Il primo scopo del convegno è quello di capire come dall'euro si può uscire. Attendiamo fatalisticamente il crollo? Oppure cerchiamo di mettere in moto un grande movimento di popolo affinché l'uscita non equivalga ad una catastrofe e apra la strada ad un futuro migliore?
Secondo scopo: qual'è questo futuro migliore a cui aneliamo? Che idea di società e di paese abbiamo in testa? E quali sono le forze sociali e politiche per realizzarlo?
Il terzo scopo interroga la sinistra. Intendiamo per sinistra quella vasta area di movimenti sociali, di forze politiche e sindacali, di correnti culturali e intellettuali che hanno lottato come hanno potuto contro lo schiacciasassi della globalizzazione, contro i governi di centro-destra e centro-sinistra.
Questa sinistra pulita e antagonista è stata cacciata in un angolo, anzitutto a causa della sinistra sistemica imperniata attorno al Partito democratico, pilastro del regime eurista e Cavallo di Troia con cui le classi dominanti hanno corrotto e piegato l'opposizione sociale.
Noi crediamo due cose: la prima è che se la sinistra antagonista non entra in campo restando a marcire nelle sue trincee la strada sarà spianata ad avventure reazionarie. La seconda è che questa sinistra potrà risorgere, diventare protagonista di una partita storica per il futuro del nostro Paese, se e solo se deciderà di liberarsi del tabù europeista (alle cui spalle c'è l'idiosincrasia verso l' identità nazionale) e avrà il coraggio di impugnare la battaglia contro l'euro e per la sovranità monetaria —che entro la gabbia eurista è diventato il simbolo stesso della sovranità popolare.
Vorremmo quindi sfatare l'idea che contro l'euro sia in campo solo la mucillaggine di certa destra politica, i cascami del berlusconismo in cerca di rifugio, e di converso l'opinione fatalista che l'uscita dalla gabbia eurista non possa che farci precipitare nelle braccia di populismi revanchisti. Si può essere sovranisti e socialisti, internazionalisti e patrioti, anti-euro e democratici.
I media europei, anzitutto italiani, hanno tutto l'interesse a fare credere che chi è contro l'euro è di destra e che, gratta gratta, è un nostalgico del fascismo. La ragione di questa propaganda è evidente: gli oligarchi e i loro pupazzi politici hanno bisogno di spaventare, per addomesticarla, l'opinione pubblica, anzitutto quella dei proletari, delle classi meno abbienti, che sono quelle che, se decideranno di sollevarsi, faranno saltare in aria in un baleno la gabbia dell'euro —che è politica prima ancora che economica. Per questi oligarchi è quindi indispensabile contare su una sinistra compiacente e asservita, perché malgrado tutto è proprio questa sinistra che ancora rappresenta il grosso dei lavoratori.
Questo insidioso sforzo propagandistico delle forze di regime, quello di far apparire come "populisti reazionari" tutti coloro che sono contro l'euro-dittatura, e che la sinistra è tutta eurista, è agevolato, loro malgrado, da alcuni intellettuali che da destra non vengono affatto, ma che picchiano ossessivamente sul tasto della "fine della dicotomia destra sinistra", volendo dirci che qui occorre uscire dall'euro punto, e che non importa chi accompagni il Paese verso l'uscita, quale politiche adotterà, quale modello sistemico e di relazioni sociali ha in mente. Non sarà un caso che certi discorsi, frutto di un quarantennio di sfondamento del pensiero unico, attecchiscano proprio a destra.
Che per sconfiggere la potente armata eurista sarà necessario, ad un certo punto, unire il più vasto arco di forze resistenti, noi siamo i primi a sostenerlo. Ma se si parla di unità, di alleanza, è implicito, nello stesso concetto, che si tratta di unione tra forze diverse, differenti non solo ideologicamente ma anche in virtù dei diversi interessi sociali che rappresentano.
Cosa hanno in mente i becchini della "dicotomia"? Che queste differenze dalle profonde radici storiche siano sparite? ma quando mai! O peggio, hanno in testa di opporre, al pensiero unico oggi dominante, un'altro pensiero unico, il loro nella fattispecie?
A parte che sarebbe un bel brutto mondo quello in cui fossero spariti le opposizioni di pensiero, le diverse concezioni del mondo, i differenti ideali; noi diciamo chiaro e tondo che per noi i principi ideali socialisti non sono negoziabili, sono non solo un faro, sono la linfa a cui attingiamo la nostra tenacia.
Per farla breve il nostro motto è il seguente: colpire uniti, marciare separati.
9 commenti:
Forse sarebbe utile considerare se solo la dicotomia destra/sinistra possa determinare differenziazioni.
Qualcuno potrebbe usare la dicotomia sviluppisti/ambientalisti, tanto per fare un esempio significativo.
Ancora, si potrebbe evitare di usare la monodimensionalità delle dicotomie, ed entrare nel merito delle singole proposte: altro che annullare le differenze!
Sarebbe bene specificare quali sono questi ideali socialisti che vi guiderebero perché se parlate di marxismo credo che sarà difficile anche colpire insieme se invece parliamo di Keynesianesimo allora vinceremo insieme
Anch'io comincio a convincermi che molte ricette marxiste non valgano per l'attuale emergenza. Il post capitalismo mondialista e super-imperialista è qualcosa di diverso dal capitalismo su cui disquisisce Marx.
Un uovo di Tirannosaurus Rex diventerà Tirannosaurus Rex, ma quando la metamorfosi è compiuta si salvi chi può.
questa cosa della fine della "dicotomia" mi pare proprio una grandissima fregnaccia, alla moda.
Uno che aspira ad una società basata sull'eguaglianza sociale come volete definirlo se non di sinistra. Che deve cambiare i suoi connotati perché i media definiscono sinistra gli zombi del Pd?
Uno che sostiene che c'è e ci sarà sempre la lotta di classe tra sfruttati e sfruttatori e che difende gli sfruttati come volete chiamarlo? Uno di centro? Uno di destra?
Sotto sotto quelli della fine della dicotomia (alla Fusaro per capirci) pensano che sia finita la lotta di classe.
Questa è la verità.
ANDREA
Ecco cosa intendiamo per "SOCIALISMO"
«La società deve sbarazzarsi del mito ideologico che considera l’economia un meccanismo automatico indipendente a cui gli uomini sono obbligati a sottostare. Socialista è quel sistema in cui la politica viene prima dell’economia, la quale è strettamente posta sotto il controllo pubblico per finalizzarla al bene comune, di cui l’eguaglianza è la forma compiuta. Il passaggio dal capitalismo al socialismo potrà avvenire solo grazie ad una serie di audaci cambiamenti progressivi, che saranno tanto più solidi quanto più fondati sul consenso e la partecipazione popolare. Nella fase di transizione o pre-socialista, il mercato dovrà sottostare a regole pubbliche, poiché sappiamo che esso non distribuisce affatto equamente e razionalmente le risorse disponibili. Il diritto di proprietà non sarà incondizionato, la comunità dovrà limitarlo ogni volta che arrechi danno ai principi della fratellanza e dell’eguaglianza, della sicurezza sociale, del buon vivere, dei diritti di cittadinanza precedentemente esposti e all’eco-sistema. Ogni accumulazione che violi questo principio dovrà essere considerata illecita e punita per legge. Tra le differenti forme di proprietà, la società avrà il dovere di promuovere quella autogestita e comunitaria, in cui i cittadini, invece di faticare come schiavi, siano protagonisti della produzione, partecipi delle scelte della loro azienda, primi fruitori dei suoi risultati. Tutti i settori strategici di interesse nazionale, telecomunicazioni, trasporti, energia, istruzione, sanità, previdenza, banche, assicurazioni, dovranno essere di proprietà pubblica, e posti sotto il controllo dei lavoratori per evitare burocratismo, spreco di risorse e corruzione».
(Dalla Carta dei Principi di Mpl)
I DIECI COMANDAMENTI
Detto questo: è fastidioso non poco l'approccio di Attilio, per cui l'unità contro il comune nemico va bene ma solo su... tra keynesiani. Le alleanze si fanno tra diversi, non tra simili o, addirittura tra omologhi.
Giusto: l'Economia deve essere (ed è comunque) ancella della politica e ad essa subordinata in vista degli obiettivi che si pone lo Stato. Ovviamente quando si tratta di uno stato come si deve: cioè libero, autonomo e indipendente (possibilmente anche democratico).
In sostanza ed in ogni modo, l'economia obbedisce al potere sia in uno stato, sia in un impero.
Attualmente si sta consolidando un impero universale e si vede bene che politica e quale economia abbiamo.
Non era mia intenzione creare fastidio e se così è stato mi scuso. Grazie per il chiarimento anche perché i nostri ideali non sono poi così distanti anzi sono più vicini di quanto pensassi. Credo proprio che se non potremo marciare uniti lo potremo sicuramente fare affiancati.
Non potrà esserci svolta fino a quando la sinistra continuerà a ignorare la questione monetaria, cioè il fatto che il denaro è creato dal sistema bancario e prestato alla comunità a interesse (prestiti allo stato: debito pubblico; prestiti a privati: debito privato). Allo Stato è impedito creare denaro. Questo meccanismo genera inevitabilmente un debito impossibile da restituire che alla lunga porta la comunità a diventare schiava del sistema bancario, come sta di fatto accadendo. E la sinistra, cioè i vertici, sono stati i grandi complici nell'instaurazione di questo sistema. Adesso, la sinistra (mi riferisco ai vertici PD ovviamente e quindi all'intero gruppo parlamentare PD) sono assolutamente contro il popolo, all'insaputa dei loro elettori.Il PD è diventato il partito più antipopolare di tutti.
Cesare P.
Finalmente la sinistra inizia a discutere di uscita dall'euro!!!
Vorrei dire all'ultimo anonimo, del 22 novembre ore 10:29:
ma scusa, come fai a definire di sinistra il PD? Perché (a parole, solo a parole) si è opposto a Berlusconi?
e l'art. 18?
e la riforma Fornero?
e la svendita delle aziende italiane?
chi le ha votate?
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