24 novembre. E' con grande dolore che apprendiamo della scomparsa, dopo lunga malattia, del filosofo Costanzo Preve. Anzi, del Compagno filosofo Costanzo, poiché questo è stato ed è restato fino alla fine, malgrado la indegna campagna di fango con cui certa sinistra ha tentato di isolarlo a causa della sua indipendenza di pensiero. Una sinistra, come giustamente scrive il Campo, "in quanto a profondità di pensiero non gli arriva nemmeno alle ginocchia".
Nella notte del 23 novembre, all’età di settanta anni, è venuto a mancare Costanzo Preve.
Lo conoscemmo come intellettuale comunista a metà degli anni ’80, attraverso i suoi scritti, che leggevamo sulla rivista Marx101. Costanzo aveva nel frattempo preso le distanze dal suo maestro Luis Althusser, conosciuto da studente a Parigi negli anni ’60.
Alcuni di noi lo incontrarono nel 1990, in occasione di un congresso di Democrazia Proletaria. Era appena crollato il Muro di Berlino. Respinse la nostra proposta di diventare portabandiera dell’estrema sinistra. Malgrado ciò, quando prese forma poco dopo Rifondazione comunista, i diversi capi-corrente di Democrazia proletaria, anche approfittando della malattia che lo tenne temporaneamente lontano dall’agone politico, gli voltarono le spalle. Essi non lo consideravano “affidabile”. Costanzo in effetti, ed è questa una caratteristica che lo distinguerà per sempre, era geloso della sua indipendenza intellettuale, rifiutandosi di fare “l’intellettuale di partito”, ovvero di mettersi al servizio di questo o quel ceto politico.
Guarito dalla sua prima malattia si rigettò in modo sistematico negli studi filosofico-politici, dando alla stampe alcuni volumi.
Era giunto alle conclusioni a cui resterà fedele fino alla fine:
(1) Il “comunismo storico-novecentesco” marx-leninista (fatti salvi alcuni essenziali contributi del maoismo (ma fino alla rivoluzione culturale), era morto e sepolto e nessuno lo avrebbe mai potuto resuscitare;
(2) La teoria marxista restava uno strumento indispensabile per interpretare i fatti storico-sociali, ma andava superata in avanti, sottoponendola ad un processo di radicale de-costruzione;
(3) Questa decostruzione doveva condurre alla rinuncia di due postulati filosofici marxiani che la storia aveva destituito di ogni fondamento scientifico, ovvero [a] che la tesi che la classe salariata aveva una capacità trans-modale si era dimostrata errata, vista l'incapacità di questa classe di fungere da levatrice del modo socialistico di produzione e [b] che occorreva sbarazzarsi delle forti dosi di utopismo marxiano, anzitutto dell’idea del comunismo come palingenesi universale e società egualitaria armonica e perfetta;
(4) Da queste premesse giunse al paradigma che tanto scandalo suscitò a sinistra, ovvero che occorreva abbandonare la “dicotomia destra-sinistra” in quanto entrambe erano diventate maschere della globalizzazione imperialistica a predominio americano, una globalizzazione che veniva dipinta come una fase oramai post-capitalista, globalizzazione contro la quale si doveva lottare in ogni maniera, sostenendo le resistenze e le lotte di liberazione nazionali, a partire da quella palestinese.
Lo rincontrammo nel 1999, quando scese in campo contro l’aggressione NATO alla Jugoslavia e aiutò la causa antimperialista con brevi scritti polemici di rara efficacia.
Nell’estate dell’anno 2000 fu così nostro ospite al Campo Antimperialista di Assisi, di cui fu
uno dei protagonisti. Partecipò a tutti i Campi successivi, fino a quello del 2004 (vedi foto), come sostenne ogni passo della straordinaria esperienza antimperialista di quegli anni, passando per la prova del fuoco dell’appoggio alla Resistenza irachena (2003-2005).
Preve non diventò tuttavia un esponente del Campo, come noi, malgrado le dicerie in senso contrario, non diventammo “previani”. La più sincera comunanza nelle battaglie antimperialiste, che Costanzo abbracciò in modo coraggioso e indomito, non ci permetteva di accogliere tutti gli aspetti e le conseguenze del suo prolifico quanto aporetico pensiero.
Non condividemmo la tesi che la globalizzazione fosse andata fino al punto di conformare un sistema sociale post-capitalista; non condividemmo il suo cupio dissolvi della teoria marxista, né la furia iconoclastica contro quello che luì chiamava “comunismo storico novecentesco”. Non accettammo l’idea che fosse morta per sempre la “dicotomia destra-sinistra”. Abbiamo infine criticato la sua adesione ad un certo “geopoliticismo metafisico”, che lo ha condotto alla condanna delle sommosse popolari arabe dell’inverno-primavera del 2010-11.
Rifiutammo sempre, tuttavia, con tenacia, la vergognosa condanna all’ostracismo che Costanzo dovette subire da parte non solo degli intellettuali della sinistra sistemica ma pure di quella “radicale”, che in quanto a profondità di pensiero non gli arrivano nemmeno alle ginocchia. Fino alla fine abbiamo mantenuto con lui rapporti di amicizia e sincera solidarietà, fondati sulla reciproca stima, quella di chi resta irriducibilmente nemico dello stato di cose presente, di chi non negozia la propria indipendenza dal potere; rapporti diradatisi negli ultimi mesi, ma solo a causa del suo stato di salute.
Avremmo voluto esserti accanto compagno Costanzo, farti sentire la nostra vicinanza. La distanza non ce lo ha permesso. Ti saremo vicini custodendo la tua memoria, nella lotta per quel mondo nuovo che non hai mai smesso di pensare e di desiderare.
Nella notte del 23 novembre, all’età di settanta anni, è venuto a mancare Costanzo Preve.
Lo conoscemmo come intellettuale comunista a metà degli anni ’80, attraverso i suoi scritti, che leggevamo sulla rivista Marx101. Costanzo aveva nel frattempo preso le distanze dal suo maestro Luis Althusser, conosciuto da studente a Parigi negli anni ’60.
Alcuni di noi lo incontrarono nel 1990, in occasione di un congresso di Democrazia Proletaria. Era appena crollato il Muro di Berlino. Respinse la nostra proposta di diventare portabandiera dell’estrema sinistra. Malgrado ciò, quando prese forma poco dopo Rifondazione comunista, i diversi capi-corrente di Democrazia proletaria, anche approfittando della malattia che lo tenne temporaneamente lontano dall’agone politico, gli voltarono le spalle. Essi non lo consideravano “affidabile”. Costanzo in effetti, ed è questa una caratteristica che lo distinguerà per sempre, era geloso della sua indipendenza intellettuale, rifiutandosi di fare “l’intellettuale di partito”, ovvero di mettersi al servizio di questo o quel ceto politico.
Guarito dalla sua prima malattia si rigettò in modo sistematico negli studi filosofico-politici, dando alla stampe alcuni volumi.
Era giunto alle conclusioni a cui resterà fedele fino alla fine:
(1) Il “comunismo storico-novecentesco” marx-leninista (fatti salvi alcuni essenziali contributi del maoismo (ma fino alla rivoluzione culturale), era morto e sepolto e nessuno lo avrebbe mai potuto resuscitare;
(2) La teoria marxista restava uno strumento indispensabile per interpretare i fatti storico-sociali, ma andava superata in avanti, sottoponendola ad un processo di radicale de-costruzione;
(3) Questa decostruzione doveva condurre alla rinuncia di due postulati filosofici marxiani che la storia aveva destituito di ogni fondamento scientifico, ovvero [a] che la tesi che la classe salariata aveva una capacità trans-modale si era dimostrata errata, vista l'incapacità di questa classe di fungere da levatrice del modo socialistico di produzione e [b] che occorreva sbarazzarsi delle forti dosi di utopismo marxiano, anzitutto dell’idea del comunismo come palingenesi universale e società egualitaria armonica e perfetta;
(4) Da queste premesse giunse al paradigma che tanto scandalo suscitò a sinistra, ovvero che occorreva abbandonare la “dicotomia destra-sinistra” in quanto entrambe erano diventate maschere della globalizzazione imperialistica a predominio americano, una globalizzazione che veniva dipinta come una fase oramai post-capitalista, globalizzazione contro la quale si doveva lottare in ogni maniera, sostenendo le resistenze e le lotte di liberazione nazionali, a partire da quella palestinese.
Lo rincontrammo nel 1999, quando scese in campo contro l’aggressione NATO alla Jugoslavia e aiutò la causa antimperialista con brevi scritti polemici di rara efficacia.
Nell’estate dell’anno 2000 fu così nostro ospite al Campo Antimperialista di Assisi, di cui fu
Assisi agosto 2000. Costanzo a sinistra |
Preve non diventò tuttavia un esponente del Campo, come noi, malgrado le dicerie in senso contrario, non diventammo “previani”. La più sincera comunanza nelle battaglie antimperialiste, che Costanzo abbracciò in modo coraggioso e indomito, non ci permetteva di accogliere tutti gli aspetti e le conseguenze del suo prolifico quanto aporetico pensiero.
Non condividemmo la tesi che la globalizzazione fosse andata fino al punto di conformare un sistema sociale post-capitalista; non condividemmo il suo cupio dissolvi della teoria marxista, né la furia iconoclastica contro quello che luì chiamava “comunismo storico novecentesco”. Non accettammo l’idea che fosse morta per sempre la “dicotomia destra-sinistra”. Abbiamo infine criticato la sua adesione ad un certo “geopoliticismo metafisico”, che lo ha condotto alla condanna delle sommosse popolari arabe dell’inverno-primavera del 2010-11.
Rifiutammo sempre, tuttavia, con tenacia, la vergognosa condanna all’ostracismo che Costanzo dovette subire da parte non solo degli intellettuali della sinistra sistemica ma pure di quella “radicale”, che in quanto a profondità di pensiero non gli arrivano nemmeno alle ginocchia. Fino alla fine abbiamo mantenuto con lui rapporti di amicizia e sincera solidarietà, fondati sulla reciproca stima, quella di chi resta irriducibilmente nemico dello stato di cose presente, di chi non negozia la propria indipendenza dal potere; rapporti diradatisi negli ultimi mesi, ma solo a causa del suo stato di salute.
Avremmo voluto esserti accanto compagno Costanzo, farti sentire la nostra vicinanza. La distanza non ce lo ha permesso. Ti saremo vicini custodendo la tua memoria, nella lotta per quel mondo nuovo che non hai mai smesso di pensare e di desiderare.
"Oggi la peccaminosità è compiuta e forse ci sono le precondizioni sociali perché una nuova forma di coscienza possa nascere. Io non la vedrò sicuramente, ma è molto possibile che le persone che hanno oggi venti o trent'anni non soltanto la vedano, ma ne siano anche protagonisti". [Costanzo Preve]
9 commenti:
Grande, grande, grande Costanzo!
Resterai sempre un esempio per tutti gli onesti di cosa significa libertà di pensiero e coscienza umana.
Una vita degna di essere vissuta.
Alberto Conti
Ho avuto la fortuna di conoscerlo ad un convegno a Milano organizzato dal Punto Rosso nei primi anni novanta, dove si discuteva proprio della ratifica del trattato di Maastricht,assieme ad altri economisti "eterodossi"come Samir Amin, grande accusatore,già allora del carattere reazionario e antipopolare di quello che una pseudo sinistra enfatizzava come un traguardo irrinunciabile.Costanzo fece un intervento lucido,"eretico",come il nome della rivista che aveva contribuito a fondare assieme ad altri compagni non allineati al coro di osanna per" l'Europa".Non condividevo il giudizio eccesivamente liquidatorio sullo strumento analitico marxiano a cui però non ha mai attribuito disvalore,ma una certa staticità discorsiva da aggiornare.Assieme al suo grande amico Gianfranco La Grassa ha scritto pagine memorabili su ciò che era diventata o meglio,su quello che è sempre stata in fondo la sinistra maggioritaria di matrice stalinista,per la quale il nemico principale andava individuato soprattutto alla sua sinistra, creando quel cortocircuito letale per le classi subalterne ipnotizzate dalla "forza degli argomenti"della nomenklatura di un partito che con quel trattato aveva definitivamente consegnato le masse all'odiosa oligarchia oggi imperante.Essendo poi originario della mia città ed avendo frequentato la facoltà di filosofia,per me rappresentava comunque,nonostante le divergenze "ontologiche", un sicuro riferimento per l'autonomia di pensiero.La cultura tutta, non solo quella umanistica, perde un altro uomo di grande spessore intellettuale e morale,mai deferente verso il potere declinato nelle sue varie forme e contenuti.Ciao Costanzo che la terra ti sia lieve! Luciano (un marxista dell'Illinois)
Ho avuto l'opportunità di conoscerlo al Campo Anti-Imperialista del 2004 dopo aver letto alcuni suoi articoli su Comunitarismo ed un suo libro.
Ritengo fosse l'unico intellettuale italiano che abbia realmente colto l'assoluta necessità di proporre una nuova idea di società, mentre il resto della galassia comunista continuava (e continua) a rovistare tra i cocci del Socialismo Reale e la chincaglieria
delle solite trite e ritrite parole d'ordine dell'Estrema Sinistra.
Non posso certo dire di averlo conosciuto bene (e forse la mia opinione è sbagliata), ma mi addolora molto questa notizia.
Guido
"ANTI-PREVIANO"
Ieri 24 novembre, un lettore ci ha inviato questo commento.
«E' morto Costanzo Preve, pace all'anima sua!
Ha lavorato tutta una vita, per tenere separato il proletariato, ha cercato di mostrarsi superiore al barbuto di Treviri, senza, tuttavia arrivargli nemmeno alle ginocchia, e sopratutto, non gliene mai fregato niente dei subalterni di questa bella società, infatti, è rimasto appollaiato per tutta la vita, sulla sua poltrona universitaria.
"Questa decostruzione doveva condurre alla rinuncia di due postulati filosofici marxiani che la storia aveva destituito di ogni fondamento scientifico, ovvero [a] che la tesi che la classe salariata aveva una capacità trans-modale si era dimostrata errata, vista l'incapacità di questa classe di fungere da levatrice del modo socialistico di produzione e [b] che occorreva sbarazzarsi delle forti dosi di utopismo marxiano, anzitutto dell’idea del comunismo come palingenesi universale e società egualitaria armonica e perfetta".
[....]
Antipreviano »
Tagliamo la frase finale, perché la riteniamo inqualificabile.
Ammetto di non aver mai approfondito il pensiero di Preve. L'ho scoperto per caso su internet, sul canale di Diego Fusaro nel quale discutevano di filosofia, mi colpì molto la sua teoria del comunitarismo, nel quale Preve mirava a una formulazione del comunismo sotto forme democratiche.
Non ho capito se questa sua teoria è quella che ha portato i suoi detrattori ad accusarlo di "rossobrunismo". Ma se così fosse, cosa c'è di rossobruno nel voler coniugare comunismo con democrazia? Mi sembra un paradosso.
Luigi
@25 novembre 2013 11:18
Eh, mio caro, la crudele battaglia delle idee spesso rende folli coloro che la perdono... esattamente come diventano folli i soldati di un esercito battuto sul campo e inseguito dal nemico trionfante. Non è mica facile ammettere di essersi sbagliati! Bisogna essere puri come fanciulli per dire "non ci avevo capito un cazzo... ma ciò nonostante ho ancora qualcosa da dire".
Già, perché qui nessuno vuole escludere coloro che hanno avuto torto... magari la prossima volta avranno ragione loro!
Ma il narcisismo è una brutta malattia, e "io" è il pronome più lurido che esista.... come ricorda spesso uno che dovrebbe fare un Bagn...o di umiltà.
Ammazza ahò quanno so' perfido!
"ROSSOBRUNISMO"?
Infatti.
Al fondo Preve ha difeso e sviluppato l'idea di un "comunismo democratico", di un comunismo non organicista, sulla base dell'idea che la dimensione individuale è irriducibile, aspetto essenziale dell'essere umano.
Figurati se Preve aveva una qualsiasi simpatia per i fascisti!
Anche io ho letto pochissimo di Preve. Apprezzo il suo sforzo teorico di superare un certo marxismo ossificato, la sua lotta contro gli estremismi dell'antifascismo militante e la sua analisi sulle questioni nazionali. Tuttavia mi pare di cogliere un continuum nella sua esperienza di "intellettuale": un costante rifiuto di "sporcarsi le mani", un atteggiamento spesso distruttivo e poche volte costruttivo (dall'altro di una "cattedra"). Per non parlare di alcune analisi geopoliticiste e della "dichiarazione di voto" per la Le Pen. Insomma, massimo rispetto per l'uomo e anche per il pensatore politico-filosofico, però la rivoluzione la faranno altri. E la faranno sporcandosi le mani (e pure sbagliando).
Ho avuto il piacere di conoscere personalmente Costanzo Preve,a partire dall'invito che lui accettò con grande piacere di discutere qui a Salerno i temi di un suo importante libro pubblicato qualche anno prima:L'ideologia italiana(ed. Vangelista)nel luglio 1998.Fin dalle prime battute,nonostante la mia attiva esperienza nel campo dell'organizzazione e divulgazione culturale,mi resi conto di trovarmi di fronte non ad un semplice studioso,ma di fronte ad uno dei pensatori più originali e radicali del panorama filosofico italiano ed europeo,altro che i soliti accademici conformisti fino al nichilismo intellettuale!In seguito il nostro rapporto è continuato leggendo i suoi libri ed articoli ed andando a trovarlo a Torino ogni volta che potevo.L'ho sentito al telefono solo pochi giorni prima della morte,e al pensiero della sua dipartita così improvvisa mi si gela il cuore.Alla disamina del suo pensiero andranno dedicate analisi ed iniziative adeguate; non può essere questa la sede per un bilancio critico immediato,ma una cosa va detta e ribadita subito: Costanzo era un pensatore discutibile,nel senso che le sue tesi,sempre sconcertanti per i "luogocomunisti" e per il "politicamente corretto" richiedevano sempre una discussione attenta ed appassionata,provocavano sempre prese di posizione e dibattiti,perchè provocavano apposta le coscienze,e in ciò lui era autenticamente filosofo nel senso più schietto e genuino del termine.Si può consentire o dissentire sulla "capacità o incapacità transmodale della classe operaia",sull'esurimento o meno della dicotomia Destra-Sinistra,sulla mancanza di un "orizzonte trascendentale logico-ontologico" nel marxismo,sull'attualità dell'Idealismo tedesco,etc.Noi tutti,amici,compagni,allievi,discepoli,nonchè critici ed avversari siamo qui per questo.Ma su di una cosa non è possibile discutee o dubitare: sulla sua cristallina onestà intelletuale e sulla sua integrità e buona fede.Quest'uomo sofferente per lunghi anni,nella solitudine e nella malattia ha prodotto uno sforzo di pensiero a dir poco titanico,che nulla ha da invidiare,per ampiezza di respiro,varietà e ricchezza di temi trattati al magistero intelletuale di Croce o Gramsci.Preve è stato,insieme a Massimo Bontempelli,uno dei pochissimi intellettuali "organici" della nostra epoca,organico non a questa o quella sigla o formazione politica,ma alla Verità.L'unico che abbia fornito categorie adeguate a leggere il nostro tempo secondo il principio,di ascendenza lukacsiana,di "totalità contraddittoria",e dunque a comprenderlo veramente.Coloro che lo criticano,magari in buona fede,orecchiando qualche proposizione decontestualizzata o qualche polemica,lo leggano bene prima e poi pronuncino un giudizio. Per comprenderlo veramente si richiede quella che Hegel chiamava appunto "fatica del concetto". Nello
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