domenica 21 settembre 2014

BASTA COI PIAGNISTEI!

21 settembre.
I nodi, a volte, vengono al pettine tutti assieme.
Dopo tanti annunci, per Renzi e il suo governo, come pure per chi lo vuole mandare a casa, arriva il momento della verità.
Il Jobs act che apre la strada allo strapotere del capitale e ad un regime neoschiavista sui luoghi di lavoro; la riforma istituzionale che de facto consegna tutti i poteri al governo facendo del parlamento un organismo passacarte; la riforma elettorale in stile fascista per cui una minoranza può pigliare tutto...
Tutto sta finendo nell'imbuto delle prossime settimane e dei prossimi mesi. E non è un caso che proprio il Jobs act peggiorato sia divenuto il primo punto dell'agenda renziana. Ciò dimostra che polverizzando le sue chiacchiere sul "cambiare verso all'Europa", ha scelto di diventare, pur di nutrire la sua smisurata sete di potere, l'alfiere degli interessi della grande finanza globalista ed eurista. Lo avevamo previsto. 

Renzi, con l'appoggio delle destre berlusconiane, ha lanciato la sfida, si gioca nei prossimi mesi il tutto per tutto. Batterlo è possibile!

Basta con i purismi, i settarismi e i divisionismi ingenui! E basta col restare rinchiusi nel mondo schizoide di internet! Occorre uscire fuori, tutti, se avete ancora un barlume di coscienza civile, sarete costretti a venire allo scoperto. Il tempo dei perditempo, dei chiacchieroni, dei piagnoni, è finito.
Per adesioni: info@sinistracontroeuro.it


Ai sovranisti con la puzza sotto il naso diciamo che se essi non sapranno gettarsi nella mischia, se non accetteranno di lottare anche a fianco di chi porta enormi responsabilità per il marasma in cui siamo, ed anche con chi è ancora prigioniero del dogma europesita; se essi non si getteranno nella mischia sono destinati all'irrilevanza. Non si tratta di cessare le critiche, si tratta, senza cedere di un millimetro sui principi, di fare fronte contro il comune nemico.

Non solo vale il discorso che il messaggio sovranista-democratico e anti-euro va portato dentro il movimento di opposizione popolare che si annuncia. Quel discorso potrà farsi largo solo a condizione che i sovranisti occupino la prima linea del fronte di resistenza sociale.
Ora è il momento della lotta.

Nel contesto di un autunno che speriamo caldo, martedì prossimo si svolge a Roma un presidio a cui invitiamo tutti a partecipare.
«Fermiamo la minaccia del Jobs Act! 
Martedi al Senato inizia la discussione sul Jobs Act che contiene l'attacco più sistematico e brutale dell'Unione Europea e del governo Renzi ai diritti dei lavoratori di oggi e dei lavoratori di domani. Vogliono imporre un futuro di precarietà e bassi salari per tutti e la fine di ogni contrattazione e tutela collettiva per i lavoratori.
Mentre si vanno delineando le mobilitazioni centrali nelle prossime settimane, cominciamo subito a far sapere che non possono procedere senza incontrare resistenza e conflitto.
Il Controsemestre popolare e di lotta invita tutti e tutte martedi 23 settembre sotto al Senato. Appuntamento alle ore 16.30 a piazza Navona»

15 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma i sovranisti con la puzza al naso che invitate a scendere in piazza con voi sarebbero quelli dell'ARS?

Muahuahuahuahua....

Al vostro confronto l'armata Brancaleone e il gruppo Tnt sono degli organizzatissimi corpi di élite

Ahrahrahrahr...

Anonimo ha detto...

Come si fa a disprezzare tanto persone che sarebbe tutto interesse a tener unite dato che la lotta che aspetta i lavoratori è a rischio mortale? L'unione fa la forza (come dicevano del resto anche i "fascisti", ma la formula è antica quanto la storia del mondo).
Si ha l'impressione che certuni non abbiano ben nitida la situazione del momento. O credono ancora alle favole ?

Fiorenzo Fraioli ha detto...

Imprenditori e operai uniti nella lotta

Non è forse vero che anche gli imprenditori, come gli operai, sono dei lavoratori? Cosa li distingue? La risposta è semplice: sono lavoratori che siedono su "postazioni" diverse. Va da sé che la "postazione" dell'imprenditore assicura un reddito, un ruolo e, in fin dei conti, un potere maggiore di quella dell'operaio o dell'impiegato.

In circostanze ordinarie le classi degli imprenditori e degli operai sono in conflitto.

Sappiamo anche che l'esito di questo conflitto è altalenante, per cui si alternano fasi nelle quali il ruolo e il reddito degli imprenditori cresce più di quello degli operai, e viceversa. Qualcuno potrà obiettare che gli imprenditori vincono quasi sempre, ma qualcun altro potrà asserire l'opposto. E' sempre una questione di punti di vista.

Sia gli imprenditori che gli operai hanno però un interesse comune: assicurare l'esistenza delle rispettive "postazioni". Chi ha i mezzi e le capacità (o la fortuna) per essere imprenditore sa che non può tirare troppo la corda, e addirittura ci sono stati casi in cui alcuni imprenditori particolarmente visionari hanno concesso più di quanto gli operai potessero conquistare. Ma anche chi deve (o vuole) accontentarsi del ruolo di operaio, sa di non poter tirare troppo la corda: il posto di lavoro deve essere conservato, accettando i vincoli che assicurano la vita dell'impresa.

Tutto ciò accade in circostanze ordinarie.

Ma sono, quelle che stiamo vivendo, circostanze ordinarie?

No, quelle che stiamo vivendo non sono circostanze ordinarie. Un nuovo attore, per altro sempre presente, ha occupato la scena crescendo in modo ipertrofico: la rendita. La rendita si è data sue istituzioni, le ha rese via via più potenti e influenti fino al punto di minacciare l'esistenza delle istituzioni democratiche che sovrintendono al tradizionale conflitto di classe tra imprenditori e operai.

Ora entrambe le classi, fieramente avversarie nel corso dei secoli, hanno un nemico comune. Non è solo la "postazione" dell'operaio ad essere minacciata, ma anche quella dell'imprenditore. Con l'aggravante, per quest'ultimo, che egli ha molto di più da perdere in termini di reddito, ruolo e potere. La caduta dell'imprenditore, nel momento in cui cessa di essere tale, è doppiamente grave. Non solo egli rischia di diventare in breve tempo un operaio, ma la situazione in cui si ritroverà potrà essere addirittura peggiore, e di molto, rispetto a quella che egli ha assicurato ai suoi dipendenti quando era ancora un imprenditore.

Gli interessi degli imprenditori e degli operai stanno dunque convergendo. Sta all'intelligenza delle forze politiche, quelle emergenti e non quelle che si sono vendute agli interessi della rendita, trovare il modo di costruire un'alleanza politica tra queste due classi storicamente avversarie. Se ciò avverrà la rendita sarà sconfitta. In caso contrario, prepariamoci al medio evo prossimo venturo.

Anonimo ha detto...

Ma non capiscono un cazzo, cosa vuoi che si uniscano nel momento supremo.
Quello che evidentemente non sapete è che l'imprenditore di un livello appena superiore alla partita IVA così come il professionista (avvocato, medico, commercialista, ingegnere) si ritengono antropologicamente e ontologicamente diversi e superiori al lavoratore.

Non si uniranno mai a un movimento dal basso.

D'altra parte nel "basso" la coscienza politica è meno che nulla; ognuno pensa solo a "sfangarla" mettendosi sotto la cappella di un'azienda, di un personaggio influente, di qualche parente in vista, di un sindacato.

Non si uniranno mai perché così come sono pensati sono per costruzione antitetici rispetto all'idea che funge da motore immobile della società moderna e cioè il famoso "profitto individuale".

Inutile perdersi in disquisizioni, sono i fatti che parlano e i fatti dicono che la crisi è cominciata almeno 6 anni fa ma di questo movimento interclassista non si vede nemmeno l'ombra.

La chiave non è la paura di essere proletarizzati ma la diffusione di un nuovo ideale di uguaglianza, di welfare considerato come punto fermo di una società, di pari opportunità per poveri e ricchi

L'unica maniera è cominciare a parlare di mobilità sociale perché dimostrando che la disuguaglianza aumenta sempre di più, che l'ascensore sociale è fermo si mette davanti alle persone il dato di fatto che si sta tradendo il patto sociale, che le persone sono vittime di un inganno dato che la convivenza civile della società occidentale moderna si fonda per prima cosa sulla promessa di

1) welfare

2) la possibilità di farcela per tutti

Questo discorso attecchirà prima presso le classi più deboli ma soprattutto presso i giovani e bisogna capire che sono i giovani il vero soggetto politico da "contattare".

I giovani danno il tono ideale e in questa situazione sono le prime vittime di questo irrigidimento delle classi sociali che si stanno dividendo in due grandi gruppi chiusi "ricchi con tutte le opportunità" e "poveri senza opportunità".

Lasciate perdere il resto e focalizzatevi sui giovani facendoli incazzare illustrando loro come le oligarchie li stanno privando del futuro.

Guardate che ogni altra strada porterà semplicemente a confermare l'impasse politica che vediamo da 6 anni a questa parte.

Uguaglianza e mobilità sociale sono i due punti chiave di fronte ai quali qualsiasi obiezione è impossibile; chi si rifiuta di sostenere queste istanze dimostrerebbe di essere interessato a sfruttare alcune classi sociali e per di più non è possibile aderire solo "per finta" perché comunque si tratta di accettare l'idea che insieme alla salita sociale esista anche la discesa.

Intendo dire che politicamente e anche dialetticamente queste due questioni sono fortissime e sono le sole sulle quali si può sperare di organizzare una nuova visione politica più attivamente e trasversalmente partecipata.

Fiorenzo Fraioli ha detto...

Nulla vieta di pensare a formare le nuove generazioni, ma il fatto è che c'è anche la battaglia dell'oggi, davanti alla quale non si può retrocedere con l'argomentazione che si devono formare i giovani. Questi, per altro, non possono trovare scuola migliore che nel conflitto che è necessario suscitare oggi.

Detto questo, è del tutto evidente che ogni cambiamento è conseguenza di una crisi. L'uomo qualunque che vive in un sistema, anche ingiusto ma che sia e appaia stabile, non lo pone in discussione. Oggi gli equilibri si stanno sfaldando, oggi dunque si deve combattere.

Prima che un nuovo assetto, più ingiusto, possa prendere piede ed essere alla fine accettato.

Anonimo ha detto...

Ho capito ma "si deve combattere" con chi?
Lo vedete che non c'è un seguito nutritissimo quindi sarebbe il caso di cominciare a capire dove e come lo si forma questo seguito.

SOLLEVAZIONE ha detto...

ARS?

No, non ci riferiamo all'Ars, che nell'area politica sovranista, per quante differenze possiamo avere, è un'associazione seria e che rispettiamo.
Ci riferivamo anzitutto ai "chiacchieroni ed ai piagnoni", quelli che dicono di aver capito tutto, ma nulla fanno, restano chiusi del mondo di internet, e si rifiutano di fare politica davvero.
In particolare a certi anti-euristi che vedono solo l'euro ma dimenticano che esso, per quanto determinante, è solo l'anello della catena delle politiche neoliberiste.
QUi la questione che va sotto il nome dell'Art.18.
Molti anti-euro non vogliono capire l'importanza dell'attacco renziano. Non solo. Essi dicono: mai con quelli del PUD€., intendendo i pezzi del Pd e della Cgil che si possono mettere davvero di traverso a Renzi.
Se il PUD€ va in frantumi (per quanto non direttamente sull'euro) è certamente un bene per la nostra causa (vedi anche la questione del referendum sul Fiscal compact).
C'è invece chi questo non vuole capirlo.

Anonimo ha detto...

Avete ragione a dire che l'attacco all'articolo 18 è un tentativo di disciplinare brutalmente i lavoratori levandogli qualsiasi forza contrattuale per sottometterli definitivamente all'imprenditore.

Il problema è che NESSUNO DEI LAVORATORI LO CAPISCE.
E non lo capisce perché l'articolo 18 in sostanza non esiste più da tempo se non per pochi privilegiati, perché (importante) PER MANTENERE L'ARTICOLO 18 IL SINDACATO HA SOSTENUTO SOLO UNA PARTE DEI LAVORATORI ABBANDONANDO DEL TUTTO GLI ALTRI (giovani e precari).

Vi ho scritto che in Alitalia agli anziani di cui ci si voleva "liberare" sono stati offerti OTTO ANNI E MEZZO DI STIPENDIO SENZA LAVORARE PIU' UN TFR INTEGRATO.

Ma vi rendete conto di cosa significa OTTO ANNI E MEZZO DI STIPENDIO SENZA LAVORARE? Decurtato del 20%, ma si tratta comunque di cifre che nei casi minimi estremi arrivavano a 25000 totalmente netti all'anno; più, sempre nei casi minimi, un 50.000 euro abbondanti di TFR "rinforzato".
Nei casi minimi, dicevo; nella media invece stiamo sopra ai 3000 netti al mese ma per esempio se ci riferiamo a quelli che hanno aderito solo in parte, ossia a partire da quest'anno e solo per cinque anni, si può arrivare senza nessun problema a superare i 6000 netti al mese (SEIMILA EURO NETTI AL MESE PER CINQUE ANNI SENZA LAVORARE).

Bisogna essere contenti che dei lavoratori siano stati trattati in maniera pienamente soddisfacente stante l'obiettiva situazione di difficoltà dell'azienda (poi su come si è arrivati al doppio fallimento Alitalia c'è tutto un altro discorso...); ma la cosa drammatica è che questi lavoratori privilegiati proprio per il fatto di essere stati privilegiati se ne strafregano della situazione degli altri salariati che anzi VEDONO COME RIVALI NELLA LORO NICCHIA DI SOPRAVVIVENZA.

I lavoratori del settore pubblico se ne strafregano di quelli del settore privato i quali da parte loro vedono i primi come se fossero il vero nemico arrivando a pensare che E' PIU' IMPORTANTE LEVARE LE GARANZIE AL LAVORATORE "NEMICO" PIUTTOSTO CHE LOTTARE PER OTTENERE O MANTENERE LE PROPRIE.
I dirigenti, i quadri, gli impiegati e gli operai vivono in situazione di guerra costante e la cosa incredibile è che tendono addirittura a ritenere i "rivali" colpevoli dei loro problemi arrivando a nutrire desideri di rivalsa che sono più forti di quelli relativi ai loro diritti.
Per non parlare dei piccoli imprenditori che, immagino lo sappiate, credono assolutamente in buona fede che l'unica soluzione ai loro problemi debba essere un licenziamento di massa di impiegati statali.

In questo quadro mi dite come diavolo organizzate una lotta contro l'articolo 18?
Non mi venite a dire che sono un disfattista, vi sto facendo una domanda precisa: lo vedete o no che nonostante la crisi i lavoratori non stanno reagendo e anzi sono divisi più che mai? E allora cosa volete che succeda su una normativa che ormai riguarda solo alcuni "vecchi" privilegiati?

Ha ragione quello che parlava dei giovani. L'unica speranza viene da loro ma certamente non li troverete in piazza per l'art.18 che non sanno nemmeno cos'è.
Questa lotta la dovete impostare sui diritti dei salariati ma ripensandoli, non attaccandovi a normative che ormai HANNO SOLO LA FUNZIONE DI SPECCHIETTO PER LE ALLODOLE PER DARE UNO STRACCIO IMMAGINE POSITIVA DEI SINDACATI CONFEDERATI ormai strasputtanati a tutti i livelli.

(I sindacati di categoria a volte sono meglio ma sono praticamente inesistenti dal punto di vista politico generale per cui al di là della loro rivendicazione specifica non gliene frega un piffero di niente dle resto. Siamo in una situazione di coscienza politica dei cittadini davvero terribile, non vedo come se ne possa uscire se non tramite un crollo "endogeno" del sistema)

Anonimo ha detto...

Un aggiunta importante.
Il problema è che se anche ci si mobilitasse sull'art.18 e si ottenesse la "vittoria" di riuscire a mantenerlo NON sarebbe un risultato concreto a favore dei diritti dei lavoratori.
Sarebbe solo un piccolo successo di facciata perché quella normativa non solo non riguarda ormai quasi nessuno ma in realtà serve a pochissimo perché non affronta la questione del precariato anzi in un certo senso la esacerba.

La cosa impressionante in quest'ottica sono le pretese che ho già sentito avanzare da varie parti e cioè CHE SI PUO' ANCHE TOCCARE L'ART.18 MA NON PER I DIRITTI ACQUISITI OSSIA NON PER I LAVORATORI ANZIANI.

Ma vi rendete conto della bestialità???

Giovanni ha detto...

Concordo con l'anonimo delle 12:25+13:12. In un altro modo ci si potrebbe chiedere: perché chi sta già dalla parte sbagliata di quella diagonale del debito di cui parlò questo sito dovrebbe andare a protestare per mantenere altri dalla parte appena appena giusta della stessa diagonale? Perché dovrebbe aiutare altri (i) a mantenere un diritto che lui non ha e (ii) contribuendo al galleggiamento del sistema che continuerà a marginalizzarlo?

Al crollo endogeno ci credo solo quando lo vedo.

Luca Tonelli ha detto...

ma infatti chi apre la porta alle modifiche dell art.18 per i neoassunti sono poi i soliti sindacalisti collaborazionisti.

Luca Tonelli ha detto...

è un mero calcolo elettorale. chi ancora li sostiene sono i "vecchi"? bene chissene dei giovani. i giovani sono persi.

e questo lo dico col massimo rispetto per tutti sia chiaro.

Anonimo ha detto...

@Giovanni e Luca

Esatto, il punto è proprio questo.
E allora come si può sperare in una sollevazione se la gente è esclusivamente concentrata su "io speriamo che me la cavo"?

Difendere l'art.18 NON SIGNIFICA DIFENDERE I DIRITTI DEI LAVORATORI MA SOLAMENTE contribuire "al galleggiamento del sistema".

Bisogna proporre nuove tutele.
Soprattutto bisogna capire che quello che dicono a parole i vari Ichino e compagnia avrebbe anche senso ma devono spiegare chiaramente con quali soldi e chi si occuperà di garantire che le tutele verranno realmente applicate.

Ma siamo in mezzo agli squali che vogliono distruggere il lavoro salariato da una parte, ai sindacati truffatori che fingono di difendere i dipendenti arroccandosi dietro normative di pura facciata come l'art.18 dall'altra e i grillini che cianciano di reddito di cittadinanza che così come lo propongono loro è solo una scemenza.

Come si fa?

Non si fa.

E resta solo la speranza del "Grande Crollo Endogeno" che ovviamente è solo una pia speranza perché chi lo impedirà con tutte le sue forze saranno proprio i subalterni e gli sfruttati che non capiscono un cazzo di niente e si divideranno uno contro l'altro per fare a gara a chi la sfanga ai danni del suo stesso compagno.

Giovanni ha detto...

Va bene tutto, ma su Ichino non siamo per niente d'accordo. Lui è uno dei tanti squali, di cui pure parli, che vogliono distruggere il lavoro salariato. Non so perché tu gli voglia dargli credito ma certamente non gliene do io.

Penso poi che il crollo endogeno, se davvero avverrà, sarà collegato a quello esogeno relativo al logoramento di certi rapporti internazionali spinto dagli USA. Anche se non mi aspetto un confronto diretto fra le diverse potenze (in questo do credito a Petrosillo, spero di non sbagliare) ma una disgregazione progressiva e conflitti per interposte nazioni con annesse conseguenze, sperabilmente grosse sennò continueremo a crepare (scusate il francesismo) sempre i soliti noti, sul piano economia.

Ad ogni modo di una cosa sono sicuro, non mi straccerò certo le vesti per l'art. 18 ed altre tutele alle quali non potrò mai accedere. Capisco chi le ha e le difende ma su questo non si può costruire un percorso comune fra diverse categorie di lavoratori.

Anonimo ha detto...

@Giovanni

Non stop dando credito a Ichino, sto dicendo che alle sue proposte è inutile e controproducente rispondere arroccandosi su quel ferrovecchio dell'art.18.
Occorre controbattere portando nuove idee ma soprattutto capendo e facendo capire che quello che dicono "loro" è una cosa, il modo concreto in cui verranno messi in pratica i loro disegni di legge invece potrà essere molto diverso.

Ad esempio, solo per dirne una, se alle proposte di Ichino associ la distruzione del welfare ecco che il senso reale e le vere modalità di realizzazione di tutte le loro indicazioni assumono aspetti molto differenti.

La sanità e la scuola fanno parte integrante delle garanzie del lavoratore che nella loro ipotesi sarà a tutele crescenti.
In Germania, nonostante i difetti delle riforme del lavoro, le persone hanno un assistenza comparativamente eccellente e questo rende comunque sopportabili i disagi, almeno molto più di quello che si potrebbe fare da noi che insieme alla cancellazione delle vecchie tutele eliminiamo definitivamente anche lo stato sociale.

Questa breve conversazione dimostra che l'art.18 non serve a nulla nemmeno come elemento di coesione politica ed è una considerazione drammatica visto che non si riesce a comprendere in nessun modo che è assolutamente necessaria un'idea generale che dia una prospettiva comunitaria.

La difesa a oltranza dell'art.18 non solo non funzionerà ma sarà divisiva e evidentemente ne approfitteranno per mettere i cittadini uno contro l'altro (vedi l'esempio delle ferie ai magistrati che sono caduti nella trappola in maniera abbastanza grossolana).
Bisogna proporre nuove idee in un quadro fortemente ideale di solidarietà, compito difficilissimo dato che "loro" sono riusciti a far passare il concetto che "ideale" è uguale a "ideologia", quindi connotando l'ideale come una cosa negativa e inutile a fronte dell'unica cosa ormai "culturalmente" accettabile che è il "cavarsela anche a danno del proprio compagno". Cioè se sei un poveraccio che chiede pietà ti diamo qualcosa perchè "siamo tanto buoni" ma se cerchi di diventare soggettività politica allora fai "ideologia" e diventi pericoloso per cui si mettono a dire che vai contro i "veri poveri" e la gente ovviamente ci crede.
Hanno vinto dal punto di vista delle idee è questa la tragedia e noi non siamo in grado di reagire su quel piano simbolico solo apparentemente secondario rispetto alle proposte concrete.

Se oggi siamo sotto scacco da parte di una banda di squali abbiamo però la colpa di non riuscire a inventarci niente di meglio che la riproposizione stupida di totem ideologici (qui in senso negativo) che tra l'altro hanno contribuito alla divisione dei subalterni in categorie più o meno privilegiate che non fanno altro che combattersi fra loro.

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