Se Toni Negri ama l'euro
di Leonardo Mazzei*
Quel che preoccupa Negri è dunque il «rinnovamento del processo dell'unità europea». Un rinnovamento che trarrà giovamento dalla vittoria di Hollande, il quale avrebbe - udite, udite! - nientemeno che un programma «rinnovato in termini socialisti». Un programma sul quale confluisce, così argomenta trionfante il professore padovano, l'estrema sinistra, che ha abbandonato il no al Trattato di Lisbona (e questo non ci risulta proprio), lasciando al Front National il monopolio dell'opposizione all'Europa dei vampiri della finanza (e questo, purtroppo, è largamente vero).
Detto en passant, Negri sbaglia anche il riferimento storico al referendum del 2005, che come sanno in molti, ma non necessariamente chi ha insegnato a lungo a Parigi, riguardava il progetto di Costituzione europea (affondato appunto dagli elettori francesi ed olandesi) e non il successivo Trattato di Lisbona, concepito proprio per aggirare quel chiaro pronunciamento popolare. Un particolare che non interessa nemmeno di striscio al filosofo. Chissenefrega del parere del popolo, al massimo si interpelli qualche esponente del «lavoro cognitivo» della capitale, che basta e avanza...
Ma torniamo al merito delle affermazioni negriane. In cosa consista il «socialismo» di Hollande proprio non si sa. Certo, se il suo è un programma socialista, quello che portò alla vittoria Mitterand nel 1981 cos'era, un programma bolscevico?
Nel tentativo di far quadrare i conti, cioè di aggiustare la realtà in base alle proprie tesi, Negri ci propina poi questo passaggio:
Muovendo da due banalità - la richiesta della «crescita» e le difficoltà che anche uno spostamento millimetrico dalla linea del «rigore» incontra oggi in Europa - Negri escogita un curioso salto logico per arrivare ad identificare la difesa del Welfare State con quella del sistema-Euro, come se non fosse proprio quest'ultimo uno dei cardini su cui agisce la sistematica distruzione del Welfare.
Ora, che in Europa tutti si stiano accorgendo di quel che non si poteva non sapere, e cioè che le politiche rigoriste avrebbero condotto ad una pesantissima recessione, è cosa nota. La parolina «crescita» è sulla bocca di tutti, e tutti la reclamano come se la si potesse ottenere per decreto. Ma i guardiani dell'euro e del debito esigono anzitutto «rigore», che - ripetono a pappagallo (vedi Monti) - dovrebbe però coniugarsi miracolosamente con la crescita. Questo matrimonio è tuttavia impossibile, e dunque possiamo immaginarci dove andranno ad infrangersi tutte le bene intenzionate litanie sulla crescita...
Il salto logico dell'ex leader dell'Autonomia è davvero interessante. In pratica egli ci dice che, poiché vuol difendere quel che resta del Welfare, l'opinione pubblica europea sarebbe «sempre meno disponibile alla distruzione del sistema-Euro ed alla dissoluzione dell'Eurozona». Un'affermazione perfino pittoresca nella sua temeraria arbitrarietà.
Certo, si può discutere sulla natura dell'opposizione al sistema-Euro. Si può discettare sulla sua radice di classe, sul suo retroterra culturale e sulle prospettive politiche che apre. Quel che proprio non si dovrebbe fare è raccontare balle a cuor leggero, negando quali siano le tendenze di fondo che vanno muovendosi nelle società europee. E' forse un caso se la stampa mainstream è sempre più preoccupata del cosiddetto «populismo antieuropeista»?
Visto che questo è il tema dell'articolo di cui ci stiamo occupando, restiamo alla Francia. Il successo di Marine Le Pen, soprattutto il suo sfondamento in larghi strati proletari, affonda le sue radici proprio nella posizione antieuropea del Front National. Del Front de Gauche (FdG) possiamo dire che non ha saputo assumere una posizione altrettanto forte, ma la sua distanza dall'Unione Europea è assai maggiore di quella che in Italia viene curiosamente definita «sinistra radicale». E tutti sanno che una delle ragioni della (probabilissima) sconfitta di Sarkozy risiede proprio nel suo far asse con la Merkel in nome dell'Europa. Dov'è allora l'opinione pubblica sempre più schierata a difesa dell'euro di cui blatera il prof. Negri?
Se l'analisi fa acqua da tutte le parti, ancora più significativi sono i due auspici finali dell'articolo su Uninomade. Il primo si riferisce alle future scelte del FdG di Mélenchon. Leggiamo:
Di nuovo, governo a parte (ma ce ne occuperemo subito di seguito), avete capito cos'è che sta davvero a cuore al prof. Negri? Ciò che gli interessa è solo ed esclusivamente il fatto che la sinistra non osi minimamente mettere in discussione l'Europa delle oligarchie. Ciò che può fare è cercare di abbellirla, che non sia mai che si metta in testa di voler riconquistare la sovranità nazionale, un concetto che a Negri supponiamo possa provocare perfino l'orticaria.
Se noi auspichiamo che il FdG non entri a far parte del governo, in modo da mantenere quanto meno una certa autonomia politica da Hollande (benché lo abbia immediatamente ed incondizionatamente sostenuto in vista del secondo turno del 6 maggio), per Negri il problema è di natura ben diversa. Per l'ex teorico dell'Autonomia operaia il problema non è far parte o meno di un governo che dovrà comunque varare pesanti misure antipopolari. No, per lui il problema - che va ben oltre la vicenda francese - è che i movimenti devono soltanto agire come stimolo e come pungolo ai governi ed alla politica in generale.
Solo dei gonzi in preda agli effetti di potenti allucinogeni potrebbero scambiare una simile concezione come la quintessenza della difesa dell'autonomia dei movimenti, quando invece è - teoricamente, ed ancor più nella pratica - la formula chimicamente perfetta della subalternità ai governi delle classi dominanti (ed oggi in particolare al «governo dell'Europa»), in una prospettiva che esclude tassativamente non solo l'obiettivo del governo, ma pure quello del potere rivoluzionario.
Per Negri, il socialista di destra Hollande è quasi perfetto. Dunque deve governare. Ai movimenti (e alla sinistra) il compito di suggerire qualche idea, senza mai disturbare il manovratore, specie se «europeo». Insomma, dall'Autonomia operaia alla subalternità europea il percorso non è stato breve ma è stato interamente compiuto. Complimenti, se non altro ci ha fornito in questo modo una precisa carta d'identità di una certa sinistra, quella da rottamare. Non molto diversa, a ben guardare, da quella intenta a contrabbandare il proprio tramonto, cercando di piazzarlo (elettoralmente parlando) come la più pura ed avvincente delle Albe.
di Leonardo Mazzei*
L'Europa e l'euro sono messi davvero male se perfino Toni Negri deve scendere in campo per proclamarne l'intangibilità. Con un articolo apparso su Uninomade.org - Elezioni francesi: anticipazioni per discutere dopo il secondo turno - Negri ci consegna non solo e non tanto un'analisi assai discutibile del voto francese, quanto soprattutto il penoso approdo del suo pensiero politico.
Se per il politicantume oggi ex arcobalenico il compito del «popolo di sinistra» è da vent'anni quello di fare da supporto, talora cercando di correggerlo ed abbellirlo un po', al centrosinistra di Prodi-D'Alema-Bersani; ora abbiamo finalmente capito a cosa servono le moltitudini negriane: a sostenere, cercando di condizionarle ed abbellirle un po', le oligarchie europee di Bruxelles e Francoforte.
Chi pensa che si tratti di un'esagerazione è vivamente pregato di leggersi integralmente l'articolo in questione. Qui ci soffermeremo soltanto sui passaggi più significativi di questo scritto, autentiche perle di un pensiero subordinato quanto pernicioso. Prendiamo, ad esempio, questo commento:
Chi pensa che si tratti di un'esagerazione è vivamente pregato di leggersi integralmente l'articolo in questione. Qui ci soffermeremo soltanto sui passaggi più significativi di questo scritto, autentiche perle di un pensiero subordinato quanto pernicioso. Prendiamo, ad esempio, questo commento:
«Quale enorme distanza da quando estrema destra ed estrema sinistra insieme avevano espresso un no al trattato di Lisbona – ora questo no è ripetuto solo dall’estrema destra e mette in imbarazzo le forze golliste, mentre l’estrema sinistra confluisce verso Hollande nell’assumere un programma europeo, finalmente rinnovato in termini socialisti. Ma ciò è sufficiente a garantirci un rinnovamento del processo dell’unità europea?».
Quel che preoccupa Negri è dunque il «rinnovamento del processo dell'unità europea». Un rinnovamento che trarrà giovamento dalla vittoria di Hollande, il quale avrebbe - udite, udite! - nientemeno che un programma «rinnovato in termini socialisti». Un programma sul quale confluisce, così argomenta trionfante il professore padovano, l'estrema sinistra, che ha abbandonato il no al Trattato di Lisbona (e questo non ci risulta proprio), lasciando al Front National il monopolio dell'opposizione all'Europa dei vampiri della finanza (e questo, purtroppo, è largamente vero).
Detto en passant, Negri sbaglia anche il riferimento storico al referendum del 2005, che come sanno in molti, ma non necessariamente chi ha insegnato a lungo a Parigi, riguardava il progetto di Costituzione europea (affondato appunto dagli elettori francesi ed olandesi) e non il successivo Trattato di Lisbona, concepito proprio per aggirare quel chiaro pronunciamento popolare. Un particolare che non interessa nemmeno di striscio al filosofo. Chissenefrega del parere del popolo, al massimo si interpelli qualche esponente del «lavoro cognitivo» della capitale, che basta e avanza...
Ma torniamo al merito delle affermazioni negriane. In cosa consista il «socialismo» di Hollande proprio non si sa. Certo, se il suo è un programma socialista, quello che portò alla vittoria Mitterand nel 1981 cos'era, un programma bolscevico?
Nel tentativo di far quadrare i conti, cioè di aggiustare la realtà in base alle proprie tesi, Negri ci propina poi questo passaggio:
«Per quanto riguarda l’Unione, i socialisti chiedono una revisione dei criteri del Fiscal Compact, un accordo eurobond, e una promozione dello sviluppo economico da parte dell’Unione che assuma come centrale il mantenimento del Welfare State. Che questa politica possa passare a livello europeo è evidentemente molto difficile ma è vero che ormai questa politica incontra un’opinione pubblica sempre meno disponibile alla distruzione del sistema-Euro ed alla dissoluzione della Eurozona. “Rari sono quelli che pensano che la reintroduzione di una flessibilità dei tassi di cambio sarebbe utile e molti continuano a credere che delle svalutazioni nell’Eurozona non farebbero che aumentare l’inflazione” (Martin Wolf)».
Muovendo da due banalità - la richiesta della «crescita» e le difficoltà che anche uno spostamento millimetrico dalla linea del «rigore» incontra oggi in Europa - Negri escogita un curioso salto logico per arrivare ad identificare la difesa del Welfare State con quella del sistema-Euro, come se non fosse proprio quest'ultimo uno dei cardini su cui agisce la sistematica distruzione del Welfare.
Ora, che in Europa tutti si stiano accorgendo di quel che non si poteva non sapere, e cioè che le politiche rigoriste avrebbero condotto ad una pesantissima recessione, è cosa nota. La parolina «crescita» è sulla bocca di tutti, e tutti la reclamano come se la si potesse ottenere per decreto. Ma i guardiani dell'euro e del debito esigono anzitutto «rigore», che - ripetono a pappagallo (vedi Monti) - dovrebbe però coniugarsi miracolosamente con la crescita. Questo matrimonio è tuttavia impossibile, e dunque possiamo immaginarci dove andranno ad infrangersi tutte le bene intenzionate litanie sulla crescita...
Il salto logico dell'ex leader dell'Autonomia è davvero interessante. In pratica egli ci dice che, poiché vuol difendere quel che resta del Welfare, l'opinione pubblica europea sarebbe «sempre meno disponibile alla distruzione del sistema-Euro ed alla dissoluzione dell'Eurozona». Un'affermazione perfino pittoresca nella sua temeraria arbitrarietà.
Certo, si può discutere sulla natura dell'opposizione al sistema-Euro. Si può discettare sulla sua radice di classe, sul suo retroterra culturale e sulle prospettive politiche che apre. Quel che proprio non si dovrebbe fare è raccontare balle a cuor leggero, negando quali siano le tendenze di fondo che vanno muovendosi nelle società europee. E' forse un caso se la stampa mainstream è sempre più preoccupata del cosiddetto «populismo antieuropeista»?
Visto che questo è il tema dell'articolo di cui ci stiamo occupando, restiamo alla Francia. Il successo di Marine Le Pen, soprattutto il suo sfondamento in larghi strati proletari, affonda le sue radici proprio nella posizione antieuropea del Front National. Del Front de Gauche (FdG) possiamo dire che non ha saputo assumere una posizione altrettanto forte, ma la sua distanza dall'Unione Europea è assai maggiore di quella che in Italia viene curiosamente definita «sinistra radicale». E tutti sanno che una delle ragioni della (probabilissima) sconfitta di Sarkozy risiede proprio nel suo far asse con la Merkel in nome dell'Europa. Dov'è allora l'opinione pubblica sempre più schierata a difesa dell'euro di cui blatera il prof. Negri?
Se l'analisi fa acqua da tutte le parti, ancora più significativi sono i due auspici finali dell'articolo su Uninomade. Il primo si riferisce alle future scelte del FdG di Mélenchon. Leggiamo:
«Nel caso non entri nel governo, non possiamo prevedere dunque null’altro che un tentativo di radicalizzare ed estremizzare le proposte di Hollande, oltre che puntualmente criticarle, da parte di Mélenchon. Povero destino, se le cose andranno davvero in questi termini. Povero destino anche se – e fortemente lo auspichiamo – questa relativa impotenza non spingerà Mélenchon a riprendere quella demagogia antieuropea che talora era apparsa, più che nelle sue posizioni, in quelle di taluni suoi sostenitori».
Di nuovo, governo a parte (ma ce ne occuperemo subito di seguito), avete capito cos'è che sta davvero a cuore al prof. Negri? Ciò che gli interessa è solo ed esclusivamente il fatto che la sinistra non osi minimamente mettere in discussione l'Europa delle oligarchie. Ciò che può fare è cercare di abbellirla, che non sia mai che si metta in testa di voler riconquistare la sovranità nazionale, un concetto che a Negri supponiamo possa provocare perfino l'orticaria.
Concludiamo sulla questione del governo. Negri auspica che Mélenchon non entri nel futuro esecutivo. Auspicio totalmente condiviso da chi scrive, ma per ragioni completamente diverse. Sentiamo:
«Molte esperienze, ormai sviluppatesi a livello mondiale, ci mostrano che solo l’estraneità dei movimenti ai governi, alle loro, talora necessarie, talora volontarie, mediazioni nelle istanze europee, può essere efficace in termini di reinvenzione programmatica e politica verso il “comune”. Anche dalle forze che hanno sostenuto Mélenchon e da Mélenchon stesso, ci aspettiamo questa decisione»
Se noi auspichiamo che il FdG non entri a far parte del governo, in modo da mantenere quanto meno una certa autonomia politica da Hollande (benché lo abbia immediatamente ed incondizionatamente sostenuto in vista del secondo turno del 6 maggio), per Negri il problema è di natura ben diversa. Per l'ex teorico dell'Autonomia operaia il problema non è far parte o meno di un governo che dovrà comunque varare pesanti misure antipopolari. No, per lui il problema - che va ben oltre la vicenda francese - è che i movimenti devono soltanto agire come stimolo e come pungolo ai governi ed alla politica in generale.
Solo dei gonzi in preda agli effetti di potenti allucinogeni potrebbero scambiare una simile concezione come la quintessenza della difesa dell'autonomia dei movimenti, quando invece è - teoricamente, ed ancor più nella pratica - la formula chimicamente perfetta della subalternità ai governi delle classi dominanti (ed oggi in particolare al «governo dell'Europa»), in una prospettiva che esclude tassativamente non solo l'obiettivo del governo, ma pure quello del potere rivoluzionario.
Per Negri, il socialista di destra Hollande è quasi perfetto. Dunque deve governare. Ai movimenti (e alla sinistra) il compito di suggerire qualche idea, senza mai disturbare il manovratore, specie se «europeo». Insomma, dall'Autonomia operaia alla subalternità europea il percorso non è stato breve ma è stato interamente compiuto. Complimenti, se non altro ci ha fornito in questo modo una precisa carta d'identità di una certa sinistra, quella da rottamare. Non molto diversa, a ben guardare, da quella intenta a contrabbandare il proprio tramonto, cercando di piazzarlo (elettoralmente parlando) come la più pura ed avvincente delle Albe.
* Fonte: Campo Antimperialista
6 commenti:
Mah ... Negri non ama l'euro.
E' semplicemente convinto che la rivoluzione o è "globale" o quantomeno europea oppure semplicemente non è ...
E che i pur comprensibili arroccamenti nazionalistici odorino fatalmente di populismo destroide ( sia pure in versione anti Usa, critica del neoliberismo ecc. ecc.) e soprattutto risultino alla fine comunque perdenti.
In questo coerente con l'impostazione del libro "Impero".
Che tutto questo faccia a pugni con l'impostazione opposta, sia pure sullo stesso terreno anticapitalista e neo-marxista, di Mazzei mi sembra ovvio ...
Personalmente condivido, pur con una serie di riserve sulla tattica, l'impostazione di Mazzei ( comune a grandi linee, pur con sfumature diverse tra loro, a quella del Comitato No Debito, Cremaschi, Chiesa, Pasquinelli ecc. ) ma credo non si possa nemmeno liquidare l'analisi di Negri con la definizione semplicistica che "ama l'euro" o che "si accontenta" di Hollande ... cioè che sarebbe sostanzialmente un "traditore della causa" ....
Hollande comunque rappresenta, anche suo malgrado, oggi una seria contraddizione nel meccanismo Draghi - Merkel - Monti .... basta guardare le contromisure, comprese le manovre sui mercati, che si stanno mettendo in campo contro di lui prima ancora che sia eletto ....
E quindi Negri, almeno rispetto all'analisi sulla Francia, non si può dire che abbia tutti i torti ...
P.S. Negri poi, che vive e lavora almeno 10 mesi all'anno in Francia e bazzica quindi poco l'Italia, è del tutto estraneo al discorso del "nuovo soggetto politico" denominato "Alba" ---
Ha rotto da un pezzo coi disobbedienti nord-estini di Casarini che, proprio perchè invischiati in quel progetto, definisce sprezzantemente "centrosocialisti" ....
vedi :
http://www.infoaut.org/index.php/blog/no-tavabenicomuni/item/4189-a-proposito-delle-lotte-in-val-di-susa-%E2%80%93-un-invito-alla-discussione
e scrive da mesi su Infoaut, un sito di inguaribili astensionisti quando si parla di elezioni ...
Continuo a leggere sui blog commenti che parlano dell'euro come elemento fondamentale dell'internazionalismo socialista. Naturalmente non l'euro di adesso ma l'euro emesso non a debito da un'Europa federale di cui le forze di sinistra dovrebbero farsi promotrici. Che dire?
Invito queste persone a leggersi il post di Antonio Turiel su "Oilcrash" intitolato "Importando energia, exportando miseria" per avere un minimo sentore della drammatica situazione in cui ci troveremo entro non più di due anni nel nostro mondo capitalista globalizzato, in cui avremo ben altro a cui pensare che a cercare di creare un'europa federale. Il post è in spagnolo ma se avete pazienza tra un paio di settimane lo troverete tradotto in italiano nel blog "Effetto Cassandra".
Quanto a Negri di cui non sono riuscito a leggere completamente "Impero" tanto l'ho trovato indigesto nel linguaggio e insulso nelle sue analisi cadrà presto nell'oblio come tutti gli intelettuali da salotto della sinistra post-moderna.
Si è prostituito anche lui al potere quello vero con la P maiuscola, alla dittatura della finanza speculativa che comanda a bacchetta i governi ( figuriamoci gli intellettuali..),mentre ai popoli vengono somministrate misure economicamente e socialmente distruttive, per condurli direttamente alla fame, alla povertà, alla emergenza sociale e umanitaria che, strada facendo, travolgerà sempre più le nostre esistenze. Del resto furono proprio il centrosinistra e i folli sostenitori della modernità europea dell Euro Romano PRODI, Giuliano AMATO Massimo D ALEMA che hanno venduto il Paese alla finanza speculativa. Sottraendoci la capacità di emettere moneta, quindi di autofinanziarci come fanno tutti i Paesi del resto del mondo, e costringendo lo Stato a prendere in prestito ogni sinfolo Euro sui mercati di capitali, ai TASSI che i mercati DECIDONO !!! Rendendo l' Italia totalmente assoggettata ai mercati stessi, i quali potendo innalzare i tassi oltre ogni sostenibilità hanno il potere, 1- di far cadere governi democraticamente eletti ( Grecia Italia Olanda ), quindi di mettere in serio pericolo la democrazia, minacciata da un dispotismo totalitario finanziario che prenderà a breve ( se non si fermano IN TEMPO questi sistemi di sfruttamento e di dominazione che sono l euro e la UE ) il potere negli Stati dell Eurozona. 2- di far seguire, sempre innalzando i tassi oltre ogni sostenibilità, ad ogni austerità, sempre un'altra austerità ancora maggiore della precedente. Fino a spogliarci di tutto. In un moto perpetuo, senza difese nè vie di uscita per lo Stato impossibilitato a contrastare che ciò accada.
Hollande è il classico "socialdemocratico" in salsa francese ... stile Mitterand ....
Sostenitore di un minimo di "stato sociale" all'interno del paese in nome della coesione appunto "sociale", e quindi anche di una significativa spesa pubblica in quel senso, ma anche a sua volta nazionalista e sostenitore di una egemonia francese ad esempio in Africa ... questo in oggettiva concorrenza con gli Usa e con la stessa Merkel ... che pure aspira a quel tipo di mercato ...
Quindi, nulla di rivoluzionario, è ovvio ... il fatto che anche Tremonti, Schifani, la Mussolini e lo stesso Berlusconi facciano apertamente il tifo per Hollande mi sembra abbastanza significativo in questo senso ...
Ma, in questo momento, anche una "zeppa" nell'ingranaggio iperliberista e filo-Usa rappresentato da Draghi, Barroso, Merkel e Monti ...
Sembra poi abbastanza assodato sui sondaggi pubblicati dai media ... che, proprio per questo, su Hollande si riverseranno almeno la metà dei voti "antieuropei" dei Le Pen .... quanto questo sia vero lo vedremo stasera ...
Tra l'altro, per oggettiva coerenza con la sua impostazione su alleanze ed obiettivi intermedi, dovrebbe strumentalmente tifare per Hollande più Mazzei che non Negri ... come del resto fanno Preve ed altri storicamente più vicini a Mazzei e certo ferocemente anti-negriani.
Ma credo che alla fine giochi tra i due una storica rivalità tra "maitres 'a penser" ....
In verità abbastanza odiosi tutti e due sul piano personale ...
Ripeto, mi sento più in sintonia nel merito con Mazzei che non con Negri .... credo però semplicemente che non c'entri nulla la "categoria del tradimento" .... tanto cara alle faide storiche tra pensatori marxisti, anche tra quelli "eretici" come i due in questione ...
L’articolo di Negri esprime tutta la nullità della sinistra europea. Che ha rinunziato integralmente al socialismo, ha partecipato dove ha potuto dell’arraffaarraffa neoliberale, e si è lasciata volenterosamente inculcare, da parte dei poteri forti, il mito della società multirazziale che altro non è se non la teorizzazione della mobilità illimitata della forza lavoro finalizzata al suo sfruttamento indiscriminato da parte del capitale.
A questo punto non ha più nulla da dire se non battere i piedi ogni volta che i poteri forti introducono un’altra dose di macelleria sociale, vagheggiando rivivificazioni movimentiste che sa in partenza essere del tutto inverosimili. Negri lo ammette a chiare lettere: "sarà possibile, attraverso la continua azione sociale dei movimenti, attraverso una ricomposizione dei movimenti a livello europeo, introdurre nuovi motivi ‘comuni’ nella governance che i socialdemocratici si preparano ad assumere a livello europeo? I dubbi sono altrettanto forti della speranza".
Il tutto sfocia nell’abbandono di qualsiasi forma di opposizione al regime. Quando Negri dice che il cambiamento dev’essere europeo e mondiale è come se Lenin avesse deciso di appoggiare lo zarismo in attesa che scoppiasse la rivoluzione mondiale. E’ il pretesto attendista accampato dai riformisti fin dall'Ottocento.
Per quanto riguarda Hollande, pensare che farà una politica anche minimamente diversa da Sarkozy equivale a pensare che ci sia qualche differenza fra PD e PDL. Le difficoltà di Sarkozy non derivano dalla sua posizione europeista, ma dalla crisi (che spinge le povere teste del gregge a votare un filo diverso per vedere se ‘quell’altro’ saprà fare di meglio) e soprattutto dall’affermazione di Le Pen, che lo ha sputtanato a destra e costretto a scegliere se inseguire i voti del Front national o quelli centristi. Ovviamente in un caso e nell’altro sono tutte parole che non cambieranno di un millimetro la sua linea politica in caso di rielezione.
Infine, e l’ho già detto, l’affermazione di Le Pen è dovuta alla crisi, alla sua posizione antieuropeista, ma anche e soprattutto al suo nazionalismo (che in Francia trova tutt’altra eco che in Italia) e al suo impegno a smantellare il porcile multirazziale. Invece di criticare la globalizzazione a metà, come fate voi, la critica tutta.
Se in Italia e in Europa ci fosse una sinistra leninista che vuole fare la rivoluzione (quella seria), distruggere il capitalismo e sterminare le attuali classi dirigenti, io sarei pronto a sostenerla. Dato che non c’è, sostengo l’estrema destra, e mi auguro che le parole rassicuranti della Le Pen si rivelino, una volta che avrà preso il potere, una maschera dietro alla quale stanno ben altre intenzioni e ben altra radicalità.
negri di euro in saccoccia ce ne ha tanti...
antonio.
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