martedì 31 gennaio 2017

SINISTRA ANTI-NAZIONALE O SINISTRA SOVRANISTA? di Moreno Pasquinelli

[ 31 gennaio ]

(1) Dopo il lungo ciclo keynesiano, nell'arco dell'ultimo quarantennio, il sistema capitalistico dei paesi dominanti ha subito una profonda metamorfosi. La crisalide dell'imperialismo ha dischiuso l'insetto nella sua forma definitiva, che noi chiamiamo capitalismo-casinò o sistema di iper-finanziarizzazione. 
(2) Non si è trattato solo di una mutamento di forma del sistema di dominio ma della sua stessa struttura economico-sociale e politico-isituzionale. Hanno preso il sopravvento, all'interno del sistema capitalistico, le frazioni della rendita, quelle che, attraverso il controllo di banche, fondi e consorterie varie, captano il plusvalore da ogni parte per tesaurizzarlo e reinvestirlo come capitale monetario. Un meccanismo di giugulazione finanziaria per cui il denaro è tenuto a creare più denaro a spese degli altri settori economici, senza passare direttamente per la via crucis del ciclo di produzione delle merci. Di qui il predominio di quelle entità e frazioni della classe dominante che posseggono il tesoro, ovvero la ricchezza sociale nella sua forma più astratta, cioè liquida. 
(3) Questo sistema, per inesorabili passi successivi, ha dato vita ad una rete globale e integrata di dominio che ha finito per abbattere ogni ostacolo e scardinare quindi le difese degli stati-nazione, togliendo loro ogni autentica sovranità, facendone anzi organismi strumentali al predominio della nuova aristocrazia finanziaria globale. Questo processo di devoluzione di potere dagli stati-nazione ai centri nevralgici del capitalismo finanziario di ultima generazione è stato possibile grazie alla complicità dei settori di punta delle classi dominanti interne ai vari paesi, che hanno anzi assolto, mutatis mutandis, il ruolo che le potenze coloniali d'un tempo attribuivano alle borghesie compradore dei paesi che andavano a depredare. In questo contesto, approfittando del crollo dell'Urss, l'impero americano ha così potuto dispiegare tutta la sua trattenuta potenza.
(4) Il pesce comincia a puzzare dalla testa. Il sistema, conservati i suoi centri nevralgici in Occidente, ha spostato gran parte dei luoghi di produzione di plusvalore nei paesi a più alto tasso di valorizzazione (capacità di sfruttamento del lavoro salariato) del capitale industriale, ha riplasmato la composizione sociale. Settori di lavoro improduttivo sono cresciuti a spese di quelli produttivi. Il parassitismo ha ammorbato trasversalmente le società, di qui la cetomedizzazione sociale (in altri tempi si sarebbe descritto il fenomeno come "imborghesimento"), la società liquida, il tramonto del tradizionale antagonismo di classe, quindi il tracollo del vecchio movimento operaio e la vittoria ideologica del neoliberismo. Il precipitato di questa metamorfosi è stata la crescita lenta ma abnorme di una proteiforne massa sociale plebea, diventata la base sociale dei regimi neoliberisti.
(5) Dopo due decenni di euforia, interrotti da alcuni infarti, il sistema di capitalismo-casinò, è collassato su sé steso nel 2008. L'intervento massiccio di Stati e banche centrali ha evitato il vero e proprio crollo sistemico. Per i paesi dell'Unione europea che venivano da un lungo ciclo di disinvestimenti e che avevano di converso accumulato forti debiti privati e pubblici, quel collasso ha avuto conseguenze devastanti. Questi scoprirono che la moneta unica era diventata un micidiale cappio al collo. Già privi di ogni sovranità monetaria, impossibilitati a seguire autonome politiche economiche e di bilancio anticicliche, questi paesi hanno dovuto cedere gli ultimi brandelli di sovranità politica ai centri oligarchici europei. Questi ultimi, decisi a contrastare la tendenza all'implosione dell'eurozona, hanno imposto ai paesi violente terapie austeritarie che hanno finito per spingerli nella più grave depressione della loro storia. 
(6) L'Italia viene a trovarsi in questa drammatica situazione, con l'aggravante che attraverso il ricatto del debito "pubblico" è come se essa dovesse pagare colossali riparazioni di guerra, così che, per assicurarsi il rimborso dei crediti, il Paese è stato sottoposto (dominanti italiani consenzienti) ad un regime di protettorato di tipo sub-imperialista. La frazione globalista ed eurista della classe dominante, quella che controlla il sistema bancario e industriale, quello politico, istituzionale e mediatico, non vuole, e forse nemmeno può, fare marcia indietro, sposa consapevole la visione del "vincolo esterno" dell'aristocrazia finanziaria globale, per cui vanno evitati, anche a costo di gettare alla fame la popolazione, lo sfaldamento dell'Unione europea e la fine dell'euro. 
(7) Il combinato disposto degli effetti della depressione e della protervia dei dominanti nel difendere un sistema destinato invece all'implosione, ha iniziato a spezzare il blocco tra patrizi e plebei e determinato una situazione sociale esplosiva, che in altri tempi si sarebbe definita "pre-rivoluzionaria": "gran parte delle masse popolari non possono più vivere come prima, mentre i dominanti non riescono più a governare come prima" (Lenin). Si fa strada tra il popolo la consapevolezza che senza una radicale inversione di marcia non sarà possibile evitare il baratro.
(8) La tendenza allo scoppio dei conflitti sociali su larga scala, alla sollevazione popolare, è frenata e inibita, più che dal timore della reazione dei dominanti (deboli come non mai), da tre principali fattori: (a) dalla disabitudine all'azione sociale; (b) dall'assenza di organismi di lotta adeguati; (c) infine dall'assenza di una alternativa antisistemica condivisa. 
Di questi tre fattori frenanti il principale è che le masse non vedono quale modello sociale possa rimpiazzare quello moribondo attuale, quindi non vedono una direzione politica che abbia la forza e la determinazione a salire al potere scalzando i parassiti attuali. La spinta socialmente traversale ad una svolta decisiva —che è cosa ben diversa dal mero difendere o rivendicare questo o quel diritto leso— si è materializzata nella folgorante avanzata elettorale del Movimento Cinque Stelle. Tuttavia la potenza di questa spinta è pari alla sua indeterminatezza politica. M5S cristallizza questa confusa volontà di cambiamento. La spinta che sorregge M5S non si è affatto esaurita e potrebbe anzi consolidarsi, fino a spingerlo, se non schianta prima, alle soglie del governo del Paese. 
(9) Tutto è possibile a questo punto, nel nostro Paese tranne, se guardiamo in faccia alla realtà, una rivoluzione socialista. Troppi sono i fattori mancanti affinché questa si faccia strada qui e ora. Il Movimento 9 dicembre mostra che la fase segnata dall'apatia delle masse sta finendo, che gli strati sociali più falcidiati dalla crisi sistemica e non tutelati (anzitutto i settori non-garantiti e vittime dell'esclusione sociale della piccola e media borghesia e del proletariato) tendono a mettersi in moto. Sono i primi vagiti della sollevazione generale. Da questi vagiti si possono già ricavare alcune prime indicazioni: 
(a) la sollevazione generale sarà il punto d'arrivo di fiammate successive; (b) essa sprigionerà energie potenti e darà vita —siccome sarà espressione della mucillaggine sociale frutto della putrefazione del modello sociale neoliberista— ad un blocco sociale eterogeneo che combinerà e intreccerà gli interessi e le aspirazioni sociali di "chi sta in basso";  
(c) pulsioni reazionarie e populiste coabiteranno in un primo momento con aspirazioni autenticamente democratiche e rivoluzionarie;  
(d) se sarà la comune disgrazia a sorreggere la coabitazione di tanto diversi interessi sociali, il collante politico imprescindibile sarà quello della riconquista della sovranità nazionale, politica e monetaria, quindi l'uscita dall'eurozona;  
(e) "Quale sovranità? e per che cosa?" Il segno del "sovranismo" è biunivoco, può alimentare un'uscita di destra (con le sue varianti) o di sinistra. Nel fuoco della lotta si deciderà quali di queste due tendenze avrà l'egemonia;  
(f) compito dei socialisti rivoluzionari è quello di prendere parte alla sollevazione, anzi di occuparne la prima linea per trasformarla in una rivoluzione democratica, battendo così le tendenze che spingeranno in opposta direzione. Se essi ci riusciranno sarà possibile trascinare nella battaglia i settori di proletariato oggi dormienti, e senza i quali nessuna sollevazionerivoluzionaria potrà avere successo. 
La società è destinata comunque ad entrare in uno Stato d'eccezione, dal quale emergerà un governo d'emergenza che sarà obbligato ad adottare provvedimenti radicali che avranno conseguenze durature non solo sulla vita del popolo ma sull'intero assetto sistemico.

La sinistra sovranista vuole diventare il lievito di un blocco sociale antioligarchico ampio che riesca a strappare il potere dalle mani di chi oggi lo detiene, in vista di un governo popolare d'emergenza che sia capace di attuare quelle grandi trasformazioni sociali necessarie al fine di ricostruire il Paese su nuove basi.

La storia ci insegna che sulle macerie di un paese non può essere costruito che un "socialismo da caserma", destinato ad avere il fiato corto. L'edificazione del socialismo è una lunga marcia, un processo di rotture successive che conoscerà fasi alterne di avanzata e ritirata, una montagna che potrà essere scalata salendo dal basso verso l'alto, giammai con un singolo balzo.

* Questo articolo venne pubblicato il 12 febbraio del 2014

14 commenti:

Roberto ha detto...

Ha senso parlare ancora di Sovranismo, dopo che del concetto si sono impossessati i meloniani ed i Salviniani?

E ancora: è utile perorare la causa Sovranista quando è evidente che la UE ha i mesi contati?

Non è meglio sganciarsi dall'etichetta per assumere quella Costituzionalista, più aggregante, più identificabile "socialisticamente" e che renda evidenti le forze reazionarie?

Anonimo ha detto...

I momenti più duri, nella generale pace sociale, di lotta di classe in questo paese sono scaturiti da situazioni di meticciato: le lotte dei lavoratori della logistica, in gran parte stranieri, trainate dal si cobas, hanno prodotto come risultati qualcosa come il raddoppio dei salari. Lungi da me ogni economicismo, ma se tutti i lavoratori italiani avessero ottenuto altrettanto il capitalismo nostrano sarebbe andato a gambe all'aria da un pezzo. La lotta per la casa, idem, è trainata da gruppi di italiani e migranti che sottraggono un pezzo di proprietà al capitale per viverci. Le stesse manifestazioni a cui voi aderite non sarebbero mai riuscite senza il supporto dei circa 6mila occupanti romani e dalle centinaia mobilitate nel resto d'Italia.
Insomma di che parliamo?
Gli stati e le nazioni servono per tenerci divisi. Ci dobbiamo unire, non fra italiani, ma fra sfruttati.

Anonimo ha detto...

A Roberto Mora,

a mio avviso, la tua domanda è priva di aderenza con la realtà.
Chiedi: "ha senso parlare di Sovranismo dopo che del concetto si sono impossessati i meloniani ed i Salviniani?".
La tua domanda è retorica, la risposta implicita per te, è no, non ha senso.
Io penso che di sovranismo bisogna che noi ne parliamo eccome, riempiendo dei nostri contenuti il termine per evitare in ogni modo che la battagli venga lasciata alla destra rappresentata da Meloni e Salvini.
Qui l'analisi è tutta politica.
La globalizzazione è in crisi da un bel pezzo e come vuoi far fronte a questa crisi della globalizzazione, come vuoi cavalcare e sfruttare questa crisi a tutto vantaggio delle masse lavoratrici se non ritornando a parlare di stato-nazione?
A ben vedere, solo che tu lo voglia ammettere, il sovranismo della destra è liberista a sua volta, e implica anche un certo razzismo e una certa xenofobia.
Lo stato-nazione è totalmente un'altra cosa, peccato che a parlarne, al di là della destra, a sinistra sia solo una minoranza estrema, che per nostra fortuna non ha bevuto il cervello e non è vittima di tabu veterocomunisti o sinistrati o ideologici.
Secondo la tua idea, Roberto Mora, bisognerebbe tacitare l'argomento del Sovranismo solo ed unicamente perchè anche la destra ne parla.
Sbagliatissimo. Letteralmente assurdo.
La destra ne parla con contenuti che esulano da una visione "di sinistra" della società e del mondo, visione che a dispetto di ciò che è diventata oggi la sinistra radicale, dovrebbe essere dalla parte degli ultimi della società, degli sfruttati, dei nuovi poveri, della comunità che vive e lavora in un unico territorio.
Non rinuncio a priori a questa battaglia. Mi adopero per smascherare la narrazione che ne fa la destra e riempirla dei miei contenuti.
In ultimo, rifarsi alla Costituzione, a mio avviso, semplicemente non basta.
E siccome noto anche che chi si rifà alla Costituzione lo fa in un'ottica eminentemente di attuazione di regole, secondo uno schema prettamente giuridico, senza alcuna politica dietro, credo che questa impostazione "tecnica", non supportata da altro, porti a sconfitta sicura.
Lo affermo senza nulla voler togliere agli eminenti costituzionalisti del calibro di Paolo maddalena, che però è solo, i suoi colleghi, riunitisi il 21 a Roma, con l'obiettivo di vitalizzare i tanti comitati del NO al referendum, di fatto hanno sancito un "state tutti buoni e tornate a casa, che al resto ci pensiamo noi cervelli"...

Filippo Carboni

Anonimo ha detto...

INTERNAZIONALISMO:

termine che viene dal latino, "Inter Nationes" = "fra nazioni, attraverso le nazioni".
Senza Nazione, quindi, qualcuno può spiegarmi come si può realizzare l'Internazionalismo?
Vorrei precisare un dato, anche se non ne vale la pena:
oggi i veri internazionalisti sanno che l'unico internazionalismo realizzato è quello del Capitale.
Cosa è la globalizzazione?
Il raggruppamento capitalistico di imprese di nazionalità diversa [internazionale, appunto!] trusts, cartelli, e multinazionali, per il perseguimento di fini di lucro, per accrescere il Capitale e l'interesse del Capitale, che in nessun caso coincide ed è conciliabile con gli interessi nazionali.
Proprio frantumando le Nazioni, la globalizzazione iperliberista e finanziarizzata ha vinto.
Il piano d'attacco e contemporaneamente di difesa dei lavoratori quale potrebbe essere?
Che tutti i lavoratori si sollevino nello stesso momento, è utopia.
Resta una solo cosa.
Semplicemente il ritorno alle sovranità nazionali, primo passo nella strada del socialismo internazionale.

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo con l'Anonimo delle 14h.41m. Nello De Bellis

Roberto ha detto...

Per Filippo,
A me pare di poter dire che il Sovranismo vive e ha politicamente ragion d'essere se esiste un "vincolo esterno" da abbattere.
Vincolo esterno che impedisce il normale fluire del confronto politico nazionale in favore di decisioni sovra-partitiche prese al di fuori dei confini sociali/territoriali.
Idealmente il Sovranismo è proprio di tutte le istanze popolari rappresentative dello Stato-nazione (art.1 Cost).

Mi chiedo dunque, a fronte del fallimento della UE prossimo venturo, che senso abbia perorare una causa che rischia di nascere già morta. Va bene scolarizzare le masse sul concetto di Sovranità e sulla sua importanza, ma ritengo politicamente sbagliato creare movimenti su tale etichetta nell'attuale fase storica.

Il Globalismo sta evidenziando i prodromi della sua distruzione.

Meglio, a mio avviso, riconoscersi nella struttura sociale ed economica propria della Carta Costituzionale per identificarsi meglio nel campo di battaglia nazionale che presto arriverà.

MPL ha già espresso la sua più totale adesione ai principi costituzionali, ma ritengo sia necessario una più netta identificazione con essa, abbandonando il termine "sovranismo" per lasciarlo a chi a breve rimarrà indietro politicamente o a chi lo cavalca per interessi reazionari.

Anonimo ha detto...

Per Roberto Mora,

ho capito perfettamente il discorso che fai.
Spero che non me ne vorrai, se non lo condivido affatto.
Sull'abbracciare i principi costituzionali, come ha già fatto MPL e tanti altri, sono pienamente d'accordo.
Ma non basta.
Come non basta affatto aspettare, mentre si vive nella miseria nera, il crollo su se stessa dalla Ue.
Poter contribuire ad affossarla, preparando le masse e ripoliticizzandole con un discorso sovranista, per me è altrettanto utile ed efficace, e non le farebbe trovare impreparate al crollo.
La causa sovranista nasce già morta proprio se la lasci alle destre.
In tal senso apprezzo il commento dell'anonimo delle 14:41.
Inoltre, una ripoliticizzazione è necessaria, con parole d'ordine che siano ricche di contenuti precisi, altrimenti, al momento opportuno, saremo tutti impreparati, privi di un riferimento culturale sulla base del quale indirizzare l'azione.
In poche parole, l'anarchia, anzi, per non offendere gli anarchici, meglio dire, il caos.

Filippo Carboni

Anonimo ha detto...

Ce lo vedete Marx con in mano la bandiera "sovranista" ? Piuttosto si sarebbe suicidato...
Sono d'accordo con il commentatore che sottolinea come le battaglie migliori siano state fatte insieme agli immigrati ( io li chiamo i nuovi italiani , perche' a differenza del neofascisti per me non esiste un italiano "naturale" : tutti hanno il diritto di essere cittadini con pieni diritti , tranne reazionari e fascistume vario ); che le battaglie che vogliono dirsi di sinistra non possono mirare a dividere chi sta in basso ; che la bandiera "sovranista" se la tengano i neofascisti che ormai dilagano .

Marx nel Manifesto esalta il ruolo della borghesia nell'unire le popolazioni abbattendo i confini e aggiungeva : " il proletariato le fara' unire ancor di piu' " . E siamo nel 1848 , figuratevi cosa potrebbe dire oggi ai tempi di internet , dei treni e mega aerei superveloci , e mentre usiamo tecnologie , medicinali , saperi ecc provenienti da ogni angolo del pianeta . Viviamo certamente in un periodo di "interregno" come direbbe Gramsci . Ma il nazionalismo sovranista ( non confondiamo le carte chiamandolo patriottismo , che e' la stessa cosa , soprattutto quando si fanno apologie dell'identita' e si paventa lo spettro del "meticciato" : da manuale del misticismo organicista volkisch fascista ) e' reazionario :
1 si inventa un'identita' che nessuno sa descrivere ma che serve solo ad escludere dai diritti politici i proletari di oggi che , nei confini nazionali , sono i cosiddetti extracomunitari ;
2 non si occupa dei proletari veri che oltre ad essere la maggioranza della popolazione mondiale , al 99% sono tutti fuori i confini degli ex paesi del primo mondo ;
3 nell'attuale economia materiale ( e per materiale si intende le cose che usiamo che sono fatte di materia , saperi e forza lavoro provenienti da ogni angolo del pianeta ).. un'economia planetaria e interdipendente , non solo non puo' esistere ( oltre a non essere nemmeno auspicabile ) una politica isolata dal mondo con una reale efficacia sovrana ...ma soprattutto i sovranisti nazionali ( se vinceranno le elezioni ) potranno solamente essere utilizzati come strumento coercitivo di controllo ravvicinato alle realta' e alle lotte sociali .

FABIO

Marco Giannini ha detto...

Ho due domande una per Pasquinelli e una per Mazzei:
1) (Pasquinelli) Io ho fatto parte in passato di Sinistra contro l'Euro...volevo capire come si porrebbe nei confronti dei migranti. Voglio dire...io non credo nell'internazionalismo e la libera circolazione anche degli uomini abbassa i diritti nel medio periodo ed inoltre non sono un amante del mutliculturalismo o meglio preferisco che ci siano culture che collaborano con noi anche internamente ma mantenendo ben salde le nostre radici che sono capisaldi perché ciò che è ancora in atto si ripeta (sperando finisca perché non mi pare possibile).
Io sono uscito dal M5s credo in spesa pubblica produttiva, in lotta a sprechi, so bene che il debito è un credito, che quello estero è "nato" con l'euro e che i tassi di interesse reali sono la causa del debito...insomma non ero casta cricca corruzzzzz. Tuttavia sono sovranista e vorrei politiche migratorie pari a quelle della Svizzera, dell'Australia ecc senza razzismo ma senza permissivismo.

2) (Mazzei) A cosa pensate sia dovuto il picco inflazionistico in zona euro?
Io credo che la moneta sia endogena (anche se i livello di "endogenicità" variano).
In un mese +1.3% mmmm io non credo sia il QE ad aver dato inflazione. Qualcosa di legato alle presidenziali USA?

SOLLEVAZIONE ha detto...

Caro Marco,
rispondiamo domani.

pasquino55 ha detto...

Nel suo intervento Pasquinelli testualmente scrive "la sinistra sovranista vuole diventare il lievito di un blocco sociale antioligarchico ampio che riesca a strappare il potere dalle mani di chi oggi lo detiene"; questo credo, per una qualsiasi formazione che si batte e lotta per realizzare il suo programma politico, è e debba essere ritenuta una giusta aspirazione. Non voglio anche io disquisire se occorra (visto che anche la destra sposa il concetto di sovranità)oppure no usare il concetto sovranista. Mi interessa molto di più perché lo ritengo il vero punto dirimente, capire cosa significhi sinistra per Pasquinelli. La "parola" sinistra come quella socialismo sono divenute così inflazionate e contraddittorie che nell'immaginario collettivo sono percepite come superate ed inutili. Se si vuole ancora parlare di una sinistra che si rifà al socialismo inevitabilmente, pena il fallimento, occorre ridefinire in modo chiaro e puntuale questo concetto. Essa, per poter tornare credibile ed ambire ad essere il lievito del cambiamento, deve in modo chiaro e trasparente sciogliere definitivamente quei nodi gordiani che ne hanno determinato il suo declino. Primo: è favorevole o contraria alla proprietà privata? Secondo: è favorevole o contraria al mercato? Terzo: ritiene o no che vi sia la supremazia dei diritti collettivi sulle libertà individuali? Quarto: che occorra la instaurazione di una democrazia economica in grado anche di regolare contrasti, frizioni, disparità nei rapporti tra economia, stato e cittadino? Solo dopo aver compiuto questi ineludibili passaggi la sinistra potrà ambire a tornare protagonista sulla scena politica e abbandonare quel ruolo di testimonianza residuale al quale è stata relegata. TORNARE AGLI INIZI PER AVERE UN FUTURO.
Pasquino55

Marco Giannini ha detto...

Volevo (senza polemica) riconfermare che la nostra Costituzione prevede l'obbligo (diritto) di una retribuzione per tutti indicandola come condizione necessaria per la dignità.

I padri costituenti ragionavano dando per scontata la piena occupazione (scripta manent) a prescindere da cosa abbiano combinato dopo magari su pressione di chi vuole schiavizzare tutto al PIL.
Nella costituzione si cita lo sviluppo umano infatti (non il PIL) e mi pare chiarissimo che i padri costituenti prescindessero dallo scambio di moneta (oggi si parla di cittadinanza attiva cioè finalizzata al benessere e allo sviluppo delle persone).
Ad esempio io ho scritto un saggio e ho dato un contributo a questa società.Potrei scriverne altri e altri e altri magari vendendo una copia a libro eppure avrei "dato" (secondo le mie caratteristiche) un contributo.

Per quanto mi si dica che il lavoro nobilita, la Costituzione fa capire che la prima condizione per avere dignità è avere "soldi in tasca" per questo la fonda sul LAVORO (disoccupazione = reato contro il cittadino).

Per quanto retribuzione non significa reddito da cittadinanza senza volermi arrogare infallibilità mi pare scontato quanto segue:

Se la Costituzione FOSSE UN ESSERE SENZIENTE tra l'estremo "lasciare un cittadino disoccupato senza reddito" e dargli un reddito, opterebbe per la seconda perché è chiara nel sancire che la dignità si ha con una RETRIBUZIONE.
Questione di lana caprina ma vorrei vedere più accanimento contro chi vuole un modello in cui un disoccupato non abbia soldi e debba attendere le calende greche che contro chi vuole un RDC.

Potremmo anche ipotizzare che un disoccupato non riceva un RDC ma che dopo un anno di disoccupazione abbia diritto a un lavoro di cittadinanza attiva (non legato al PIL quindi) con 12 mensilità di risarcimento dallo Stato (pari al periodo in cui è rimasto senza) che magari può, se vuole, investire nel lavoro che sta per svolgere (ad esempio scrivere, fare il pittore ecc).

SOLLEVAZIONE ha detto...

Rispondo a Marco Giannini.

Penso che il picco inflazionistico di gennaio (+1,8%) nell'Eurozona abbia alla base l'andamento dei prodotti energetici. La componente "energia" è infatti salita dell'8,1% in un anno, a fronte di un modesto 0,5 dei beni industriali.

Sta di fatto che l'inflazione "core", quella depurata dalle componenti "energia" ed "alimentari" (che risentono maggiormente delle tipiche oscillazioni sui rispettivi mercati internazionali) è ancora al +0,9%.

Credo anch'io che il QE c'entri ben poco. Ma questa piccola ripresa dell'inflazione servirà invece ai nemici del QE (tedeschi in primo luogo) a reclamarne la fine. E allora saranno veri guai per i tassi del debito italiano. Ma qui si aprirebbe un altro discorso, perché se Trump andrà per la strada che ha annunciato i tassi dovranno comunque crescere.

Ulteriore ma importante conferma dell'insostenibilità dell'euro.

Leonardo Mazzei

Marco Giannini ha detto...

Grazie Mazzei.
Marco

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