RIMUOVERE IL TABÙ DELLA QUESTIONE NAZIONALE
27 novembre. Se fosse vero che ieri il Senato, votando per la "decadenza" da parlamentare di Berlusconi avesse posto fine allo psicodramma, allora sì, allora avremmo mestamente festeggiato. Lo avremmo fatto per due semplici ragioni. La prima è che avremmo avuto un nemico giurato in meno, la seconda è che il blocco avversario più importante, quello degli armigeri dell'euro-dittatura col Pd in prima linea, sarebbe stato privato del principale argomento con cui ancora riesce ad ingannare tanti cittadini ed ottenere il loro consenso —alcuni davvero per rabbindolarli, altri, i ceti sociali che con l'euro si sono ingrassati, per assecondarli.
Ma Berlusconi non esce affatto di scena, ne rimarrà anzi al centro, da guastafeste indistruttibile. Ragione per cui avremo ancora tra i piedi il più indigesto frutto del berlusconismo: l'antiberlusconismo. C'è quindi poco da festeggiare, tanto più perché la momentanea umiliazione di Berlusconi non da un vantaggio alle forze antagoniste bensì a quelle sistemiche.
Ma come, ci chiederanno allibiti tanti compagni ossessionati dal Berlusca, voi non lo detestate? E come non potremmo detestarlo? Lo odiamo anzi, perché non solo rappresenta un crasso e picaresco capitalista. Lo odiamo per il ripugnante mondo valoriale e simbolico che incarna. Odio che non è affatto invidia, come a Lui piace pensare. L'invidia infatti si nutre di ammirazione.
A questi compagni rispondiamo che accanto al piano etico-valoriale e morale ce n'è uno squisitamente politico che, pur essendo connesso a quello, in sede di giudizio, va tenuto distinto dal primo. La battaglia politica è, ricordiamolo, la disciplina o l'arte di cambiare la società, quindi tattica e strategia per mutare i rapporti di forza, per indebolire il fronte avversario e, di converso, rafforzare il proprio.
Se è così vale il principio che è sempre meglio avere un nemico invece che due. La devastazione sociale causata dalla crisi e quindi anche dalle politiche euriste, ha indebolito il blocco dominante che fa dell'euro un totem e dell'Unione un dogma. Questo blocco è oggi debole, lo diventerà ancor di più col tempo, così che potrà essere battuto e mandato in frantumi; sconfitta che potrebbe finalmente aprire la via, attraverso una generale sollevazione popolare, ad un profondo cambiamento sociale.
Il problema è appunto che, come da tempo andiamo sostenendo, il fronte berlusconiano, dopo tanti stop and go, potrebbe esso entrare a gamba tesa nella battaglia, ficcandosi tra noi e il blocco dominante impugnando la bandiera della sovranità politica, dell'abbandono dell'eurozona. Non dopodomani ma oggi, visto che siamo alle porte della campagna per le elezioni europee, che saranno il decisivo banco di prova per verificare quanto diciamo. Le frattaglie berlusconiane hanno già fatto questa scelta di campo: la Lega Nord, Fratelli d'Italia, La Destra. Forza Italia reloaded, potrebbe fare altrettanto, diventando il perno di un blocco sociale di massa reazionario.
Un blocco sgangherato, un'accozzaglia di liberisti e statalisti, di nazionalisti e globalisti, ma con la potenza mediatica e finanziaria del Berlusca e usando linguaggi demagogici e nazionalisti punteranno a rappresentare e mobilitare il sempre più forte disagio contro le politiche austeritarie ed euriste, una rabbia che non dilaga solo tra le file del proletariato e del ceto medio pauperizzato ma pure in quelle di strati borghesi che non hanno saputo o voluto usare i vantaggi forniti a suo tempo dall'euro per darsi alla speculazione finanziaria.
Una simile scesa in campo potrebbe essere letale per le forze sovraniste rivoluzionarie e democratiche ancora deboli e minoritarie. A quel punto, dato il declino irrreversibile del blocco eurista, le destre riorganizzate (o ciò che potrebbe venir fuori dal loro seno) potrebbero loro pilotare e gestire l'uscita dall'euro, con le conseguenze sociali e politiche che ognuno (tranne alcuni intellettuali in cerca d'autore e privi di scrupoli) può facilmente immaginare —nel senso che le conseguenze dell'inevitabile shock sarebbero fatte pagare salate al mondo del lavoro salariato. Per non parlare del rischio di una svolta isituzionale decisamente autoritaria, che come sappiamo è nel Dna dei berluscones.
L'uno divisosi in due significa che avremo a che fare con due nemici, non uno soltanto.
Ciò avrà delle implicazioni enormi per le forze sovraniste rivoluzionarie e democratiche. Non occorre un grande sforzo d'immaginazione per prevedere che una buona parte dell'area sovranista che in questi ultimi due anni, anche grazie a noi, è venuta emergendo, sarà attratta e satellitata dalla calamita belusconiana. Certi amici di oggi diventeranno nemici. Se non accadrà il contrario, il distacco di pezzi importanti della sinistra dalla gabbia europeista, il risveglio dal loro sonno ipnotico, la lotta sarà impari e la svolta reazionaria di cui è gravida la società italiana (come del resto tutte in Occidente) da possibile diventerà altamente probabile. A quel punto saremo già entrati in un'altra fase, quella della resistenza democratica contro l'avventura reazionaria.
Non per questo i nostri detrattori hanno ragione nel sostenere che la battaglia sovranista per liberarci dall'euro-regime non va impugnata perché così facendo non faremmo che agevolare la possibile svolta reazionaria. Non si combatte questa minaccia facendo gli esorcismi, o addirittura mettendosi sotto la sottana delle oligarchie euro-globaliste e delle loro protesi politiche locali. Ciò otterrebbe l'effetto contrario, equivarrebbe a lasciare campo libero al moto reazionario. Si combatte questa minaccia, ben al contrario, occupando la prima linea della lotta per riconquistare la sovranità nazionale e, con essa, quella democratica e popolare, diventando insomma i campioni della battaglia per uscire dall'euro e difendere la Costituzione.
Non è né plausibile né ammissibile che a causa del rischio futuro di una svolta reazionaria all'insegna di un nazionalismo fascistoide si dimentichi che oggi il nemico principale è fino a prova contraria il regime eurista, oligarchico, liberista e globalista. E' esso che occupa tutti i gangli del sistema: finananziari, bancari, industriali, culturali e istituzionali.
Fa ribrezzo, in molte zone della sinistra, il solo alludere alla questione nazionale. Assistiamo così ad uno strano connubio, ad un vero e proprio inciucio tra i settori politici istituzionali asserviti alle oligachie finanziarie (per le quali le nazioni e i loro ordinamenti sono catene da spezzare), e interi pezzi delll'estrema sinistra extra-isituzionale che condannano a priori il concetto di nazione in nome di un malinteso internazionalismo. Questo connubio va spezzato. Non è possibile che forze antagoniste genuine fungano da quinta ruota del carro dei veri dominanti.
Il tabù della questione nazionale va rimosso. Prima è meglio è. E' sotto gli occhi di chi voglia vedere che il nostro Paese sta muorendo sotto il giogo dell'euro-regime; che col ricatto del debito esso subisce un embargo di fatto; che è stato soggiogato come se avesse scatenato e perso una guerra, obbligato quindi a pagare umilianti "riparazioni". L'Italia è stata privata della sua indipendenza effettiva, governata da dei Quisling che obbediscono a poteri esterni sovraordinanti, incaricati di spennare popolo e naziona affinché i debiti siano saldati.
Tutto questo, seppure in modo ancora confuso, sta facendo capolino tra i cittadini, destinato a diventare senso comune. Questa percezione si manifesta già in tutti i focolai di lotta che stanno accendendosi qua e la. Questo senso comune pulsante e ancora primitivo, non c'è dubbio, sarà un collante delle future battaglie sociali. Occorre incontrarlo per puntarlo contro i dominanti invece di fare gli scongiuri e sptargli addosso; attraversarlo per innervarlo di contenuti rivoluzionari, democratici e socialisti, ingaggiando una lotta senza quartiere contro il fascistume che farà leva sui pregiudizi e i sentimenti sciovinisti e xenofobi che allignano tra le masse, senza confondere perciò le masse con i demagoghi reazionari che vorrebbero mettersi alla loro testa.
Come già detto si può essere socialisti e libertari, internaziomalisti e patrioti.
27 novembre. Se fosse vero che ieri il Senato, votando per la "decadenza" da parlamentare di Berlusconi avesse posto fine allo psicodramma, allora sì, allora avremmo mestamente festeggiato. Lo avremmo fatto per due semplici ragioni. La prima è che avremmo avuto un nemico giurato in meno, la seconda è che il blocco avversario più importante, quello degli armigeri dell'euro-dittatura col Pd in prima linea, sarebbe stato privato del principale argomento con cui ancora riesce ad ingannare tanti cittadini ed ottenere il loro consenso —alcuni davvero per rabbindolarli, altri, i ceti sociali che con l'euro si sono ingrassati, per assecondarli.
Ma Berlusconi non esce affatto di scena, ne rimarrà anzi al centro, da guastafeste indistruttibile. Ragione per cui avremo ancora tra i piedi il più indigesto frutto del berlusconismo: l'antiberlusconismo. C'è quindi poco da festeggiare, tanto più perché la momentanea umiliazione di Berlusconi non da un vantaggio alle forze antagoniste bensì a quelle sistemiche.
Ma come, ci chiederanno allibiti tanti compagni ossessionati dal Berlusca, voi non lo detestate? E come non potremmo detestarlo? Lo odiamo anzi, perché non solo rappresenta un crasso e picaresco capitalista. Lo odiamo per il ripugnante mondo valoriale e simbolico che incarna. Odio che non è affatto invidia, come a Lui piace pensare. L'invidia infatti si nutre di ammirazione.
A questi compagni rispondiamo che accanto al piano etico-valoriale e morale ce n'è uno squisitamente politico che, pur essendo connesso a quello, in sede di giudizio, va tenuto distinto dal primo. La battaglia politica è, ricordiamolo, la disciplina o l'arte di cambiare la società, quindi tattica e strategia per mutare i rapporti di forza, per indebolire il fronte avversario e, di converso, rafforzare il proprio.
Se è così vale il principio che è sempre meglio avere un nemico invece che due. La devastazione sociale causata dalla crisi e quindi anche dalle politiche euriste, ha indebolito il blocco dominante che fa dell'euro un totem e dell'Unione un dogma. Questo blocco è oggi debole, lo diventerà ancor di più col tempo, così che potrà essere battuto e mandato in frantumi; sconfitta che potrebbe finalmente aprire la via, attraverso una generale sollevazione popolare, ad un profondo cambiamento sociale.
Il problema è appunto che, come da tempo andiamo sostenendo, il fronte berlusconiano, dopo tanti stop and go, potrebbe esso entrare a gamba tesa nella battaglia, ficcandosi tra noi e il blocco dominante impugnando la bandiera della sovranità politica, dell'abbandono dell'eurozona. Non dopodomani ma oggi, visto che siamo alle porte della campagna per le elezioni europee, che saranno il decisivo banco di prova per verificare quanto diciamo. Le frattaglie berlusconiane hanno già fatto questa scelta di campo: la Lega Nord, Fratelli d'Italia, La Destra. Forza Italia reloaded, potrebbe fare altrettanto, diventando il perno di un blocco sociale di massa reazionario.
Un blocco sgangherato, un'accozzaglia di liberisti e statalisti, di nazionalisti e globalisti, ma con la potenza mediatica e finanziaria del Berlusca e usando linguaggi demagogici e nazionalisti punteranno a rappresentare e mobilitare il sempre più forte disagio contro le politiche austeritarie ed euriste, una rabbia che non dilaga solo tra le file del proletariato e del ceto medio pauperizzato ma pure in quelle di strati borghesi che non hanno saputo o voluto usare i vantaggi forniti a suo tempo dall'euro per darsi alla speculazione finanziaria.
Una simile scesa in campo potrebbe essere letale per le forze sovraniste rivoluzionarie e democratiche ancora deboli e minoritarie. A quel punto, dato il declino irrreversibile del blocco eurista, le destre riorganizzate (o ciò che potrebbe venir fuori dal loro seno) potrebbero loro pilotare e gestire l'uscita dall'euro, con le conseguenze sociali e politiche che ognuno (tranne alcuni intellettuali in cerca d'autore e privi di scrupoli) può facilmente immaginare —nel senso che le conseguenze dell'inevitabile shock sarebbero fatte pagare salate al mondo del lavoro salariato. Per non parlare del rischio di una svolta isituzionale decisamente autoritaria, che come sappiamo è nel Dna dei berluscones.
L'uno divisosi in due significa che avremo a che fare con due nemici, non uno soltanto.
Ciò avrà delle implicazioni enormi per le forze sovraniste rivoluzionarie e democratiche. Non occorre un grande sforzo d'immaginazione per prevedere che una buona parte dell'area sovranista che in questi ultimi due anni, anche grazie a noi, è venuta emergendo, sarà attratta e satellitata dalla calamita belusconiana. Certi amici di oggi diventeranno nemici. Se non accadrà il contrario, il distacco di pezzi importanti della sinistra dalla gabbia europeista, il risveglio dal loro sonno ipnotico, la lotta sarà impari e la svolta reazionaria di cui è gravida la società italiana (come del resto tutte in Occidente) da possibile diventerà altamente probabile. A quel punto saremo già entrati in un'altra fase, quella della resistenza democratica contro l'avventura reazionaria.
Non per questo i nostri detrattori hanno ragione nel sostenere che la battaglia sovranista per liberarci dall'euro-regime non va impugnata perché così facendo non faremmo che agevolare la possibile svolta reazionaria. Non si combatte questa minaccia facendo gli esorcismi, o addirittura mettendosi sotto la sottana delle oligarchie euro-globaliste e delle loro protesi politiche locali. Ciò otterrebbe l'effetto contrario, equivarrebbe a lasciare campo libero al moto reazionario. Si combatte questa minaccia, ben al contrario, occupando la prima linea della lotta per riconquistare la sovranità nazionale e, con essa, quella democratica e popolare, diventando insomma i campioni della battaglia per uscire dall'euro e difendere la Costituzione.
Non è né plausibile né ammissibile che a causa del rischio futuro di una svolta reazionaria all'insegna di un nazionalismo fascistoide si dimentichi che oggi il nemico principale è fino a prova contraria il regime eurista, oligarchico, liberista e globalista. E' esso che occupa tutti i gangli del sistema: finananziari, bancari, industriali, culturali e istituzionali.
Fa ribrezzo, in molte zone della sinistra, il solo alludere alla questione nazionale. Assistiamo così ad uno strano connubio, ad un vero e proprio inciucio tra i settori politici istituzionali asserviti alle oligachie finanziarie (per le quali le nazioni e i loro ordinamenti sono catene da spezzare), e interi pezzi delll'estrema sinistra extra-isituzionale che condannano a priori il concetto di nazione in nome di un malinteso internazionalismo. Questo connubio va spezzato. Non è possibile che forze antagoniste genuine fungano da quinta ruota del carro dei veri dominanti.
Il tabù della questione nazionale va rimosso. Prima è meglio è. E' sotto gli occhi di chi voglia vedere che il nostro Paese sta muorendo sotto il giogo dell'euro-regime; che col ricatto del debito esso subisce un embargo di fatto; che è stato soggiogato come se avesse scatenato e perso una guerra, obbligato quindi a pagare umilianti "riparazioni". L'Italia è stata privata della sua indipendenza effettiva, governata da dei Quisling che obbediscono a poteri esterni sovraordinanti, incaricati di spennare popolo e naziona affinché i debiti siano saldati.
Tutto questo, seppure in modo ancora confuso, sta facendo capolino tra i cittadini, destinato a diventare senso comune. Questa percezione si manifesta già in tutti i focolai di lotta che stanno accendendosi qua e la. Questo senso comune pulsante e ancora primitivo, non c'è dubbio, sarà un collante delle future battaglie sociali. Occorre incontrarlo per puntarlo contro i dominanti invece di fare gli scongiuri e sptargli addosso; attraversarlo per innervarlo di contenuti rivoluzionari, democratici e socialisti, ingaggiando una lotta senza quartiere contro il fascistume che farà leva sui pregiudizi e i sentimenti sciovinisti e xenofobi che allignano tra le masse, senza confondere perciò le masse con i demagoghi reazionari che vorrebbero mettersi alla loro testa.
Come già detto si può essere socialisti e libertari, internaziomalisti e patrioti.
11 commenti:
Effettivamente è quello che ho pensato anch'io: M...CHIA C'E' DA FESTEGGIARE? La cosa che però mi faceva più tristezza erano quei giovincelli con la bandierina viola coi manifesti a caratteri cubitali con scritto "L'ITALIA ADESSO E' LIBERA"
Poveracci, nun c'hanno capito una mazza
Viandante
nessun commento, solo un condivido appieno l'editoriale.
Un po' pessimistico ma corretto.
Ci vuole molto coraggio a riprendere il concetto di Patria per depurarlo dalle connotazioni negative della nostra storia recente e della altrui storia contemporanea. Ma è una battaglia vincente, nella misura in cui la si riesce a porta sul terreno popolare, delle masse perdenti nella guerra d'Europa dominata finora da elite e minoranze indebitamente privilegiate.
Politica popolare contro i falsi populismi, comprese certe derive grilliane. Se si riesce a conquistare il cuore dei volontari onesti del M5S, la quasi totalità, gli spazi d'azione politica ed ideologica diventano finalmente reali.
Alberto Conti
Leggo sul sito del L.U.P.O. di Osimo un'analisi del tutto convergente:
«Lo spettacolo del cavaliere dimezzato non serve oggi per sancire un qualche passaggio di carattere istituzionale o nelle forme di rappresentanza, come fu in parte il passaggio tra prima e seconda repubblica, quando impallinarono il suo mentore Craxi; tale salto storico si è realizzato, recentemente,
con l’insediamento diretto dell’eurocrazia (Monti e Letta) al governo di un paese fino allora a pseudo-democrazia bipolare.
Serve invece a distrarre i coglioni, quelli che ancora (sempre meno, fortunatamente) tifano invece di pensare. Non a caso la decadenza interviene, con tempestiva regia bi-partisan, proprio quando il parlamento blinda la manovra economica definita, oggi, di stabilità; in realtà l’ennesima che punta a destabilizzare il paese.
Mentre questi si vendono pure la madre e costringeranno le future generazioni di italiani a vivere in un paese espropriato da capitali stranieri e privati, si manda in scena l’ennesima commedia all’italiana; e c’è da scommettere che fra non molto dovremmo assistere anche allo show di un Brancaleone suonato che si scaglia contro l’euro trovando, magari, un ulteriore e comprensibile consenso, visto la pavida titubanza della sinistra che si definisce antagonista ad occupare quello spazio politico. Spazio che sta diventando ampia prateria, come dimostrano LePen e Salvini».
Geremia
"Si combatte questa minaccia, ben al contrario, occupando la prima linea della lotta per riconquistare la sovranità nazionale e, con essa, quella democratica e popolare, diventando insomma i campioni della battaglia per uscire dall'euro e difendere la Costituzione."
Ben detto! Condivido pienamente, sebbene personalmente veda la riconquista della sovranità nazionale (compresa quella monetaria in primis) un'impresa ardua e impegnativa al massimo, da affrontarsi con una parola d'ordine imprescindibile "UNITA''".
"Non è possibile che forze antagoniste genuine fungano da quinta ruota del carro dei veri dominanti."
Ovviamente la "qualifica" di antagoniste va intesa con riferimento al "sistema".
Appare tuttavia difficile, se non impossibile che lo strazio sanguinoso che da chi aveva interesse a farlo è stato artatamente provocato per tutta la prima metà del secolo XX e che ha lasciato fra individui e popoli una montagna smisurata di rancori, dolori, odio e risentimenti , possa attenuarsi del tutto. Mezzo secolo è breve periodo storico perché la masse arrivino a capire che è stata tutta una feroce e cinica manovra per arrivare al dominio mondiale.
Con raffinatissima arte alchemica sono stati creati e messi l'uno contro l'altro enormi Golem per combattersi a morte e dividersi fra loro con abissi di odio colmati di sangue. Il gioco è riuscito perfettamente e questo dimostra di quale calibro siano le potenzialità delle forze sistemiche.
ieri l'altro ascoltavo una anziana signora, una appartenente agli strati sociali subalterni, lamentarsi del fatto che alcune medicine che prima erano gratis deve pagarle; mi domando leggendo l'editoriale, che condivido, ed i commenti, come interloquire con coloro che vengono massacrati dal governo vassallo della bce, per rendere convinzione comune la necessità di uscire dall'europa ed il ritorno alla nostra moneta nazionale, e la urgenza della riconquista della indipendenza nazionale; qui in sicilia feudo della dc, sarà una fatica titanica, perchè il potere democristiano non ha mai cessato di esistere, e col governo "alfaletta", estenderà le radici in profondità ed ampiezza, perchè la miseria si espande, ed in fondo al tunnel non si intravvede alcuna luce anche se fioca; la sinistra non esiste, ne radicale ne moderata; i forconi probabile che saranno ancora sottovalutati, e tacciati di populismo , parola dispregiativa tanto cara al nipote dello zio; le burocrazie sindacali sono intente a gestire i pensionati da portare, ogni morte di papa, a roma in gita per delle manifestazioni di regime; intanto la disoccupazione divora speranze per alimentare il mostro del nulla; come nel film "la storia infinita"
A GRIENTI
Quanto scoramento!
Dovremmo smetterla tutti di lamentarci e di farci pippe mentali su facebook per autoconsolarci.
Invertiamo la rotta che stiamo entrando in un'epoca di grandi sconvolgimenti. Militanza! organizzazione!
Iniziamo quindi ad andare in mezzo al popolo, informiamolo, chiamiamolo alla lotta.
Ma per infondere coraggio occorre essere i primi ad averlo.
Bisogna cioè vincere il nemico oscuro che è in noi, la nostra sensazione d'impotenza.
ne scoramento, ne pippe mentali su facebook; solamente la constatazione che la sfida è impari, perchè il nemico di classe è potente anche se non invincibile; però la mia domanda di cui sopra scaturisce dal fatto che gli antagonismi vanno in ordine sparso, e quasi tutti autoreferenziali, a difesa del loro presunto verbo culturale politico, quale l'unico che scardinerà le porte scee; e con gli editoriali forbiti e competenti e necessari non si riuscirà a contaminare il pensare comune degli strati sociali subalterni; cari compagni della redazione se ne avessi le capacità letterarie e di sintesi, potrei scrivere tomi interi sul mio impegno quotidiano sempre dalla parte di coloro che hanno torto; la lotta deve continuare, ma senza una organizzazione plurale e di classe, le delusioni non finiranno mai.
Suggeriamo ai nostri lettori di dare uno sguardo all'articolo,di Roberto D'Alimonte (Il Sole di ieri 28/11): Il dopo-Cavaliere e le vie del centrodestra.
Dopo aver ricordato che il centro-destra berlusconiano è passato dai 18milioni di voti del 2001 ai 7milioni e trecento mila del Pdl nel 2013 crive (otto milioni di voti persi) D'Alimonte scrive:
«La storia politica di Silvio Berlusconi non è chiusa ieri con il voto sulla sua decadenza da senatore. Il Cavaliere esce dal Parlamento, ma non dalla politica. Quanto meno non subito. Infatti non ci si deve dimenticare mai che, nonostante tutto, ha ancora dalla sua parte sei-sette milioni di elettori fedeli. È il nocciolo duro del berlusconismo. Finché potrà contare su questi voti, e sulle sue risorse finanziarie e mediatiche, il Cavaliere non è finito».
E Poi:
«Oggi il vero problema per lui è quello di riuscire a conservare la fedeltà di questi elettori.
L'uscita di Forza Italia dal governo fa parte di questa strategia. Quella di ricordare a chi lo ha votato in passato che i motivi di quel voto non sono svaniti. Il governo Letta-Alfano è tornato a essere il governo delle tasse e dell'Europa della Merkel. Questa è l'arma che il Cavaliere utilizzerà per difendere il suo nocciolo duro».
Demetrio
" Forza Italia reloaded, potrebbe fare altrettanto, diventando il perno di un blocco sociale di massa reazionario"
Il rischio è più che probabile e la prospettiva non è affatto rassicurante. Le "classi" che si auto-reputano "alte" o "medio alte", in genere sono prive di una visione politica nitida e realistica tanto che si potrebbe senza alcun dubbio definire presuntuosa. I "Dominatori" se ne infischiano della loro supponenza, ma sanno sfruttarla per i loro scopi che includono, in primis, l'indebolimento e l'annientamento progressivo delle Libertà dei Cittadini .
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