sabato 31 gennaio 2015

MATTARELLA: PONZIO PILATO AL QUIRINALE

31 gennaio

LORO FESTEGGIANO, NOI NO

Con i suoi 665 voti l'euro-piddino Sergio Mattarella è stato eletto Presidente sfiorando dunque il quorum della maggioranza qualificata (673). Un'indiscutibile vittoria politica per l'astuto Matteo Renzi ed il suo clan.

C'è chi dice che non sarà solo un passacarte, che Mattarella si farà valere, che farà rispettare la Costituzione.

Noi non ci crediamo. Renzi prima di renderlo papabile avrà ottenuto dal Nostro le sue garanzie. Mattarella non solo è stato un uomo chiave democristiano della "Seconda Repubblica", ne è stato anzi uno degli architetti —la infame legge elettorale che nel decisivo 1993 scardinò il principio proporzionale non a caso porta il suo nome. Sorvoliamo su tutte le altre nefandezze di cui Mattarella è stato corresponsabile come Vicepresidente del Consiglio (dalle leggi neoliberiste all'aggressione alla Iugoslavia del marzo 1999) e poi come più volte Ministro (la vergognosa vicenda dell'uranio impoverito e quant'altro). 

Vedremo molto presto se abbiamo ragione noi o gli azzeccagarbugli della sinistra del Pd e di Sel, che lo han votato nella speranza che si metta di traverso a Renzi o ne riduca i poteri che ha concentrato nelle sue mani.

Nelle prossime settimane si vota sulle "riforme" (leggi scasso) della Costituzione e sulla legge elettorale Italicum. Noi scommettiamo che Mattarella seguirà, pur con un più basso profilo proprio per non fare ombra a Renzi, le orme di chi l'ha preceduto e che non a caso è stato il suo principale sponsor.

Ha vinto dunque Matteo Renzi, che con una fava ha preso due piccioni. Non ha solo fregato e bastonato Berlusconi, ha intrappolato la sua sbandata ala sinistra —non passerà molto tempo che questa, se manterrà la sua opposizione alle "riforme" e al decisionismo renziano, si troverà a mugugnare se non a protestare contro un Presidente della Repubblica che, appunto, si rivelerà un ponziopilatesco passacarte.

I fatti hanno la testa dura e, finita la sceneggiata del Quirinale, essi torneranno a dettare l'agenda: la crisi economica senza precedenti, lo  sfascio sociale, le politiche austeritarie e deflattive imposte dagli euro-oligarchi, la disoccupazione, la miseria crescente, il debito pubblico in aumento malgrado i tagli brutali alla spesa pubblica, la possibilità che il processo di sgretolamento dell'Unione europea conosca un'accelerazione a causa della svolta politica avvenuta in Grecia.

La partita più importante, quella da cui pur indirettamente dipendono le sorti del governo Renzi, non si gioca nei palazzi romani ma ad Atene. Il braccio di ferro tra il nuovo governo greco da una parte, e gli euro-oligarchi e la troika dall'altra ci dice che il governo Tsipras non vuole recedere dalle sue posizioni (bene!), mentre Berlino insiste, per bocca del suo ministero delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, "di non prendere in considerazione un nuovo taglio del debito per Atene".

Il regime secondo-repubblichino ha oggi ha fatto festa, in sfregio a milioni di cittadini nella merda, disperati, lasciati soli, dimenticati. Euforia disgustosa quanto effimera. Non passerà molto tempo che verrà fatta la festa a chi oggi festeggia.
Ride bene chi ride ultimo.

INDIGNAZIONE A CHIAMATA di Maria Grazia da Costa

31 gennaio

I morti del Cairo non sono parigini, la socialista egiziana Shaimaa (nella foto) non vale come la filo-occidentale iraniana Neda: i due pesi e le due misure dei dirittoumanisti dell'ipocrita occidente.
NEDA
Chi non ricorda Neda Agha-Soltan, la studente iraniana, uccisa durante una manifestazione a Teheran il 20 Giugno 2009?

In poche ore divenne un'icona di Internet e social network, e il video amatoriale degli ultimi istanti della sua vita fu pubblicato su Youtube e trasmesso da tutti i telegiornali del mondo, e per alcuni mesi, la vicenda, occupò le pagine di quotidiani e riviste di tutto il mondo. Fu oggetto di talk show, di servizi speciali e approfondimenti.  Divenne, in pratica, il simbolo mondiale della repressione perpetrata da uno stato autoritario contro il proprio popolo.

I partiti italiani, i politici, attraverso comunicati e  dure prese di posizioni sui rispettivi siti e blog condannarono fermamente l'accaduto con altrettanto ferme accuse contro lo stato iraniano.

Il PD regionale del Lazio, per bocca del segretario regionale Roberto Morassut, lanciò l'iniziativa "I balconi delle città per la Democrazia in Iran", e rivolse un appello a tutti cittadini "affinché espongano dal proprio balcone o dalla propria finestra un segno di colore verde, un drappo, una bandiera, un lenzuolo, in modo da testimoniare la propria solidarietà nei confronti del popolo iraniano che sta lottando per la libertà. La mobilitazione democratica del popolo iraniano contro la dittatura fondamentalista di Ahmadinejad si sta estendendo in tutto il Paese. Il dovere dei Democratici italiani è sostenere con ogni mezzo la lotta dei giovani, delle donne, dei lavoratori, degli studenti e degli intellettuali".

A Genova, il 26 Giugno 2009: “Piazza De Ferrari giovedì pomeriggio si è riempita di bandiere della pace e drappi verdi simbolo dell’opposizione al regime di Mahmud Ahmadinejad, per esprimere solidarietà ai ragazzi e alle ragazze di Tehran. E’ stato un sit in silenzioso, al quale hanno aderito duecento manifestanti oltre a Cgil, Cisl, Uil, Emergency, Partito Democratico, Rifondazione Comunista, Sinistra e Libertà, Socialismo Rivoluzionario, Sinistra Critica, Lila Genova, e a molti esuli iraniani. In segno di solidarietà con la società civile iraniana il Segretario Provinciale del PD Victor Rasetto ha invitato i genovesi a esporre fuori dalle casa un drappo verde”.

Secondo quanto scritto da “Repubblica” l'allora titolare della Farnesina, l'on. Frattini, il 22 Giugno 2009, declinò l'invito alla delegazione iraniana  al G8: “In questo quadro in serata è definitivamente saltata la partecipazione della repubblica islamica alla riunione ministeriale del G8 di Trieste. Al mattino Frattini aveva chiesto una risposta entro la giornata. La risposta non è arrivata e il titolare della Farnesina ha detto che a questo punto, quando mancano tre giorni alla conferenza, ritiene "declinato l'invito". "La presidenza G8 non può aspettare molto", ha aggiunto.
Il 25 Giugno 2009, Nichi Vendola, sul proprio blog scriveva “Come si possa star fermi, zitti e buoni quando a Teheran squadracce di polizia segreta ammazzano impunemente la meglio gioventù del Paese è un mistero che devo ancora scoprire”. 

Il quotidiano “Repubblica”  titolava così l'articolo del 21 Giugno 2009 “Neda, la ragazza uccisa a Teheran diventa il simbolo della rivolta” e ancora “Il video che mostra i suoi ultimi istanti di vita ha fatto il giro del mondo e sul web si moltiplicano i messaggi: "Ti ricorderemo, non sei morta invano".

Per “The Times”, a Dicembre 2009, Neda diventò  il personaggio dell'anno in quanto: "simbolo globale dell'opposizione alla tirannia".

Nel primo anniversario dell'uccisione di Neda, Amnesty International lanciò un'iniziativa globale per raccogliere in una galleria le immagini di persone di ogni parte del mondo che chiedono il rispetto dei diritti umani in Iran attraverso la frase "I am Neda".

Wikipedia ha una pagina sulla vicenda “Morte di Neda Agha-Soltan” in cui si trova scritto: “Neda significa "voce" o "chiamata" in persiano e per questo la donna è stata definita come la "voce dell'Iran".

Sempre su Wikipedia si può leggere che il 6 Luglio 2009: “Nel consiglio comunale di Roma è stata avanzata la proposta, firmata dai capigruppo di tutti i partiti, di intitolare a Neda una via della capitale, con la motivazione che "Neda Agha-Soltan è ormai il simbolo internazionale di una generazione che sa anche impegnarsi pubblicamente e che non vuole arrendersi”.

SHAIMAA
Il 25 Gennaio 2015, Shaimaa el-Sabbagh, una giovane 33enne dirigente di un piccolo partito di sinistra egiziano, è stata uccisa al Cairo, colpita da proiettili “di gomma” sparati a distanza ravvicinata. La formazione socialista, di cui Shaimaa era la dirigente, era presente sulla piazza insieme al suo segretario generale che è stato picchiato e arrestato.

Insieme alla giovane attivista, sono rimaste uccise, sulle strade egiziane, altre quattordici persone che stavano, con dimostrazioni e cortei, ricordando il quarto anniversario della rivoluzione del 2011 e la caduta di Hosni Mubarak.

Ho per caso appreso la notizia da Internet la mattina del 25 Gennaio, e il caso ha voluto che in quel momento mi trovassi a Roma dove sarei rimasta fino alla sera. Nessun balcone del Lazio ha esposto drappi di nessun colore (il rosso poteva andare bene, dato che la vittima era una socialista) e sul sito del PD Lazio nessun segretario regionale ha esortato a testimoniare la propria solidarietà.

Ho sentito di nuovo la notizia per radio, sull'autostrada. Una comunicazione data senza molta enfasi in cui si ripercorreva in poche parole la storia egiziana degli ultimi anni, ricordando la caduta di Mubarak in seguito alle violente proteste di piazza e la successiva ascesa di Morsi che è finita con un colpo di stato militare che ha portato alla presidenza Abdel Fatah el Sisi.

Ho letto stamani la notizia sui quotidiani, subito travolta e nascosta dai risultati delle elezioni greche. Su la “Repubblica”, ormai in 25° posizione, appaiono anche le terribili foto scattate da un fotografo della Reuters.

Una sequenza tragica che evidenzia la totale indifferenza della polizia, armata di fucili e manganelli, di fronte allo stato della vittima e alla disperazione del marito che tenta di soccorrerla e portarla in salvo. Il titolo: “Egitto scontri di piazza Tahir, polizia spara 17 morti e decine di feriti”  Video: Shamina L'ultimo abbraccio prima di morire”.

Sul Corriere della Sera, anche qui oramai in 25° posizione si legge: Shaimaa al-Sabbagh, 34 anni, attivista politica del Partito dell’Alleanza popolare socialista egiziana, uccisa al Cairo durante la manifestazione nell’anniversario della rivoluzione.  A presentazione del video, una nota che dice “Le immagini della donna colpita a morte da alcuni proiettili, soccorsa e presa in braccio da un compagno, hanno fatto il giro del mondo e commosso. Almeno 17 persone sono rimaste uccise e circa 30 ferite, nei disordini scoppiati al Cairo e ad Alessandria”. (Afp)

E sotto il video, il dubbio: "Egitto, il video dell’attivista uccisa.  La vittima è Shaimaa al-Sabbagh, 33 anni, morta mentre gli agenti disperdevano la folla. Per i manifestanti a sparare sarebbe stata proprio la polizia".

Ho verificato, sul sito ufficiale del PD,  quali iniziative fossero state messe in cantiere per la condanna di questo terribile atto. Nella sezione “Donne” leggo un comunicato delle deputate del PD che esprimono “Soddisfazione per l'approvazione al Senato di norme molto incisive relative all'equilibrio della rappresentanza di genere”. Forse non ho cercato nelle pagine giuste. Sfoglio  altre pagine senza alcun risultato. Alla fine inserisco il nome della ragazza nel motore di ricerca del sito. Il risultato non cambia. Gli inorriditi difensori dei diritti umani che si strappavano le vesti per la morte di Neda, non hanno proferito parola. Le accanite femministe che gioiscono per “l'equilibrio della rappresentanza di genere” non hanno una parola di condanna  verso chi ha armato la mano che ha ucciso una compagna militante di sinistra che manifestava contro un governo insediato con un colpo di stato e che preclude qualsiasi forma di protesta al popolo.

Non contenta, ho cercato sul blog di Nichi Vendola per leggere la sua reazione a caldo e, non trovando niente, mi ricordo che il 25 Gennaio era impegnato con l'iniziativa di SEL “Human Factor” a Milano.

Però ha una pagina Facebook e visitandola vedo che l'unico post scritto venerdì è “curioso e felice verso Milano, per Human factor. Chi vuole scrivere un pezzettino di storia ci raggiunga!” Il post successivo è di sabato in cui pubblica foto di un “laboratorio” di Human factor.

Lo sghignazzante interlocutore telefonico di Archinà ha pensato forse che la  povera  Shaimaa, militante socialista, non avesse diritto a nessuna particolare attenzione. Probabilmente anche lei aveva “una faccia da provocatore” alla pari del giornalista che al Patron dell'Ilva chiedeva spiegazioni sui morti di tumore.

Non ho nemmeno tentato di vedere se Renzi avesse fatto una dichiarazione in merito ai fatti accaduti in Egitto perchè l'ho ritenuta una inutile perdita di tempo.

Il 7 di Gennaio tutto il mondo ha avuto un sussulto di indignazione per l'attentato di Parigi in cui hanno perso la vita gli ormai tristemente famosi vignettisti di Charlie Hebdo. Tutto il mondo si è risvegliato magicamente dal torpore che lo aveva avvolto durante i terribili bombardamenti di Gaza che sono costati la vita di centinaia di persone, bambini, donne, vecchi.

Quel mattino, camminando per strada, al lavoro, si respirava aria di rivolta, tutti avrebbero fatto qualcosa, tutti avevano qualcosa da dire. Per una settimana ho visto cartelli, manifesti appesi al muro, giornali e magliette con la scritta “Je suis Charlie”. Tutte le anime belle della politica italiana si sono strappate le vesti per il “diritto alla satira”. La condanna è stata unanime. Quotidiani, riviste, telegiornali, qualsiasi programma radio o TV aveva qualcosa da proporre. Parigi ha visto nelle sue strade la più grande manifestazione di massa di tutti i tempi. Numerosi capi di stato si sono “sgomitati”, a detta di Renzi, per conquistare la prima fila di quel corteo. Un corteo che rappresentava solo la pretesa supremazia della civiltà occidentale contro la barbarie del resto del mondo.

Dove sono finiti, oggi, dopo i fatti del Cairo e di Alessandria, i difensori dei diritti umani, le donne in nero, Amnesty international, i capi di stato campioni di democrazia? Dove sono, ora che la violenza è perpetrata da chi è stato voluto proprio dall'occidente, contro la barbarie dei “Fratelli musulmani”?

Dove sono le donne del PD, quelle che esultano quando “al Senato vengano introdotte norme molto incisive relative all'equilibrio della rappresentanza di genere”, dov'è la sbraitante Santanchè, dov'è la ex FGCI, ex PCI , ex DS  Mogherini? Nemmeno lei si indigna per una “compagna” uccisa per difendere i propri diritti? E un'ultima domanda: dove sono tutti i “compagni”, quelli che “il proletariato non ha nazione, internazionalismo, rivoluzione”? Internazionalismo si, ma occidentale!
Guardiamoci in faccia, finalmente. Siamo una società anestetizzata fino in fondo all'anima, che si indigna “a chiamata” del padrone di turno , che non sappiamo più discernere il bene dal male, che la pietà ci coglie solo se lo vogliono i nostri burattinai. Siamo succubi volontari dei nostri inetti politici.

Perchè la vita vera, quella per cui vale la pena essere pronti e ben svegli, sono il calcio e i salotti della Maria De Filippi.

venerdì 30 gennaio 2015

"VIVA TSIPRAS" (fino a prova contraria)

30 gennaio

Di cazzate sulla svolta politica in Grecia se ne stanno sparando tante. La prima fila degli azzeccagarbugli è occupata questa volta dagli economisti — i complottisti non sanno che pesci pigliare. Alberto Bagnai, dando ragione a J.K. Galbraith («La sola funzione delle previsioni in campo economico è quella di rendere persino l'astrologia un po' più rispettabile»), si è distinto per averla sparata più grossa.  

La maggior parte degli economisti, confermando che la politica non è pane per i loro denti, convergono infatti sullo stesso punto di fuga: "tranquilli, con la vittoria si SYRIZA non cambierà un fico secco".

Dice l'adagio che il buon giorno si vede dal mattino. Vediamole dunque le prime mosse del governo Tsipras. La prima in apparenza sembra poco avere a che fare con l'economia. 

Il giorno dopo la vittoria elettorale Tsipras ha fatto visita all'ambasciatore russo per annunciargli che il suo governo avrebbe minacciato di porre il veto a una nuova ondata di sanzioni economiche a Mosca sulla crisi ucraina (azione che richiede l'unanimità dei 28 Paesi 
Il Ministro degli esteri greco Kotzias
membri). Successivamente il ministro degli esteri greco, Kotzias, ha annunciato pubblicamente che Atene non avrebbe sostenuto la decisione di porre altre sanzioni contro Mosca. 

Ci segnala Vittorio Da Rold che la mossa del governo greco “ha fatto sobbalzare sulla sedia i responsabili delle politiche estere delle cancellerie in Europa e in America“.  
Che dire? Bella mossa Tsipras!

Lo stesso Da Rold scrive:
«Il partito filo-nazista Alba dorata ieri ha subito plaudito all'iniziativa del governo rosso-nero (formato da una strana alleanza tra sinistra radicale e destra nazionalista dei Greci Indipendenti) affermando che gli interessi geopolitici greci sono contrari alle sanzioni alla Russia e alle politiche di austerità imposte dalla troika». [Il Sole 24 Ore del 30 gennaio] 

Comincia a delinearsi, se ci fate caso, il leitmotiv dell'eventuale prossima aggressione alla Grecia. Kammenos, leader dei Greci Indipendenti alleati di SYRIZA, è stato già bollato come "populista, nazionalista, xenofobo e antisemita". Ora si insinua il sospetto che Tsipras sia non solo filo-putiniano ma pure appoggiato dai neonazisti. Vuoi vedere che se Tsipras tiene duro bolleranno il suo governo come "rosso-bruno"?

I primissimi provvedimenti economici e sociali adottati dal governo Tsipras, in ottemperanza al "Programma di Salonicco" non hanno impensierito meno le confraternite dell'imperialismo globale. Vediamoli.
(1) Blocco della privatizzazione del 30% della compagnia elettrica DEH, la più grande utility del Paese;
(2) blocco della prevista cessione del 35% della Hellenic Petroleum, la principale raffineria del greca; (3) congelamento della cessione del 67% dell'autorità di gestione del Porto del Pireo (su cui i cinesi della COSCO avevano allungati le mani;
(4) reintegro dei dipendenti pubblici il cui licenziamento è stato considerato incostituzionale;
(5) aumento del salario minimo interprofessionale dagli attuali 586 a 751 euro (+165€);
(6) ripristino della tredicesima per le pensioni più basse.
A questo si aggiunga che il Ministro delle finanze Yanis Varoufakis, dopo aver confermato che verrà applicata l'annunciata moratoria sul debito pubblico, ha affermato testualmente: "non accetteremo pià i trattati dell'Unione europea". Si spiega così perché la borsa di Atene abbia perso dopo il voto il 15%; e perché il titolo triennale greco è balzato al 17%, rendendo molto di più del decennale —segno che i "mercati" temono il default.

Vi sembra poco? Di sicuro si tratta di sacrosanti atti di disobbedienza aperta ai piani imposti dalla troika, e di una dichiarazione di guerra agli oligarchi greci. 

Vedremo nelle prossime settimane se ciò condurrà, come noi ci auspichiamo, ad una rottura con l'unione europea, oppure se la spinta popolare al cambiamento verrà tradita. Nel qual caso valgono le riflessioni che l'altro giorno svolgeva su questo blog Piemme.



giovedì 29 gennaio 2015

10.128 (SIAMO SERI, ALMENO PER UNA VOLTA) di Emmezeta

29 gennaio

Andiamo in stampa mentre M5S comunica i risultati della consultazione in rete sui nove candidati al Quirinale avanzati dai parlamentari pentastellati. Ecco i risultati comunicati dal blog di Beppe Grillo: 

«Hanno partecipato alla votazione 51.677 iscritti certificati. Il primo è risultato Ferdinando Imposimato con il 32%, secondo Romano Prodi con il 20%, terzo Nino Di Matteo con il 13%.
Il dettaglio dei risultati: Ferdinando Imposimato, 16.653 voti, Romano Prodi, 10.288, Nino Di Matteo, 6.693, Pierluigi Bersani, 5.787, Gustavo Zagrebelsky, 5.547, Raffaele Cantone, 3.341, Elio Lannutti, 1.528, Salvatore Settis, 1.517, Paolo Maddalena, 323.»
I Cinque Stelle e il Quirinale: note su un movimento allo sbando
Per favore, qualcuno gli spieghi almeno chi è Romano Prodi...

Non ci siamo occupati finora della cosiddetta "corsa al Quirinale". Non perché l'esito non sia importante, ma solo perché il toto-Quirinale è un hobby che lasciamo volentieri ad altri. I quali, benché apparentemente più informati, di solito non azzeccano mai una previsione.

Vedremo se alla fine la spunterà un uomo del "Nazareno", od un personaggio appena un po' più indipendente. Nel primo caso sarebbe una vittoria di Renzi e Berlusconi. Nel secondo canterebbe vittoria anche al minoranza del Pd, con l'ex cavaliere che dovrebbe decidere se salire anch'egli sul carro oppure no.

Di certo, sia nella prima che nella seconda ipotesi, Renzi vorrà un presidenticchio che non gli faccia ombra. Un po' come i ministricchi e le ministricche che compongono il suo governo.

Qui però vogliamo occuparci di un'altra questione. Perché mentre il nuovo presidente della repubblica uscirà fuori dalle alchimie segrete dei conciliaboli di palazzo - protagonisti massimi il pregiudicato di Arcore e lo spregiudicato di Pontassieve - il principale partito di opposizione non riesce a smettere di giocare con la tastiera.

Per scegliere il suo candidato, il M5S si affida di nuovo alla votazione online, un metodo che se poteva essere forse comprensibile 2 anni fa, oggi fa semplicemente pena. Un procedimento che ha già fatto troppi danni, ad esempio selezionando candidati totalmente sconosciuti agli stessi attivisti del movimento. Un'assurdità che verrà pagata di certo in termini elettorali alle prossime regionali di maggio. 

Errare è umano, perseverare è diabolico: ma per ora non c'è segno di ravvedimento alcuno. Tuttavia non di solo metodo si tratta. Perché qui c'è qualcosa di più. E quel di più si chiama Romano Prodi.

Leggiamo dal blog di Grillo:
«Oggi si vota online per il candidato alla Presidenza della Repubblica del Movimento 5 Stelle dalle 9.00 alle 14.00 (per finire prima dell'inizio della votazione in Parlamento). Dall’assemblea del gruppo parlamentare è uscita una rosa di nomi che è in votazione oggi. A questa rosa è stato aggiunto Romano Prodi perché riteniamo di dover onorare l'impegno preso con i parlamentari del PD attraverso l'email inviatagli. Dopo che Lorenza Carlassare ha declinato la candidatura la rosa completa di nove nomi è la seguente: Pierluigi Bersani, Raffaele Cantone, Nino Di Matteo, Ferdinando Imposimato, Elio Lannutti, Paolo Maddalena, Romano Prodi, Salvatore Settis, Giustavo Zagrebelsky».
Sorvoliamo sugli altri nomi, ma Pierluigi Bersani che c'azzecca? Per noi è stato l'uomo della liberalizzazioni e tanto basta, ma per i pentastellati non è più la stessa persona della penosa scena di autismo politico mandato in onda via streaming due anni orsono?

Ma lasciamo perdere e concentriamoci su un altro nome, questo assolutamente scandaloso, anche perché inserito nella rosa su espressa decisione del gruppo parlamentare. Stiamo ovviamente parlando di Romano Prodi da Scandiano. Il cui nome accenderebbe gli entusiasmi pure di Sel e della minoranza Pd... Siamo messi davvero bene!

C'è ancora bisogno di dire chi è veramente Romano Prodi? Evidentemente sì, almeno per quanto riguarda gli amici di M5S.

Romano Prodi è stato il re dei privatizzatori, negli anni d'oro (per lorsignori, si intende) della svendita del patrimonio pubblico italiano. Per tutti gli anni '90 ha operato in questo senso, prima come presidente dell'IRI, poi come presidente del consiglio. Ed in quel periodo l'Italia ha stabilito il record mondiale delle privatizzazioni! Bene, adesso premiamolo mandandolo al Quirinale, che qualcosa da privatizzare ancora resta!

Ma Prodi è stato anche il protagonista della svolta più decisa verso la precarizzazione del lavoro. Il "pacchetto Treu" del 1997 è ancora lì che grida vendetta. E ancora lì, pronti a dargli il voto, sono certi suoi sostenitori di sinistra (brr...) che anche allora, guidati dal Pavone Bertinotti, gli consentirono la porcheria chiamata "lavoro interinale".

Ancora: Prodi è stato uno dei padri dell'euro (a proposito, ma il M5S non è anti-euro?), nonché presidente della Commissione Europea dal 1999 al 2004. Quella che ha contribuito non poco a determinare le politiche europee di cui il popolo italiano è vittima.

Dobbiamo continuare?
Ad ognuno le sue responsabilità. Chi guida una forza di opposizione, che ha mietuto consensi anche in virtù di una forte spinta al cambiamento sociale, dovrebbe vergognarsi solo per aver inserito il nome di Prodi nella lista dei papabili.

Vabbè, dirà qualcuno, è solo una buffonata. Può essere, ma sarebbe appunto il momento di essere seri. Almeno per una volta. 

SENTITE E GUARDATE CHE DICEVA IL "MORTADELLA"....


29 gennaio

Vedremo come andrà a finire questa stucchevole pantomima dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. 
UNA PRIMA COSA ci rincuora: chiunque egli sarà, difficilmente potrà fare peggio di Napolitano.

UNA SECONDA COSA appare chiara: quale che sia il coniglio che Renzi tirerà fuori dal suo cappello, sarà appunto un "coniglio", un Presidente "debole", che non dovrà disturbare l'autista. Nell'assetto post-democratico che viene fuori dalle modifiche istituzionali e dalla nuova legge elettorale Italicum, emerge infatti un sistema in cui l'esecutivo, quindi il Presidente del Consiglio, concentrerà nelle sue mani le leve decisive del potere. Una forma sostanziale e anti-costituzionale di presidenzialismo in cui il dominus è il Premier. Per cui: niente dualismo di poteri.

Anche per questo Prodi non sarà il nuovo Presidente, e non solo perché è la bestia nera di Berlusconi.

Tuttavia proprio Romano Prodi —il boiardo che curò dal 1982 al 1994 lo smembramento dell'IRI e le privatizzazioni di Alfa Romeo, della siderurgia pubblica, infine la scandalosa vendita a prezzi stracciati della SME a De Benedetti; uno degli artefici dell'euro come Presidente del Consiglio (dal 1996 al 1998), poi Presidente della Commissione europea dal 1999 al 2004— è stato scelto come uno dei papabili dal Movimento 5 Stelle.

Una scelta a dir poco scandalosa, quali che saranno i voti che gli attivisti di M5S gli attribuiranno nell'altra pantomima che è il voto in rete.

Una cosa è certa: i Cinque Stelle non potevano giocare in modo più maldestro la partita del Quirinale. Prima han detto: "Renzi faccia i nomi e poi noi li facciamo votare dalla rete". Hanno cioè giocato di rimessa, offrendo a Renzi un ruolo che la Costituzione non gli assegna affatto, quando avrebbero dovuto proporre in maniera decisa un candidato che rappresentasse la diffusa esigenza di una rottura col passato, con la casta e con le politiche austeritarie euriste.
Poi si sono decisi ad entrare in partita, ma peggiorando le cose, ovvero fornendo nove nomi tra cui appunto quello di Prodi. Un'abile tattica? Per niente: una gran cazzata, segno ulteriore di insipienza e dabbenaggine politica.

Ora godetevi lo spettacolo per rendervene conto...



mercoledì 28 gennaio 2015

SE TSIPRAS NON CE LA FARÀ? di Piemme

28 gennaio

Che succederà alla Grecia se Tsipras non ce la farà a tirar fuori il suo Paese dall'abisso in cui il capitalismo predatorio l'ha precipitato? 
Sarò brutale: avremo tumulti sociali reazionari capeggiati da Alba Dorata, e quindi un colpo di stato militare con l'uscita (da destra) della Grecia dall'eurozona.

E' sintomatico che Syriza abbia affidato il Ministero della Difesa a Panos Kammenos, portavoce di ANEL (Anexartitoi Ellines/Greci Indipendenti), partito della destra nazionalista. Tsipras ha stipulato una preziosa polizza assicurativa sulla vita del suo governo, garantendosi così l'appoggio delle Forze armate greche. E bene ha fatto, in barba ai media europei (tedeschi anzitutto) che non appena formato il governo ad Atene hanno iniziato una pelosa campagnetta di satanizzazione di Kammenos, bollandolo come "populista, xenofobo" e, dulcis in fundo —vi pare che poteva mancare?—, "antisemita". Un sintomo inquietante quanto infallibile di come l'armata della manipolazione mediatica eurista pensa di sferrare l'offensiva per far cadere il governo Tsipras nel caso non si piegasse ai futuri diktat della troika.
Panos "Panagiotis" Kammenos


Non si sottovaluti il peso dell'Esercito nella vita politica greca. Esso è potente. L'ultimo colpo di Stato della serie avvenne nel 1967, quello che diede vita al "regime dei colonnelli" —che cadde nel 1974 grazie ad una potente rivolta popolare. Il conflitto mai risolto con la Turchia, che ha nella vicenda di Cipro il suo fulcro, non alimenta solo il nazionalismo, è il basamento su cui poggia la legittimazione dell'Esercito greco. La recente disputa greco-turca sui grandi giacimenti di gas e petrolio scoperti nel Mar Egeo e chi abbia titolo all'estrazione, rinfocola quel conflitto.
E' indicativo che il nuovo Primo ministro Alexis Tsipras abbia annunciato che il suo primo viaggio all'estero avverrà proprio a Cipro —segnale il cui significato non sarà sfuggito ad Ankara.

Né si deve dimenticare che il nocciolo duro dell'Esercito greco è fortemente anticomunista, esso si forgiò nella sanguinosa guerra civile del 1946-49 quando l'imperialismo inglese fece della lotta per sterminare la Resistenza partigiana antifascista greca il banco di prova della guerra fredda. E per farlo riorganizzò in fretta e furia l'esercito greco, proprio a  partire da quello messo sù dagli occupanti nazisti.

Ma torniamo a noi. Tsipras può fallire la sua missione? Sì, può fallire. La linea politica del governo di SYRIZA è ben espressa dalle posizione del nuovo Ministro delle finanze, l'economista Yanis Varoufakis. Sentiamolo:
«L'euro è stato concepito male, e per la Grecia, come per l'Italia, era meglio non aderirvi. Non ha retto all'impatto della crisi finanziaria del 2008, ma ormai non si può tornare indietro. È come un vascello lanciato verso l'America che a metà dell'oceano comincia ad imbarcare acqua. E' inutile stare a disquisire sugli errori degli ingegneri che l'hanno costruito, bisogna stringere i denti e arrivare in porto.
Vogliamo trasformare il debito verso la Troika, salito da 240 a 280 miliardi per il comporsi degli interessi (che più volte rinegoziati sono scesi al 2% di media ma prima arrivavano a più del 5), in un maxi-bond a scadenza illimitata: cominceremo la restituzione quando le condizioni lo permetteranno e si sarà innescata in Grecia una crescita almeno del 3-3,5%». [Intervista rilasciata da Varoufakis a La Repubblica il 5 gennaio scorso]
In poche parole il successo o l'insuccesso del governo di coalizione SYRIZA-ANEL, ammesso e non concesso che ciò sia sufficiente, dipende dalle concessioni che la troika e l'euro-Germania saranno disposti a fare.

Noi dubitiamo che l'euro-Germania sia disposta a concedere una tale sostanziale deroga al rimborso del debito sovrano. Accetteranno presumibilmente molto meno, talmente meno che Tsipras e Varaoufakis saranno posti davanti alla scelta: o capitolare o uscire dall''eurozona.
Yanis Varoufakis

Il rischio dell'inferno è altamente probabile perché, secondo noi, noi l'eventuale abbuono sul debito sovrano, non sarà sufficiente a far uscire la Grecia dal marasma. Stiamo alle stime di Varaoufakis: la Grecia potrà conoscere una crescita media del 3-3,5% di Pil per un periodo lungo restando in questa Unione europea? la risposta è no, non in un'Unione in cui continui a prevalere la politica mercantilistica e neoliberista di marca tedesca. 

Ben altre risorse servirebbero che il risparmio sul rimborso del debito per rilanciare investimenti, produzione e consumi. Queste possono venire solo lo Stato greco metterà in atto un gigantesco piano di investimenti pubblici, ciò che non è evidentemente possibile restando nell'Unione e prendendo a prestito la moneta dalla Bce.  Un tale piano potrà essere finanziato solo in tre maniere: con l'aumento della spesa in deficit, attuando una rapina sociale contraria a quella avvenuta in questi anni, ovvero a danno del capitale speculativo, nazionalizzando il sistema bancario, e quindi ricorrendo a consistenti prestiti esteri.

La domanda da un milione di dollari è quindi la seguente: posto di fronte al bivio cosa farà il nuovo governo greco? Noi vogliamo sperare che Tsipras e Varaoufakis avranno in tasca pronto un "Piano B" per l'uscita da sinistra. Altrimenti la Grecia precipiterà nell'infermo ed a quel punto sarà l'Esercito a salire al potere, liquidando, assieme alla moneta unica, ciò che resta della democrazia.

Ps

Le cifre della rapina che ha gettato i greci nell'abisso.
Consiglio ai lettori, per capire le diaboliche dinamiche del capitalismo-casinò nonché la trappola fatta scattare dalla troika, di leggere l'articolo di Morya Longo:

DALLA VAL SUSA ALL'UMBRIA: PERUGIA AL CENTRO DELLA LOTTA CONTRO IL MOSTRO ORTE-MESTRE

28 gennaio

Ieri a Torino la "giustizia" ha condannato 47 attivisti No-TAV per le manifestazioni del 2011. Un avvertimento, il tentativo di dare una dura lezione ai movimenti che nel nostro Paese si mobilitano contro le grandi opere ed il modello economico-sociale che ci sta dietro. Il giorno prima gli umbri hanno dato a loro volta un avviso al regime. A Perugia si è svolto un partecipato Consiglio comunale aperto che ha indicato che gli umbri della più grande "grande opera" della storia italiana non ne vogliono sapere.

Marcello Teti, portavoce Coordinamento No E45 Autostrada
Non avevamo dubbi: chiamata ad esprimersi sulla trasformazione della E45 in autostrada, PERUGIA HA DETTO "NO"!  

A Palazzo dei Priori, nella grande e prestigiosa Sala dei Notari piena in ogni ordine di posto, ieri 26 gennaio, per il Consiglio Comunale Grande (voluto e ottenuto dal Movimento 5 Stelle dietro nostra richiesta), tutti i 22 interventi succedutisi, con il consenso dei presenti, hanno espresso un parere contrario al progetto di trasformazione della E45 in autostrada, con dati alla mano, tesi, cifre, argomentazioni logiche puntuali. 
La platea e il palco sono stati conquistati da semplici cittadini, uomini e donne, associazioni e comitati civici.
Tutte le componenti del Coordinamento Umbro - No E45 Autostrada hanno preso la parola.

Il sindaco di Pg, Andrea Romizi (terzo da sinistra)
 e la sua squadra

A partire dal portavoce, Marcello Teti, del Movimento Popolare di Liberazione, che ha spiegato come «quest’opera faraonica, inutile e distruttiva, tutto è meno che esente da intervento pubblico perché, se la società appaltatrice non dovesse raggiungere gli introiti previsti, interverrà sicuramente lo Stato».

Emanuela Arcalenidell'associazione Umbria Migliore, ha aggiunto come «questo progetto sia figlio di una logica datata e perdente, che costerà 11 miliardi. Un progetto che senza essere ancora partito, succhia già risorse». Arcaleni inoltre, sottolineando il silenzio assordante da parte dei media nazionali e locali, ha precisato che se tutti i comuni coinvolti nel tracciato dell’autostrada deliberassero in maniera contraria ai lavori, nessuno lo porterebbe ancora avanti.

Si è espresso anche Maurizio Zara di Legambiente puntando il dito sul progetto inutile, mentre sono ben altre le cose da fare nel territorio. Ha poi auspicato che «il consiglio comunale di Perugia mostri al momento opportuno una netta contrarietà al progetto».

Hanno preso la parola anche Luca Trepiedi, del Forum Nuova Mobilità Umbra,Salvatore Vitale di Salviamo il Paesaggio, (tutti aderenti al Coordinamento Umbro) e tantissimi altri cittadini.

In sintesi, tutti gli interventi hanno chiesto al consiglio comunale di deliberare con un atto ufficiale il NO al progetto-mostro che penalizzerà le imprese e i lavoratori, che distruggerà il delicatissimo paesaggio umbro, farà sprecare tante risorse pubbliche che invece servono per gli enti locali, per sostenere welfare e arginare il rischio idrogeologico in Umbria.

Come diceva Teti, non è un caso che noi del Coordinamento No E45 Autostradaabbiamo raccolto, tramite petizione popolare, quasi 8mila firme che presto consegneremo alla regione.

Soddisfatti per questo successo, continuiamo la battaglia con più ardore, a difesa del nostro territorio e di tutti i cittadini.

martedì 27 gennaio 2015

IL PIÙ GRANDE SUCCESSO (dei no-euro)

27 gennaio

Non lo saprete dai media, che hanno alzato anche questa volta il loro muro del silenzio. Ma l'incontro europeo di Roma è stato, per unanime giudizio dei presenti, un grande successo. 

[Nella foto: Enrico Grazzini, Leonardo Mazzei, Carlo Cattaneo, Nino Galloni, Antonio Maria Rinaldi, Moreno Pasquinelli]

Due sono le cose accadute nella due giorni romana

Da una parte si è consolidato il rapporto unitario tra le diverse forze europee no-euro; dall'altra ha superato brillantemente la prova la cooperazione tra il Coordinamento della sinistra contro l'euro e gli amici sovranisti provenienti dal Movimento 5 Stelle. Li abbracciamo tutti, tra essi anzitutto la senatrice Monica Casaletto, Daniele Magni e Vittorio Attili

Vogliamo quindi ringraziare, oltre al giurista Giuseppe Guarino, gli amici Nino Galloni, Antonio Maria Rinaldi, Marco Cattaneo ed Enrico Grazzini che hanno animato la bella tavola rotonda finale di domenica
Un momento della tavola rotonda finale
pomeriggio; i compagni Sandro Targetti della della Direzione del Prc, Mauro Casadio di ROSS@ e Norberto Fragiacomo di Bandiera Rossa in movimento; i senatori ed i deputati del mondo 5 Stelle che hanno portato i loro saluti ed i loro contributi o presenti all'incontro, tra questi Francesco Cariello, Mimmo Pisano, Enza Blundo, Fabrizio Bocchino e Sebastiano Barbanti.


Un ringraziamento particolare lo dobbiamo agli amici ed ai compagni provenienti dai diversi paesi europei spagnoli, francesi, tedeschi, belgi, austriaci e finlandesi  protagonisti delle due dense sessioni di lavoro di sabato pomeriggio e domenica mattina —saluti sono stati inviati dalla Russia, dalla Svezia, dalla Danimarca e dalla Grecia.

Un grazie infine agli amici delle Brigate sovraniste per la Costituzione che hanno curato le riprese filmate dei lavori, che quanto prima saranno visibili in rete.

Speriamo di avere gettato le fondamenta per un lavoro comune che possa presto dare i suoi frutti e, tra questi, quello più ambizioso, dare una rappresentanza politica ai tanti cittadini che vogliono riconsegnare al nostro paese piena sovranità mandando finalmente a casa la casta dei politicanti asserviti ai poteri oligarchici euristi e mondialisti. 
Ogni grande marcia comincia dal primo passo.
Sabato 24 gennaio: Il deputato M5S Cariello e il giurista Giuseppe Guarino


Qui sotto la Dichiarazione conclusiva, approvata per acclamazione da tutti i presenti all'incontro.

INCONTRO DI ROMA
Dichiarazione conclusiva


«L'Europa è a un bivio.
Le politiche neoliberiste, in stretta connessione con i sacrifici imposti dall'UE, hanno prodotto un autentico disastro sociale. Aumento della povertà, crescita della disuguaglianze, disoccupazione di massa, cancellazione di ogni diritto sociale, sono gli elementi che caratterizzano il panorama attuale, specie nei paesi dell'area mediterranea.

Queste politiche non sono più sostenibili.
Esse, calpestando di fatto i più importanti principi delle stesse costituzioni nazionali, stanno progressivamente distruggendo le conquiste democratiche e sociali che hanno caratterizzato il trentennio seguente alla seconda guerra mondiale.

L'Unione Europea è sempre più una struttura oligarchica a difesa degli interessi dei centri del potere finanziario, mentre il progetto di unificazione politica è ormai palesemente fallito.
Da sinistra: Sebastiano Barbanti, Vittorio Attili e Daniele Magni
La crisi economica va avanti senza vere possibilità di uscita. Le recenti decisioni della Bce (il cosiddetto "quantitative easing") sono solo destinate ad alimentare i circuiti finanziari, senza alcuna ricaduta positiva per la vita delle persone.

La drammaticità della situazione sociale sta però producendo le prime risposte politiche.
Proprio in queste ore sono in corso le elezioni in Grecia, dalle quali è possibile che arrivi - e noi ce lo auguriamo vivamente - un forte segnale di rifiuto delle politiche imposte dall'UE e dalla troika.

Sono maturi i tempi per proporre un'alternativa allo stato di cose presenti.
Al neoliberismo, alla sua applicazione imposta dall'UE, noi opponiamo un progetto - da costruire con la massima inclusività e dialogo - che metta al centro i bisogni umani.

Il neoliberismo consiste nella sopraffazione del più debole da parte del più forte, nella violenza nei confronti della stessa natura umana in nome dei dogmi del mercato. L'attuale sistema finanziario e monetario è alla base della crescente disuguaglianza sociale.

Contro tutto ciò, noi vogliamo mettere al centro di un programma di alternativa il diritto al lavoro, ad un reddito che garantisca a tutti una vita dignitosa, uno sviluppo economico pensato per difendere e migliorare l'ambiente in cui viviamo.

Per creare le basi di questo cambiamento occorre intanto uscire dalla gabbia europea, ed in particolare dal sistema di dominio dell'euro, riconquistando così una piena sovranità nazionale, di cui quella monetaria è parte essenziale.
La presidenza della prima sessione: Pasquinelli,Nickonoff e Monereo

L'uscita dalla moneta unica non è per noi fine a se stessa. Essa è invece la base del necessario sganciamento dal sistema della iper-finanziarizzazione neoliberista, la base della ricostruzione della democrazia, la base di una vita che meriti davvero di essere vissuta da tutti gli uomini e da tutte le donne.

La messa in crisi dell'UE, attraverso la riconquista delle sovranità nazionali, è per noi anche una scelta di fratellanza e di pace. Quella pace che è invece la stessa UE a mettere in discussione con la sua politica aggressiva in Ucraina.

Noi partecipanti all'incontro di Roma ci impegniamo a sviluppare, su queste basi e senza preclusioni ideologiche - fatta salva quella verso le forze antidemocratiche -, il lavoro nei rispettivi paesi e quello di coordinamento su scala europea».

Approvata per acclamazione

Roma, 25 gennaio 2015  



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