venerdì 27 luglio 2012

LA BCE FA IL MIRACOLO?

Tabella n.1. Gli acquisti di titoli pubblici da parte
della Bce.
Il Fmi chiama, Draghi risponde, e Berlino tace... per ora

in attesa delle deliberazioni del Consiglio direttivo della Bce del 2 agosto


di Moreno Pasquinelli


Dopo i due tonfi di venerdì e lunedì, nelle bische (borse) regna da ieri l'euforia. Il mucchio selvaggio degli strozzini e delle sanguisughe (trader o market makers) hanno improvvisamente cessato di vendere e si son rimessi a comprare. Come mai questo mutamento, tipico di un depresso bipolare?
Il governatore Mario Draghi ha solennemente affermato che "Non e' possibile immaginare la possibilità che un paese esca dall'Eurozona", che dunque la Banca centrale europea "è pronta a tutto per preservare l'euro".


L'annuncio di Draghi è stato da tutti, ma proprio da tutti, interpretato come la definitiva conferma che la Bce, aggirando il suo Statuto e ai Trattati europei, comprerà in quantità massicce, titoli di stato spagnoli e italiani. In gergo tecnico ECB Securities Markets Program (SMP) bond purchase. Nella Tabella n.1 sono indicate le due grandi operazioni SMP, quella che si concluse nel giugno 2010 e la seconda, che iniziò nel novembre 2011.

Tanto per essere chiari: senza queste due operazioni di acquisto di titoli non solo la Grecia, ma anche Portogallo, Italia e Spagna sarebbero già precipitate in stato di insolvenza (default) e l'eurozona avrebbe già fatto kaput. Non basta. Siccome queste due operazioni SMP vanificarono presto il loro effetto salvifico, la Bce riscese in campo, con le due disperate operazioni LTRO (longer-term refinancing operations) del 22 dicembre 2011 e del 1 marzo 2012. Di cosa si è trattato? Di due potenti iniezioni di liquidità alle banche (490 miliardi la prima, 530 la seconda) , anzitutto italiane e spagnole. In cambio, come collaterali (a garanzia), le banche consegnarono alla Bce una montagna di titoli pubblici, oramai considerati tossici, che avevano in pancia.

Tab. n.2. La composizione del patrimonio
della Bce. Cerchiati in rosso, il47%, i cespiti a rischio

Per essere, oltre che chiari, precisi: come ha confermato lo stesso Draghi successivamente, se la Bce non si fosse messa sul groppone questi mille miliardi, non solo avremmo avuto crack bancari a catena, ma un collasso combinato delle banche con quello dei debiti sovrani. A conferma che l'eurozona è stata già per tre volte (giugno 2010, novembre-dicembre 2011 e marzo 2012) sull'orlo dell'esplosione.

Dunque: che la Bce riavvii, nelle prossime settimane, una nuova operazione SMP su grande scala, è l'indicatore più sicuro che la moneta unica è per la quarta volta sull'orlo dell'abisso.

Tutti, dicevamo, (vedo or ora anche il "catastrofista" Paolo Barnard) danno per scontato che la Bce, ricorrerà, pur di evitare il crollo dell'euro, a quelle che giornalisticamente sono state denominate "armi non convenzionali". Danno cioè per assodate due cose: che Draghi non bluffi e che alla fine il gruppo di banchieri che fanno capo alla BundesBank e che siedono nel Consiglio direttivo della Banca centrale europea, piegheranno la testa.
Tab. n.3. Dallo scoppio della crisi finanziaria
il bilancio della Bce è cresciuto a dismisura

Io non ne sarei così sicuro. 
Lo sapremo comunque molto presto, la sera del 2 agosto, quando conosceremo lo conclusioni della prima riunione mensile del Consiglio direttivo della Bce. Secondo me ci sarà una battaglia campale, i tedeschi, spalleggiati dai loro satelliti, opporranno un'accanita resistenza. Già enorme è la parte "tossica" del patrimonio della Bce (vedi tabelle 2. e 3.). Ritengo altamente probabile che essi opporranno il veto a che la Bce riempia nuovamente il suo bilancio di un'altra vagonata di titoli spazzatura. Quindi, seguendo il mio ragionamento, giungiamo al dilemma: ammesso che Draghi non bluffi e ottenga la maggioranza dei due terzi, è davvero disposto a sancire una clamorosa rottura con la BundesBank

Ora, l'ipotesi che Draghi bluffi, che abbia fatto solo un annuncio tattico, non è affatto peregrina. Draghi doveva pur dire qualcosa dopo che i Bonos spagnoli avevano appena raggiunto il rendimento allarmante del 7,4% (oltre la soglia virtuale greca del default), e mentre gli interessi dei BTp italiani erano arrivati al 6,7% (546 punti sullo spread, il massimo dal 9 novembre 2011, quando ancora era in sella il Berlusca). Ma c'è una seconda ragione che potrebbe far pensare ad un annuncio in cerca di effetto: giovedì 26 il Tesoro italiano mandava in asta 8,5 miliardi di titoli Ctz. Si temeva il peggio, ma grazie all'euforia di cui sopra, sono stati tutti piazzati senza rendimenti stellari. 

Tab. n.4. La crescita esponenziale del debito
pubblico nell'Unione europea (dati Bce)

La prova del fuoco, per l'Italia, è tuttavia quella di lunedì prossimo, con l'asta dei Btp a cinque e dieci anni. Gli importi in offerta mirano ad una raccolta di 4,75 miliardi. Ma siccome la paura fa novanta  il Tesoro italiano ha stabilito una minima di 2,75 miliardi: una forchetta mai così ampia per evitare un clamoroso flop. Il rischio è che i rendimenti schizzino oltre il 7%, seguendo la curva spagnola. E' probabile che l'uscita fragorosa di Draghi eviti il peggio. Insomma: un annuncio tattico per guadagnare tempo, almeno fino al Consiglio del 2 agosto.

Ora, ammettiamo che Draghi faccia sul serio e che i tedeschi accettino una terza, ma ben più corposa operazione SMP. L'euro sarà scampato al suo destino funereo? Manco per idea! I tecnocrati avranno solo "comprato tempo", come nelle tre precedenti occasioni. Come allora le mosse della Bce vennero spacciate per risolutive, in realtà non furono che potenti dosi di morfina per il moribondo. 

Sarà così anche questa volta, con la differenza che l'effetto sedante, causa il grado di assuefazione raggiunto dai mercati finanziari, durerà per uno spazio ancor più breve, rimandando la resa dei conti verso l'autunno. Con alcune aggravanti rispetto ai casi precedenti: (1) la recessione a scala europea; (2) un debito pubblico cresciente; (3) il rapporto deficit/Pil peggiorato in tutti o quasi i paesi dell'Eurozona; (4) il patrimonio della Bce, la massima istituzione di garanzia vista l'impotenza dei vertici politici, ancor più pregiudicato dalla quota oltre il 50% di titoli spazzatura.

Vedo che anche Paolo Barnard, oltre a dare per certa una terza manovra SMP, seguendo la tesi di alcuni analisti, sostiene che, nei fatti, la eventuale manovra della Bce sarebbe null'altro che un nuovo Quantitative easing, per nulla diverso da quelli praticati dalla Federal reserve americana e dalla Banca centrale d'Inghilterra. Barnard giunge ad affermare, con inossidabile supponenza, che ciò conferma "il paradigma fondante della MMT (per chi fosse interessato, qui e qui le nostre critiche alla Modern monetary theory).
Beato lui! Al contrario la questione è altamente controversa. Ma di questo avremo modo di trattare a parte.

Preme qui ribadire due cose. L'eventuale spaccio del pusher-Bce di altra droga a Stati e banchieri confermerebbe la tesi n.1 di chi, come noi, pronostica che la fine dell'euro è ineluttabile. Confermerà pure la tesi n.2, che questa fine è auspicabile. Un eventuale operazione SMP sarà venduta al pubblico come "salvataggio di Spagna e Italia", invece, oltre che effimera, essa implicherà, per il popolo lavoratore e le economie di questi paesi, nuove micidiali strette della garrota, con cui verranno alla fine strangolati.



11 commenti:

Francesco Salistrari ha detto...

Caro Moreno,
come abbiamo avuto più volte modo di argomentare l'un l'altro, ho già espresso la mia convinzione che l' "operazione Europa" (odierna versione finanziaria della campagna militare hitleriana del 1939) non si fermerà.
Secondo me Draghi non bleffa, e sono convinto che verrà davvero fatto di tutto per salvare l'euro, non in quanto tale o semplicemente perchè portatore di benefici alle economie europee più forti, ma come "veicolo" per accelerare e completare nel più breve tempo possibile l'unificazione politica e fiscale europea sotto il Super Stato centralizzato che è già in costruzione. Sappiamo benissimo che la "mano politica" europea non risiede nei governi nazionali (o i loro rappresentanti europei) ma in quella sfilza di "tecnocrati" non eletti che decide, grazie al Trattato di Lisbona e agli altri accordi, i destini delle politiche economiche e commerciali dei paesi aderenti.
L'euro è solo un veicolo. E come tale se ha problemi di tenuta viene portato al meccanico e riparato per continuare a camminare.
Aldilà di qualsiasi considerazione geostrategica di questo disegno, il dato di fondo rimane: perchè i costruttori dell'euro si ostinano a perseverare nel suo mantenimento quando sono così palesi i suoi effetti dannifici (alle economie, alle imprese, ai popoli dei paesi "periferici")?
Semplicemente perchè la crisi (che è determinata da fattori oggettivi intrinsechi alle dinamiche del capitale mondiale) viene utilizzata per accelerare un accentramento di poteri e di prerogative dai vari contesti nazionali alle istituzioni europee.
Per non fare troppi giri di parole: le classi dominanti utilizzano l'euro come grimaldello per distruggere la democrazia, considerata ormai da queste elites un orpello antistorico da eliminare.
So che non sei d'accordo con questa visione.
Resta il fatto che siamo d'accordo sulle strategie per uscirne. :)
un abbraccio, a presto.
Francesco.

SOLLEVAZIONE ha detto...

Caro Francesco,

il tuo discorso non farebbe una piega se:

(1) esistesse un blocco organico, monocorde, includente grande finanza, capitale e tecnocrazia, non solo a scala europea ma euro-atlantica. Questo blocco non esiste, i dominanti sono anzi dilaniati da conflitti intestini. Infatti, si scontrano diverse (almeno due) concezioni dell'Unione europea. Considera poi che l'impero USA non ne tollererebbe uno concorrente. Per cui, è vero che la tecnocrazia europea tende ad una definitiva unificazione politica, ma è proprio la Germania che non vuole cedere la sua supremazia (sovranista) —a meno che tutta l'Unione non diventi protettorato tedesco. E questo è, se non impossibile, altamente improbabile.

(2) se accanto alla tendenza (oggettiva) all'Unione non esistesse quella (altrettanto oggettiva), polarmente opposta (concedimi questa filosofica licenza hegeliana), alla disgregazione. E' proprio questa contraddizione a spiegare la paralisi dei vertici politici europei (che falliscono tutti inesorabilmente, lasciando alla Bce il ruolo di decisore di ultima istanza). Ecco, io ritengo che tra questa due spinte opposte, quella disgregante (alla rinazionalizzazione dei capitalismi) sia la prevalente.
(3) Ci sono dei limiti invalicabili e costitutivi al ruolo salvifico "di ultima istanza della Bce", la quale può mettere le toppe, ma non riparare del tutto il tessuto ormai sdrucito dell'eurozona.

Last but not least: quella finanziaria e monetaria è solo la manifestazione fenomenica della crisi generale del modo capitalistico di produzione giunto al suo massimo grado di sviluppo. La tendenza che vive il capitalismo imperialistico occidentale, a causa di questa crisi generale storico-sistemica (non solo di sovrapproduzione: Marx docet), è quella alla stagnazione che deve precipitare in una depressione catastrofica. Per di più, "globalizzazione", che è stata l'arma letale del sistema per piegare l'avanzata proletaria e e che ha consentito di vincere la "Guerra fredda", si sta rovesciando nel suo contrario, nel becchino del'imperialismo occidentale.
La gran parte dei fattori, insomma, cospira, verso il cataclisma.

Due date ci diranno molte cose: il 2 agosto vedremo le decisioni del Consiglio direttivo della Bce poi, non meno importane, il 12 settembre, quando la Corte costituzionale tedesca dovrà dire se il fondo MES/ES potrà vivere o dovrà morire.

Moreno Pasquinelli

Anonimo ha detto...

Sulla stessa lunghezza d'onda di Pasquinelli Emiliano Brancaccio---

la "svolta" di Draghi, se non è un bluff resta infufficiente

giovedì 26 luglio 2012


Mario Draghi ha appena dichiarato: «All’interno del proprio mandato, la Bce è pronta a fare qualunque cosa per preservare l’euro, e credetemi, questo basterà». Ha inoltre precisato che l’intervento sugli spread «rientra nel mandato della Bce, nella misura in cui il livello di questi premi di rischio impedisce la giusta trasmissione delle decisioni di politica monetaria».

E’ una novità? Per certi versi sì, dal momento che mette più chiaramente in luce l’esistenza di un conflitto tra i componenti del Consiglio direttivo riguardo alla interpretazione “autentica” dello Statuto della Banca centrale europea. Un conflitto dagli esiti indeterminati, che da qui in avanti tenderà ad accentuarsi sempre di più, e che potrebbe in ogni momento far mancare i voti alla “svolta” appena accennata.

La novità rende la Bce prestatore di ultima istanza? No. L’ipotesi del “prestatore” è del tutto esclusa dallo Statuto. Draghi forza il concetto di “meccanismo di trasmissione della politica monetaria” per legittimarsi a intervenire nuovamente sugli spread. Ma sta camminando sul filo di un’interpretazione sottile e fortemente discutibile.


Se comunque tale “svolta” fosse duratura, sarebbe una via di salvezza per l’attuale configurazione della zona euro? Sembra altamente improbabile, perché la disponibilità del Consiglio direttivo della Bce ad agire sugli spread resterà in ogni caso condizionata al fatto che i paesi periferici dell’eurozona insistano con le politiche deflattive e restrittive. Ma queste politiche, come Keynes già insegnava all’epoca del gold standard, non sono mai state in grado di correggere gli squilibri tra i rapporti di debito e credito di paesi ancorati a un cambio fisso.

Cosa può accadere, dunque? Se la “svolta” di politica monetaria alla quale Draghi sembra far cenno risulterà stabile, il rischio maggiore è che la Bce prenda solo tempo, durante il quale assisteremo a una lunga agonia e a un consolidamento della cosiddetta “mezzogiornificazione” delle periferie europee (si veda il cap. 12 del volume L’austerità è di destra. E sta distruggendo l’Europa). Con il risultato finale di vedere a un certo punto comunque implodere l’attuale zona euro. Sarebbe l’epilogo peggiore di tutti.

E allora cosa bisognerebbe fare? L’azione della Bce sugli spread dovrebbe essere affiancata da meccanismi come lo “standard retributivo”, che impongano ai paesi in surplus verso l’estero di attuare politiche espansive e reflattive; e da un “piano” di investimenti pubblici europei, orientato principalmente verso il rilancio delle economie dei paesi periferici (cap. 15 e 16 del nostro libro).

I portatori degli interessi prevalenti in Germania si renderanno mai disponibili in tal senso? No, se il loro unico rischio sarà quello di veder saltare in aria la sola moneta unica. Mi pare che l’analisi di Merryll Lynch sia incompleta e che giunga a conclusioni inesatte, sotto questo punto di vista. In realtà, l’unica cosa che in Germania temono davvero è che con la moneta unica salti pure il mercato unico europeo. Ossia, temono una svolta neo-protezionista dei paesi periferici che limiti i movimenti di capitali, di merci e le acquisizioni estere.

Chi potrebbe attuare una credibile minaccia neo-protezionista verso la Germania? Non certo Monti, né i cosiddetti “liberoscambisti di sinistra”.

L’ipotesi di una uscita dall’euro è dunque preferibile? Come abbiamo detto più volte, dipende dalle modalità di uscita.

pubblicato su www.emilianobrancaccio.it

Anonimo ha detto...

In Germani scontro tra il governo e la BundesbanK
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-07-27/germania-governo-draghi-bce-145732.shtml

Francesco Salistrari ha detto...

Caro Moreno,
potrei capovolgere le tue argomentazioni in questa maniera (facendoti arrabbiare, ma adoro farlo e lo sai, perchè discutere con te è sempre un piacere).

1) il blocco euroatlantico esiste eccome e si esprime in quell'ala dominante della massoneria internazionale che ha i suoi "ritrovi" pubblici nei circoli Bildeberg e Trilaterale (entrambi i più famosi ma ce ne sono altri molto più importanti e misconosciuti). Non a caso gli esponenti di spicco di quest'ala dominante della massoneria internazionale sono proprio tra i gli attori più importanti delle decisioni che vengono prese in sede europea (ed americana) e che stanno ai vertici delle istituzioni in esame, delle grandi holding finanziarie, delle banche e delle multinazionali. Non è complottismo! E' un dato di fatto testimoniato anche da esponenti di altre correnti minoritarie della massoneria italiana ed europea.
Il Super Stato centralizzato Europeo non sarebbe affatto un antagonista dell'impero americano, ma sarebbe un suo completamento istituzional-militare-economico (la chiusura del cerchio della dominazione durata dal dopoguerra ad oggi). Non dimentichiamoci che i maggiori "lobbisti" delle politiche europee sono multinazionali americane.
Sul ruolo della Germania sono d'accordo con te che è l'unico vero baluardo al completamento di questo disegno, ma credo che sapranno (se ci riusciranno) usare ogni forma di "pressione" (anche il declassamento del rating tedesco degli ultimi giorni è un segno) per piegare la volontà "sovranista" tedesca. Che comunque, come anche Brancaccio ha sottolineato, avrebbe tutto da perdere dalla caduta dell'euro e da un neoprotezionismo nazionale.

2)Che esista una spinta (oggettiva) alla disgregazione e a una rinazionalizzazione dei capitalismi questo è ovvio. Bisognerà però vedere quale delle due saprà prevalere. Dal mio punto di vista credo che la "corrente" (passami il termine) che lavora all'unificazione sia decisamente più organizzata e finanziariamente più potente. Anche se è tutto da vedere.

3)Il ruolo non salvifico delle politiche di "quantitive easing" della BCE è naturale (basta vedere l'inefficacia nel lungo periodo dell'opera della Fed). E' normale che la crisi non possa risolversi in nessun modo per via semplicemente monetaria. Ma questo prendere tempo si traduce appunto in quella possibilità (forzatura) di riuscire a portare i vari paesi a cedere ciò che resta delle proprie sovranità nazionali.

Sono perfettamente d'accordo con te che la crisi (che non è solo monetaria e finanziaria) sia determinata dall'attuale grado di sviluppo del capitalismo e sia inerente anche alle dinamiche proprie cicliche di questo sistema. Aggiungerei una mia analisi (molto personale) che intravede anche nel fattore energetico (e nel ruolo che nel mercato energetico hanno assunto i BRIC) una delle cause scatenanti e strutturali della crisi.

Francesco Salistrari ha detto...

Quello che penso è che però la gestione della stessa da parte di quel blocco di potere rappresentato dalle multinazionali, massoneria dominante, finanza speculativa, apparato militare americano, sia indirizzata a portare all'espunzione per "via finanziaria" (concedimi il termine) del "problema" rappresentato dalla democrazia. Ed è per questo motivo che ritengo che l'euro e l'unione non verranno fatti collassare, perchè avranno in questo modo degli strumenti enormemente più efficaci per gestire la depressione che sta già scaturendo dalla crisi.
Eurogendfor, basi americane e poteri (sovranità) statali dei vari contesti nazionali sostanzialmente annullate, sono il mix ideale per gestire le conseguenze nefaste di questa depressione.
Credo che alla fine non ne usciranno (e mi spingo oltre nell'analisi) e che la soluzione sarà la guerra, come sempre. I segnali dell'allargamento di un conflitto internazionale ci sono già tutti. E penso, purtroppo, che il processo, a meno di una presa di coscienza collettiva di portata continentale (ed americana) da parte dei popoli e la loro conseguente sollevazione, sia inarrestabile.
Quello che confusamente sto cercando di dire è che a meno di trasformare le enormi tensioni che si stanno accumulando (e sono pronte a sprigionarsi) in una "guerra civile di liberazione occidentale", la possibilità di una terza guerra mondiale combattuta dall'occidente contro il resto del mondo per il dominio globale, stia avanzando a passi spediti.

Le variabili in gioco sono talmente tante però che quella che prospetto sia solo una possibilità.
Naturalmente spero con vivo cuore che abbia ragione tu e la tua analisi sia molto più realistica della mia.

Un abbraccio.
Ci vediamo presto.
Francesco.

Anonimo ha detto...

Segnalo ai compagni lpanalisi di Mauro Bottarelli (il sussidiario.net)

Così può fallire il "miracolo" di Draghi

Un vecchio adagio inglese recita: «Quando non puoi agire, parli». E ieri Mario Draghi ha parlato, eccome se ha parlato. Ecco cosa ha detto, in punti: 1) «L’euro è irreversibile e la Bce è pronta a fare tutto il necessario per salvare la moneta unica»; 2) «L’area euro è più forte di quanto non le venga riconosciuto»; 3) «Non è possibile immaginare la possibilità che un Paese possa uscire dall’eurozona»; 4) «Negli ultimi sei mesi l’area euro ha mostrato progressi straordinari»; 5) «I firewall sono pronti a funzionare meglio che in passato»; 6) «L’Eurozona ha bisogno di più unione, si arriverà alla condivisione della sovranità nazionale Ue».
Detto fatto, spread a picco e Borsa in rally: altro che gatto morto, il soriano liberato da Draghi ieri era vivo e vegetissimo. Il problema è: per quanto lo resterà? Già, perché il raffreddamento dei differenziali e il recupero degli indici si è basato unicamente su “parole”, se a queste non seguiranno a brevissimo i fatti - ovvero acquisti da parte della Bce, o attraverso il programma Spm o il fondo Efsf, di debito spagnolo per chiudere nell’angolo la speculazione - il tonfo sarà ancora peggiore, perché si cadrà dai massimi che si creeranno in questi giorni di euforia.
Un azzardo pesante quello preso ieri da Draghi, quasi certamente necessario e quasi certamente frutto del fatto che - senza una mossa che garantisse qualche giorno di tregua - già nel weekend la Spagna si sarebbe arresa e avrebbe chiesto un salvataggio su larga scala sotto l’egida della troika, innescando una carneficina sui mercati e spedendo l’Italia dritta dritta nel mirino in giorni di emissioni, previste per oggi (Bot semestrali) e lunedì (Btp a 5 e 10 anni).
Con tutto il rispetto, Draghi ieri non ha detto assolutamente nulla, non perché parli a vuoto, ma perché non ha la possibilità di mettere in pratica quasi nulla di ciò che vorrebbe e servirebbe per sopravvivere a questo agosto da tregenda. E non perché non sia un uomo potente e capace, ma perché per i prossimi 48 giorni ancora, il destino dell’Europa è nella mani della Corte Costituzionale tedesca chiamata a decidere sulla liceità del fondo Esm, ovvero il salva-Stati permanente che doveva nascere già lo scorso 1 luglio dalle ceneri dell’Efsf e che invece, se tutto andrà bene, vedrà la luce con l’arrivo dell’autunno.

Gianni Volpi

Possibilista ha detto...

Innanzitutto vorrei sgombrare il campo dai dubbi sui veri obiettivi di Draghi e di chi lo ha messo al suo posto: si tratta di salvaguardare l'euro, impulsare il processo di centralizzazione della unione europea e salvaguardare la sostanza del sistema finanziario così come lo conosciamo. Certo Draghi potrebbe non capire tutte le conseguenze delle proprie azioni, e quindi sbagliare qualche mossa, per cui nulla è certo.

Da qui la conseguenza che la BCE farà tutto quello che può per salvare l'euro (e anche, ad esempio, per tenere dentro la Grecia), financo aggirare i trattati europei. Ovviamente non è detto che riesca.

Vorrei anche invitare a riflettere su di un aspetto molto importante: nella UE tutti hanno capito che orami che o si fa un salto di qualità nella centralizzazione del potere, oppure presto o tardi tutto crollerà. Da cui ciascuno gioca il seguente gioco: fare delle mosse potenzialmente distruttive per l'euro e l'UE ma che però garantiscono un posizione migliore per se stessi nel caso di futura maggiore integrazione e nel caso di crollo dell'unione. La Germania, a mio parere, segue proprio questa strada.

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...

e bravo il censore

roccobarbaro ha detto...

complotti, spiegazioni economiche più o meno azzeccate etutto giusto tutto va bene ma rendersi conto che l'euro è l'ultimo strumento fascista a disposizione dei capitali,voluto da elite non elette ( prodi ciampi,attali etc.) mai sottoposto a verifica democratica passato sulla testa dei popoli europei.
la sinistra italiana prostrata ai piedi di monti merkel movimenti chiamiamoli extra parlamentari(sono un sessantenne deluso)che si lasciano imbrigliare in spiegazioni economiche di vario tipo più o meno giuste lasciano, ad una serie di movimenti che definire di destra è quasi ridicolo ,lo scontento popolare.

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