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di Carlo Sala*
Come ogni previsione anche questa va presa con le pinze. Lo studio in questione postula infatti un "percorso coordinato", ovvero ordinato e consensuale, per tornare alle valute nazionali. Un'ipotesi che alcuni escludono ritenendo più probabile uno sfascio caotico.
«C’è vita fuori dall’euro, soprattutto se si parla in gaelico o in italiano (e certamente no, al contrario, se si parla tedesco) e in generale se si è additati tra i cattivi dell’Eurozona.
Uno studio condotto da David Woo e Athanasios Vamvakidis per Bank of America-Merrill Lynch calcola infatti che un’eutanasia dell’euro, vale a dire un percorso coordinato tra tutti i Paesi dell’Unione monetaria per porre fine alla moneta comune, avrebbe un impatto positivo su tutti quasi i componenti del club dell’euro, liberando energie perché il Pil di ciascuno di loro torni a crescere. E i maggiori beneficiari sarebbero l’Irlanda, con una crescita stimata del 7%, e l’Italia, che registrerebbe un +3%.
I critici che hanno dipinto l’euro come il Quarto Reich – ma anche quanti sospettano complotti anglosassoni contro l’euro - potranno trarre dallo studio conferma alla propria impostazione. Germania e Austria risultano infatti le più penalizzate dalla fine dell’euro: le loro economie nazionali registrerebbero una contrazione rispettivamente del 7% e del 3%.
Viceversa, offre una base a tutti i Piigs, i Paesi indicati come i colpevoli della debolezza dell’Eurozona, a ribellarsi ai voleri di Berlino. Dopo Irlanda e Italia, sono infatti Grecia (con un +3% del Pil che colloca Atene e Roma sullo stesso gradino) e Spagna (+2%) coloro che hanno più da guadagnare dalla fine dell’euro, mentre il Portogallo (con una crescita stimata all’1% in caso di ripristino della valuta nazionale) appaia un po’ a sorpresa la Francia (anch’essa in crescita dell’1% se tornasse al franco), e 2 “falchi” del rigore nell’Eurozona come Olanda e Finlandia.
Pur di poco (+1% del Pil), mettersi l’euro alle spalle sarebbe conveniente anche per L’Aja ed Helsinki, mentre il Belgio si trova in posizione assolutamente neutra: la sua crescita economica è stimata identica tanto che l’euro prosegua il proprio cammino quanto in caso di ritorno alle valute nazionali.
I 2 autori dello studio chiaramente si mantengono accademicamente asettici senza dare alcuna indicazione di carattere politico, ma l’effetto pratico dello studio è chiaro a loro per primi: di fronte a una Germania che ha tutto da perdere, altro che abbassare il capo l’Italia potrebbe alzare la voce nei confronti di Berlino. L’Italia ha più incentivi della Grecia a uscire volontariamente dalla zona euro, a nostro avviso, mentre sarà più costoso per la Germania mantenere l’Italia all’interno. Ciò significa che l’Italia potrebbe essere ancora più riluttante della Grecia ad accettare dure condizioni per rimanere” osservano Woo e Vamvakidis.
PAESE
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IMPATTO SUL PIL
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Irlanda
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+7%
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Italia
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+3%
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Grecia
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+3%
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Spagna
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+2%
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Francia
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+1%
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Portogallo
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+1%
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Olanda
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+1%
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Finlandia
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+1%
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Belgio
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0%
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Austria
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-2%
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Germania
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-7%
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Anche tenendo conto del maggior prezzo che i vari Paesi dell’eurozona dovrebbero pagare per oneri denominati in valuta straniera o nel defunto euro, in virtù della svalutazione che la più parte delle monete nazionali registrerebbero dopo la fine della divisa comune, gli unici a piangere – secondo lo studio - sarebbero tedeschi e austriaci: per tutti gli altri la crescita post-euro sarebbe tale da coprire tali costi con tanto di margine di profitto.
Voci critiche rispetto a questo studio considerano soprattutto questa parte dell’analisi di Woo e Vamvakidis eccessivamente ottimistica, anche tenuto conto dei margini di intervento di cui uno Stato sovrano gode per evitare il fallimento in presenza di una valuta deprezzata con cui pagare debiti internazionali; Woo fa leva sul precedente della Russia, che nel ’98 dichiarò il default del debito sovrano e l’anno successivo andava a gonfie vele sui mercati, per replicare che “il mercato ha una memoria molto corta. Se fai le giuste politiche, e ci sono opportunità per gli investitori di fare soldi, al mercato non importa granché”».
Fonte: Abcrisparmio
6 commenti:
Mah non ci credo molto, oramai ci hanno mezzogiornizzato! Se ne esce non solo tornando alla vecchia lira ma con una rivoluzione in tutti i campi. Bisogna pensare al dopo............
Questo studio, oltre che essere interessante, è molto sensato. Le stime di crescita magari sono delle rozze approssimazioni, ma il senso delle previsioni è quello giusto: dopo 1 o 2 anni di recessione i paesi svalutatori tornerebbe a crescere fortemente con le politiche economiche giuste.
Il problema è appunto questo: fare le politiche economiche giuste una volta fuori dall'euro. Senza un controllo sul movimento dei capitali e delle merci, ed un controllo sul sistema bancario nazionale, credo sarebbe impossibile implementare le politiche necessarie per la crescita.
Ergo, non si tratta solo di uscire dall'euro ma di uscirci con un governo disposto a fare le politiche necessarie.
Non so se i calcoli siano giusti, ma la conclusione certamente lo è: la Germania ha ciurlato nel manico con l'introduzione della moneta unica, e questo non ha nulla a che vedere col campanilismo o con la germanofobia, semmai ha a che vedere con la miopia del popolo tedesco, convinto di "meritarsi" tutti i privilegi di cui gode ora rispetto ai PIIGS. Non per nulla tra le grandi monete uniche quella europea è anomala, quanto lo è la sua rappresentanza istituzionale, la BCE ed il corrispondente trattato di Lisbona, un aborto di costituzione europea, che è antifederale.
Gli americani, praticamente già falliti, finanziano il loro gigantesco debito pubblico ad interessi dell'ordine del quarto di punto, nel silenzio omertoso delle "loro" agenzie di rating, monopoliste degli umori del circo finanziario mondiale, impiccione degli affari altrui e gelose custodi dei propri disastri.
Questo euro è una truffa, con attori ben individuati nei panni dei truffati e dei truffatori. In questo senso va stroncata, sull'onda della crisi interna che ogni truffa finisce sempre per provocare. E' il dopo il problema, il come può essere gestito, cioè la guerra aperta tra popolazione e despoti del capitale accumulato, per lo più barando alle loro stesse regole autocratiche.
Alberto Conti
Quindi sappiamo che per il capitale Italiano la morte dell'euro non solo non e' la fine del mondo, ma una chance. A noi deve importare un'uscita anticapitalista dall'euro. Non e' che facciamo tutto questo casino per tornare punto a capo....
Quale casino stiamo facendo scusa?
credo che Rifondazione farà tardi all'appuntamento per la fuoriuscita dell'Italia dall'euro.Troppo presuntuosi per fare autocritica.Però meglio tardi che mai
ferraioli domenico
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