[ 12 gennaio 2018]
* Yury Barmin è membro del Consiglio russo per gli affari internazionali, ed esprto del Medio Oriente e del Nord Africa.
Il Regno dell'Arabia Saudita sta attualmente subendo enormi
cambiamenti nel campo sociopolitico. La spinta a modernizzare il regno e ad
aprirlo al mondo è guidata dal giovane e ambizioso principe ereditario Mohamed
bin Salman (MBS) [nella foto]. Egli è visto come la mente dietro la strategia di Riyadh di
rinnovare l'economia saudita e limitare il potere dei chierici wahhabiti sugli
affari di stato.
"Stiamo tornando a quello che eravamo prima, un paese
di islam moderato che è aperto a tutte le religioni e al mondo", ha detto
MBS agli investitori internazionali a Riyadh nell'ottobre 2017.
Spiegando la sua ambizione di "riportare" l'Arabia
Saudita sulla via dell'Islam moderato, il principe ereditario ha detto al
Guardian che "quello che è successo negli ultimi 30 anni non è l'Arabia
Saudita". Ha incolpato esplicitamente la svolta del regno verso
l'ultraconservatorismo sulla scia della rivoluzione iraniana del 1979 e dei
tentativi di Teheran di diffondere la rivoluzione in tutto il Medio Oriente.
Questi commenti sono degni di nota per due motivi: primo,
perché riconoscono che manca la moderazione nell'interpretazione dell'Islam che
lo stato saudita ha seguito; secondo, perché riflettonoil concetto che il
sistema religioso attualmente in vigore ostacola lo sviluppo socioeconomico e
non è compatibile con le esigenze delle giovani generazioni.
Tuttavia, sono anche un po’ fuorvianti perché cercano di
deviare la responsabilità della situazione all'interno dell'Arabia Saudita verso
fattori esterni, vale a dire la Rivoluzione Islamica del 1979. Ma fu davvero
l'Iran rivoluzionario che spinse l'Arabia Saudita verso l'ultraconservatorismo?
L’Arabia Saudita nel
1979
Il 1979 è un anno significativo nella storia saudita per
molti punti di vista. È famoso per il sequestro della Grande Moschea di Mecca
da parte di un gruppo di insorti il cui obiettivo era quello di rovesciare la
Casa Saud percepita come corrotta e asservita all'Occidente.
Il 20 novembre, circa 500 uomini armati, guidati da Juhayman
al-Otaybi, un beduino saudita e un ex militare della Guardia Nazionale,
sequestrarono la Grande Moschea e proclamarono che suo cognato Mohammed
al-Qahtani era il Mahdi, o il
Redentore, che ripulirà il mondo musulmano dalla corruzione occidentale.
Durante un assedio durato due settimane, centinaia di
pellegrini, combattenti e membri delle forze di sicurezza saudite vennero
uccisi. Siccome l’evento avvenne dopo la rivoluzione in Iran all'inizio dello
stesso anno, ci fu una grande quantità di speculazioni sul fatto che il
sequestro della Grande Moschea fosse diretto da Teheran, un sospetto che fu poi
dissipato. L'autoproclamatosi Mahdi,
Mohammad al-Qahtani e il capo della conquista della moschea, al-Otaybi, non potevano
essere ispirati dalla rivoluzione iraniana semplicemente perché consideravano gli
shiiti eretici.
Nel periodo in cui ebbe luogo il sequestro della Grande
Moschea, la monarchia saudita era alle prese con una forte instabilità. Quattro
anni prima, re Faisal (regnante dal 1964 al 1975), aveva spinto per la
modernizzazione del regno, lanciando la prima trasmissione televisiva, attuando
riforme soicio-economiche e promuovendo l'istruzione pubblica (incluse le
scuole femminili), venne assassinato da uno dei suoi nipoti . La maggior parte
delle istituzioni religiose saudite non accolse favorevolmente quelle iniziative di modernizzazione.
Il sequestro della Grande Moschea scosse il Regno
dell'Arabia Saudita. E quando l'ayatollah Khomeini, che aveva appena guidato il
passaggio alla costituzione della Repubblica islamica in Iran, incolpò del sequestro
gli Stati Uniti e Israele, la gente in tutto il mondo musulmano lo ascoltava
lanciando proteste mortali, la Casa Saud era terrorizzata. Questi erano segni
che la sua autorità nel mondo musulmano come protetttrice delle due città sante
di Mecca e Medina era minacciata.
La risposta della Casa di Saud alla crisi furono l’abbandono
delle iniziative di modernizzazione di Re Faisal e il potenziamento delle autorità
religiose. Il governo iniziò a far rispettare un rigido codice religioso, la
polizia represse le attività commerciali che non chiudevano per le cinque
preghiere e le donne furono di nuovo escluse dalla vita pubblica. Il Comitato per la promozione della virtù e la
prevenzione del vizio, comunemente noto come la polizia religiosa, usufruì del sostegno finanziario del governo e
assunse un ruolo più importante nel monitoraggio della vita dei sudditi sauditi.
Malgrado gli eventi degli anni '70 avessero colpito in
profondità l'Arabia Saudita, non per questo il Paese divenne ultraconservatore.
L’accettazione di rigide interpretazioni dell'Islam risale al XVIII secolo,
quando la famiglia Saud strinse un accordo con uno scolaro islamico
ultraconservatore.
Il patto Wahhab-Saud
Il wahhabismo, considerato la dottrina religiosa saudita
ufficiale, cosa per cui la leadership del paese è stata criticata con veemenza
e il cui ruolo MBS sta cercando di ridimensionare, si basa sugli insegnamenti
di Muhammad ibn Abd al-Wahhab (1703-1792).
Abd al-Wahhab era uno scolaro islamico della regione di Nejd
della penisola arabica, un avido viaggiatore e autore del Libro dell'Unità, che fu respinto dalla maggior parte dei suoi
contemporanei a Mecca e Medina. Abd al-Wahhab predicò il ritorno al Corano e agli Hadith, respinse l'innovazione religiosa (bidaa) e sostenne l'eliminazione delle pratiche (come i riti sufi e
la venerazione dei santi) che non sono contemplate nel Corano. Ha anche
accusato altri musulmani di essere infedeli per suddette pratiche che, a suo
parere, erano non islamiche e ha perorato una stretta aderenza alla
tradizionale legge islamica (sharia).
Non c'era nulla di nuovo negli insegnamenti di Abd al-Wahhab
che erano basati su alcune vecchie idee e costituivano un revival della dottrina Hanbalita
ma in una forma ultraconservatrice. Fu, comunque, il suo zelo religioso che
alla fine lo spinse vicino alla famiglia Saud.
Muhammad ibn Saud governò l'area di al-Diriya, oggi alla
periferia di Riyadh, nel periodo in cui Muhammad ibn Abd al-Wahhab predicò
senza successo alla Mecca e in altre parti del Medio Oriente. Nel 1744, in fuga
da Medina, Abd Al-Wahhab arrivò in al-Diriya e cercò protezione da ibn Saud. I
due formarono un'alleanza che divideva potere e responsabilità: ibn Saud che
governava sulle questioni militari e politiche e Abd al-Wahab su quelle religiose.
Armato di legittimità religiosa, ibn Saud ha esteso il suo dominio al di là di
al-Diriya, stabilendo il primo stato saudita.
La morte di Abd al-Wahhab nel 1792 non ha avuto alcun
impatto sul regime di condivisione del potere che si era consolidato durante la
sua vita. I discendenti di Abd al-Wahhab (la famiglia Sheikh) rimasero a capo
degli affari religiosi sotto il dominio saudita. Oggi giorno, essi legittimano
il potere politico della Casa di Saud approvando la successione e approvando le
decisioni del re. In cambio, la famiglia Sheikh gode di una posizione
privilegiata nelle strutture statali e svolge un ruolo chiave nel Comitato per la promozione della virtù e la
prevenzione del vizio, il Ministero della Pubblica Istruzione e il
Ministero degli affari islamici.
Un'Arabia Saudita
"moderata"?
Il patto Wahhab-Saud è sopravvissuto per più di 250 anni,
garantendo la legittimità religiosa del potere saudita nella penisola arabica. E’
quindi giunto il suo tempo? Ha fatto il suo corso e non è più necessario alla casa
regnante dei Saud?
Negli ultimi anni, le autorità saudite hanno gradualmente e
con cautela limitato la portata del potere della famiglia Sheikh. Nell'agosto
2010, ad esempio, il defunto re Abdullah ha emanato un decreto secondo cui solo
gli scolari controllati dallo Stato potevano rilasciare delle fatwa.
Sotto il re Salman e suo figlio, MBS, sono state adottate
misure più drastiche. Nell'aprile 2016, il Comitato
per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio è stato privato
dei poteri di arresto che hanno ridimensionato le sue funzioni di polizia. Nel
dicembre 2016, il re ha nominato più moderati chierici al Consiglio degli Scolari Anziani, il più alto organo religioso del
paese. E nel 2017 sono stati concessi concerti musicali, si sono tenuti eventi
pubblici misti per entrambi i sessi ed è stato programmata la riapertura dei
cinema dopo 35 anni.
Tuttavia, i cambiamenti più imponenti nella struttura del
potere sauditadevono ancora avvenire. Il sistema legale del paese opera
nell'ambito della legge islamica, che è la fonte ultima della legislazione in
Arabia Saudita. Rispettare rigorosamente le interpretazioni tradizionali della
legge islamica è un elemento cruciale della visione del mondo introdotta da Abd
al-Wahhab. Ecco perché, in termini semplificati, rompere il patto
saudita-wahhabita significherebbe spezzare questa interpretazione tradizionale
e, potenzialmente, codificare le leggi piuttosto che affidarsi ai giudici per
interpretarla.
Una questione più importante a questo punto è se il Paese
debba separarsi dalle sue radici wahhabite per attuare riforme e aprirsi agli
stranieri. L'importanza decrescente delle autorità religiose è una tendenza
generale delle monarchie del Golfo e sembra che l'Arabia Saudita sia destinata
ad adottare lentamente un modello simile.
L'establishment religioso
saudita ha sostenuto pubblicamente la guerra del principe ereditario contro la
corruzione e l'indebolimento del Comitato
per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, malgrado esso si
sento svantaggiato da questi sviluppi. La secolare struttura monolitica
religiosa potrebbe rivelarsi una tigre di carta il cui destino è nelle mani del
monarca.
Così, la rottura di MBS con la politica decennale di spalleggiare
le élite religiose e l’azione in favore della modernizzazione, potrebbe spingere
alcuni a chiamarla corruzione e un nuovo cedimento all’influenza occidentale. È
anche probabile che le politiche che MBS sta introducendo costringeranno molti
dissidenti nella clandestinità. Il malcontento potrebbe bollire per anni prima
di affiorare in una forma o nell'altra.
Le politiche di MBS si rivolgono ai giovani sauditi, ma questi
non hanno la chiave del potere. La vecchia generazione che ha vissuto nei decenni
di governo conservatore, i principi diseredati il cui accesso al potere si è
ridotto, e le vaste élite religiose ora sono in una posizione di vassalli, sono
obbligate a legittimare la famiglia reale saudita.
Molti di loro si sentono emarginati ciò che potrebbe
portarli all’opposizione e provocare una ripetizione del 1979.
* Yury Barmin è membro del Consiglio russo per gli affari internazionali, ed esprto del Medio Oriente e del Nord Africa.
** Traduzione a cura di SOLLEVAZIONE
*** FONTE: Al Jazeera
1 commento:
Il ritratto fotografico con didascalia "Muhammad bin Abdul Wahhab" è un fake storico dato che risulta improbabile ottenere una foto di qualcuno prima che la stessa fosse ancora inventata.
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