Eppur si muove
il sinedrio dei farisei, detto Parlamento, ratifica Fiscal compatct e MES/ESM
Ieri la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato il famigerato Fiscal compact [1]. 368 favorevoli, 65 contrari, 65 astenuti. Contro hanno votato i leghisti, l'Idv e un'ampia pattuglia del Pdl (altri 43 pidiellini non hanno partecipato al voto). Tutti i deputati del Pd hanno votato a favore, beninteso.
Subito dopo via libera anche alla ratifica del nuovo Trattato MES/ESM [2]: 325 favorevoli, 53 contrari e 36 astenuti. Quelli dell'Idv questa volta si sono astenuti. Un atteggiamento grottesco, visto che il MES/ESM, per ciò che attiene a politica economica antipopolare e lesione della democrazia, decisamente peggiorativo del Fiscal compact. I peones del PD, di nuovo compatti a favore —il che fa di loro dei veri e propri ultrà della dittatura oligarchica europea, le guide indiane degli occupanti, i campioni della svendita della sovranità nazionale.
Ieri, insomma, il Parlamento dei farisei e dei sicofanti, ha compiuto un gesto di portata storica! E' quindi assolutamente clamoroso e indegno il silenzio dei telegiornali e dei principali quotidiani, che hanno relegato la notizia nelle pagine interne, o non ne hanno parlato affatto. La qual cosa attesta come quella dei giornalisti sia, nell'ambito della casta, la fazione più ignobile.
In questo panorama ci pare degno di nota quanto pubblicato oggi sul sito di Rifondazione comunista (vedi più sotto). Si tratta di un articolo firmato, non di una presa ufficiale di posizione. Tuttavia, per la prima volta, dalla tribuna del Prc, si alza una voce che afferma che «...non vi è ormai altra alternativa a quella dell’uscita dall’Euro. La quale, da decisione si trasforma in necessità indotta dagli eventi... E, come i fatti stanno dimostrando, la chiave decisionale non è un’inesistente Europa, ma sono gli ancora esistenti (per il momento), Stati Nazionali».
Se son rose fioriranno, verrebbe da dire. C'è di che essere pessimisti, tuttavia. Troppi sono coloro i quali, in vece di pensare al futuro del popolo lavoratore sono occupati a mercanteggiare col Pd uno strapuntino nel futuro Parlamento.
di Rodolfo Ricci*
Nel più ampio silenzio mediatico che si sia mai registrato (assenza di servizi radiotelevisivi pressoché totale, autocensura della quasi totalità dei giornali), la Camera dei Deputati ha ratificato oggi, con grande zelo e senza alcun dibattito significativo, con l’opposizione di 65 parlamentari di Italia dei Valori e Lega e con l’astensione di altri 65 parlamentari, il cosiddetto “Fiscal Compact”, che entrerà in vigore il prossimo gennaio a condizione che almeno 12 paesi lo abbiano ratificato (al momento erano solo 9, Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania e Slovenia).
L’Italia è quindi il decimo paese. Come si vede non ci sono ancora né Francia, né Germania, paese in cui la Corte Costituzionale si è riservata di emettere entro Settembre, la propria sentenza sulla costituzionalità o meno del provvedimento, che limita definitivamente e rende permanente, almeno per i prossimi 20 anni, la sovranità dei singoli paesi che lo accettano in materia di politica economica e sociale.
Il «fiscal compact» prevede infatti, come punti centrali, “l’impegno delle parti contraenti ad applicare e ad introdurre, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato, con norme costituzionali o di rango equivalente, la ‘regola aurea’ per cui il bilancio dello Stato deve essere in pareggio o in attivo”. “Qualora il rapporto debito pubblico/Pil superi la misura del 60%, (in Italia siamo al 120%) le parti contraenti si impegnano a ridurlo mediamente di 1/20 all’anno per la parte eccedente tale misura”. “Qualsiasi parte contraente che consideri un’altra parte contraente inadempiente rispetto agli obblighi stabiliti dal patto di bilancio può adire la Corte di giustizia dell’Ue, anche in assenza di un rapporto di valutazione della Commissione europea”.
Il meccanismo significa per il nostro paese la definitiva cancellazione di ogni ipotesi di ruolo pubblico nello sviluppo (già peraltro ottenuto con la recente l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione), ma soprattutto obbliga al rientro del 50% dell’ammontare complessivo del debito pubblico che eccede il 60% del PIL.
Attualmente il nostro debito è pari ad oltre 1.900 miliardi Euro e raggiungerà entro fine 2012/inizio 2013, i 2.000 miliardi di Euro.
Dal 2013, oltre alle normali manovre di riduzione del Deficit di bilancio, al finanziamento dell’ESM e di probabili altre misure a salvataggio di altri paesi della zona Euro, dovremo aggiungere la somma impressionante di ulteriori 50 Miliardi all’anno da reperire con salassi generalizzati sulla ricchezza pubblica e privata italiana.
E questo non per un anno, ma per i prossimi 20 anni. Con questo provvedimento, il futuro di due e più generazioni di italiani è ipotecato e ancorato ad una nuova e permanente dimensione di miseria sociale. Il patrimonio pubblico sarà sacrificato sull’altare di questa decisione ideologica del neoliberismo che ha messo al rogo Keynes e le sue scoperte decisive per lo sviluppo del modello sociale europeo della seconda parte del ‘900, ed con cui una classe politica imbelle, totalmente ignorante delle conseguenze di ciò che ha sottoscritto, ha abdicato senza averne adeguata coscienza o per costitutiva subalternità, al ruolo che i principi democratici riconquistati nel dopoguerra e la Costituzione Italiana le avevano riservato.
Sarà bene tenere a mente i nomi di questa banda di irresponsabili bipartisan (del PDL del PD dell’UDC e degli altri gruppuscoli che sostengono Monti) che al Senato (il 12 luglio scorso) e alla Camera (oggi 19 luglio) hanno votato a favore: abbiamo 20 anni ed oltre per ricordare in ogni occasione a queste persone il danno decisivo e irrecuperabile che hanno causato con questa decisione al nostro paese.
La decisione di oggi rende tra l’altro insignificante la presunta battaglia politica tra il cosiddetto centro-sinistra e il centro-destra a cui dovremmo assistere di qui a poco: qualsiasi maggioranza parlamentare e qualsiasi governo ne risulti eletto alle prossime elezioni, a meno che non decida di uscire dall’Euro e dall’Unione Europea denunciando questo contratto e i trattati, non avrà alcuna possibilità di rinverdire le sorti economiche del paese e il recupero di uno spazio sociale coerente con i principi dello Stato Sociale.
Si può dire che con l’approvazione del Fiscal Compact, termina definitivamente, in Italia, la democrazia fondata sulla sovranità popolare e nazionale.
Si apre una nuova epoca post-democratica, post-capitalistica e dai caratteri autoritari e neo-feudali, una configurazione che è la sola, secondo i sostenitori postumi del neoliberismo, per garantire la sopravvivenza sistemica di poteri nazionali ed internazionali costituiti dai processi di finanziarizzazione dell’economia, dei beni comuni, della natura e della vita di centinaia di milioni di persone.
La decisione presa costituisce infatti un volano formidabile di ulteriore recessione, una spirale senza fondo che si aggraverà di anno in anno e che non raggiungerà alcuno degli obiettivi decantati dalle elite tecnocratiche europee: il prossimo anno, i miliardi da sborsare per soddisfare solo la decisione assunta oggi dal Parlamento, in corrispondenza di un PIL che diminuirà almeno del 2% nel 2012, farà lievitare le 20 rate annuali, ben oltre il previsto, rendendone impraticabile la gestione, a meno di una svendita progressiva dei beni fisici del paese, cioè di una nuova colonizzazione dell’Italia. Il salasso finanziario imposto dal Fiscal Compact sarà del 2,5% del PIL attuale, a bocce ferme, ma facile ipotizzare che esso possa cresce fino al 3-4%.
Alla fine del ventennio, nel 2043, il bel paese potrebbe assomigliare ad un grande spazio geografico simile a quello del dopoguerra, le cui maestranze saranno state riconvertite in guide turistiche e camerieri al servizio dei turisti dei paesi avanzati d’Europa, d’Asia e d’America.
Una nuova Dolce Vita e magari nuove Cinecittà, insieme allo svuotamento del territorio delle nuove generazioni in fuga verso altri lidi.
Non tutto è perduto, tuttavia, ammesso che, a questo punto, tutte le ambiguità e le incertezze presenti nella sinistra sociale e politica vengano sciolte: se si vuole continuare a pensare ad un futuro potabile e sostenibile socialmente, non vi è ormai altra alternativa a quella dell’uscita dall’Euro. La quale, da decisione si trasforma in necessità indotta dagli eventi.
La posta in gioco è ora o il declino sociale definitivo gestito e condotto dai poteri delle elites interne ed esterne, oppure recuperare sovranità e democrazia rischiando periodi certamente molto difficili e dolorosi, come altre situazioni ci hanno mostrato, ma recuperando alle popolazioni, il ruolo di decisore.
Il un certo senso, si tratta di decidere se ci accodiamo all’antica abitudine di “Francia o Spagna (oggi Germania) purchè se magna”, oppure se riproviamo, come in altri contesti storici risorgimentali, a contare sulle nostre forze, espungendo tutti gli elementi di costrizione esterne e di subalternità di classe interne.
Secondo alcuni c’è una terza via, che sarebbe la più sensata e politicamente corretta, quella di una reale e completa unità politica europea e di un nuovo protagonismo delle classi lavoratrici del continente. Ma questa possibilità esisteva, per quanto ci riguarda come italiani, fino a ieri.
Da oggi questa prospettiva è casomai da recuperare solo con passaggi nazionali che impongano la distruzione dell’Europa neoliberista e la sua ricostruzione in Europa sociale; in cui si sia capaci di imporre il recupero dell’equilibrio tra pubblico e privato, di processi democratici autonomi e non subalterni ai mercati, di mettere un guinzaglio ferreo e permanente alla finanza, allo strapotere dei megagruppi bancari e alle imprese multinazionali: insomma solo a condizione che si estrometta per sempre l’ideologia neoliberista e che si inauguri il nuovo paradigma di sostenibilità sociale ed ambientale, di una nuova centralità dell’uomo e della vita contro la riduzione dell’uomo e della vita a numeri e rapporti contabili.
Tutte cose giuste e condivisibili, ma dal punto di vista politico, ciò può avere qualche chance di realizzarsi solo se, al punto a cui siamo arrivati, saremo in grado di far saltare il banco.
E, come i fatti stanno dimostrando, la chiave decisionale non è un’inesistente Europa, ma sono gli ancora esistenti (per il momento), Stati Nazionali. E’ a questi, infatti che si è chiesta la ratifica della nuova dogmatica. E’ da questi che essa può essere fatta saltare.
* Fonte: rifondazione.it
Nel più ampio silenzio mediatico che si sia mai registrato (assenza di servizi radiotelevisivi pressoché totale, autocensura della quasi totalità dei giornali), la Camera dei Deputati ha ratificato oggi, con grande zelo e senza alcun dibattito significativo, con l’opposizione di 65 parlamentari di Italia dei Valori e Lega e con l’astensione di altri 65 parlamentari, il cosiddetto “Fiscal Compact”, che entrerà in vigore il prossimo gennaio a condizione che almeno 12 paesi lo abbiano ratificato (al momento erano solo 9, Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania e Slovenia).
L’Italia è quindi il decimo paese. Come si vede non ci sono ancora né Francia, né Germania, paese in cui la Corte Costituzionale si è riservata di emettere entro Settembre, la propria sentenza sulla costituzionalità o meno del provvedimento, che limita definitivamente e rende permanente, almeno per i prossimi 20 anni, la sovranità dei singoli paesi che lo accettano in materia di politica economica e sociale.
Il «fiscal compact» prevede infatti, come punti centrali, “l’impegno delle parti contraenti ad applicare e ad introdurre, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato, con norme costituzionali o di rango equivalente, la ‘regola aurea’ per cui il bilancio dello Stato deve essere in pareggio o in attivo”. “Qualora il rapporto debito pubblico/Pil superi la misura del 60%, (in Italia siamo al 120%) le parti contraenti si impegnano a ridurlo mediamente di 1/20 all’anno per la parte eccedente tale misura”. “Qualsiasi parte contraente che consideri un’altra parte contraente inadempiente rispetto agli obblighi stabiliti dal patto di bilancio può adire la Corte di giustizia dell’Ue, anche in assenza di un rapporto di valutazione della Commissione europea”.
Il meccanismo significa per il nostro paese la definitiva cancellazione di ogni ipotesi di ruolo pubblico nello sviluppo (già peraltro ottenuto con la recente l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione), ma soprattutto obbliga al rientro del 50% dell’ammontare complessivo del debito pubblico che eccede il 60% del PIL.
Attualmente il nostro debito è pari ad oltre 1.900 miliardi Euro e raggiungerà entro fine 2012/inizio 2013, i 2.000 miliardi di Euro.
Dal 2013, oltre alle normali manovre di riduzione del Deficit di bilancio, al finanziamento dell’ESM e di probabili altre misure a salvataggio di altri paesi della zona Euro, dovremo aggiungere la somma impressionante di ulteriori 50 Miliardi all’anno da reperire con salassi generalizzati sulla ricchezza pubblica e privata italiana.
E questo non per un anno, ma per i prossimi 20 anni. Con questo provvedimento, il futuro di due e più generazioni di italiani è ipotecato e ancorato ad una nuova e permanente dimensione di miseria sociale. Il patrimonio pubblico sarà sacrificato sull’altare di questa decisione ideologica del neoliberismo che ha messo al rogo Keynes e le sue scoperte decisive per lo sviluppo del modello sociale europeo della seconda parte del ‘900, ed con cui una classe politica imbelle, totalmente ignorante delle conseguenze di ciò che ha sottoscritto, ha abdicato senza averne adeguata coscienza o per costitutiva subalternità, al ruolo che i principi democratici riconquistati nel dopoguerra e la Costituzione Italiana le avevano riservato.
Sarà bene tenere a mente i nomi di questa banda di irresponsabili bipartisan (del PDL del PD dell’UDC e degli altri gruppuscoli che sostengono Monti) che al Senato (il 12 luglio scorso) e alla Camera (oggi 19 luglio) hanno votato a favore: abbiamo 20 anni ed oltre per ricordare in ogni occasione a queste persone il danno decisivo e irrecuperabile che hanno causato con questa decisione al nostro paese.
La decisione di oggi rende tra l’altro insignificante la presunta battaglia politica tra il cosiddetto centro-sinistra e il centro-destra a cui dovremmo assistere di qui a poco: qualsiasi maggioranza parlamentare e qualsiasi governo ne risulti eletto alle prossime elezioni, a meno che non decida di uscire dall’Euro e dall’Unione Europea denunciando questo contratto e i trattati, non avrà alcuna possibilità di rinverdire le sorti economiche del paese e il recupero di uno spazio sociale coerente con i principi dello Stato Sociale.
Si può dire che con l’approvazione del Fiscal Compact, termina definitivamente, in Italia, la democrazia fondata sulla sovranità popolare e nazionale.
Si apre una nuova epoca post-democratica, post-capitalistica e dai caratteri autoritari e neo-feudali, una configurazione che è la sola, secondo i sostenitori postumi del neoliberismo, per garantire la sopravvivenza sistemica di poteri nazionali ed internazionali costituiti dai processi di finanziarizzazione dell’economia, dei beni comuni, della natura e della vita di centinaia di milioni di persone.
La decisione presa costituisce infatti un volano formidabile di ulteriore recessione, una spirale senza fondo che si aggraverà di anno in anno e che non raggiungerà alcuno degli obiettivi decantati dalle elite tecnocratiche europee: il prossimo anno, i miliardi da sborsare per soddisfare solo la decisione assunta oggi dal Parlamento, in corrispondenza di un PIL che diminuirà almeno del 2% nel 2012, farà lievitare le 20 rate annuali, ben oltre il previsto, rendendone impraticabile la gestione, a meno di una svendita progressiva dei beni fisici del paese, cioè di una nuova colonizzazione dell’Italia. Il salasso finanziario imposto dal Fiscal Compact sarà del 2,5% del PIL attuale, a bocce ferme, ma facile ipotizzare che esso possa cresce fino al 3-4%.
Alla fine del ventennio, nel 2043, il bel paese potrebbe assomigliare ad un grande spazio geografico simile a quello del dopoguerra, le cui maestranze saranno state riconvertite in guide turistiche e camerieri al servizio dei turisti dei paesi avanzati d’Europa, d’Asia e d’America.
Una nuova Dolce Vita e magari nuove Cinecittà, insieme allo svuotamento del territorio delle nuove generazioni in fuga verso altri lidi.
Non tutto è perduto, tuttavia, ammesso che, a questo punto, tutte le ambiguità e le incertezze presenti nella sinistra sociale e politica vengano sciolte: se si vuole continuare a pensare ad un futuro potabile e sostenibile socialmente, non vi è ormai altra alternativa a quella dell’uscita dall’Euro. La quale, da decisione si trasforma in necessità indotta dagli eventi.
La posta in gioco è ora o il declino sociale definitivo gestito e condotto dai poteri delle elites interne ed esterne, oppure recuperare sovranità e democrazia rischiando periodi certamente molto difficili e dolorosi, come altre situazioni ci hanno mostrato, ma recuperando alle popolazioni, il ruolo di decisore.
Il un certo senso, si tratta di decidere se ci accodiamo all’antica abitudine di “Francia o Spagna (oggi Germania) purchè se magna”, oppure se riproviamo, come in altri contesti storici risorgimentali, a contare sulle nostre forze, espungendo tutti gli elementi di costrizione esterne e di subalternità di classe interne.
Secondo alcuni c’è una terza via, che sarebbe la più sensata e politicamente corretta, quella di una reale e completa unità politica europea e di un nuovo protagonismo delle classi lavoratrici del continente. Ma questa possibilità esisteva, per quanto ci riguarda come italiani, fino a ieri.
Da oggi questa prospettiva è casomai da recuperare solo con passaggi nazionali che impongano la distruzione dell’Europa neoliberista e la sua ricostruzione in Europa sociale; in cui si sia capaci di imporre il recupero dell’equilibrio tra pubblico e privato, di processi democratici autonomi e non subalterni ai mercati, di mettere un guinzaglio ferreo e permanente alla finanza, allo strapotere dei megagruppi bancari e alle imprese multinazionali: insomma solo a condizione che si estrometta per sempre l’ideologia neoliberista e che si inauguri il nuovo paradigma di sostenibilità sociale ed ambientale, di una nuova centralità dell’uomo e della vita contro la riduzione dell’uomo e della vita a numeri e rapporti contabili.
Tutte cose giuste e condivisibili, ma dal punto di vista politico, ciò può avere qualche chance di realizzarsi solo se, al punto a cui siamo arrivati, saremo in grado di far saltare il banco.
E, come i fatti stanno dimostrando, la chiave decisionale non è un’inesistente Europa, ma sono gli ancora esistenti (per il momento), Stati Nazionali. E’ a questi, infatti che si è chiesta la ratifica della nuova dogmatica. E’ da questi che essa può essere fatta saltare.
* Fonte: rifondazione.it
[1] Si tratta di un accordo di diritto internazionale, posto fuori dall’ambito giuridico del Trattato di Lisbona e, pertanto, non (ancora) rientrante nel diritto comunitario. L’accordo si coordina con le norme del cosiddetto “Six-Pack”, evoluzione del Patto di stabilità e crescita per rendere più unitaria, rapida ed efficace la governanceeconomica dell’Unione (che in passato, per la verità, non ha dato grande prova di sé, mancando di una “cabina di regia” unica).
Il Fiscal Compact prevede una serie di “regole d’oro” che ruotano attorno al principio dell’equilibrio di bilancio. In particolare, questi i principali punti contenuti nei 16 articoli del Trattato:
1) Il deficit strutturale di ogni Paese non deve superare lo 0,5% del PIL (l’1% nel caso in cui il debito pubblico sia inferiore al 60%).
2) Gli Stati con debito pubblico superiore al 60% del PIL hanno tempo 20 anni per rientrare al di sotto di tale soglia, ad un ritmo pari ad un ventesimo della quota eccedente per ogni anno.
3) Ogni Stato deve garantire correzioni automatiche quando non sia in grado di raggiungere altrimenti gli obiettivi di bilancio concordati, con precise scadenze.
4) Il rapporto deficit/PIL deve essere mantenuto sempre al di sotto del 3%, come previsto dal Patto di stabilità e crescita; sanzioni semi-automatiche scatteranno in caso di mancato rispetto del vincolo.
5) È previsto l’impegno ad inserire le “regole d’oro” nella Costituzione (o comunque nella legislazione nazionale), con verifica da parte della Corte europea di giustizia, a Lussemburgo.
6) I 17 Paesi dell’Eurozona si impegnano a riunirsi almeno 2 volte all’anno in periodici vertici.
[2] Staremo a vedere se la Corte costituzionale tedesca approverà il MES/ESM. La decisione verrà presa a settembre. la ragione per cui la Corte si è presa tempo è chiara: il MES/ESM implica non solo una deroga al Tratto di Lisbona del 2007, ma la più grave offesa alla sovranità nazionale dei singoli paesi. Il MES/ESM di fatto sottrae ai singoli paesi la facoltà di decidere e stabilire una sovrana politica economica, delegandola ad un organismo, quello del MES appunto, che non risponde a nessun parlamento, ma solo ad una ristretta oligarchia asservita ala grande finanza globale —"piccolo" particolare: le deliberazioni del MES sono incontrovertibili, i Parlamenti nazionali non potranno né opporvisi né ritardarle, saranno immediatamente esecutive. Da notare che gli stregoni del MES/ESM godranno della totale immunità e saranno legibus solutus.
21 commenti:
dopo ammirevole analisi e bel pensiero cosa fareste domattina??
Domanda idiota
marco
Risposta invece intelligentissima ed acuta, come a dire siamo un popolo di inermi.
A.D.
Repetite iuvant.
Se leggeste i post del blog sapreste benissimo in che modi e direzioni propone di muoversi.
Se poi voi siete così intelligenti e pieni di soluzioni, prego, aspetto di leggere le vostre analisi e proposte.
marco
scusa Marco,
come Mpl non abbiamo nemmeno avuto il tempo di svolgere la prima assemblea costitutiva, l'avremo a fine ottobre. Per prima cosa abbiamo esposto un piano per uscire da questo marasma. ma a quelli come te sembra poco, sembra niente. Quelli come te, stanno alla finestra e vogliono vedere i miracoli, vogliono vedere "i fatti". Impegnatevi piuttosto invece di piagnucolare, decidete da che parte stare, analizzate cosa dicono le varie forze politiche, la giustezza delle loro analisi, la serietà e la coerenza dei loro dirigenti, ma poi gettatevi nella mischia. Se ci lasciate soli come poi potete pretendere che facciamo i fatti? Per cambiare la realtà occorre una forza d'urto, e questa forza va accumulata presto. Ma la forza senza idee chiare non serve, una forza non indirizzata ad uno scopo si disperderebbe al vento.
Forse hai sbagliato indirizzo xchè io penso e sostengo esattamente quello che scrivi tu, in contrasto con quanto scritto dal primo anonimo e da A.D.
Il piano del MPL è quanto di meglio c'è in giro, e i vostri sforzi e analisi sono ammirevoli.
Tra l'altro, in campo economico, molti si accorgono solo ora di cose che voi dite da mesi.
Spero di poter venire alla prima assemblea costitutiva.
Ciao,marco
Scrivo da Pordenone, seguo sollevazione da un anno. All'inizio vi consideravo "catastrofisti". Adesso la realtà sta superando le vostre stesse previsioni. Occorre agire, i tempi stringono, ma qui è un deserto. L'ambiente da cui vengo, la vecchia rifondazione, è in catalessi. Al di la non conoscono nessuno. la situazione è disperante. Sarò pessimista ma tempo che finiremo in un baratro e il vostro appello ad "evitare la catastrofe" andrà a vuoto. Dove stanno le forze che possono abbattere Monti e dare vita ad un governo d'emergenza popolare? Dove? Avremo un dolorosissimo calvario con tanto di sconfitta storica di ciò che resta della sinistra di classe. E non venitemi a dire che Grillo è l'alternativa, lo mangeranno in un boccone. Se solo Rifondazione prendesse atto della gravità della situazione, se avesse il coraggio di dire che occorre farla finita con l'europa dei banchieri e dell'euro, forse potrebbe fungere da catalizzatore. Il Mpl è troppo debole per svolgere questa funzione. Non basta avere idee buone, occorre avere la forza sufficiente, perché senza forza anche le migliori idee vengono portate via del vento.
Scusate la mia diagnosi sconfortante.
Elio
Catastrofisti? Gli amici di Sollevazione sono degli inguaribili ottimisti. Non dicono una parola sui decenni di guerra che ci aspettano. Sconfitta storica della sinistra? Vedrete che quando la gente si vedrà morire i figli di fame e di freddo qualcuno ammazzeranno.
No ragazzi di MpL, avete ragione solo in parte.
Primo, invito tutti quelli che leggono il blog a CACCIARE I SORDI!
E' inutile stare qui a pontificare; si ha il diritto di dire qualsiasi cosa, qualsiasi stupidaggine come quelle che dico io SOLO SE SI CACCIANO I SOLDI OGNUNO SECONDO LE PROPRIE POSSIBILITA'. Mano al portafogli e si faccia un salto alle poste per donare a MpL prego, altrimenti si è solamente l' ennesimo esemplare di tipico italiota medio pipparolo.
Secondo, per voi di MpL: guardate che se le vostre analisi politico-economiche sono pienamente confermate dagli sviluppi che stiamo vivendo, rimane il fatto che non si capisce minimamente cosa pensiate di fare (la stessa cosa leggendo Bagnai, Piga e via dicendo. Grandi analisti ma un tantino contemplativi anziché no, almeno da quello che si legge). Ad Assisi, dove verrò in rigoroso incognito, parlerete del movimento e delle alleanze. E cominciate a parlarne adesso, no? Fra oggi e la sollevazione c'è di mezzo il mare, vogliamo parlare di come vogliamo nuotare, quanto, con chi, verso dove?
AVVISO IMPORTANTE A TUTTI: secondo alcune indiscrezioni sta(rebbe) per essere proposta l'introduzione di particolare tipo di reato d'opinione, volto a colpire le persone critiche verso l'unità dell'Europa nonché i suoi simboli ed elementi costitutivi (inclusa la moneta unica).
Se una cosa del genere dovesse passare - e speriamo che non accada mai - diventerà impossibile dissentire, poiché alle voci critiche sarà riservato un trattamento ben delineato: il carcere.
Luciano, parli del Mandato di cattura europeo? Potete darci ragguagli?
No, non parlo del mandato di cattura europeo (che tra l'altro esiste già da anni): sto invece parlando del reato di "anti-europeismo". Quest'ultimo sarà un reato d'opinione molto simile al reato di "negazionismo dell'Olocausto" (in vigore in Francia). Chiunque avrà a contestare l'unità europea o i suoi simboli sarà accusato di "anti-europeismo" e sottoposto ad una pena pecuniaria o detentiva.
E' già pronto, anche per il nostro Paese.
Il Reato di Antieuropeismo è già stato evocato un mesetto fa su Sollevazione, in un commento a "Se Frau Merkel va alla partita".
Questo (inquietante) commento che riporto con copia incolla:
"Luca, semplicemente democratico 23 giugno 2012 14:04
Voi vi credete tanto buoni, belli e bravi perché volete uscire dall'UE ed abbandonare l'Euro in favore di una svalutatissima liretta. Ma siete in 4 gatti, e dovrete rassegnarvi... Io ho la fortuna di militare in un partito (il PD) che considera irrinunciabile la straordinaria opportunità che ci è stata data (l'Europa Unita).
E' ora di fare gli Stati Uniti d'Europa, perché dalla crisi si esce con "più europa".
E so che nel mio partito molta gente inizia ad essere stanca di quelli che propagano idee anti-europeiste; c'è diversa gente che auspica l'introduzione di un apposito reato d'opinione nel nostro ordinamento legislativo: il reato di Euroscetticismo. Basterebbe una piccola modifica alla Costituzione per renderlo possibile. In altri Paesi europei hanno reso reato il negazionismo della Shoah, quindi una cosa simile sarebbe perfettamente possibile.
E' ora che gli euro-scettici vengano consegnati al cestino della spazzatura della Storia...
W L'EUROPA"
Luciano, è "già pronto" PRESSO CHI, per cortesia?
Per quanto attiene alla parte propositiva, quanto abbiamo da dire, l'abbiamo ricapitolato nel documento FRONTE POPOLARE E GOVERNO D'EMERGENZA:
http://sollevazione.blogspot.it/2012/07/la-proposta-del-mpl.html#more
Si può discutere nel merito invece di menare il can per l'aia?
Non conta il merito questo è il punto che vi sfugge nonostante molti lettori vi stiano esprimendo la loro perplessità pur ribadendo il sostegno; prima di etichettarli come menatori di cani dovreste cercare di comprendere il loro punto di vista.
Governo popolare significa avere una base fortissima e motivatissima su cui poter contare ma che questa base esista è un' asserzione fideistica smentita dal fatto che in Grecia Syriza non ha vinto e dai sondaggi che indicano che i partiti tradizonali presi senza distinzione di indirizzo (dato che voi vi posizionate oltre qualsiasi loro indirizzo) mantengono comunque la sostanziale totalità delle preferenze.
Voi pensate che (per esempio) al momento di un' uscita dall' euro improvvisamente si creerà questa base? Quello che io altri vi stanno chiedendo è se non sia necessario trovare un modo di costruirla questa base invece di aspettare di trovarla pronta in virtù di qualche evento eccezionale che non si sa quando si verificherà né soprattutto cosa provocherà esattamente.
Saranno necessarie persone su cui contare per le cose importanti ma anche per quelle meno importanti e credo che sarebbe utile stabilire dei riferimenti meno aleatori di un blog per questo.
Caro Ep,
non credo affatto che un governo popolare sia una semplice asserzione fideistica. E' vero che sono giovane, 25 anni, e posso essere tacciato di utopismo, ma mi rifiuto di credere che il popolo italiano, per quanto pecorone sia, prima o poi non si renda conto che è arrivato il momento di prendere il bue per le corna per salvare il paese e quindi se stesso.
Ancora non è arrivato il momento, perché una fetta consistente di italiani ha la pancia satolla. Ma per quanto si potrà vivere di rendita? Lasciamo che Monti faccia la sua strage, intanto organizziamoci. Questo Movimento Popolare di Liberazione (che bel nome! Liberiamoci dalla dipendenza delle banche, dall'ingerenza della Germania, dall'incompetenza della nostra classe dirigente, dai partiti tutti, che non sono proprio costitutivamente in grado di farci uscire dalla crisi, semmai contribuiscono ad aggravarla; ..), se hai seguito bene, non è solo un blog. Se ho capito bene, sta cercando di creare una rete di lotta, di diffondere le sue idee, basandosi su dei punti programmatici ben precisi (rileggili tutti, è un consiglio), con lo scopo di creare un Fronte Popolare, cioè un'alleanza ampia fra gruppi, movimenti sociali, gente di cultura, .. basata sulla sulla condivisione di quei punti. Solo dopo si arriva al governo popolare d'emergenza, questo costituisce la base per guidare il paese fuori dalla crisi. E questo movimento popolare ha scritto già alcune delle misure fondamentali, che un vero governo popolare dovrebbe prendere. Nessuno ha mai detto che tutto questo si fa dall'oggi al domani. Però per dare una mano concreta, potremmo andare tutti all'Assemblea Costituente del MPL!
Guido
"ma mi rifiuto di credere che il popolo italiano, per quanto pecorone sia, prima o poi non si renda conto che è arrivato il momento di prendere il bue per le corna per salvare il paese e quindi se stesso."
Questa è appunto un' asserzione fideistica.
A mio avviso non si può sperare che si materializzi una base di consenso solo perché "la gente non ce la fa più", occorrerebbe costruirsela questa base ma di questo, che magari già si fa, non si parla. E' un metodo che non capisco ma può essere che diventi chiaro col tempo. Farne qualche accenno ogni tanto però non guasterebbe.
Buona la discussione.
Dico telegraficamente la mia.
(1) Occorre avere dei principi e scopi saldissimi;
(2) Occorre avere idee molto chiare, vista la storia alle spalle e la coriandolare composizione di classe, di quale sia il blocco sociale strategico (strategia) per giungere alla meta;
(3) Occorre stabilire quale sia la forza motrice di questo composito blocco sociale;
(4) Occorre comprendere le fasi di accelerazione catastrofica delle crisi capitalistische, che impongono tattiche e "spregiudicate" e alleanze a geometria necessariamente variabile;
(5) la tattica va subordinata alla strategia ma in certi momenti la tattica decide tutto;
(6) occorre un'organismo politico strategico, una testa, che faccia muovere gli arti in maniera ordinata e sincronizzata.
=> Punto (6): il Mpl sarà la fucina di questa testa? Mi auguro di sì. Ma serve mangiare ancora molte pagnotte. Ci vogliono almeno un migliaio di militanti in tempi stretti. Visto l'andazzo catalettico ciò pare impossibile. Inutile girarci attorno: serve uno shock sociale per strappare le masse dal loro torpore.
[Last but not least: studiare Sun Zu: Primo: confondere il nemico]
Un compagno del CN Mpl.
Dico anch'io telegraficamente la mia.
Per formarsi una base di massa con la m.... di umanità attuale, dotata di televisore e i-pad al posto della testa, il primo e indispensabile fattore è un diffuso ricorso ai media e un'efficace strategia comunicativa.
Chi controlla i media al giorno d'oggi controlla il gregge. E' lì che dovete concentrarvi.
Il secondo problema è che a voi non basta fare un movimento fighetto che dice tutto senza dire niente e vagheggia di governare tramite consulte virtuali tipo Piraten o M5S. Volete formarlo attorno a una seria base ideologica. Cosa difficilmente compatibile col vuoto spinto che domina l'umanità (e soprattutto la gioventù) attuale.
Ci vuole un terremoto politico-sociale-economico che restituisca alla gente la dignità del dolore e della disperazione: dovete puntare su una politica del tanto peggio tanto meglio e prepararvi ad operare in un contesto di imbarbarimento della vita civile e crescente autoritarismo.
In terzo luogo il vostro programma ha due grandi punti deboli: 1) vi richiamate a un socialismo umanista e libertario che non sapete nemmen voi cosa sia e 2) la vostra critica al turbocapitalismo è tutta sbilenca perché volete mantenere la mobilità della forza lavoro introdotta per enfiare l'esercito industriale di riserva e distruggere il potere contrattuale dei lavoratori.
Le debolezze di natura concettuale non hanno alcuna parte nella diatriba politica, ma giocheranno un ruolo qualora il vs. movimento dovesse avere successo.
Il primo a violare il tabù ed a ipotizzare l'uscita dall'euro per sganciare l'Italia dai poteri finanziari sovranazionali, è stato su indymedia uno ( forse un Mattei) che imperversava come un pazzo sul sito. I pazzi lanciano i sassi, prima o poi qualcuno li raccoglie. Lo stesso può valere adesso: si parte in sordina e si sparge la voce, mentre costante prevale il malessere, finchè anche in Parlamento qualcuno capisce. La situazione impone di non sottilizzare la lotta con i distinguo retroattivi, in base alle appartenenze. Tutto fa brodo purchè si incrementi il fronte. Per uscire dall'euro è necessario una maggioranza parlamentare, "mai dimenticarlo", altrimenti finirà nel nulla come è successo spesso. IdV, Movimento 5 stelle, Lega e Sinistra extra-pd sull'uscita dall'euro sono abbordabili, purchè questi lo inseriscono nei prossimi programmi elettorali... la comunicazione, il fronte popolare, il movimento, devono avere anche e soprattutto questo scopo. Occorre essere pratici, da soli si va da nessuna parte.
e..potrebbe succedere che si accoda anche il pd, come è successo sulla privatizzazione dell'acqua, che per esigenze di consenso il Bersani, "primo fautore della privatizzazione dei servizi pubblici e beni comuni" poi si è piegato a favore del referendum. E' vero sono degli ipocriti, ma la posta in gioco è talmente alta per il futuro del popolo e dei lavoratori che ben vengano anche i voti dei pieddini, purchè si esca dall'euro.
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