sabato 10 ottobre 2015

LA NOSTRA MOSSA STRATEGICA ( sovranità nazionale e socialismo) di Moreno Pasquinelli

[ 10 ottobre ]

Come abbiamo informato ieri, inizia oggi a Barcellona un incontro-seminario internazionale promosso da intellettuali e militanti spagnoli che nella primavera scorsa lanciarono il Manifesto "Salir de l'euro". Sarà presente Fabio Frati, per il Coordinamento della sinistra contro l'euro.

Qui sotto il denso contributo scritto e inviato da Moreno Pasquinelli, della Segretaria nazionale del Mpl.

«Cari compagni,

debbo un grazie agli organizzatori per avermi offerto la possibilità di intervenire in questo incontro, che spero contribuirà a rafforzare l’unità tra noi.

Non ruberò il vostro tempo per spiegarvi che l’Unione europea è un consorzio imperialista; né per ricordarvi che essa è sorta sotto i migliori auspici degli Stati Uniti e come protesi della Nato in funzione antisovietica; e nemmeno per segnalarvi che l’avanzata dell’Unione ha corrisposto ad una sconfitta storica del ciclo di lotte operaie e sociali iniziate negli anni ’60. Né c’è bisogno che vi spieghi che l’Unione europea imperniata sulla moneta unica, non è solo una comunità economica fondata su paradigmi neoliberisti e vonhayekiani, ma un vero e proprio regime politico.
Fabio Frati

Il grande crack venuto dagli Stati Uniti nel 2007-2008 ha messo a nudo le falle strutturali del regime di moneta unica e la sua insostenibilità: molti paesi dell’eurozona sono alle prese con la più grande recessione della loro storia, squilibri acuti anziché convergenza tra i paesi; sterminio di aziende e distruzione di forze produttive; crollo degli investimenti; crescita delle insolvenze bancarie e parallela paralisi dei prestiti; aumento dei debiti pubblici e privati; disoccupazione a due cifre; calo dei consumi, crescita delle diseguaglianze sociali.

Dalla sfera economica la crisi è dunque passata a quella politica e istituzionale.
Il salto verso gli Stati uniti d’Europa, recondito obbiettivo della nuova aristocrazia finanziaria neoliberista non ci sarà, andiamo invece verso una nuova tappa della crisi europea, il cui sbocco sarà la dissoluzione dell’Unione. La marea unionista si sta infatti già ritirando, la riconquistata potenza egemonica tedesca contribuisce alla riemersione delle sottostanti fondamenta nazionali.

Qual è oggi la contraddizione principale?
Essa consiste nel fatto che la globalizzazione dispiegata —forma suprema di dominio del capitale—, è diventata una gabbia per le forze produttive di numerosi paesi i quali, se non ne escono, possono solo sprofondare in un inesorabile declino economico, sociale e civile. Questo destino, che un tempo riguardava solo paesi semi-coloniali a basso sviluppo delle forze produttive, tocca oggi anche paesi che ancora formalmente, ma per poco, appartengono al consorzio imperialistico. Parlo del mio Paese, l’Italia, parlo dei cosiddetti “paesi periferici” dell’Unione europea (“vulnerabili” li chiama la Bce).

Le sperequazioni e gli squilibri che la globalizzazione neoliberista porta con sé, l’Unione europea li ha accentuati, col risultato che la Grande Germania Riunificata, vero stato-nazione sovrano, usando diverse leve, è oramai diventato lo Stato-potenza egemone. La “germanizzazione” dell’Europa non sarebbe potuta avvenire senza l’abdicazione al comando tedesco delle classi dominanti dei diversi paesi europei. Esse, sostenute dalla casta braminica dei politici e degli intellettuali hanno promosso la spoliazione dei propri paesi —vi ricorda qualcosa la figura della borghesia compradora?—, finendo col consegnare alla Germania ed alle sue agenzie eurocratiche porzioni decisive di sovranità nazionale. I parlamenti sono diventati meri simulacri e gli stati, già sovrintendenti territoriali dello spazio giuridico imperiale a guida americana, sono divenuti i locali custodi del protettorato tedesco.

Per tornare alla contraddizione principale, essa, ha due aspetti: il primo riguarda le relazioni tra il centro e le periferie dell’Unione europea, l’altro concerne le relazioni sociali e di classe all’interno di ogni singolo paese. Le destre vorranno tenerli separati in modo oppositivo facendo leva sul primo a spese del secondo. Noi dovremo invece tenerli concatenati, ma sapendo che oggigiorno è il primo aspetto della contraddizione a prevalere.

Le forze produttive dei paesi “periferici” (e quando parliamo di forze produttive noi intendiamo le potenze materiali ed intellettuali del lavoro di contro alla sanguisuga del capitale) non possono che decrescere, condannando i paesi stessi ad una decadenza inesorabile. Contro questo destino dalle viscere di questi paesi avanzano le forze della resistenza. Non vengono dai settori alti della borghesia —oramai integrati come frazioni nella cupola della aristocrazia finanziaria globalista e che percepiscono gli stati come barriere alle loro scorribande.

La piccola borghesia pauperizzata, la classe operaia dell’industria, la massa proteiforme del lavoro precario, in poche parole quegli strati sociali che stanno in basso ed hanno pagato per primi la crisi economica e le crudeli terapie austeritarie, hanno già ampiamente divorziato dalla tradizionale casta politica bipolare, cercando nuove vie per far rispettare le loro istanze. A seconda dei paesi alimentano forze anche molto diverse fra loro: in Grecia Syriza, in Italia il M5S, in Francia il Fronte nazionale, in Spagna Podemos, con la variante dell’indipendentismo catalano.

Come vedete è nella logica delle cose l’unificazione dei due aspetti della contraddizione: la rivolta contro il dominio esterno ed il regime di protettorato, procede assieme a quella contro i settori alti dei dominanti e le loro élite, poiché fungono da cinghia di trasmissione del dominio esterno. Questa rivolta, oggi solo latente, tenderà a manifestarsi in forme virulente. Quando ciò accadrà non soltanto le attuali élite dominanti saranno spazzate via, le stesse forze che adesso danno voce alla rivolta latente delle masse popolari, lasceranno il posto a compagini più radicali, quelle che avranno l’ultima parola.

Questa rivolta, qui sta il punto, non potrà che assumere toni nazional-popolari e patriottici. 

Qual è la causa di questa rinascita dei sentimenti nazionali e di questa domanda di sovranità statuali?

Private di ogni strumento di autodifesa, alle masse dei diseredati non resta che affidarsi allo Stato affinché svolga le sue funzioni costituzionali di garante e tutore dei diritti dei cittadini e degli interessi della grande maggioranza del popolo. Questa istanza che noi chiamiamo “sovranista” non è reazionaria in sé, è anzi una manifestazione primordiale di opposizione al globalismo, al libero-scambismo, al predominio assolutistico dell’economico sul politico.

Se la sinistra radical-chic ha deciso di suicidarsi opponendosi frontalmente a questa istanza, noi non possiamo commettere questo clamoroso errore. Dobbiamo, al contrario, andare incontro agli strati più umili e profondi dei nostri popoli.

Come forze antagoniste dovendo ragionare sul dopo-Unione, prima ancora di discettare su “piani B” di uscita dall’eurozona —cosa assolutamente necessaria beninteso!— dobbiamo deciderci a compiere questa mossa strategica, ovvero intercettare questa tendenza generale al risorgimento delle dimensioni e dei sentimenti nazionali, tentando di indirizzarla verso uno sbocco democratico e rivoluzionario che, a certe condizioni, potrà fornirci il ponte per la futura fuoriuscita dal capitalismo. 

Non è la rivoluzione socialista infatti oggi all’ordine del giorno, ed il socialismo non è uno sbocco inevitabile, necessitato, ma solo possibile. Occorre l’azione giusta di “minoranze creative”, di avanguardie consapevoli, affinché il “possibile” si faccia largo nel gioco caotico di spinte e controspinte, evitando la maledetta trappola dell’eterogenesi dei fini. Senza il lievito il pane non si fa.

Questa tendenza generale alla riconquista delle sovranità nazionali, è come un fiume destinato a diramarsi in quattro tronconi principali: quello nazional-liberista, quello nazional-fascista, quello neo-social-democratico (chi immagina che siano possibili politiche keynesiane senza spezzare la gabbia dell’Unione) ed infine quello che noi dovremmo rappresentare, il democratico-rivoluzionario o nazional-popolare. 

E’ altamente probabile, come già accaduto nel secolo scorso, che nazional-liberisti e nazional-fascisti, col beneplacito dell’aristocrazia finanziaria, convergeranno e faranno blocco, ciò che ci obbligherà, se non vorremo essere fatti a pezzi sul nascere, a fare fronte comune con la neo-social-democrazia e i diversi movimenti di resistenza democratica partoriti dalla crisi.

Ma questa è tattica, e nel campo tattico è bene non legarsi le mani. Noi, ad esempio, in Italia, non solo puntiamo a costruire un forte fronte ampio delle forze democratiche e sovraniste, chiamiamo apertamente alla formazione di un nuovo Comitato di liberazione nazionale che, sulla base del rispetto della nostra Costituzione, al momento decisivo dia vita ad un governo d’emergenza per gestire la rottura dell’Unione. Di qui il nostro “piano B” di poche ma decisive misure: emissione della nuova lira da parte di una banca centrale pubblica, nazionalizzazione del sistema bancario e delle imprese strategiche, controllo sul movimento dei capitali e delle merci, un piano per la piena occupazione.

Altri paesi imboccheranno la via dell’uscita dall’Unione e dall’euro? Ce lo auguriamo, ma a nessun popolo si può chiedere di rallentare la sua marcia o addirittura di fermarsi in attesa degli altri. Sarebbe non solo un errore, ma un crimine politico. Quando passa il treno della storia occorre salirci su senza esitare. Lo sviluppo è sempre diseguale, ogni paese ha le sue specificità e segue dinamiche sue proprie, ogni popolo le sue rappresentazioni politiche ed istituzionali. Anche nel caso che non uno ma più paesi escano dalla gabbia eurista, non è affatto detto che le forze che piloteranno la rottura, siano omogenee, che abbiamo la medesima visione geopolitica, che incarnino gli stessi interessi sociali. Un paese che esca a sinistra dall’euro non potrà mai costituire una medesima comunità sovranazionale con uno che ci esca da destra, su posizioni nazional-liberiste o nazional-fasciste. Condizionare l’uscita di un paese a quella simultanea di altri ci pare una versione dei neo-social-democratici i quali, paralizzati dal tabù del ripristino delle sovranità nazionali, evocano l’astruseria di due zone euro, o addirittura dell’uscita della Germania!
Lasciamo quindi al dopodomani le discettazioni sulla “Alba mediterranea”, o “afro-mediterranea”, e le utopie su nuove eventuali monete comuni.

Adesso, se non vogliamo essere condannati all’irrilevanza, dobbiamo fare la “mossa” strategica da cui tutto il resto dipende, puntando a diventare in ogni paese campioni della battaglia sovranista per battere il nemico principale: il blocco tra l’aristocrazia finanziaria-predatoria, il regime burocratico a guida tedesca e le cupole capitaliste compradores locali. Solo nel fuoco di questa lotta, se sapremo conquistare posizioni dirigenti, solo allora, potremo far diventare centrale l’aspetto sociale e di classe della contraddizione, oggi solo secondario, facendo quindi sì che la rivoluzione popolare democratica possa costituire il punto d’appoggio di quella socialista».


9 commenti:

simoneboemio ha detto...


Anche se io e Moreno partiamo da due assunti differenti - io ritengo che il declino delle forze liberiste, globaliste e unioniste non sia neanche all'orizzonte anzi esse vivono una fase di pieno successo (desumibile anche dalla splendida ricerca di Michele Berti di due giorni fa) se non addirittura di espansione che troverà compimento con la ratifica del TTIP - come ben sapete concordo sul fatto che dobbiamo tirarci fuori con ogni mezzo (possibilmente lecito) dall'irrilevanza.
Il problema principale è il sistema informativo delle TV e dei giornali totalmente in mano al grande capitale e gli algoritmi di funzionamento dei social che danno all'utente l'impressione che tutti siano dalla sua (p.es. se uno posta o legge o mette "mi piace" o "+1" che sia su notizie che riguardano la propria squadra di calcio, ecco che pian piano gli algoritmi faranno in modo di fargli vedere solo notizie riguardanti detta squadra, generando nell'utente l'impressione che tutti siano tifosi della sua squadra).
Quindi torno su un concetto espresso di recente:
Perchè una iniziativa politica che abbia come scopo la nascita di una forza politica (movimento di scopo o embrione di partito che sia) dovrà reggersi su tre caposaldi irremovibili:
1) un nucleo inscindibile di amici fondatori con gli stessi identici obiettivi, onesti intellettualmente, determinati, concentrati unicamente su detti obiettivi, capaci di far fronte comune nei confronti delle avversità;
2) una tassazione mensile (possibilmente proporzionata al reddito) che dia la possibilità di produrre iniziative sui territori
3) la capacità e la volontà di partecipare ad ogni iniziativa che dia visibilità al progetto
Ci sarebbe altro, ma partire con questo già sarebbe un buon risultato!
ArticoloUno

Brenno ha detto...

Trovo francamente sorprendente la critica alle tesi dell'intervento di Pasquinelli!

simonearticolouno scrive:
"il declino delle forze liberiste, globaliste e unioniste non sia neanche all'orizzonte anzi esse vivono una fase di pieno successo ".

Cioè il sistema funziona? Non ha crepe? Non fa acqua da tutte le parti?
Fosse così non ci capisco più niente.

Pasquinelli indica in un modo chiarissimo i fattori di crisi del sistema:

«Il grande crack venuto dagli Stati Uniti nel 2007-2008 ha messo a nudo le falle strutturali del regime di moneta unica e la sua insostenibilità: molti paesi dell’eurozona sono alle prese con la più grande recessione della loro storia, squilibri acuti anziché convergenza tra i paesi; sterminio di aziende e distruzione di forze produttive; crollo degli investimenti; crescita delle insolvenze bancarie e parallela paralisi dei prestiti; aumento dei debiti pubblici e privati; disoccupazione a due cifre; calo dei consumi, crescita delle diseguaglianze sociali“.

Boemio dovresti rispondere nel merito, smontare punto per punto, l'analisi. Mica si può liquidare tutto con una semplice negazione! La negazione va argomentata.

simoneboemio ha detto...


Brenno, dobbiamo intenderci

Il sistema liberista per coloro che ce lo hanno imposto ha vinto e stravinto e dal loro punto di vista non è affatto in crisi
- usano a loro piacimento i tre poteri che la Costituzione ha consegnato allo Stato per tutelare i cittadini
- posseggono gli organi di informazione
- controllano l'istruzione
- controllano l'economia
- immobilizzano le istituzioni che non sono più in grado di garantire ai cittadini i servizi a loro necessari, così facendo mettono i cittadini contro le istituzioni e preparano la strada al completamento delle privatizzazioni
-e chi più ne ha più ne metta

Sicuramente dal nostro punto di vista (quello delle persone comuni) il sistema è un fallimento, ma noi se non ti sei reso conto, non contiamo un cazzo e non lo conteremo fintanto che non ci organizzaremo come ho proposto nel mio commento, infatti lo scopo dello stesso non era intavolare una analisi del presente (cosa che ha fatto egregiamente Michele Berti nel suo ultimo pezzo), ma sollecitare una azione efficace per non "essere condannati all'irrilevanza" come ha scritto Moreno in questo post.

Quindi, indipendentemente da come interpretiamo il presente, se vogliamo riprenderci le leve del nostro futuro, dobbiamo darci da fare senza troppe chiacchiere e polemiche.

ArticoloUno

simoneboemio ha detto...


Dimenticavo:
la mia non era affatto una critica nei confronti del pensiero di Moreno, ma la semplice segnalazione di un mio diverso punto di vista; per capirlo basta leggere e capire quello che ho scritto.

Anonimo ha detto...

Simone Boemio, lei scrive: "io ritengo che il declino delle forze liberiste, globaliste e unioniste non sia neanche all'orizzonte anzi esse vivono una fase di pieno successo se non addirittura di espansione che troverà compimento con la ratifica del TTIP"

E' evidente che la sua analisi è opposta a quella descritta dal Pasquinelli, ovvero Crisi strutturale generale e tendenza alla disgregazione della Ue.

Delle due l'una....

Anonimo ha detto...

Per conto mio il SISTEMA che possiede quasi totalmente le riserve auree del pianeta , nonostante gli inevitabili intoppi (non tutti si lasciano strangolare senza fare qualcosa) è di una potenza tale che solo con una guerra totale che gli andasse per traverso, potrebbe correre serio pericolo. Cioè non corre pericoli per crisi strutturali perché dispone di così enormi ricchezze che può far fronte sine die alla …guerra infinita di Busciana inaugurazione. Certo ha bisogno di consolidare le sue proprietà (vedasi TTP), far fuori Basar Assad perché ha necessità di appropriarsi della ricchezza idrica del Giordano (l'acqua sta diventando più preziosa delpetrolio …), impadronirsi del Mediterraneo capillarmente, mettere all'angolo la Russia mediante Primavere Islamiche nel suo territorio (ci sono milioni di Mussulmani in Russia ed anche in Cina ) ma prima che vacilli ci vorrebbe una invasione di Extraterrestri ...

Anonimo ha detto...

Anonimo, mi sembra proprio vero che non c' peggior sordo di chi non vuol sentire (o peggior cieco di chi non vuol leggere)!
Chiediamolo a Moreno stesso, se ha inteso il commento di Simone Boemio come integrazione, da un punto di vista relativamente diverso ma in sostanziale sintonia, del suo discorso (OTTIMO, secondo me, in questo caso) oppure come "un' analisi opposta" alla sua!

Giulio Bonali

Ippolito Grimaldi ha detto...

Farei attenzione ad estrapolare le tendenze storiche come fossero una linea retta, il capitalismo casinò, come lo chiama PM, ha ben chiari i concetti di stop-loss e stop-profit.
Mi appare sempre più chiaro che viviamo una fase di riassestamento distributivo accettato se non paradossalmente sollecitato dai perdenti; una volta raggiunto un nuovo equilibrio la situazione socioeconomica potrebbe assestarsi e stabilizzare le nuove diseguaglianze.
Solo una miopica ed irrefrenabile ingordigia potrebbe indurre le oligarchie capitaliste a creare le condizioni adatte alla formazione di un vasto neoproletariato disperato e per ciò incline alla lotta di classe.
É più probabile che il liberismo evolva verso la creazione di nuovi blocchi sociali più frammentati e gerarchizzati, più simili a caste e corporazioni che a classi sociali.
Se ciò dovesse accadere per la sinistra sarebbe la fine e per il continente l' inizio di un nuovo fascismo paneuropeo.

Francisco Goya ha detto...

Sono d'accordo.
Una classe media e medio alta, legata per costruzione al territorio "nazionale", è indispensabile per il potere ma quella attuale è pericolosa in quanto detentrice di tutti i fattori che la rendono potenzialmente un autentico soggetto politico: benessere economico, elevato livello culturale, un rapporto diretto con le classi subalterne "locali" che le oligarchie cosmopolite non sono in grado di instaurare e quindi sono costrette a delegare.

La classe media si è venduta questa potenziale soggettività politica accettando di fare da cuscinetto fra il potere e i subalterni in cambio del benessere.
Il suo unico scopo è il mantenimento della propria rendita di posizione per cui miopemente vede in maniera positiva il depotenziamento dei diritti dei lavoratori.
La sua unica salvezza sarebbe riscattare tutta la propria potenzialità di soggettività politica autonoma rivolgendosi al popolo (piccolissimi imprenditori, precari, dipendenti) con il quale ha ancora un rapporto diretto che i cosmopoliti non possono avere.
Per essere convincenti però dovrebbero offrire la rinuncia al mantenimento della rendita di posizione ossia una vera mobilità sociale quindi la reale possibilità di farcela nella vita per chiunque indipendentemente dal privilegio di nascita.
Questo però comporta l'impossibilità di mantenere questa rendita di posizione familiare nei termini in cui può mantenerla oggi.
Ma la classe media e medio alta è stata "programmata" per difendere il proprio benessere rimanendo strettamente in posizione subalterna per cui sarà sufficiente al potere di agire per gradi per ottenere lo scopo senza grossi rischi.

Forse non è detta l'ultima parola ma almeno qui in Italia e forse in Europa temo che non ci sarà mai quella presa di coscienza politica in senso solidaristico di popolo e classe media insieme che sarebbe stata la soluzione sicuramente vincente.

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