[14 settembre]
Quante meschine sciocchezze in morte di Dario Fo. Quante diaboliche idiozie.
“Giullare, era un grande e talentuoso giullare”. Questo è l’icastico giudizio che, come un mantra, rimbomba sui media. Dietro la formale e pelosa riverenza una maniera subdola, non solo per sminuire la sua grandezza d’artista, ma per screditarlo come intellettuale.
Qui sta, io penso, la grandezza ancor più grande di Dario Fo, l’aver usato il suo indiscutibile talento non solo per irridere il potere, ma per combatterlo, ponendo così la sua funambolica maestria al servizio della liberazione degli oppressi e degli sfruttati.
Diceva ieri sera in Tv un giornalista furbastro vattelappesca: “L’intellettuale deve educare le masse, non sobillarle. E Dario Fo ha sempre cercato di sobillarle, prima come estremista di sinistra e recentemente come grillino”.
L’avere messo il proprio talento a disposizione di una causa politica antagonista, questo è esattamente quello che i veri giullari di regime, intellettuali che per mestiere fanno marchette a chi di turno si avvicenda al potere, non riescono a tollerare. Non glielo perdonarono quand’era vivo, continuano ad accanirsi sulla sua memoria ora che è morto.
Scriveva Gramsci degli intellettuali italiani, che essi si portavano appresso una congenita patologia, che essi alla fine finiscono sempre per porsi al servizio dei potenti di turno, diventando “cortigiani”, funzionali al rafforzamento ideologico del senso comune che vuole gli oppressi condannati a restare subordinati e sottomessi. Questa essendo la cosiddetta “missione educatrice” dell’intellettuale-puttana di ieri e di oggi: addormentare e addomesticare le masse dei “semplici” e degli umili, sedare la loro rabbia, cancellare le loro utopie.
Dario Fo è stato in questo senso, pur senza partito, pur tra sbandate politiche, un gramsciano esempio di “intellettuale organico”, sempre operando affinché i “semplici” e i subalterni si emancipassero dalla propria condizione di sudditi reietti, si ridestassero dalla loro passività, si sbarazzassero dai loro pregiudizi, accrescessero le loro capacità intellettuali, partecipassero quindi attivamente alla vita politica.
Sì, Dario Fo aveva nella carne un infallibile e irriducibile istinto sovversivo, e mai si è piegato ai potenti, mai ha accettato di prostituirsi, come invece han fatto la grandissima parte degli intellettuali “rivoluzionari” della sua generazione e di quella dopo.
La pasta di cui era fatto lui ci riporta alla mente quei pochi ma temerari e geniali dotti che nell’Italia dell’umanesimo e del rinascimento, invece di attenersi al ruolo di cortigiani del potere, o di rifuggire in un’ aristocratica e spocchiosa contemplazione, nel momento più terribile della vita di Firenze, si schierarono con l’apocalittico Savonarola e difesa della Repubblica popolare. Figure splendenti che ci fanno sentire orgogliosi di essere italiani, visto il resto ci provoca vergogna.
Dario Fo è stato una di loro.
Dopo tanto politico peregrinare deve aver fiutato in Beppe Grillo il Savonarola dell’oggi. Di qui l’aver accettato di diventare icona del Movimento 5 Stelle.
Avrà visto giusto?
Quante meschine sciocchezze in morte di Dario Fo. Quante diaboliche idiozie.
“Giullare, era un grande e talentuoso giullare”. Questo è l’icastico giudizio che, come un mantra, rimbomba sui media. Dietro la formale e pelosa riverenza una maniera subdola, non solo per sminuire la sua grandezza d’artista, ma per screditarlo come intellettuale.
Qui sta, io penso, la grandezza ancor più grande di Dario Fo, l’aver usato il suo indiscutibile talento non solo per irridere il potere, ma per combatterlo, ponendo così la sua funambolica maestria al servizio della liberazione degli oppressi e degli sfruttati.
Diceva ieri sera in Tv un giornalista furbastro vattelappesca: “L’intellettuale deve educare le masse, non sobillarle. E Dario Fo ha sempre cercato di sobillarle, prima come estremista di sinistra e recentemente come grillino”.
L’avere messo il proprio talento a disposizione di una causa politica antagonista, questo è esattamente quello che i veri giullari di regime, intellettuali che per mestiere fanno marchette a chi di turno si avvicenda al potere, non riescono a tollerare. Non glielo perdonarono quand’era vivo, continuano ad accanirsi sulla sua memoria ora che è morto.
Scriveva Gramsci degli intellettuali italiani, che essi si portavano appresso una congenita patologia, che essi alla fine finiscono sempre per porsi al servizio dei potenti di turno, diventando “cortigiani”, funzionali al rafforzamento ideologico del senso comune che vuole gli oppressi condannati a restare subordinati e sottomessi. Questa essendo la cosiddetta “missione educatrice” dell’intellettuale-puttana di ieri e di oggi: addormentare e addomesticare le masse dei “semplici” e degli umili, sedare la loro rabbia, cancellare le loro utopie.
Dario Fo è stato in questo senso, pur senza partito, pur tra sbandate politiche, un gramsciano esempio di “intellettuale organico”, sempre operando affinché i “semplici” e i subalterni si emancipassero dalla propria condizione di sudditi reietti, si ridestassero dalla loro passività, si sbarazzassero dai loro pregiudizi, accrescessero le loro capacità intellettuali, partecipassero quindi attivamente alla vita politica.
Sì, Dario Fo aveva nella carne un infallibile e irriducibile istinto sovversivo, e mai si è piegato ai potenti, mai ha accettato di prostituirsi, come invece han fatto la grandissima parte degli intellettuali “rivoluzionari” della sua generazione e di quella dopo.
La pasta di cui era fatto lui ci riporta alla mente quei pochi ma temerari e geniali dotti che nell’Italia dell’umanesimo e del rinascimento, invece di attenersi al ruolo di cortigiani del potere, o di rifuggire in un’ aristocratica e spocchiosa contemplazione, nel momento più terribile della vita di Firenze, si schierarono con l’apocalittico Savonarola e difesa della Repubblica popolare. Figure splendenti che ci fanno sentire orgogliosi di essere italiani, visto il resto ci provoca vergogna.
Dario Fo è stato una di loro.
Dopo tanto politico peregrinare deve aver fiutato in Beppe Grillo il Savonarola dell’oggi. Di qui l’aver accettato di diventare icona del Movimento 5 Stelle.
Avrà visto giusto?
6 commenti:
Non metto in dubbio lo spessore artistico di Dario Fo. Ma non potrò mai perdonargli l'aver dato dei beceri anarcoidi a Sole e Baleno, impiccati in carcere nel 1998 per degli attentati in Val Susa. Mi ricorderà sempre quella generazione che nel 69 ah sì che erano i tempi...nel 98 no...gli anarchici non si difendono più, possono anche venire impiccati, gli squot non si comprendono proprio...tutta un'altra generazione.
Ora non è più tempo di rivoluzione è tempo di 5 stelle.
Insomma grande artista, ma generazionalmente parlando è un nostro nemico.
Oggi dobbiamo puntare su chi può e vuole farla qui e d'ora, nel sedici, l'insurrezione, dei sessantenni depressi in cerca di soluzioni rapide da vedere risultati prima di deperire non sappiamo che farcene
Cito
"l'insurrezione, dei sessantenni depressi in cerca di soluzioni rapide da vedere risultati prima di deperire non sappiamo che farcene"
Lol...ma come vedi non demordono...:)
Non c'è problema comunque. La storia comincerà a correre nel 2017 e finalmente ci sbarazzeremo in un colpo solo sia dell'imbelle ipocrisia del postmoderno che degli ostinati vecchietti nati perdenti.
Il mio articolo tenta di mettere a fuoco la figura di Fo alla luce della patologia congenita dell'intellighentia italiana. E gli si rende doverosamente l'onore che merita.
Qui la si butta brutalmente sul piano politico.
Dario Fo, politicamente parlando, ha commesso diversi errori nella sua lunga vita. Il meno peggio di tutti, a noi pare, sia quello di aver appoggiato Grillo.
Moreno Pasquinelli
Sì, rimane il fatto che se succederà qualcosa sarà solo perché i giovani si ribelleranno e quindi "se" accadrà i vecchietti ostinati e perdenti molto seplicemente non avranno più ragione di esistere.
La prova?
L'unica cosa politicamente seria di Fo è stato il sostegno ai 5 Stelle in una posizione di assoluto secondo piano e discrezione.
Siccome però alcuni altri vecchietti nati perdenti non riescono ad accettare di autorelegarsi nell'unico ruolo che gli riserva la loro storia di quarantennali (e più) fallimenti, costoro saranno irrimediabilmente cancellati dalla scena.
Allora e solo allora nascerà qualcosa di politicamente valido.
Ho molta fiducia che si siano già create quelle precondizioni che nel 2017 porteranno la situazione economica e politica a una sorta di cortocircuito che innescherà i prodromi del tanto desiderato "cambiamento".
Prima la pars destruens in cui finalmente ci si libera della zavorra del vecchiume e qualcuno qui dentro ne sarà oggetto.
Saluti.
CHI CE L'HA COI VECCHIETTI..
Diversi lettori ci criticano e ci chiedono perché facciamo passare commenti anonimi e certe volte demenzialmente ostili —come questo qui sopra.
Ma è chiaro, per dare ai tanti lettori intelligenti la misura di quanti cretini ci sono in rete, ciò affinché sappiano quanto è ardua la battaglia per dare un futuro a questo paese. Tanto più se pensiamo a qual'è il livello politico di certa gioventù "antagonista".
No ma avete ragione.
Avanti con CLN e P101 (scusate, mi viene da ridere)
Siete gagliardi.
Avete un grande futuro...
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