sabato 19 dicembre 2015

STATO, CHIESA E RELIGIONE di Piemme

[ 19 dicembre ]

Enea Boria si è sentito in dovere di portare una dura critica —In difesa della neutralità confessionale dello Stato— al mio intervento nel quale criticavo la decisione del preside di Rozzano di vietare ad alcune madri (cattoliche) di celebrare il Natale nei locali della scuola che dirige. Definivo quella decisione " prima di tutto è stupida ed in secondo luogo politicamente sbagliata".
Enea Boria difende la decisione di quel preside, ma non, come si è giustificato quest'ultimo, perché canti cattolici avrebbero mancato di rispetto agli studenti di altre fedi. Perché dunque?
Boria ce lo spiega più avanti, mettendo in moto l'artiglieria pesante. 
Sentiamo:
«La mia opinione è che la tanto vituperata neutralità confessionale delle istituzioni francesi sia una delle poche cose buone della Francia, ed un orizzonte necessario anche in Italia, purché accompagnato da una seria lotta non contro i poveri ma contro la povertà, e a piani di reinclusione sociale.Preoccupiamoci di vincere la lotta di classe, e teniamo la religione fuori dalle istituzioni dello Stato. “Prega chi ti pare, purché odi il capitale”».
In questa frase icastica c'è il nocciolo della questione. 
A premessa: bisogna apprezzare davvero poco il popolo francese se si ritiene che la tradizione di radicale laicismo "sia una delle poche cose buone della Francia". Io apprezzo invece tantissimo la grande tradizione rivoluzionaria dei nostri cugini e molto poco le politiche statali improntate al più severo ed escludente anti-confessionalismo. Ovviamente questo malinteso laicismo si spiega con cause e radici storiche e culturali profonde. Il discorso sarebbe lungo, basti dire che quelle radici sono di matrice non solo illuministica ma inequivocabilmente borghese, cioè preesistono al movimento operaio di quel paese, che in effetti le fece largamente proprie.

Il principale "difetto" di questo laicismo borghese non consiste nel suo anticlericalismo, e nemmeno nel disprezzo tutto elitario per la religiosità popolare, liquidata come primitivismo destinato a sparire con l'evoluzione sociale —fattori comunque importanti per comprendere com'è che la Vandea resistette tanto a lungo e com'è che anche in Francia il cattolicesimo resiste tanto tenacemente al "progresso".

Il principale difetto del laicismo in salsa francese, il più radicale di tutti, è proprio il suo fondamentalismo statolatrico o, per essere più precisi, la sacralizzazione stessa dello Stato. Di cosa parlo? Che cos'è la sacralizzazione dello Stato? E' la concezione che considera lo Stato, una volta costituitosi, come un corpo sovrano e separato dalla società civile, quindi al di sopra del popolo. Il laicismo antireligioso di matrice illuministica è qui solo un alibi che fa velo alla tradizione tipicamente francese, assolutistica e antidemocratica, per cui sovrano non è il popolo, ma lo Stato —nuovo Re Sole. Un'idea paternalistica di Stato che piaceva infatti moltissimo allo Hegel come del resto a certi filosofi del diritto reazionari.

Per chi scrive, al contrario, lo Stato sta dentro e non fuori allo spazio pubblico, al demos. Non dev'essere quindi un corpo staccato e indipendente ma esprimere la sovranità popolare, organo della democrazia popolare. Lo Stato come casa del popolo, non organismo che elevandosi al di sopra del popolo finisce per soggiogarlo. Ciò ovviamente non ha nulla a che fare con la concezione liberal-liberista dello "Stato guardiano notturno", dello "Stato minimo" che non si impiccia degli affari sociali e che lascia di fatto la società in preda alla classe più forte.

Ma non voglio dilungarmi. La discussione è seria e avremo modo di approfondirla. Qui mi preme dire che la natura a-confessionale dello Stato non può e non deve diventare anti-confessionalismo, il che sarebbe un modo non solo per sacralizzare lo Stato medesimo, ma per trasformare il laicismo nell'involucro di un'altra fede religiosa, per quanto secolarizzata, di un ateismo metafisico che al posto della divinizzazione dell'Ineffabile e dell'Onnipotente mette quella della storia e dell'uomo. 

Boria converrà, in quanto sincero democratico, che lo Stato dev'essere inclusivo, che dev'essere sentito come proprio dai cittadini, a prescindere dalle loro fedi religiose e politiche — e quindi cancelliamo il famigerato Art.7 della Costituzione. Se è così, se lo Stato è dentro e non sopra lo spazio pubblico del demos,  non vedo come si possa sostenere che dei divieti possano essere considerati "inclusivi".

Ogni spazio pubblico, compresi quelli di pertinenza diretta dell'amministrazione statale, dev'essere aperto, non chiuso, alle istanze che vengono dai cittadini. Non sto certo sostenendo che i luoghi pubblici di pertinenza dello Stato debbono diventare luoghi di culto. Quel che trovo assurdo e abnorme è che essi possano essere messi a disposizione di questo o quel partito, di questa o quella corrente culturale, ma non anche al poliverso religioso. Chi lo propone ritiene evidentemente che la religiosità non sia un fatto sociale e che la religione non sia anch'essa un fenomeno politico, che cioè riguardi la vita della polis. Al sottoscritto pare evidente la fallacia di un simile ragionamento, dietro al quale, gratta gratta, si nasconde l'idea che la religiosità sia un fatto che attiene esclusivamente alla sfera individuale, quindi non a quella politica e sociale, della comunità. Di qui a sostenere che non dovrebbero esserci neanche spazi pubblici dedicati al culto, quali le chiese o le moschee, il passo è breve.

La mia arringa finisce qui, non senza segnalare che non si fonda una società nuova senza aver prima conquistato egemonia, senza l'appoggio della maggioranza. E non si conquista la maggioranza senza portare dalla nostra parte quei credenti che han compreso che questo mondo è quanto di più lontano possa esistere rispetto alle loro stesso idee e speranze di giustizia e salvezza. E ciò vale tanto più per l'Italia, centro mondiale della Chiesa cattolica.





13 commenti:

Fiorenzo Fraioli ha detto...

Caro Piemme, non ho la pretesa di convincerti ma solo quella di esporti il mio modesto punto di vista. Premetto che non intendo difendere il laicismo alla francese, bensì il principio per cui, poiché la politica è la prassi del conflitto degli interessi materiali, cioè terreni e non ultraterreni, è bene che vi sia un terreno neutrale. Questo terreno non può non essere lo Stato, cioè l'Istituzione per la cui "conquista" le "parti" competono, sia quelle che si dichiarano agnostiche o atee, sia quelle che, dell'ultraterreno, hanno una loro idea ben chiara, codificata da testi sacri, e intorno alla quale si organizzano, talvolta, anche politicamente.

Per essere più chiaro, ti dirò che ho nulla contro i partiti confessionali, a patto che essi condividano lo sforzo comune di tenere ben separate le convinzioni sull'ultraterreno da ciò che è terreno, ovvero il conflitto degli interessi materiali. Ora so bene che questo non è sempre facile, e talvolta è impossibile, perché non si può tracciare una linea netta di demarcazione tra ciò che è terreno e ciò che attiene allo spirito, ad esempio perché le convinzioni morali e le "costumanze" sono anch'esse, almeno in parte, connesse agli interessi terreni. Un esempio? Il ruolo della donna, o il compito della famiglia nel processo di riproduzione sociale, che entrambi implicano notevoli connessioni con ciò che ho chiamato "interessi terreni". Tuttavia, penso che sia importante mantenere una costante tensione al fine di tenere separati, per quanto possibile, i due ambiti, il terreno e l'ultraterreno. Nel far ciò si deve agire con intelligenza e senso della misura evitando prese di posizione clamorose che assomiglino a provocazioni, e anzi, al contrario, sottolineando sempre che il fine di certi provvedimenti non è quello di escludere chicchessia per esaltare un astratto principio di laicità, ma quello, importantissimo, di tenere il confronto politico sugli interessi terreni (la robba) il più possibile separato (nei limiti in cui ci si riesce) dalle convinzioni di ognuno sull'ultraterreno.

Ora, poiché siamo in un periodo delicato, nel quale ci sono forze politiche che soffiano sul fuoco dell'odio religioso, nel mio piccolo penso che, se fossi Preside, davanti a un potenziale problema di strumentalizzazione delle manifestazioni di religiosità nei luoghi che esprimono la neutralità delle Istituzioni repubblicane, anch'io potrei scegliere, in qualche caso, non già di permetterle bensì di vietarle tutte. Ad esempio nelle scuole, dove si svolge un importante round della battaglia delle idee. Mai, invece, negli ospedali, dove la gente muore e non ha voglia di stare a litigare.

Intelligenza e flessibilità, senza esaltare il principio della laicità dello Stato né invocare la religiosità del "popolo", altra categoria metafisica da utilizzare con intelligenza e cautela.

amaryllide ha detto...

come si possa sostenere che dei divieti possano essere considerati "inclusivi"."
perchè imporre il monopolio cattolico è la negazione della democrazia, e abbatterlo una necessità. Almeno per chi si considera di sinistra, ha gli occhi per vedere e constatarte che la chiesa cattolica è uno dei fondamenti dell'arretratezza italiana.
Se invece si bea dell'idea dell'Italia centro mondiale della Chiesa cattolica, allora che imponga pure non solo i canti di Natale cattolici, ma pure tutti gli insegnanti di stretta osservanza cattolica.
"e non si fonda una società nuova senza aver prima conquistato egemonia, senza l'appoggio della maggioranza"
l'egemonia si conquista essendo capaci di imporre idee nuove, non adattandosi a quelle esistenti.

Ippolito Grimaldi ha detto...

Al netto delle opportunitá politiche, mi pare quantomeno singolare paventare aspirazioni statolatriche in un popolo che ha conosciuto il potere temporale della chiesa prima e la costante subalternità alla etica e morale cattolica poi.Se lo stato è la casa essa non può stare dentro il popolo, semmai è il contrario, ed i concetti di inclusione, tolleranza, rispetto, democrazia vanno insegnato ai religiosi prima che ad altri. Non è mica un caso se proprio il cattolicesimo oltre che la mafia e la massoneria sono state le organizzazioni che costantemente hanno tentato in quella operazione che non riuscì neanche al fascismo( quello vero ) cioè l' occupazione e la sostituzione dello stato.

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo con Piemme.
Purtroppo è un punto di vista troppo anticonvenzionale.
Faccio solo presente che credere che si tratti di una sorta di rivendicazione della primazia del cattolicesimo dello Stato o sulla politica è un errore.
Si tratta invece della comprensione dell'unico fattore che può realmente trasformare una protesta disordinata in un progetto politico duraturo ed efficace.
Peccato.

Alberto ha detto...

Tutte le argomentazioni pro o contro mi paiono poco convincenti. In realtà proprio il divieto di Natale a scuola è l'esatto contrario del prega chi ti pare purché odi il capitale, secondo i dettami di una lotta di classe ridotta a pessimo tic intellettuale, a un passepartout dell'incomprensione. Ed è anche il contrario della statolatria. In effetti non è altro che l'ennesima dimostrazione di come, nel vuoto del pensiero unico, le religioni stiano intaccando la laicità della democrazia, acquisendo un peso inquietante. Mentre il diritto allo studio viene progressivamente negato ogni giorno che passa, ci sono presidi che si preoccupano, tra l'altro a tort e ipocritamente di vietare feste tradizionali in nome di un presunto rispetto verso le varie credenze e fedi, come se queste fossero ormai le cose più importanti.

Anonimo ha detto...

Riporto questa notevole perla:

"Nel vuoto del pensiero unico le religiono stanno attaccando la laicità della democrazia"

Il pensiero unico, egregio utente, consiste precisamente nella sua "laicità della democrazia" che con questa denominazione ambigua si pone essa stessa come religione essoterica (contrario di esoterica) da somministrare al popolo.
Una "religione", quella della laicità della democrazia, che riduce tutte le altre a semplici "life style" che si possono praticare in privato ma che non possono essere portatori di valori autonomi e indipendenti capaci, qui è il punto, di assumere una dimensione realmente comunitaria.
"Valori comunitari" quindi, diventano solo quelli "di Stato" secondo un processo di massificazione dei valori del tutto identico a quello della massificazione dei gusti dei consumatori dove in un’economia di produzione di massa col passare del tempo si affermano prodotti materiali o peggio culturali sempre più semplificati che cercano di intercettare un minimo comune dei gusti dei consumatori distruggendo irrimediabilmente qualsiasi specificità che non sia funzionale al profitto della produzione su scala sempre più ampia. Chi ci guadagna?
Solo i produttori i quali però naturalmente consumeranno secondo gusti molto più raffinati e "non massificati" potendosi concedere di acquistare prodotti realmente di qualità - quindi non quello "massificati" - che inevitabilmente saranno relegati a un mercato di nicchia costosissimo al quale non potranno più accedere i comsumatori comuni,

La stessa identica cosa con la laicità dello Stato la cui funzione reale è solo quella di inibire qualsiasi possibile fonte di opposizione politica che abbia delle basi veramente culturali comunitarie. Il senso comunitario reale, diversificato, originale, quello che è possibile solo quando si detiene e si esercita una reale soggettività politica, verrà lasciato esclusivamente alle classi dominanti.
In sostanza molti fra i lettori di questo blog credono che "laicitá della democrazia" sia una sorta di conditio sine qua non per una reale soggettività politica del popolo; è esattamente il contrario ossia la laicità della democrazia è la conditio sine qua non affinché l'unica soggettività politica possibile sia quella dei dominanti, con il popolo che approva contento e inconsapevole.

Complimenti a Piemme che anche se marxista ha colto in pieno questo aspetto.

Anonimo ha detto...

Errata corrige, la frase delka chiusa è cosí

"sia una sorta di conditio sine qua per una reale soggettività politica del popolo; è esattamente il contrario..."

Avevo messo un "non" di troppo.

Fiorenzo Fraioli ha detto...

Ho chiamato Piemme per chiarire la questione, e ho capito di aver equivocato. Me ne scuso. Attendo, ovviamente, che Piemme chiarisca meglio il suo pensiero perché, così come io ho equivocato, altri possono farlo.

Il punto è questo: lo Stato, che deve essere "laico" nel senso di neutrale rispetto alle convinzioni dei cittadini, ed essere invece il luogo dove si esprime la sintesi dei conflitti di interesse "terreni", può e deve tuttavia mettere a disposizione di ogni istanza sociale gli spai pubblici necessari alla manifestazione delle stesse. Il che non implica affatto che lo Stato cessi di essere neutrale, anzi l'esatto contrario! La neutralità, infatti, viene esaltata proprio dal fatto di mettere a disposizione di chiunque gli spazi pubblici.

Il che implica, per essere chiari fino in fondo, che quando lo Stato mette a disposizione dell'istanza X le sue infrastrutture, queste cessano di essere spazi statali per la durata della manifestazione, per essere messi sotto la responsabilità dell'istanza X che li ha richiesti. Ulteriore implicazione è il fatto che gli spazi pubblici che non sono temporaneamente concessi in uso a un'istanza X sono a tutti gli effetti statali, e in essi non deve essere permessa alcuna manifestazione, esposizione, testimonianza simbolica di valori che diversi da quelli rigorosamente repubblicani.

Se ho ben inteso, allora sono d'accordo con Piemme. Con la preghiera di spiegarsi meglio.

Anonimo ha detto...

Sì ma per dirlo in due parole, esiste una tradizione in ogni nazione ed è ridicolo vietare gli alberi o i canti di Natale per arrivare al paradosso come in America dove si devono fare gli auguri di Natale dicendo "Auguri di Stagione" perché sennò non è politically correct.

https://www.asiansinglesolution.com/blog/wp-content/uploads/2013/12/Seasons-Greetin123gs2.jpg

Alla fine se una festività del tutto estranea si presenta "senza valori" può essere accettata senza discutere come nell'importazione di Halloween, che non si sa cosa significhi, mantre i canti e le ciaramelle di Natale vengono vietate perché portatrici di valori considerati particolaristici nonostante siano più di 1500 anni che viene festeggiata in tutta Europa.

Solo un ingenuo non si accorge che si tratta di ripicche da parte di "altre comunità" perfettamente particolaristiche amch'esse che si arrogano la proprietà dei "valori repubblicani" al solo fine di imporre i propri.

Enea ha detto...

Potrei rispondere che in un paese laico, nel quale il diritto individuale di aderire ad una chiesa, avere una concezione del trascendente ed anche parametri etici cui ci si richiama e che liberamente si applicano per scelta ed INDIVIDUALMENTE sia tutelato, ma nel quale i precetti di nessuna religione assumano dimensione cogente per tutti, essere cristiani, ebrei, musulmani, buddhisti, atei o agnostici, sono tutte cose perfettamente possibili e garantite.

Per contro, in un paese confessionalista ( cioè con una religione di stato, e coi suoi precetti sussunti dalla legge dello stato in modo che abbiano valore cogente per tutti ), la mia dimensione esistenziale è irregolare, ed i parametri etici che applico nel condurre la mia esistenza spesso e volentieri sarebbero direttamente fuori legge.

Conosco troppo bene Piemme per avere dubbi in merito al fatto che egli non vuole costruire un paese nel quale io ( e quelli come me ) sia bandito, discriminato e perseguitato.
Quindi direi che il problema è che si è spiegato male.

Dunque cominciamo a sgomberare il campo da equivoci e ripartiamo dalle DEFINIZIONI base.

CONFESSIONALISMO:
dalla Treccani on line:

Qua la questione è prevalentemente inquadrata nella logica del ragionare con spirito laico, cioè senza posizioni preconcette.

Dal dizionario on line del Corriere:
< Posizione ideologica di chi sostiene che lo stato debba conformarsi ai principi di una particolare confessione religiosa >

Dal dizionario di Repubblica:
< Tendenza a subordinare scelte e decisioni di carattere politico, civile, morale a una determinata confessione religiosa
|| estens. Tendenza a interpretare un'ideologia con rigidità e dogmatismo >

Questo si vuole?
Cioè un paese dove, tanto per essere pragmatici, il divorzio sia illegale, una ragazza che interrompe una gravidanza finisca in galera per omicidio premiditato, vi sia una religione di stato i cui precetti etico morali si fanno legge e quindi gli omosessuali finiscano dritti filati in prigione quando non linciati in mezzo ad una strada, nel quale per fare un concorso pubblica si debba presentare un certificato di battesimo etc. etc. etc?

Evidentemente no. Su questo metto serenamente la mano sul fuoco che nessuno lo vuole.

Quindi concentriamoci su cosa vogliamo.
Stiamo su un approccio pragmatico.

Del resto se Piemme vuole stralciare il concordato ( e modificazioni successive, attualmente mi pare che quella in vigore sia la revisione del 1984 sottoscritta tra Craxi e Casaroli ) dalla Costituzione, cosa sulla quale CONCORDO IN PIENO, che gli piaccia o meno con la Chiesa Cattolica, se diventeremo politicamente rilevanti, anche Piemme si ritroverà in guerra aperta in ogni caso.
E figuriamoci se i monsignori mollano l'osso....
D'altra parte, contemporaneamente, se io voglio togliere l'osso ai monsignori, non sono mosso da alcuna volontà di mettermi in guerra con la coscienza dei cristiani, se costoro sono disposti a non sentirsi in guerra con la mia.

Quindi, siccome considero questa discussione davvero molto importante e propedeutica alla costituzione di una linea politica, io auspico che stessimo sul concreto e che provassimo ad analizzare una casistica di problematiche concrete dicendoci come le affronteremmo.
Sono convinto che la convergenza sarebbe ampia.
Mentre se la mettiamo sul piano delle reciproche motivazioni filosofico-esistenziali fatalmente tutto diventa più difficile.


Anonimo ha detto...

Enea, bravo!
Lanciamo un nuovo movimento in Italia dichiarando subito che vogliamo stralciare il concordato per "levare l'osso ai monsignori".
Ci voteranno tutti, vedrai.
Meno male che P101 ha dei finissimi strateghi nei suoi quadri dirigenti.

Enea ha detto...

Caro Marco Terenzio, dato che io mi sforzo sempre di argomentare mentre tu sai soltanto replicare sul piano del dileggio con argomenti che non elevano molto al di sopra del ciellino standard, mi verrebbe da pensare che tu sia uno dei tanti ai quali replicare non vale la pena perchè è un'inutile perdita di tempo.
Ma siccome la questione politica non è più personale, mi sento chiamato a fare qualche precisazione.

1) CL ha già i suoi referenti politici. Adottandone i temi non solo compirei un atto di violenza su me stesso che non voglio compiere, ma non sposterei un voto.
Se vuoi cambiare questa società attraverso il confessionalismo, d'altra parte, cosa cerchi da p101, dato che le sponde politiche già non ti mancano?

2) io sono soltanto uno che ci mette, indegnamente data l'enormità del compito, un po' di fatica, di dedizione e di passione per far qualcosa che ritiene necessario e fin qui il principio è stato quello - il più democratico possibile - del "chi concorre a fare co-decide".
Ciò detto non sono il "dirigente" di un bel niente perchè nessuno mi ha mai votato e delegato ad esserlo.
Inoltre se c'è qualcosa che proprio detesto sono titoli e cariche dato che penso davvero che siamo tutti uguali.
Figurati che sono uno che quando capita a Roma e il cameriere mi chiama "dottò" precisa ogni volta "non sono laureato".
Immancabilmente, ogni volta "dottò, siamo a Roma, mica a Milano".
E vabbeh, pazienza, in ogni caso di essere dirigente di qualsiasi cosa non me ne frega una beneamata. Al massimo sarà un onere di cui mi farò carico SE E SOLO SE saranno altre persone che dimostreranno di tenerci a che io diriga qualcosa, il che non è affatto scontato né dovuto.

3) Dato che io non sono nessuno e non impongo un bel niente, se ti aspetti qualcosa da p101 e ti sto tanto sui coglioni, o meglio ti sta tanto sui coglioni la mia idea di laicità, vieni, partecipa, cerca di dare al movimento una linea confessionalista, ma fallo a viso aperto e fallo col tuo nome vero.
Ti sarò fieramente ed apertamente nemico.
Sono un democratico, so accettare le sconfitte e so quali siano le mie personali invalicabili linee rosse. Inoltre, come già detto, non sono niente affatto legato a titoli e cariche ( lo fossi stato avrei fatto carriera in altri partiti e ci avrei personalmente guadagnato molto di più ).
Se la spunti tu ci metto non più di 3 secondi netti a levarmi dalle palle.
Non hai che da farti avanti.
Ma a quel punto scendiamo anche bene bene nel merito di quali siano le tue VERE motivazioni politiche.

Eccheccavolo.
Io non scappo davanti alla dialettica, mai.
Ma farmi dare del cialtrone in questo modo, anche no.

Anonimo ha detto...

E ea sei verboso e presuntuoso.
Ho argomentato in altri post e non sono costretto a scrivere poemi anche per le inezie.
Attaccare i "monsignori per le argli l'osso" è un argomento perdente e fuori tempo. Chi vuole lottare contro il capitalismo oggi deve allearsi a quella parte della Chiesa che sebue Francesco. Poi in seguito ci sarà tempo per rivedere molti aspetti del rapporto fra Stato e Cattoicesimo.
Solo questo.
Tu invece quando scrivi si sente che ti esalti troppo perché sei sempre immancabilmente concentrato su te stesso.
È un errore che leva forza alle tue argomentazioni. Punto.

Buon Natale a tutti. Mi spiace Enea, ma il buon Natale è anche per te e te lo prendi.

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