[ 31 ottobre ]
Eravamo sicuri che l'intervento autocritico di Alfredo D'Attorre non sarebbe passato inosservato. Abbiamo detto la nostra QUI, ha poi detto la sua Sergio Cesaratto.
"Meglio tardi che mai", abbiamo sostenuto noi e Sergio.
Alberto, invece, è meno indulgente, e ribadisce che la "uscita a sinistra dall'euro" era un'alibi dietro cui si nascondevano coloro che nei fatti contribuivano all'annientamento del nostro Paese e, in particolare, del popolo lavoratore.
Ci ha chiesto qualche lettore: "Il J'Accuse di Bagnai riguarda anche voi, che parlate di uscita a sinistra". Invece no, non ci sentiamo per nulla un bersaglio.
Per essere brutali: se nel novembre 2011 Berlusconi, invece di capitolare per fare posto a Monti, avesse optato per abbandonare l'eurozona, noi —pur senza siglare un Patto Ribbentrop-Molotov— l'avremmo sostenuto. La differenza con Alberto Bagnai era semmai che noi non credevamo che le destre berlusconiane avrebbero mai fatto l'auspicabile passo della rottura con le euro-oligarchie.
«Il tema del tradimento della sinistra (genitivo soggettivo) ormai è entrato nel dibattito, tant'è che cominciano a parlarne intellettuali riconoscibili come "de sinistra" dalla sinistra di sinistra. Ci siamo lasciati dietro le spalle quelli che vaneggiavano sulla natura "non politica" della categoria di tradimento, in quanto categoria "soggettiva e non oggettiva"... Poveracci che, volendo fare sfoggio di approfondita cultura politica, mostravano solo di ignorare le basi della cultura occidentale. Una ignoranza tattica, naturalmente, volta solo a evitare quella cosa veramente di sinistra che da tempo sto chiedendo e che ora sembra arrivare, con un pochino di ritardo: l'autocritica (si veda qui il punto 3).
Ma la storia, i cui processi sono, in effetti, oggettivi, non aspetta che le fragili soggettività individuali si rendano conto della necessità di un atto di coraggio, di un'assunzione di responsabilità (come quella fatta da D'Attorre pochi giorni or sono sul Fatto Quotidiano), e tira dritto.
Ed è appunto in questo tirare dritto, nell'oggettività dei processi storici, che si materializza l'oggettività del tradimento.
Mi spiego meglio: vi ricordate di quelli che "la svalutazione schianta la vedova e l'orfano e quindi restiamo dentro l'eurone che ci protegge"? Quanto ho fatto, qui, per far capire la natura stolta e dilettantesca di queste affermazioni! Avevamo cominciato il 25 aprile di quattro anni fa, e poi battuto e ribattuto su questo argomento, ad esempio nella serie delle leggende metropolitane (la trovate elencata in calce a questo post). Ma non è servito a nulla. Indisturbati da parte dei politici di riferimento, pochi colleghi privi di scrupoli hanno continuato a fornire dati in contrasto con l'evidenza fattuale, terrorizzando soprattutto il sindacato rispetto alle conseguenze di una possibile uscita.
Perché soggettivamente l'abbiano fatto non lo so, posso solo supporlo. Ma quale sia stato oggettivamente il risultato lo vedete: il sindacato è ancora compattamente eurista, e per difendere l'euro ha accettato il jobs act, fra le altre cose, anche perché gli era stato detto da persone prive di scrupoli e di etica professionale che l'alternativa sarebbe stata un'inflazione al 20%.
Ora, il punto è che chi, con la solfa dell'uscita a sinistra, ha terrorizzato i sindacalisti, paralizzandone l'azione, ha oggettivamente comprato tempo coi soldi dei lavoratori per regalarlo al capitale. La vera uscita a sinistra, infatti, non è quella che propone Tizio che si sveglia nel 2014, scopiazzandola da un libro pubblicato nel 2012. Direi proprio di no.
Ma la storia, i cui processi sono, in effetti, oggettivi, non aspetta che le fragili soggettività individuali si rendano conto della necessità di un atto di coraggio, di un'assunzione di responsabilità (come quella fatta da D'Attorre pochi giorni or sono sul Fatto Quotidiano), e tira dritto.
Ed è appunto in questo tirare dritto, nell'oggettività dei processi storici, che si materializza l'oggettività del tradimento.
Mi spiego meglio: vi ricordate di quelli che "la svalutazione schianta la vedova e l'orfano e quindi restiamo dentro l'eurone che ci protegge"? Quanto ho fatto, qui, per far capire la natura stolta e dilettantesca di queste affermazioni! Avevamo cominciato il 25 aprile di quattro anni fa, e poi battuto e ribattuto su questo argomento, ad esempio nella serie delle leggende metropolitane (la trovate elencata in calce a questo post). Ma non è servito a nulla. Indisturbati da parte dei politici di riferimento, pochi colleghi privi di scrupoli hanno continuato a fornire dati in contrasto con l'evidenza fattuale, terrorizzando soprattutto il sindacato rispetto alle conseguenze di una possibile uscita.
Perché soggettivamente l'abbiano fatto non lo so, posso solo supporlo. Ma quale sia stato oggettivamente il risultato lo vedete: il sindacato è ancora compattamente eurista, e per difendere l'euro ha accettato il jobs act, fra le altre cose, anche perché gli era stato detto da persone prive di scrupoli e di etica professionale che l'alternativa sarebbe stata un'inflazione al 20%.
Ora, il punto è che chi, con la solfa dell'uscita a sinistra, ha terrorizzato i sindacalisti, paralizzandone l'azione, ha oggettivamente comprato tempo coi soldi dei lavoratori per regalarlo al capitale. La vera uscita a sinistra, infatti, non è quella che propone Tizio che si sveglia nel 2014, scopiazzandola da un libro pubblicato nel 2012. Direi proprio di no.
La vera uscita a sinistra è quella che avviene prima. Prima di cosa? Prima e basta. Perché finché continuiamo a comprare tempo da una posizione di debolezza, il poi per noi sarà sempre peggiore.
Secondo voi, sarebbe stato più "di sinistra" uscire prima del Jobs act, o dopo il Jobs act? Chiaro che nel mondo di poi, cioè posteriore al jobs act, i datori di lavoro hanno in mano uno strumento di ricatto che prima non avevano. Quindi, non ci sono santi: in queste condizioni è perfettamente ovvio che una uscita avrà effetti meno favorevoli ai lavoratori di quelli che avrebbe avuto nelle condizioni precedenti.
Del resto, noi qui lo sappiamo bene: la rigidità del cambio serve proprio ad accumulare tali tensioni sulla competitività da rendere credibile il messaggio di chi ci chiede (ma in realtà ci impone) di fare un "ultimo" sacrificio smantellando qualche altro pezzetto di stato sociale.
Il punto è che questi effetti sono largamente irreversibili. La crisi del 1992 è servita a rasare completamente la scala mobile e a introdurre la concertazione. Vi risulta che dopo lo sganciamento si sia tornati indietro? No.
E sapete perché?
Perché c'è un altro aspetto perverso, il più subdolo, il più disgustoso, il più vile, il più ributtante, del raccontino di quelli che "bisogna uscire a sinistra altrimenti sarà una catastrofe". E siccome nessuno ve lo ha fatto notare, ve lo faccio notare io, che sono qui per questo. Siccome la catastrofe che i cialtroni paventano non ci sarà, le persone ricominceranno a vivere meglio in termini assoluti (gli entreranno più soldi in tasca), e quindi, fatalmente, si disinteresseranno di come stiano andando le cose in termini relativi, cioè di lottare per avere la loro giusta quota del prodotto nazionale, e le istituzioni che la tutelano.
Capite? Ma c'è poco da capire: è già successo (nel 1992).
Un conto è dire: "sarà una catastrofe, recessione dell'80%, inflazione del 30%...". Chi agisce così è fascista due volte: la prima perché vuole mantenere una situazione nella quale è avvantaggiato solo il grande capitale, e la seconda perché contribuisce involontariamente (ma oggettivamente) a creare la sensazione fasulla che con l'uscita, visto che la catastrofe non ci sarà, sarà risolto tutto.
Insomma: è fascista due volte chi vi chiede di lottare ora per mantenere il sistema che vi opprime, e oggettivamente contribuisce ad illudervi che non sarà necessario lottare dopo, quando questo sistema continuerà a cercare di opprimervi.
Un altro conto è dire, come facciamo qui: ci sono delle criticità, naturalmente, ma sono gestibili e il problema non è il durante, il problema è il prima (in cui non possiamo lottare, perché inseriti in un contesto istituzionale che non lo permette) e il dopo (in cui dovremo lottare, sfruttando ogni centimetro che l'arretramento del grande capitale ci lascerà, senza lasciarci fuorviare dal mancato verificarsi delle previsioni catastrofistiche dei cialtroni).
Ecco.
Vi ha tradito chi non ha fatto abbastanza per far maturare la coscienza, che qui è stata limpidissima e coerente fin dal primo momento, della necessità di un cambiamento. Vi sta tradendo chi prospetta catastrofi, perché oggettivamente coopera a farvi abbassare la guardia nella fase più delicata: quella della gestione del cambiamento.
Ricordateli nelle vostre preghiere, come io faccio nelle mie, e guardate con attenzione al futuro».
Secondo voi, sarebbe stato più "di sinistra" uscire prima del Jobs act, o dopo il Jobs act? Chiaro che nel mondo di poi, cioè posteriore al jobs act, i datori di lavoro hanno in mano uno strumento di ricatto che prima non avevano. Quindi, non ci sono santi: in queste condizioni è perfettamente ovvio che una uscita avrà effetti meno favorevoli ai lavoratori di quelli che avrebbe avuto nelle condizioni precedenti.
Del resto, noi qui lo sappiamo bene: la rigidità del cambio serve proprio ad accumulare tali tensioni sulla competitività da rendere credibile il messaggio di chi ci chiede (ma in realtà ci impone) di fare un "ultimo" sacrificio smantellando qualche altro pezzetto di stato sociale.
Il punto è che questi effetti sono largamente irreversibili. La crisi del 1992 è servita a rasare completamente la scala mobile e a introdurre la concertazione. Vi risulta che dopo lo sganciamento si sia tornati indietro? No.
E sapete perché?
Perché c'è un altro aspetto perverso, il più subdolo, il più disgustoso, il più vile, il più ributtante, del raccontino di quelli che "bisogna uscire a sinistra altrimenti sarà una catastrofe". E siccome nessuno ve lo ha fatto notare, ve lo faccio notare io, che sono qui per questo. Siccome la catastrofe che i cialtroni paventano non ci sarà, le persone ricominceranno a vivere meglio in termini assoluti (gli entreranno più soldi in tasca), e quindi, fatalmente, si disinteresseranno di come stiano andando le cose in termini relativi, cioè di lottare per avere la loro giusta quota del prodotto nazionale, e le istituzioni che la tutelano.
Capite? Ma c'è poco da capire: è già successo (nel 1992).
Un conto è dire: "sarà una catastrofe, recessione dell'80%, inflazione del 30%...". Chi agisce così è fascista due volte: la prima perché vuole mantenere una situazione nella quale è avvantaggiato solo il grande capitale, e la seconda perché contribuisce involontariamente (ma oggettivamente) a creare la sensazione fasulla che con l'uscita, visto che la catastrofe non ci sarà, sarà risolto tutto.
Insomma: è fascista due volte chi vi chiede di lottare ora per mantenere il sistema che vi opprime, e oggettivamente contribuisce ad illudervi che non sarà necessario lottare dopo, quando questo sistema continuerà a cercare di opprimervi.
Un altro conto è dire, come facciamo qui: ci sono delle criticità, naturalmente, ma sono gestibili e il problema non è il durante, il problema è il prima (in cui non possiamo lottare, perché inseriti in un contesto istituzionale che non lo permette) e il dopo (in cui dovremo lottare, sfruttando ogni centimetro che l'arretramento del grande capitale ci lascerà, senza lasciarci fuorviare dal mancato verificarsi delle previsioni catastrofistiche dei cialtroni).
Ecco.
Vi ha tradito chi non ha fatto abbastanza per far maturare la coscienza, che qui è stata limpidissima e coerente fin dal primo momento, della necessità di un cambiamento. Vi sta tradendo chi prospetta catastrofi, perché oggettivamente coopera a farvi abbassare la guardia nella fase più delicata: quella della gestione del cambiamento.
Ricordateli nelle vostre preghiere, come io faccio nelle mie, e guardate con attenzione al futuro».
* Fonte: Goofynomics
6 commenti:
Ma voi non c'entrate niente (in questo caso).
Bagnai sta prendendosela con Brancaccio.
C'è la vecchia storia di quella presentazione del libro di Alberto alla quale Brancaccio lo prese crudelmente per i fondelli, non so se ricordate.
Oggi si è visto che aveva ragione Bagnai, ossia Brancaccio aveva torto pieno, e il professore di Pescara di sta levando i sassolini dalle scarpe.
Bagnai però ha fatto di tutto per rendere inaccettabile l'idea di abbandonare l'euro mostrando una insipienza politica unita a un'arroganza violenta e scomposta che hanno ritardato la presa di coscienza sia dei cittadini che di quella parte della sinistra che oggi fa autocritica.
Ricordo che nel suo primo libro se ne uscì con l'abbandono dell'euro fatto di notte all'insaputa dei cittadini.
Emerita idiozia, ovviamente del tutto irrealizzabile per vari motivi lunghi da spiegare ma uno è addirittura lampante: Bagnai si rifaceva al Corralito che però consisteva in un peg quindi telefoni al banchiere centrale gli dici di abbandonare il peg e hai finito mentre qui si tratta di una moneta unica il che è del tutto differente.
Mi sembra il solito capolavoro di ambiguità. I processi storici sono oggettivi ma la colpa è degli "uscisti a sinistra". Uscire dall'euro non basta ma dopo le persone dopo staranno meglio. Però certi cambiamenti sono irreversibili quindi staranno meglio ma anche peggio. Sono irreversibili quindi rassegnati ma anche no perché bisognerà combattere dopo, ma che dico dopo ... prima. Sembra che glieli scriva Ezio Greggio.
Su altro blog qualche commentatore avanza l'ipotesi che Bagnai sia espressione dell'insofferenza del generone romano. Non so se sia vero (manco sapevo cosa fosse il generone) ma certamente spiegherebbe le sue ambiguità che finiscono sempre verso il moderatismo dei processi irreversibili che se sono tali puoi solo cambiarli dall'interno e non avversarli come sarebbe invece necessario. Spiegherebbe perché vede solo gli aspetti negativi della movimenti come la MMT (io non sono del movimento), che certamente ci stanno e vanno denunciati, ma non gli aspetti positivi.
Il moderato non vuol mai cambiare nulla perché questo l'interesse del suo probabile gruppo sociale di riferimento.
Sempre lodi al nostro Alberto.
Come formichine incantate dalla sua autopoiesi...
Un contributo, il suo, sempre oggettivo e in sintonia con la storia, la quale non necessita di categorie soggettive come gli eroi, a parte rare eccezioni, Illo...poiché la “Storia” attraverso i suoi “processi, in effetti, oggettivi” tira dritto, noncurante dei ravvedimenti delle fragili soggettività (gli altri, tutti, meno Uno).
francesco
p.s. Ma se si esce (euro) da dx o da sx la “Storia” in quanto processo asetticamente oggettivo si curerebbe delle nostre puerili voci in materia?
Se Berlusconi per ragioni controintuitive (soggettive) fosse uscito dall'euro, disobbedendo alla Troika, dedurremmo che Brancaccio per ragioni di coerenza politica (oggettive) avrebbe iniziato lo sciopero della fame?
p.p.s. Il solito difetto di autoreferenzialità che inficia le cose buone che fa e che potrebbe fare.
https://www.youtube.com/watch?v=0CTVhJ2sLXY
https://www.youtube.com/watch?v=pMpVLZiG3Q0
https://it.wikipedia.org/wiki/Autopoiesi
Livello di discussione infimo, idealismo che sfocia nel narcisismo e versione caricaturale del presunto nemico. Bagnai sta sempre inchiodato a quella discussione del 2014 in cui Brancaccio lo distrusse, con ragioni che sono perfino più solide oggi di allora. Se il professore di Pescara resta a questo livello, poi non si lamenti del fatto che Brancaccio da allora ha considerato la partita chiusa e non se lo è più filato minimamente. Rob
bah, commenti attenti più ad analizzare e criticare i presunti "deficit" di Bagnai e poca sostanza della sostanza. Incomprensibile. Lasciate a casa le questioni ed antipatie personali. Le volpi si stanno mangiando tutte le galline del pollaio e i galli imperterriti si beccano tra loro. Tutti anonimi, aribah. D'attorre, Fassina e quant'altri siano i benvenuti nel fronte riduttivamente definito "antieuro". Personalmente sarei disposto ad accettare persino Monti - senza però perdere il senso storico e dimenticare.
Più che l' autopoiesi colpisce la propensione all'apoptosi.
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