusto che sia, approcci e posizioni diverse.
Tuttavia una cosa è certa: gli scienziati che si dissociano dalla teoria dominante non sono certo un piccolo drappello. Vi sono premi Nobel, fisici di primissimo livello ed autorevoli climatologi.
Partiamo dal Nobel per la Fisica 1973, il norvegese Ivar Giaever. Pur essendo stato tra i 70 Nobel che nel 2008 avevano pubblicamente appoggiato l'elezione di Obama alla presidenza degli Stati Uniti, egli così diceva nel 2015 all'inquilino della Casa Bianca a proposito delle sue posizioni sul clima: «Scusami mr President, ma hai torto, completamente torto».
Secondo il fisico «il global warming è diventato una nuova religione, non se ne può discutere, è una verità incontrovertibile, è come una Chiesa». E proprio a causa del concetto di "incontrovertibilità", espresso dall'American Physical Society, Giaever si è dimesso nel 2011 da quell'associazione.
Ma torniamo al suo discorso del 2015, tenuto al Lindau Nobel Laureates Meeting. Dopo aver messo in discussione l'adeguatezza dei sistemi di rilevamento delle temperature, così si è rivolto all'allora presidente americano:
Che la Terra si scaldi è vero, egli ci dice. E le emissioni prodotte dalle attività umane hanno dato un contributo, ma le paure diffuse sul "cambiamento climatico" non sono giustificate:
L'autorevolezza scientifica dei promotori e dei firmatari di questi appelli è stata sempre messa violentemente in discussione dai sostenitori del "riscaldamento globale", i quali denunciano la natura lobbistica — a favore delle fonti fossili — di quelle iniziative.
Personalmente mi sento di dire tre cose in merito a tutte queste polemiche. La prima, è che se certo non si può giurare sull'autorevolezza (e sull'"innocenza") di tutti i firmatari, è assai evidente la presenza tra di essi di scienziati di primissimo piano. La seconda, è che se tra di loro vi sono certamente dei lobbisti, la stessa cosa può dirsi anche di esponenti del fronte avverso. La terza — per me assai importante — è che il contenuto di quegli appelli è effettivamente improntato ad una visione produttivista e sviluppista che non fa i conti con la devastazione ambientale che il pianeta sta subendo.
Dunque, per quanto mi riguarda, quegli appelli dicono cose giuste, laddove mettono in guardia dal catastrofismo, ricordandoci i cambiamenti climatici da sempre avvenuti, ma propongono una critica alla teoria del "global warming" che rischia di essere controproducente. Una critica probabilmente giusta sul piano scientifico, ma motivata con un apparato concettuale di tipo "progressista" che rischia di portarci completamente fuori strada.
Questa almeno è la mia opinione. Quel che qui ci interessa dimostrare è però un'altra cosa, e cioè che nel mondo scientifico il consenso alla teoria dell'AGW è tutt'altro che unanime. Un quadro che troverà conferma spostandosi dal livello internazionale a quello italiano.
Venendo all'Italia "scopriremo" essenzialmente tre cose, tutte assai significative. La prima, la più nota, è la netta opposizione alla teoria dell'AGW di due fisici molto conosciuti anche dal grande pubblico (Carlo Rubbia ed Antonino Zichichi). La seconda sta nel giudizio tagliente di uno dei più famosi divulgatori scientifici (Roberto Vacca). La terza, la più importante, risiede nella forte critica alla teoria dominante di due illustri scienziati (Guido Visconti e Franco Prodi), sicuramente due tra i migliori climatologi del nostro Paese. Insomma, in Italia il fronte critico è piuttosto forte, ma tutto ciò può risultare del tutto sorprendente ad un'opinione pubblica quotidianamente bombardata h24 dal partito unico del "global warming".
Su Rubbia e Zichichi la facciamo breve. Ovviamente, anche nel loro caso, non tutto ciò che dicono è condivisibile. Ma stiamo pur sempre parlando di un premio Nobel per la Fisica (1984) e dell'ex presidente della Società Europea di Fisica. Liquidarli perché non sono dei climatologi, o peggio, in virtù della loro non più tenera età (come pure ci è capitato di leggere ed ascoltare), pare davvero troppo. Anche perché il peso dell'esperienza andrebbe sempre considerato.
Di Zichichi va segnalato in ogni caso un concetto. «Si facciano leggi che puniscano severamente l'inquinamento senza confondere i veleni con le problematiche climatologiche, come sono CO2 ed effetto serra», risponde a Nicola Porro che lo intervista nel 2015. Ecco, questo è il concetto chiave che condividiamo: una cosa è l'ambiente (e la necessaria lotta per preservarlo e migliorarlo), altra cosa è il clima, spesso chiamato in causa del tutto a sproposito.
Veniamo adesso a Roberto Vacca. Affrontando con prudenza il tema già nel 2005, così scriveva:
Un condensato delle sue opinioni lo troviamo in un'intervista a La Repubblica del 2011, della quale è utile riportare di seguito alcune decisive affermazioni.
Chiudiamo con un'altra divertente annotazione. Avrete notato come l'intervistatrice abbia chiesto a Visconti, nel 2011, un pronunciamento (che non c'è stato) sulla relazione tra "riscaldamento globale" e aumento delle piogge. La cosa dovrebbe far riflettere, perché in queste settimane la narrazione è opposta, quella secondo cui l'attuale siccità nel nord Italia deriverebbe anch'essa dal "global warming". Sulla questione, Franco Prodi, intervistato da Libero lo scorso 13 marzo, è stato lapidario. La siccità usata come prova del cambiamento climatico? «E' una bestialità».
A questo punto ci possiamo fermare. Tutto si potrà dire, ma non che il dibattito sui "cambiamenti climatici" sia da considerarsi ormai chiuso. La cosa interessante, che emerge da questa breve carrellata, è che gli scienziati che non se la bevono non si limitano a puntute osservazioni di natura scientifica. Ad esse aggiungono in maniera decisa la denuncia degli interessi politici ed economici in gioco. Che forse non dovremmo tener conto di questa critica radicale al mondo della scienza, proveniente proprio da chi in quel mondo è da sempre vissuto?
Sarebbe un atteggiamento da struzzi. Se tanti scienziati vanno dritti al nodo politico, abbiamo ragione, oppure no, a farci delle domande sugli scopi della campagna catastrofista in corso? O dovremmo forse berci anche noi l'attuale narrazione, trangugiando con essa pure il cervello?
2 (continua)
Nel nostro precedente articolo abbiamo cercato di mettere una pulce nell'orecchio su uno dei diversi motivi - certo non l'unico - che possono spiegare l'attuale narrazione catastrofista sul clima: il nucleare. Che non si tratti affatto di un'ipotesi strampalata, ce lo dimostra l'iniziativa intrapresa da Bill Gates, segnalataci da un nostro lettore (Filippo), e prontamente messa in luce da sollevAzione.
L'articolo, come altri precedenti interventi (leggi qui e qui) ha suscitato un certo interesse e diverse critiche. E' giusto e naturale che sia così. Da parte nostra siamo partiti da un'unica certezza: che non ce la stanno raccontando giusta.
In questo secondo articolo avrei voluto iniziare ad entrare nel merito, spiegando le ragioni per cui penso che in materia di "cambiamento climatico" le bufale interessate siano di gran lunga superiori ai pur legittimi motivi di preoccupazione. Lo farò invece nel prossimo intervento, perché prima bisogna fare chiarezza su un luogo comune che va spazzato via: quello — presente in molti commenti, e comunque diffusissimo nei media e nell'opinione pubblica — secondo cui nella comunità scientifica non vi sarebbero incertezze sulla teoria del "Riscaldamento Globale Antropogenico" (AGW l'acronimo in inglese).
In ogni caso — e questo è l'oggetto dell'articolo — non è affatto vero che sul "riscaldamento globale" il mondo della scienza sia unanime. E' vero, invece, che gli scienziati che dissentono dalla narrazione ufficiale hanno subito un po' tutti un graduale processo di marginalizzazione. Insomma, il "pensiero unico" non scherza. Ed il potere economico e politico che lo sostiene ancor meno. Ma tutto ciò è naturale, basterebbe solo non negarne l'evidenza.
Un piccolo esempio
Voglio partire da un piccolo esempio su come vengono date certe notizie. Scrive un nostro lettore — Pugacev — che: «il dibattito sul contributo o meno delle forzanti antropogeniche al cambiamento in atto è tale solo al di fuori della comunità dei ricercatori in materia». Un'affermazione apodittica, basata su un'analisi del consenso scientifico attorno alla tesi dell'AGW, compiuta da un gruppo di ricercatori di università nord-americane, inglesi ed australiane. Un metodo, quello del "consenso", peraltro assai discutibile, dato che la verità scientifica non dovrebbe esser decisa a maggioranza. Ma lasciamo perdere, che qui c'è una questione ancor più grossa.
Secondo Pugacev — ma la sua è l'esatta interpretazione ufficiale dello studio in oggetto — proprio non vi sarebbero dubbi su quel che pensano gli scienziati. Del resto la conclusione dello studio, da lui citata, proprio non lascerebbe scampo:
«Il numero di articoli che negano l'RGA (acronimo in italiano dell'AGW, ndr) è una proporzione minuscola della ricerca pubblicata, la cui percentuale decresce leggermente nel tempo. Tra gli articoli che esprimono una posizione sull'RGA, una percentuale schiacciante (97,2%, basata sull'autovalutazione, il 97,1% basata sull'analisi degli abstract) supporta la posizione condivisa sull'RGA».Insomma 97 a 3, ma di cosa volete discutere? Così vorrebbe farci intendere tutto il circo mediatico, ricordandoci questo punteggio da partita di rugby tra Nuova Zelanda e San Marino. Ma stanno così le cose? Assolutamente no. Ed a dirlo non siamo noi, ma lo stesso studio arrivato a quelle conclusioni. Il che è vagamente surreale, ma forse anche istruttivo di come procede talvolta la scienza.
Leggetevi attentamente lo studio (per i più pigri è sufficiente l'abstract) e capirete il perché quella conclusione è nella sostanza semplicemente falsa. Nella sostanza, perché invece la forma l'hanno ovviamente salvata. Ma proprio qui sta il trucco.
Vediamo di che si tratta. Lo studio ha analizzato il consenso alla teoria dell'AGW nella letteratura scientifica sottoposta a peer review (la cosiddetta "revisione paritaria"). Sono stati esaminati 11.944 abstract relativi ai temi "cambiamento climatico globale" e "riscaldamento globale". Il risultato è che il 66,4% degli abstract non ha espresso alcuna posizione sull'AGW, il 32,6% si è espresso a favore, l'1% contro.
Dunque, solo il 32,6% si è detto esplicitamente convinto della teoria, mentre nulla sappiamo di ciò che pensa la maggioranza assoluta del 66,4% che ha preferito non esprimersi. Ora, qui non può valere il principio del "chi tace acconsente", che è invece la "spiegazione" che gli autori dello studio forniscono al punto 4, nel tentativo di nascondere un certo imbarazzo. Se ricercatori che si sono applicati non al tema del clima in generale, ma a quello più specifico dei "cambiamenti climatici", hanno ritenuto di non esprimersi neanche con una parola sulla teoria dominante qualche ragione ci sarà. Certo, come sostiene lo studio, qualcuno l'avrà fatto perché ritiene la teoria scontata, ma qui stiamo parlando dei due terzi esatti degli articoli scientifici esaminati! Ragionevole pensare, dunque, che molti altri abbiano invece dei forti dubbi sulla teoria dell'AGW, che altri ancora ritengano comunque l'incidenza delle attività umane minima, che in tanti (anche tra chi ha espresso il suo consenso) pesi la paura di finire in qualche "black list" capace di interromperne la carriera.
In ogni caso la conclusione dello studio, dunque anche la notizia, avrebbe dovuto essere che la maggioranza dei ricercatori non ha ritenuto di esprimersi sulla teoria dell'AGW. Ed invece, conclusione e notizia, hanno sintetizzato il tutto con l'azzittente 97 a 3 che ci ricorda anche l'esito di certe elezioni in Bulgaria. Complimenti vivissimi a cotanta obiettività!
Chi critica la teoria dell'AGW?
Passiamo ora dai numeri alle persone. Chi sono i pericolosi soggetti che s'arrischiano a contestare la "Verità assoluta" dell'AGW, quelli cioè che non se la bevono, quelli che vengono etichettati come "negazionisti" dalla macchina del fango del "politicamente corretto"? Magari molti si aspetteranno di trovarvi i sostenitori delle scie chimiche, o (oggi è più di moda) gli adepti di qualche setta terrapiattista. E, invece, vi troveranno un numero insospettabile di autorevoli scienziati, sia a livello mondiale che nazionale.
Scienziati che non negano i "cambiamenti climatici", ma li ritengono in larghissima misura come il frutto di fattori naturali, non antropici. Scienziati che in ogni caso mettono in guardia dal catastrofismo, che contestano le metodologie dell'IPCC [Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico - Intergovernmental Panel on Climate Change]. Scienziati che denunciano il potere dei soldi, nonché l'influenza degli interessi politici, in ambito scientifico. Scienziati dunque pericolosi.
Naturalmente, chi scrive — pur condividendo tutte le messe in guardia di cui sopra — non sottoscrive ogni affermazione di costoro. Anche perché, pure nel campo dei critici del "riscaldamento globale", esistono, com'è giusto che sia, approcci e posizioni diverse.
Tuttavia una cosa è certa: gli scienziati che si dissociano dalla teoria dominante non sono certo un piccolo drappello. Vi sono premi Nobel, fisici di primissimo livello ed autorevoli climatologi.
Una breve rassegna a livello internazionale
Partiamo dal Nobel per la Fisica 1973, il norvegese Ivar Giaever. Pur essendo stato tra i 70 Nobel che nel 2008 avevano pubblicamente appoggiato l'elezione di Obama alla presidenza degli Stati Uniti, egli così diceva nel 2015 all'inquilino della Casa Bianca a proposito delle sue posizioni sul clima: «Scusami mr President, ma hai torto, completamente torto».
Secondo il fisico «il global warming è diventato una nuova religione, non se ne può discutere, è una verità incontrovertibile, è come una Chiesa». E proprio a causa del concetto di "incontrovertibilità", espresso dall'American Physical Society, Giaever si è dimesso nel 2011 da quell'associazione.
Ma torniamo al suo discorso del 2015, tenuto al Lindau Nobel Laureates Meeting. Dopo aver messo in discussione l'adeguatezza dei sistemi di rilevamento delle temperature, così si è rivolto all'allora presidente americano:
«Obama ha recentemente dichiarato che nessuna sfida pone un pericolo maggiore per le generazioni future del riscaldamento globale. Questa è un’affermazione ridicola. Gli Stati Uniti probabilmente uccidono quotidianamente centinaia di persone, hanno probabilmente ucciso mezzo milione di persone nelle guerre degli ultimi dieci anni ed il problema maggiore che affronta Obama sono i cambiamenti climatici? Come può affermare una cosa del genere? Voglio dire questo ad Obama: mi scusi signor Presidente ma lei si sbaglia! Si sbaglia terribilmente!».Prima di Giaever, un altro importante fisico - Harold Lewis — si era dimesso dall'American Physical Society. Degni di nota i motivi del suo attacco all'associazione. Segnalando l'insabbiamento dello scandalo del "climategate" (ne riparleremo), Lewis denuncia i condizionamenti economici alla ricerca scientifica:
«Come sono cambiate le cose, ora. I giganti non calcano più la terra, e i flussi di denaro sono diventati la raison d’être di molta della ricerca fisica, il sostentamento vitale di una sua porzione ancor maggiore, e forniscono il sostentamento ad un indicibile numero di occupazioni professionali. Per ragioni che diverranno presto chiare, quel mio orgoglio di essere stato per tutti questi anni un Membro dell’APS è stato trasformato in vergogna, e sono costretto, senza alcun piacere in questo, a rassegnare le mie dimissioni dalla Società. Naturalmente è stata la frode del riscaldamento globale, con le (letterali) migliaia di miliardi di dollari che la alimentano, che ha corrotto così tanti scienziati e ha governato l’APS come un’onda anomala. Si tratta della più grande e riuscita frode pseudoscientifica che abbia mai visto nella mia lunga carriera di fisico. Chiunque abbia il minimo dubbio su questo, dovrebbe costringersi a leggere i documenti del ClimateGate, che parlano chiaro… Non credo che un vero fisico, un vero scienziato, possa leggere quella roba senza un senso di repulsione. Di quella repulsione farei quasi la definizione della parola ‘scienziato'».Richard Lindzen è uno dei più autorevoli climatologi al mondo. Dopo aver partecipato ai lavori dell'IPCC (è l'autore del capitolo 7 del Terzo rapporto - 2001), è diventato un critico severo della teoria del "global warming". «Se la Terra scotta non è colpa nostra», è il titolo di una sua intervista rilasciata a Tuttoscienze, l'inserto scientifico de La Stampa, il 26 settembre 2007. Rispondendo a Gabriele Beccaria, Lindzen polemizza col pensiero unico che si è imposto — «molti scienziati che la pensano come me tacciono perché hanno paura di perdere fondi e credibilità» —, denuncia che i modelli utilizzati sono sbagliati, afferma che i rapporti dell'IPCC nessuno li ha mai letti per intero.
Che la Terra si scaldi è vero, egli ci dice. E le emissioni prodotte dalle attività umane hanno dato un contributo, ma le paure diffuse sul "cambiamento climatico" non sono giustificate:
«Ciò che in tanti, e anche molti scienziati, non capiscono è che l'unica certezza che abbiamo sul clima è che sta cambiando. La Terra, però, si è sempre scaldata e raffreddata di qualche decimo di grado ogni anno. E, se si studia la storia del Pianeta, si nota che non c'è mai stata una temperatura "perfetta". Gli allarmi si basano su un falso assunto... Che viviamo in un mondo perfettamente stabile. Così si elaborano previsioni sul 2040 o sul 2100, costruendole su lunghissime catene di eventi, che diventano sempre più imprevedibili via via che i tempi si allungano. E alla fine l'attendibilità è pari a zero».Naturalmente, i nomi citati sono solo alcuni dei più importanti. In realtà, il numero degli scienziati critici, pur rimanendo una minoranza rispetto ai sostenitori del "riscaldamento globale", è piuttosto elevato. Un'opposizione che ha dato vita a diversi appelli. Tra questi ricordiamo l'Heidelberg Appeal (1992), firmato da oltre 4mila scienziati, tra i quali 72 premi Nobel, seguito nel 1995 dalla Dichiarazione di Lipsia. Ma l'appello più noto è quello conosciuto col nome di Oregon Petition, sottoscritto da oltre 31mila scienziati.
L'autorevolezza scientifica dei promotori e dei firmatari di questi appelli è stata sempre messa violentemente in discussione dai sostenitori del "riscaldamento globale", i quali denunciano la natura lobbistica — a favore delle fonti fossili — di quelle iniziative.
Personalmente mi sento di dire tre cose in merito a tutte queste polemiche. La prima, è che se certo non si può giurare sull'autorevolezza (e sull'"innocenza") di tutti i firmatari, è assai evidente la presenza tra di essi di scienziati di primissimo piano. La seconda, è che se tra di loro vi sono certamente dei lobbisti, la stessa cosa può dirsi anche di esponenti del fronte avverso. La terza — per me assai importante — è che il contenuto di quegli appelli è effettivamente improntato ad una visione produttivista e sviluppista che non fa i conti con la devastazione ambientale che il pianeta sta subendo.
Dunque, per quanto mi riguarda, quegli appelli dicono cose giuste, laddove mettono in guardia dal catastrofismo, ricordandoci i cambiamenti climatici da sempre avvenuti, ma propongono una critica alla teoria del "global warming" che rischia di essere controproducente. Una critica probabilmente giusta sul piano scientifico, ma motivata con un apparato concettuale di tipo "progressista" che rischia di portarci completamente fuori strada.
Questa almeno è la mia opinione. Quel che qui ci interessa dimostrare è però un'altra cosa, e cioè che nel mondo scientifico il consenso alla teoria dell'AGW è tutt'altro che unanime. Un quadro che troverà conferma spostandosi dal livello internazionale a quello italiano.
La "sorpresa" italiana
Venendo all'Italia "scopriremo" essenzialmente tre cose, tutte assai significative. La prima, la più nota, è la netta opposizione alla teoria dell'AGW di due fisici molto conosciuti anche dal grande pubblico (Carlo Rubbia ed Antonino Zichichi). La seconda sta nel giudizio tagliente di uno dei più famosi divulgatori scientifici (Roberto Vacca). La terza, la più importante, risiede nella forte critica alla teoria dominante di due illustri scienziati (Guido Visconti e Franco Prodi), sicuramente due tra i migliori climatologi del nostro Paese. Insomma, in Italia il fronte critico è piuttosto forte, ma tutto ciò può risultare del tutto sorprendente ad un'opinione pubblica quotidianamente bombardata h24 dal partito unico del "global warming".
Su Rubbia e Zichichi la facciamo breve. Ovviamente, anche nel loro caso, non tutto ciò che dicono è condivisibile. Ma stiamo pur sempre parlando di un premio Nobel per la Fisica (1984) e dell'ex presidente della Società Europea di Fisica. Liquidarli perché non sono dei climatologi, o peggio, in virtù della loro non più tenera età (come pure ci è capitato di leggere ed ascoltare), pare davvero troppo. Anche perché il peso dell'esperienza andrebbe sempre considerato.
Di Zichichi va segnalato in ogni caso un concetto. «Si facciano leggi che puniscano severamente l'inquinamento senza confondere i veleni con le problematiche climatologiche, come sono CO2 ed effetto serra», risponde a Nicola Porro che lo intervista nel 2015. Ecco, questo è il concetto chiave che condividiamo: una cosa è l'ambiente (e la necessaria lotta per preservarlo e migliorarlo), altra cosa è il clima, spesso chiamato in causa del tutto a sproposito.
Veniamo adesso a Roberto Vacca. Affrontando con prudenza il tema già nel 2005, così scriveva:
«E' strano che queste teorie siano state accettate così largamente, dato che solo il 15% dell'effetto serra dipende dal CO2 (predomina nettamente l'effetto del vapore acqueo e anche il metano ha un effetto sensibile). L'argomento è critico: esiste davvero un rischio grave? I pareri sono divisi».Questa prudenza viene decisamente abbandonata nel 2013, quando affermerà che:
«Quando parliamo del clima tutte le storie che raccontano sul riscaldamento climatico causato dall'azione degli uomini sono profondamente sbagliate. Non c'hanno capito niente».Ora qualcuno obietterà che Vacca è "solo" un divulgatore scientifico, sicuramente bravo e simpatico ma nulla più. Ci permettiamo di dissentire profondamente, dato che il suo approccio scientifico — nel tentativo «di capire chi abbia ragione tra tanti esperti in disaccordo», egli dice» — ci pare decisamente serio.
Dopo Rubbia, Zichichi e Vacca, arriviamo adesso ai climatologi. Guido Visconti, intervistato nel 2011 sulle cause delle alluvioni di quell'anno, così si esprimeva su Rai Televideo:
«Quella dei “cambiamenti climatici” è ormai una questione politica, perché evidenze scientifiche non esistono. Per stabilire se sta cambiando o meno il clima in una certa regione dobbiamo fare delle medie su 50 anni. L’unico dato certo, solido, è che la temperatura è aumentata di frazioni di grado in 50 anni. Il resto sono tutte illazioni: chi la gira in un modo, chi in un altro, ma di fatto non esiste nessuna prova scientifica che ci siano variazioni nel regime delle piogge o delle nevi».
Alla giornalista che insiste, chiedendo se è dunque il surriscaldamento del pianeta la causa dell'abbondanza di quelle piogge, Visconti così risponde:
«Questo non si può dire. Anche se la temperatura è cambiata in 50 anni di tre decimi, quattro decimi di grado, non significa che poi questo si ripercuota sul regime delle piogge e su tutto il resto. Questo è opinabile. Oggi, ripeto, i dati certi sono: a) la variazione di temperatura; b) la riferibilità delle modificazioni termiche agli ultimi 50 anni. Il resto ribadisco sono illazioni. Tenga conto che quello che muove gli scienziati è l’ambizione personale e sono i soldi. Aggiunga questo aspetto ed ha un quadro perfetto della situazione».
Parole chiare e pesanti quelle di Guido Visconti, pronunciate da uno scienziato sulla cui autorevolezza ci pare assai difficile discutere. Le stesse caratteristiche di un altro climatologo, Franco Prodi.
Prodi, allora direttore dell'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del CNR ebbe una discreta notorietà nel 2007, quando criticò duramente l'allora ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio per aver organizzato in maniera cialtronesca una conferenza sui "cambiamenti climatici". «La Conferenza sui cambiamenti climatici? Non ha avuto nulla di scientifico. Non hanno invitato nessuno scienziato e hanno sbagliato a leggere i dati», disse allora Prodi. E la cosa fece scalpore, perché si trattava in fondo del fratello di quel Romano Prodi che, essendo a quel tempo presidente del consiglio, di Pecoraro Scanio era pur sempre il diretto superiore...
Dopo questo gustoso aneddoto andiamo adesso al succo di quel che pensa Prodi (Franco). Di lui scrive Il Foglio che:
«Non è facile trovare chi lo critichi apertamente, la sua posizione non allineata al vangelo del global warming mette in difficoltà chi ne stima le capacità lavorative. I suoi detrattori al limite lo liquidano con un “è bravo, ma minoritario”».
La denuncia di Franco Prodi
Un condensato delle sue opinioni lo troviamo in un'intervista a La Repubblica del 2011, della quale è utile riportare di seguito alcune decisive affermazioni.
«Mi vuole chiedere se esistono ancora le mezze stagioni? Spero di non deluderla affermando che in questi cinquant’anni il clima in Italia è cambiato davvero poco. Chi studia queste cose rileva un leggero aumento della pioggia che proviene dalle nubi temporalesche, i cosiddetti rovesci, mentre complessivamente è diminuita l’intensità della precipitazione». «Si tratta di leggere variazioni che la memoria individuale è portata a ingigantire». E ancora: «Fatico a condividere i toni apocalittici». «Troppo spesso si dà per scontata l'entità dei cambiamenti climatici e si fa credere che si debba ragionare solo sulla mitigazione o sull'adattamento».Interessante poi il passaggio alla politica:
«Mi limito a rilevare che dalla fine degli anni Settanta, sotto l’egida delle Nazioni Unite, sono nati organismi che hanno finito per svolgere un ruolo che non è di loro competenza. Da questi organismi si ha notizia di che cosa succederà nell’ambito del clima. Ma in realtà sono organismi politici, non scientifici. Le nomine sono di carattere politico. La scienza procede secondo altre strade: non a maggioranza».Di più:
«Il livello di conoscenza è basso per molti aspetti. Sappiamo molto sull’anidride carbonica e sui suoi effetti di riscaldamento: si sa che è un gas serra e che è in forte e misurabile aumento. Ma sappiamo meno sul ruolo dell’aerosol, della deforestazione, dell’interfaccia clima-oceano, del calore che ci viene dall’interno della Terra. Non siamo in condizione di prevedere il cambiamento climatico futuro. È la politica internazionale o non so quali altri interessi nascosti che accreditano una conoscenza già acquisita. Ma questo fa molto male alla scienza».Che dire? Noi saremo anche diventati dei "complottisti", ma — visto quel che dice Franco Prodi — evidentemente il cosiddetto "complottismo" ha un posto a tavola anche nella più numerosa famiglia del centrosinistra italiano!
Chiudiamo con un'altra divertente annotazione. Avrete notato come l'intervistatrice abbia chiesto a Visconti, nel 2011, un pronunciamento (che non c'è stato) sulla relazione tra "riscaldamento globale" e aumento delle piogge. La cosa dovrebbe far riflettere, perché in queste settimane la narrazione è opposta, quella secondo cui l'attuale siccità nel nord Italia deriverebbe anch'essa dal "global warming". Sulla questione, Franco Prodi, intervistato da Libero lo scorso 13 marzo, è stato lapidario. La siccità usata come prova del cambiamento climatico? «E' una bestialità».
Conclusioni
A questo punto ci possiamo fermare. Tutto si potrà dire, ma non che il dibattito sui "cambiamenti climatici" sia da considerarsi ormai chiuso. La cosa interessante, che emerge da questa breve carrellata, è che gli scienziati che non se la bevono non si limitano a puntute osservazioni di natura scientifica. Ad esse aggiungono in maniera decisa la denuncia degli interessi politici ed economici in gioco. Che forse non dovremmo tener conto di questa critica radicale al mondo della scienza, proveniente proprio da chi in quel mondo è da sempre vissuto?
Sarebbe un atteggiamento da struzzi. Se tanti scienziati vanno dritti al nodo politico, abbiamo ragione, oppure no, a farci delle domande sugli scopi della campagna catastrofista in corso? O dovremmo forse berci anche noi l'attuale narrazione, trangugiando con essa pure il cervello?
2 (continua)
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14 commenti:
A proposito di aneddoti divertenti: sul finire degli anni Ottanta, uno "scienziato" (credo fosse giapponese), tirò fuori la storia che il buco dell'ozono era causato dalle bombolette spray. Questa minchiata ebbe una notevole diffusione, tanto che il sindaco di un paesino della Toscana emise un'ordinanza con la quale vietò, su tutto il territorio comunale, l'uso appunto di queste bombolette.
Io sono tra quelli convinti che, se le temperature medie sono in progressivo aumento, ciò sia dovuto sostanzialmente al naturale ciclo del clima. Se, nella storia del clima, esistono i grandi cambiamenti (glaciazioni e periodi interglaciali), anche nei periodi interglaciali come quello che stiamo vivendo il clima non è naturalmente costante, ma nel corso dei secoli le temperature medie si alzano e si abbassano (ho fatto l'esempio in un commento di qualche tempo fa del Periodo Caldo Medievale, seguito dalla Piccola Era Glaciale, seguito da un nuovo progressivo riscaldamento a partire dalla metà del 1800 circa, che stiamo vivendo ancora oggi). In pratica chi oggi sostiene la causa antropica del riscaldamento globale, immagina l'andamento del clima come una linea retta (che noi umani avremmo stoltamente modificato) invece che una linea sinusoidale, come effettivamente è. In questo dibattito sono del resto escluse importanti categorie, come ad esempio gli storici, che potrebbero testimoniare come i cambiamenti climatici già nei secoli e nei millenni passati abbiano influito anche nelle vicende umane, nello sviluppo delle civiltà, nelle esplorazioni etc. Per tornare alla politica attuale, sorprende come questa storia del clima fagociti improvvisamente tutto ciò che riguarda l'inquinamento: l'emergenza diventa quasi esclusivamente l'effetto serra, temi come il danno incalcolabile alla salute degli uomini e degli esseri viventi, lo smaltimento dei rifiuti etc passano in secondo piano
Apprezzo molto lo sforzo della redazione, e in particolare di Leonardo Mazzei nel voler entrare nel merito della questione, per superare le prese di posizione sbrigative e tranchant del primo intervento sulla questione del global warming e dell'eventuale contributo antropogenico a tale cambiamento.
Ci sarebbero molte cose da dire, e il tempo mi manca per prenderle tutte in considerazione. Tuttavia, dato che sono stati citati i miei interventi ed è stata ribaltata su di me l'accusa di portare affermazioni "apodittiche", rileggendo l'ampia rassegna dei papers che avevo linkato, dando così a tutti la possibilità di esaminarla autonomamente, vorrei aggiungere due righe di commento in merito.
Mazzei afferma: "Leggetevi attentamente lo studio (per i più pigri è sufficiente l'abstract) e capirete il perché quella conclusione è nella sostanza semplicemente falsa. Nella sostanza, perché invece la forma l'hanno ovviamente salvata. Ma proprio qui sta il trucco" ... "solo il 32,6% si è detto esplicitamente convinto della teoria, mentre nulla sappiamo di ciò che pensa la maggioranza assoluta del 66,4% che ha preferito non esprimersi".
Ora, se si vuole criticare attentamente la rassegna ed i suoi limiti, bisogna davvero leggerla tutta: la rassegna è basata sugli abstract degli studi esaminati e sulle autovalutazioni di quegli autori che hanno risposto alla richiesta fatta dai redattori della rassegna. Il fatto che il 66,4% degli studi non esprime posizione sull'AWG significa semplicemente che nell'abstract del loro studio non riporta una discussione del contributo antropogenico, non che gli autori, o il loro studio, siano agnostici in merito. Infatti, se consideriamo le autovalutazioni degli autori che hanno risposto all'indagine, vediamo che le percentuali si ribaltano, con il 62% che supporta la natura antropogenica del global warming, e il 32% che non ha posizione in merito.
Ciò non deve stupire, dato che "le ricerche generalmente si concentrano su domande aperte, su cui vi è dibattito nella comunità scientifica, piuttosto che su questioni su cui tutti concordano" (Oreskes, 2007).
Per cui non me ne voglia Mazzei, ma se si vuole andare nel merito, bisogna andarci fino in fondo. L'unica certezza che si può dare sugli agnostici in base alla rassegna in esame, è che sono il 32% del campione che ha risposto alla richiesta di autovalutazione, e non il 66% del totale. Una percentuale minoritaria, ma comunque consistente. Resta il fatto che gli scienziati che NEGANO la natura antropica del cambiamento climatico sulla base di STUDI EMPIRICI PUBBLICATI SU RIVISTE DI SETTORE, e non di opinioni - per quanto autorevoli -, sono una striminzita riserva indiana.
E, per favore, la si pianti di accumunare le critiche di compagni in buona fede come me alla "macchina del fango del politicamente corretto". Il mio obiettivo è dare un contributo allo sviluppo un'analisi obiettiva della questione tra i patrioti costituzionali e al raggiungimento di un corretto ed efficace posizionamento politico in merito. Continuare ad agitare la coda di paglia davvero non serve.
Con stima
(correggo alcuni refusi del precendente commento, che potete cancellare assieme a questa precisazione)
Apprezzo molto lo sforzo della redazione, e in particolare di Leonardo Mazzei nel voler entrare nel merito della questione, per superare le prese di posizione sbrigative e tranchant del primo intervento sulla questione del global warming e dell'eventuale contributo antropogenico a tale cambiamento.
Ci sarebbero molte cose da dire, e il tempo mi manca per prenderle tutte in considerazione. Tuttavia, dato che sono stati citati i miei interventi ed è stata ribaltata su di me l'accusa di portare affermazioni "apodittiche", vorrei aggiungere due righe di commento in merito.
Esaminando l'ampia rassegna dei papers che avevo linkato (dando così a tutti la possibilità di farsi un’idea autonoma), Mazzei afferma: "Leggetevi attentamente lo studio (per i più pigri è sufficiente l'abstract) e capirete il perché quella conclusione è nella sostanza semplicemente falsa. Nella sostanza, perché invece la forma l'hanno ovviamente salvata. Ma proprio qui sta il trucco" ... "solo il 32,6% si è detto esplicitamente convinto della teoria, mentre nulla sappiamo di ciò che pensa la maggioranza assoluta del 66,4% che ha preferito non esprimersi".
Ora, se si vuole criticare attentamente la rassegna ed i suoi limiti, bisogna davvero leggerla tutta: la rassegna è basata sugli abstract degli studi esaminati e sulle autovalutazioni di quegli autori che hanno risposto alla richiesta in merito fatta dai redattori della rassegna. Il fatto che il 66,4% degli studi non esprime posizione sull'AWG significa semplicemente che l'abstract del loro studio non riporta una discussione del contributo antropogenico, non che gli autori - o che il loro studio -, siano agnostici in merito. Infatti, se consideriamo le autovalutazioni degli autori che hanno risposto all'indagine, vediamo che le percentuali si ribaltano, con il 62% che supporta la natura antropogenica del global warming, e il 32% che non ha posizione.
Ciò non deve stupire, dato che "le ricerche generalmente si concentrano su domande aperte, su cui vi è dibattito nella comunità scientifica, piuttosto che su questioni su cui tutti concordano" (Oreskes, 2007).
Per cui non me ne voglia Mazzei, ma se si vuole andare nel merito, bisogna andarci fino in fondo. L'unica certezza che si può dare sugli agnostici in base alla rassegna in esame, è che sono il 32% del campione che ha risposto alla richiesta di autovalutazione, e non il 66% del totale. Una percentuale minoritaria, ma comunque consistente. Resta il fatto che gli scienziati che NEGANO la natura antropica del cambiamento climatico sulla base di STUDI EMPIRICI PUBBLICATI SU RIVISTE DI SETTORE, e non di opinioni - per quanto autorevoli -, sono una striminzita riserva indiana.
E, per favore, la si pianti di accumunare le critiche di compagni in buona fede come me alla “macchina del fango del politicamente corretto". Il mio obiettivo è dare un contributo allo sviluppo un'analisi obiettiva della questione tra i patrioti costituzionali e al raggiungimento di un corretto ed efficace posizionamento politico in merito. Continuare ad agitare la coda di paglia davvero non serve.
Con stima.
Tre cose a Pugacev:
1. Da parte mia nessuna volontà polemica. Anzi, al di là dell'evidente dissenso, avevo apprezzato che tu fossi entrato nel merito. Il problema è come vengono presentati i dati dello studio che hai citato (su questo tornerò al punto 3). Ma la responsabilità di tutto ciò è essenzialmente degli autori di quello studio, non di chi l'ha citato.
2. Nell'articolo non ti ho affatto accomunato alla macchina del fango del "politicamente corretto". Io ho solo scritto che l'etichetta di "negazionista" è tipica di quella macchina del fango. E su questo non ho proprio alcun dubbio.
3. Purtroppo non sono d'accordo sulla tua puntualizzazione sulle "autovalutazioni". Avevo letto i dati che citi in questo ultimo commento, ma non ne ho fatto menzione perché a mio giudizio assai meno significativi di quelli basati sull'analisi degli abstract. Questo per un motivo molto semplice: gli abstract esaminati sono 11.944, le autovalutazioni riguardano invece solo 2.142 articoli (pari al 17,9%). Su 8.547 autori interpellati hanno risposto in 1.200 (14%). Per quale motivo il 17,9% degli articoli, ed il 14% degli autori dovrebbero essere più rappresentativi dell'esame del 100% degli uni e degli altri?
Resta dunque valido quanto ho scritto nell'articolo, e cioè che: "la conclusione dello studio, dunque anche la notizia, avrebbe dovuto essere che la maggioranza dei ricercatori non ha ritenuto di esprimersi sulla teoria dell'AGW".
Con stima anche da parte mia
Purtroppo l'articolo è con tutta evidenza carente di una conoscenza specifica degli ambienti scientifici e delle loro modalità nonché di cognizioni in materia climatica il che ovviamente permette di "acquistare" qualsiasi cosa sul mercatino delle chincaglierie. A questo punto va innanzitutto chiarita una cosa: il riscaldamento climatico non è un'opinione, ma un fatto. Detto questo va rilevato che la scienza non funziona come un parlamento dove è possibile fare un semplice calcolo dei voti a favore o sfavore e per molti motivi, soprattutto perché alcune di o molte delle ricerche di un determinato settore possono essere collegate fra loro e inoltre non si possono mettere sullo stesso piano ricerche molto serie e altre fatte perché qualche mafia accademico - editoriale anglosassone deve far andare avanti i proprio pupilli: quindi la conta dei pro e dei contro non ha il valore che si immagina e quando si fanno queste statistiche il primo lavoro è quello di prendere in considerazione i lavori sensati ed escludere quelli di routine accademica. Questo potrebbe apparentemente sembrare un'osservazione a favore della tesi di fondo espressa nell'articolo ma invece è proprio il contrario perché in questo contesto dove ricerca ed editoria sono strettamente collegate e sono a loro volta determinate dai fondi e dagli investimenti come pressione "esterna" il fatto che ci siano pochi ricercatori a negare il fattore antropico in presenza di giganteschi interessi nella tesi contraria, mostra che quanto meno gli elementi per negare l'influsso umano sul cambiamento climatico sono davvero scarsi pur nell'ambito di un dibattito che non ha prodotto certezze o dogmi. Certamente non si può pensare, come fa qualche ingenuo barsportista, che siccome il clima è sempre variato, allora l'uomo non c'entra nulla: le variazioni ci sono ovviamente e anche drammatiche, ma non sono mai così rapide e così generalizzate come quelle che si osservano oggi.
in metereologia si chiama "rapidizzazione". Del resto basta affacciarsi oggi dalla finestra e capirne la portata. La strage di milioni di pini nel Bellunese vi ricorda qualcosa? Il cambiamento climatico non è solo il riscaldamento, è l'estinzione dell'anticiclone delle Azzorre, sono i cicloni e gli uragani in Italia, sono le alluvioni sempre piu' frequenti. E far credere che tutto questo sia effetto di leggi naturali, come pensa Leonardo, significa ricadere nella reificazione e nel feticismo di chi vede leggi naturali dove sono in atto leggi sociali, distorte ed antinaturali leggi sociali del capitalismo.
Mauro P.
A proposito del Global Warming cito Seneca:
"l'ascesa è lenta la rovina è rapida".
L'umanita' vegeta sempre nella zona grigia (Primo Levi docet) della passivita' e dell'indecisione, dell'ignorare il pericolo e del confezionare verita' di comodo. Zona grigia che ha permesso ai nazisti di vincere e oggi all'ecocatastrofe di avanzare senza nemici.
Mauro P.
Leggo sempre con curiosità e interesse gli interventi di Mazzei che con la sua verve critica riesce a catalizzare il mio interesse. Ed anche questo ultimo contributo mi costringe meritoriamente a rivisitare criticamente l'opinione che ho sul cambiamento climatico e sul fatto che sia progressivamente accelerato dalle attività umane. Potrei cavarmela affermando che anche la stragrande maggioranza di chi nega gli effetti catastrofici che potrebbero realizzarsi non nega che sia in atto un cambiamento del clima con un innalzamento della temperatura media negli ultimi cinquanta anni, semplicemente afferma che variazioni di temperatura caratterizzano la storia del pianeta e che l'aggiunta antropogenica non ne muta gli aspetti di fondo. In sostanza questi affermano che un po' di gas climalteranti le attività umane inviano in atmosfera ma questi sono insignificanti nel mutevole equilibrio del sistema climatico planetario. Questo aspetto è a mio parere quello decisivo da indagare. E l'indagine ha come correttamente afferma Mazzei, valenza scientifica ma, per così dire, anche filosofica o comunque alla portata di una critica non specialistica. E su questo punto mi vorrei soffermare. Non sono uno scienziato e, per la verità, neppure un filosofo però anche a me piace ragionare e cercare di farmi un opinione personale. Ci troviamo nell'era geologica dell'Olocene, che per il congresso internazionale di geologia svoltosi tre anni fa a Città del Capo, si è mutata nell'Atropocene a causa dell'impatto della presenza umana sul pianeta. D'accordo o meno su questa decisione dei geologici dobbiamo però approfondire la questione: sono in grado le attività umane di interfenire a tal punto sull'equilibrio bioclimatico in modo tale da orientarne in modo significativo il cambiamento? Per Rubbia, Zichichi e Prodi, e quindi anche per Mazzei, no. Per un'altra parte di scienziati si, per questi quindi l'attività umana ha conquistato con lo sviluppo della tecnologia una forza paragonabile alle forze naturali che hanno determinato i vari passaggi delle ere geologiche che si sono succedute sul pianeta. Possiamo dire che negli ultimi settanta anni le applicazioni tecnologiche applicate alle scoperte scientifiche hanno reso gli equilibri bioclimatici naturali precari. La crescita della popolazione di circa ottanta milioni l'anno ha ridotto la presenza delle altre specie animali causando estinzioni e, per molte specie, rischi immanenti di estinzione. Vaste zone del pianeta sono state modellate secondo le necessità dello sviluppo umano. Nuove sostanze di sintesi sono state immesse nell'ambiente terracqueo, la massa di rifiuti dovuta alla trasformazione delle risorse naturali in merci aggredisce il pianeta come un tumore inarrestabile sulla superficie terrestre, miliardi di tonnellate di carbone, petrolio, metano racchiuse sotto la crosta terrestre sono state portate in superificie e trasformate in materiali e in gas dovuti alla combustione. La tecnologia nucleare per scopi militari è in grado di distruggere la vita sul pianeta più e più volte. Questo è l'Antropocene. Il problema dell'aumento della temperatura causato dall'uomo è forse il meno, ma non si può negare. Zichichi e Prodi, non so di Rubbia, sono credenti e le sacre scritture danno mandato all'uomo di sottomettere la vita del pianeta a proprio esclusivo vantaggio questo significa per loro che il creatore non può entrare in contraddizione, non può darci il potere di sottomettere il pianeta e contemporaneamente metterlo in crisi. Che gli sia sfuggito di mano? O l'uomo o il sistema capitalistico della crescita continua in un mondo finito hanno qualche cosa di sbagliato?
Tre risposte
Innanzitutto ringrazio tutti i commentatori: il tema evidentemente interessa, dunque il tempo dedicato ad affrontarlo non è tempo perso. E questa è già una buona notizia.
A Mauro P., che dice che per capire quel che sta succedendo "basta affacciarsi alla finestra", consiglierei prudenza. Affacciandomi stamattina (26 marzo) ho visto la neve caduta stanotte a 900 metri di altitudine. Ovviamente la mia è solo una battuta, mica faccio come Trump coi suoi tweet. La neve però c'è davvero, ma non è un "evento eccezionale", come non lo è il vento a primavera, il caldo dei giorni scorsi od una siccità invernale prolungata. Il tema dei cosiddetti "eventi estremi", che si pretenderebbero in costante aumento, è la bufala più grossa tra tutte quelle che ci raccontano. Di questo sono arciconvinto e me ne occuperò in uno dei prossimi articoli. Avremo dunque modo di parlarne meglio.
Ad Alberto Capece Minutolo vorrei dire che ha ragione a mettere in guardia dal barsportismo. Ma liquidare come barsportismo il parere di migliaia di scienziati e di decine di premi Nobel mi pare decisamente inaccettabile. Naturalmente, dire che siccome il clima è sempre cambiato allora l'uomo non c'entra nulla, è sbagliato. Ma, personalmente, vedo un numero infinitamente maggiore di discorsi da Bar Sport proprio tra i sostenitori del "cambiamento climatico": ogni ventata diventa un uragano, ogni sbalzo di temperatura un evento epocale, ogni acquazzone una bomba d'acqua. Ma (vedi risposta precedente) ne riparleremo con calma in una delle prossime puntate.
L'anonimo delle 10,03 tocca un punto davvero importante: quanto contano le visioni filosofiche e/o religiose nel determinare un orientamento piuttosto che un altro? Questa è effettivamente una questione molto seria e che deve essere indagata. Attenzione, però, che non esistono solo le visioni religiose di tipo convenzionale; ne esistono anche altre, altrettanto religiose, che si presentano sotto la veste del laicismo. Ad ogni modo, tra quelli che non se la bevono, ci sono scienziati in qualche modo religiosi insieme ad altri dichiaratamente atei.
Concordo che Mazzei ha centrato un tema cruciale nell'attuale fase di sviluppo umano. Posso concordare che è bene non beversi tutto quello che passano i media. E neppure accodarsi ai cortei della ragazza con le treccine. Detto questo sono dell'idea che le emissioni antropogeniche aumentino l'effetto serra naturale e con questo abbiano direttamente influenza sul clima. Detto questo e per non cadere on una discussione in cui ognuno può legittimamente accampare le proprie ragioni o portare i propri paladini a sostegno ho cercato di superare l'ostacolo proponendo un diverso approccio. L'Antropocene è l'era geologica che contraddistingue questa fase del pianeta. Alcuni fanno risalire questa fase finale dell'Olocene alla rivoluzione industriale collocandone l'inizio a fine diciottesimo secolo. Io sono tra quelli che spostano la data col secondo dopoguerra. Da alora lo sviluppo umano ha presp un abbrivio che sembra inarrestabile. La tecnologia applicata alla medicina, alla farmaceutica, alla chimica, all'agricoltura, all'elettronica, all'energia, ai trasporti, alle lavorazioni industriali ha posto il pianeta sotto il tallone della specie umana. Il motore di questo tumultuoso sviluppo è stato il sistema socioeconomico capitalista con la sua continua capacità di innovarsi e crescere quantitativamente utilizzando e appropriandosi delle risorse naturali minerarie inorganiche e organiche. Il continuo aumento della produzione e consumo per soddisfare una popolazione mondiale in continua crescita e indotta a consumare in modo sempre più compulsivo avviene esternalizzando quantità sempre maggiori di scarti di produzione e consumo sull'ambiente: terra, acqua, aria. Il sistema si regge su un sistema di crescita continua: bisogna estrarre sempre più risorse sottoterra per produrre sempre più merci e scarti. Questa crescita esponenziale presuppone un pianeta pronto a fornire esponenzialmente tutto quanto necessario per laproduzione e per ricevere gli scarti delle lavorazioni e del consumo. Lo spreco.fa parte del gioco sistemico. Questo pianeta "esponenziale" non esiste e le diverse matrici ambientali stanno soffrendo questo sovrasfuttamento. Terra, acqua, aria stanno sempre più mostrando criticità. Ilcambiamento climatico è la febbre, ma la malattia è un sistema capitalistico che non ha più alcun freno di senso. Forse la filosofia, non certo la religione, potrebbe convincere a cambiare strada, o forse il sistema dovrà semplicemente autoedtinguersi come un incendio.di cui si è perduto il controllo.
Leonardo rispondi alle obiezioni serie non alle battute sulla finestra. Alla base del tuo lungo ragionamento in due puntate c'e' il tentativo di smarcarsi dalla sinistra sinistrata anche sulla questione ambientale. Ma non è che possiamo diventare terrapiattisti perché loro dicono che la terra gira intorno al sole. Inoltre si rischia di menare il can per l'aia e di esporsi a critiche pesanti di coloro che ti accusano di remare per la frazione dominante dell'oligarchia mondiale, quella che lucra sui combustibili fossili, che e' dietro le guerre degli ultimi 30 anni. Purtroppo non hai portato nessuna argomentazione scientifica che confuti il global warming come conseguenza delle emissioni di gas serra. Allora perche' questa fatica teorica? per portare acqua al mulino del sistema di dominio? Forse che la questione del clima pone in essere strategie che superano i confini nazionali e cozzano con la prospettiva sovranista? Sarebbe illusorio, depistante ed ideologico!! Citare questo o quello scienziato che piu' conviene (quelli che hai citato sono tutti allineati al pensiero dominante politicamente corretto) non è il metodo marxista di analisi e di critica dell'ordine capitalistico. La questione del clima, che tu vuoi far apparire come specchietto per gli allocchi, condensa invece molte delle contraddizioni insanabili del modello capitalistico. Clima non è solo temperatura climatica, è molte altre cose: estinzione dell'anticiclone delle Azzorre che mitigava gli scontri tra correnti di aria polare e africana, è uragani e tornado in Europa (mai visti prima), e' alluvioni etc. A sostegno di queste mie preoccupazioni ti porto almeno sette motivi per cui la battaglia sul Clima è legata alla lotta contro il sistema:
1)i poveri sono proprio quelli piu' colpiti dall'ecocatastrofe, poiche' vivono nei luoghi piu insalubri e a rischio. Essi sommano alla miseria economica anche quella ambientale ed alimentare 2) Esiste inoltre un rapporto stretto tra sistema di dominio Clima e flussi migratori dai paesi del Sud. 3) Il sist di dominio è passato dalla sussunzione reale a quella iperreale, colonizzando corpo e menti, financo l'immaginario e i sogni. La nostra parola d'ordine dovrebbe essere de-colonizzare gli individui dai modelli di consumo dominanti. 4) Se è vero che il sistema di dominio ha le maggiori colpe, è anche vero che in Occidente siamo tutti o quasi ecoinsostenibili. Prendere coscienza di cio' è il primo passo verso il cambiamento 5) La contraddizione Capitale ambiente sommandosi a quella capitale popolo rafforza non indebolisce la nostra proposta strategica. 6) io faccio la differenziata, non acquisto carne, non vado nei mac donald, non fumo, Vado a Gpl metano, cerco di essere quanto piu' ecosostenibile!! 7) lasciare all'oligarchia la bandiera della lotta per l'ambiente è un autogol clamoroso. Bisogna strappargliela dalle mani se non vogliamo retrocedere da una prospettiva sovranista ad una "sovranara"..
Mauro P.
Caro Mauro,
a dire il vero sei tu che hai iniziato a parlare di finestre... In ogni caso risponderò alle obiezioni. Ma siamo solo alla seconda puntata. Vedrai che, passo passo, le affronterò tutte. Ma lo farò con lo spazio adeguato, dunque non col ping pong dei commenti.
Col secondo articolo mi proponevo di dimostrare che i critici della teoria dell'AGW non sono esattamente quattro scalzacani, come invece si vorrebbe far credere. E spero di esserci riuscito. Molti hanno apprezzato l'articolo, altri l'hanno trovato comunque utile da questo punto di vista. Ma molti non è tutti, e questo è normale. Quel che però non si può accettare è la tua affermazione, secondo cui gli scienziati che ho citato sarebbero "tutti allineati al pensiero dominante politicamente corretto". Sai bene, e comunque lo sanno tutti i lettori, che è esattamente il contrario, che il politicamente corretto è interamente schierato con la teoria dominante del "riscaldamento globale".
Altra inesattezza, se mi permetti, è quella secondo cui "la frazione dominante dell'oligarchia mondiale, (è) quella che lucra sui combustibili fossili". Non mi pare sia così. Poteva essere vero fino a trenta anni fa, oggi non più. La realtà del capitalismo reale è assai più dinamica e contraddittoria, ma su questo scriverò più approfonditamente in uno dei prossimi articoli.
Chiudo con due parole sull'inizio del tuo commento, a proposito degli "smarcamenti". A parte il fatto che non ho bisogno di smarcarmi da nessuno, tantomeno da una sinistra sinistrata che ho salutato senza danni alla salute da quel dì, mi muove principalmente l'interesse a capire come stanno realmente le cose. Certo, questo interesse deriva dai tanti dubbi che ho maturato nel tempo. E a forza di dubitare si arriva anche a qualche certezza. Ma siccome il tema è un tabù, specie a sinistra, qualcuno doveva pur prendersi l'onere di approfondire la questione. E se questo è un peccato, sono un peccatore.
Il punto è che io non credo che partendo da una teoria sbagliata si possa arrivare a conseguenze giuste (ogni riferimento al possibile rilancio del nucleare non è per nulla casuale). Certo, se uno crede che l'AGW sia la verità rivelata non ha di questi problemi. Io però non ci credo e cercherò di chiarirlo al meglio delle mie modestissime possibilità.
Avevo trovato parecchi materiali anti-serristi in questo sito, che ora purtroppo è cessato
https://versounmondonuovo.wordpress.com/category/cambiamento-climatico/
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