[ 3 ottobre ]
A partire da questa prima settimana di ottobre diamo forma ad una nuova rubrica, anzi ad un vero e proprio Bollettino Medico sullo stato di salute dell’Unione Europea. Il Bollettino uscirà ogni lunedì.
Budapest. Nella foto un recente corteo dei neofascisti di Jobbik.
I corifei dell’Unione europea, come spesso accade, se la cantano e se la suonano.
E’ il caso dell’editorialista Franco Venturini che sul Corriere della Sera di oggi, a commento del referendum ungherese, chiosa:
Non abbiamo alcuna simpatia per il nazional-liberista Orbàn (Venturini ci consentirà questa precisazione), siamo anzi ai suoi antipodi, ma che la piccola Ungheria non si sia piegata agli ordini degli oligarchi di Bruxelles e del gigante tedesco, è un segno dei tempi, ovvero, come andiamo dicendo e come la Brexit ha confermato, che la tendenza oggettiva dominante è alla disgregazione della Ue e, di converso degli stati nazionali a riprendersi le loro sovranità.
Questa avanzata delle spinte alla sovranità nazionale è confermata, semmai ce ne fosse stato bisogno, dalla disobbedienza al piano di distribuzione degli emigranti. E c’è poco da prendersela con Orbàn, se si considera che più di 160mila emigranti sono bloccati da un anno in Italia e Grecia e poco più di 5 mila sono stati riallocati dai paesi Ue. Nessuno stato Ue rispetta questo piano, nessuno, anche quelli in cui non ci sono “populisti” al governo.
La verità è che gli accordi di Schengen sono morti e sepolti, che i “muri” contro cui tanto si urla sono alzati dappertutto, a cominciare da governi che giurano sul loro “europeismo”, muri che sbarrano il passaggio agli esseri umani, non certo a merci e capitali. Muri che, rebus sic stantibus, non ricadranno tanto facilmente.
Budapest. Nella foto un recente corteo dei neofascisti di Jobbik.
I corifei dell’Unione europea, come spesso accade, se la cantano e se la suonano.
E’ il caso dell’editorialista Franco Venturini che sul Corriere della Sera di oggi, a commento del referendum ungherese, chiosa:
«Orbàn voleva dare uno schiaffo all’Europa, ma gli unghersi hanno dato uno schiaffo a lui: il referendum sui rifugiati non ha raggiunto ieri il 50% di partecipazione, e dunque non è valido. (…) Il nazional-populismo del Premier e il suo rifiuto di accogliere 1.300 migranti come richiesto dal piano di Bruxelles escono dalle urne con un clamoroso occhio nero al posto del trionfo che Orbàn si aspettava».Qui di clamoroso c’è solo la faccia tosta di Venturini. È vero che ha votato poco meno del 50% ma i No al piano di distribuzione dei richiedenti asilo ha ottenuto praticamente il cento per cento. Un simile risultato, checché ne dicano certi araldi mitomani dell’europeismo a prescindere, rafforza Orbàn ed è una sonora legnata per la cricca di Bruxelles. Gli euristi, in cuor loro, lo sanno molto bene, tant’è che ora tremano all’idea che l’esempio del referendum ungherese possa essere imitato, quantomeno dagli altri paesi del Gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia).
Non abbiamo alcuna simpatia per il nazional-liberista Orbàn (Venturini ci consentirà questa precisazione), siamo anzi ai suoi antipodi, ma che la piccola Ungheria non si sia piegata agli ordini degli oligarchi di Bruxelles e del gigante tedesco, è un segno dei tempi, ovvero, come andiamo dicendo e come la Brexit ha confermato, che la tendenza oggettiva dominante è alla disgregazione della Ue e, di converso degli stati nazionali a riprendersi le loro sovranità.
Questa avanzata delle spinte alla sovranità nazionale è confermata, semmai ce ne fosse stato bisogno, dalla disobbedienza al piano di distribuzione degli emigranti. E c’è poco da prendersela con Orbàn, se si considera che più di 160mila emigranti sono bloccati da un anno in Italia e Grecia e poco più di 5 mila sono stati riallocati dai paesi Ue. Nessuno stato Ue rispetta questo piano, nessuno, anche quelli in cui non ci sono “populisti” al governo.
La verità è che gli accordi di Schengen sono morti e sepolti, che i “muri” contro cui tanto si urla sono alzati dappertutto, a cominciare da governi che giurano sul loro “europeismo”, muri che sbarrano il passaggio agli esseri umani, non certo a merci e capitali. Muri che, rebus sic stantibus, non ricadranno tanto facilmente.
5 commenti:
I pennvendoli, specie quelli delle maggiori testate nazionali, sono dei semplici venditori di idee al servizio di qualsiasi padrone li paghi per asciugare inchiostro. Se domani in Italia va al potere Pol Pot o vanno al potere i seguaci di Lucifero, nel giro di un mese Venturini è diventato un comunista fervente o il primo sacerdote dell'Anticristo. E' gente a cui puramente e semplicemente non passa per la mente se le cose che scrivono siano giuste o sbagliate. I loro articoli sono gettoni mediatici inseriti nel distributore delle idee gestito e oliato dai poteri forti.
Concordo con l'articolo. Aggiungo che anche quegli altri che commentano la decisione di Orban di andare avanti scrivendo che "Il fatto che i risultati delle elezioni o dei referendum stiano diventando irrilevanti è ormai una tendenza diffusa nei paesi europei" non sono certo meno clamorosi di Venturini.
Faccio notare che anche il Partito Comunista Ungherese ("Partito dei lavoratori")era schierato per il no alle imposizioni europee.
Quì sotto una bella intervista al segretario. Magari si potrebbero invitare al prossimo meeting...
http://visegradpost.com/en/2016/08/30/gyula-thurmer-i-support-orbans-migration-policy/
Venturini non sa di cosa stia parlando, o se lo sa, è un imbroglione.
Sanno costoro che il referendum sull'adesione alla UE in Ungheria, celebrato nel 2003, ha ottenuto sì l'83% dei suffragi, ma votarono allora il 45% degli aventi diritto. Quindi, di cosa parlano? Allora il 45% andava alla grnade, ora la stessa percentuale dovrebbe decretare il fallimento? Un minimo di coerenza no?
In realtà, la regolamentazione dei referendum in Ungheria è stata definita nella legge del 1997, prevede che il risultato referendario diventa operante automaticamente nel caso che la partecipazione al voto superi il 50%. Se si situa tra il 25 e il 50%, ci vuole la ratifica parlamentare, e questo è il caso di cui parliamo, come del resto fu nel caso dell'adesione alla UE.
Sul piano politico, la scarsa partecipazione è una conseguenza ovvia del risultato scontato del referendum, gli elettori, sapendo che il proprio voto non cambierà il risutlato, non sono incentivati a prendersi la briga di andare al seggio a votare.
Qui il link a cui trovare le regole referendarie vigwenti in Ungheria:
https://www.sussex.ac.uk/webteam/gateway/file.php...
Grazie della precisazione Vincenzo
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